15. The party

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Love the Way You Lie; Eminem ft. Rihanna

«Ho fatto una magia!»

Sobbalzai quando Caroline irruppe nella mia stanza. Ero intenta a fare i compiti di fisica per il giorno seguente, e vedere la mia nuova amica vestita con un abito nero stretto e corto al punto giusto, mi fece pensare di essere proprio nata nel posto sbagliato.

Mi voltai guardandola con il capo inclinato, la penna tra le labbra e i capelli spettinati. «Datti una ripulita, io sbircio tra il tuo tesoro.»

Mi alzai e la raggiunsi, mentre cercava di aprire il mio letto.

«Caroline, ma che stai dicendo?» La afferrai per un braccio.

«Ho concesso a Victor un appuntamento se mi avesse dato il via libera per stasera.» Sgranai gli occhi, «Ma che dici?» Lei mi sorrise raggiante, «Mi toccherà subirmi una cena con tuo fratello, ma poi sarà tutto finito! Scoprirà che non sono il suo tipo e la nostra struggente storia d'amore finirà.»

Mi diressi in bagno senza proferire parola e mi strofinai la pelle a più non posso, usando più bagnoschiuma di quanto ne fosse effettivamente necessario: non ero mai uscita con i ragazzi della mia età e mi sentivo emozionata.

«Pantaloni, ti prego» supplicai Caroline, intenta a frugare tra i vestiti. Non avevo più lividi sule gambe, ma non me la sentivo di uscire vestita come lei.

«Provati questo e ne riparliamo.» Mi passò un abito color carta da zucchero stretto e con le maniche lunghe in pizzo.

Con un sospiro sconfitto, tornai in bagno e lo provai e, alla fine, la diedi vinta alla mia amica, che si destreggiò per quasi mezz'ora nell'applicarmi l'eye-liner nel modo perfetto.

Una volta finito, qualcuno bussò alla porta. Victor si palesò sull'uscio, guardandomi storto.

«Puoi aspettarci di sotto?» disse in tono smielato a Caroline che, con un'espressione disgustata, eseguì e se ne andò, lasciandoci soli.

Mio fratello mi si avvicinò, squadrandomi da capo a piedi. La sua mano mi accarezzò il fianco con dolcezza.

«Per me sei importante, sai?» Lo guardai dritto negli occhi, «Ti ho barattata per una scopata» rise sguaiatamente.

La sua mano strinse la presa sul mio fianco, avvicinandomi a lui fin quando i nostri bacini non si scontrarono. Avvicinò la bocca al mio orecchio, il suo fiato caldo mi solleticò la pelle. «Fai qualcosa di male...»

«Blue, tutto ok?»

Sobbalzai nel sentire la voce di Blake, appoggiato allo stipite della porta a braccia conserte.

Victor si staccò da me con un sorriso finto, «Stavo dicendo alla mia sorellina che stasera è molto bella» mentì.

L'altro non lo degnò di uno sguardo, troppo impegnato a fissare me. I suoi occhi verdi mi tagliavano come lame e improvvisamente mi sentii nuda. Il suo sguardo mi ghiacciava e al contempo infuocava.

Victor, senza dire altro, lo superò e ci lasciò soli.

Blake si guardò intorno, facendo un passo all'interno.

«Come mai stasera non esci di nascosto?» domandò, «Mio fratello mi ha barattata per una scopata con tua cugina.» Blake scoppiò a ridere, «Caroline non andrebbe a letto con lui neanche sotto tortura.»

Indossai le scarpe, sperando che, ignorandolo, se ne sarebbe andato, ma non lo fece. «Il tuo amichetto? Geordie?» Alzai gli occhi al cielo, «George» lo corressi.

Non gli raccontai della scena di oggi, di come mi avesse toccata e infastidita e lui non chiese altro.

Mi porse la mano per aiutarmi ad alzarmi, ma io feci da sola e lo superai per uscire, come se non esistesse.

«Beh, menomale che mi sei passata avanti, da qui c'è una vista migliore.» Mi voltai con espressione sconcertata, beccandolo a guardarmi con un ghigno beffardo. «Mi fai schifo» commentai, incrociando le braccia al petto nell'attesa che lui mi superasse e andasse avanti.

Ma rimase impalato a guardarmi la scollatura, «Pensavo che di tette ne vedessi ogni giorno» sputai, «Cercavo di capire che taglia portassi.» Mi fece l'occhiolino e si precipitò giù per le scale.

Chiusi gli occhi e restai un paio di secondi ferma. Cosa stavo facendo? Dalla morte di mia madre non ero mai uscita di casa come tutti gli adolescenti e stavo andando a una festa, per di più con i miei fratelli.

Trattenni il fiato, i segni giallognoli dei lividi sul ventre iniziarono a bruciare, un promemoria di ciò che avrei subito se avessi compiuto un passo falso.

Il conato di vomito che mi assalì all'improvviso mi costrinse a precipitarmi in bagno, dove vomitai il panino col prosciutto ingurgitato per cena.

«Blue?» Caroline entrò in camera mia e mi raggiunse in bagno, «Oddio, stai bene?» Corse da me, sorreggendomi la testa e tirandomi indietro i capelli; lacrime calde mi solcarono il viso, «Credo di aver mangiato qualcosa che mi ha dato fastidio» mugugnai, portandomi una mano sul ventre dolorante.

L'ansia mi divorava da dentro. Pregai che Caroline non insistesse oltre e mi concedesse di stare a casa. Provai un moto di compassione per lei, che aveva accettato di uscire con mio fratello pur di farmi andare a quella stupida festa.

Ma sapevo che i gemelli avrebbero trovato un pretesto per punirmi, solo per non farmi mai più desiderare di comportarmi come una ragazza qualsiasi.

Mi alzai per sciacquarmi la bocca, allo specchio notai il trucco rovinato e altre lacrime minacciarono di attaccarmi. «Forse è il caso che io rimanga a casa» dissi meccanicamente. Caroline sospirò e mi passo una mano lungo la schiena, il suo tocco mi fece irrigidire.

Lei annuì e, in silenzio, lasciò la stanza. Mi pulii il viso in fretta e furia, eliminando tutto quel trucco che mi avrebbe portato guai enormi se l'avesse visto mio padre.

Uscita dal bagno, la casa era inondata dal silenzio, segno che se n'erano andati senza troppi preamboli. Non tolsi il vestito, mio padre non sarebbe tornato dal suo viaggio di lavoro prima di domani sera. Scesi per bere un bicchiere d'acqua, ma, in cucina, mi accolse una figura immersa nel buio.

Arretrai spaventata e presi la prima cosa che mi capitò sottomano: il telecomando della televisione abbandonato sul mobile del corridoio... l'arma più inutile della storia, insomma.

Presi coraggio e accesi la luce, lanciando il telecomando contro quella sagoma.

«Devi migliorare» commentò, afferrandolo al volo. Mi rivolse un sorriso storto, con il telecomando stretto nella mano destra, decisamente spostato rispetto a lui.

«Che ci fai qui?» domandai, «Gli altri sono usciti, Caroline ha detto che stai male.» Mi squadrò dalla testa ai piedi, il vestito scomparve all'improvviso e mi sentii nuda sotto il suo sguardo indagatore. Rabbrividii.

«Ho mangiato qualcosa che...»
«Che ti ha infastidito, sì.»

Deglutii rumorosamente e feci un passo indietro, «Perché non sei venuta a scuola in tutti questi giorni?»

I nostri occhi si incrociarono. Il peso dei miei segreti mi aggredì con violenza e mi fece abbassare ulteriormente le spalle. Sentivo una lama trapassarmi da parte a parte... e sapevo di cosa si trattava... era la consapevolezza che Blake sapeva leggermi, che lui sapeva che stavo per mentirgli spudoratamente per l'ennesima volta.

«Ho... ho avuto la febbre» riuscii a dire.

Blake fece un paio di passi verso di me e lo sentii troppo vicino. Il mio alito probabilmente sapeva ancora di vomito e la cosa mi spinse ad allontanarmi, ma trovai il muro a fare resistenza.

«Blue?» Sollevai lo sguardo. I suoi occhi verdi mi scrutarono in cerca di non so cosa.

«Sento l'odore delle tue bugie... devi proprio migliorare» confidò.

La sua vicinanza era troppo per me e mi sentii ubriaca. Ubriaca di lui e dell'odio che provavo.

Mi appiattii contro il muro, sentivo la sua giacca di jeans sfiorarmi il petto e mi sentii troppo ingombrante. Volevo sparire. Ero magra, quasi scheletrica, ma sentii i miei seni troppo grandi, tanto da rischiare di sfiorarlo.

Ero chiusa, sottomessa a lui come, in quello stesso punto, giorni prima, lo ero stata a mio padre.

Una lacrima sfuggii al mio controllo e Blake, senza alcun preavviso, la afferrò con il dito.

«Ti sto spaventando?» Non replicai, non volevo mostrarmi così tanto debole. Ero solo un agnellino indifeso in mezzo ad un branco di leoni pronto a sbranarmi.

Blake fece un passo indietro, lasciandomi lo spazio di cui necessitavo da morire.

«Vai alla festa» mormorai. «Ricordi quando io e te ci isolavamo da tutti e da tutti?» chiese con una scintilla negli occhi che mi fece avvampare.

Annuii in imbarazzo. Blake ed io eravamo sempre soli... perché adesso la cosa mi infastidiva così tanto? Forse perché lui, dopo avermi ferita, se n'era andato senza porgermi delle scuse.

«Eri il mio posto nel mondo» ammise, «Hai detto bene, ero» risposi con tono acido.

Mi aveva trattata da schifo e si aspettava che lo trattassi normalmente.

«Vai alla festa, Blake» insistetti, «Perché?» Sbuffai, «Perché non siamo più dei bambini, siamo cresciuti e la persona che sei non fa per me.»

Fece un passo avanti, tornando a schiacciarmi, a togliermi l'aria. «Che t'importa se mi scopo due ragazze contemporaneamente? Se mi piace il sesso per divertirmi?»

Posai le mani sul suo petto per allontanarlo, la situazione non mi piaceva affatto. «Non mi importa, voglio che mi stai lontano.»

Scosse il capo freneticamente, «Voglio che tu ammetta che ti sono mancato!» Sgranai gli occhi, sorpresa.

«Mi mancava la persona che eri fino alla settimana prima di andartene. Ti ho dimenticato. Mi sono impegnata moltissimo. E quando mia madre è morta ho avuto qualcun altro per cui soffrire, per cui soffrire davvero... non per uno stronzo che aveva deciso di prendersi gioco di me» buttai fuori parole che mi tenevo dentro da sette anni.

«Io non vol-»
«Non dire che non volevi ferirmi... l'hai fatto intenzionalmente e lo sai.»

La stanza divenne d'improvviso soffocante, «E staccati da me, ti prego» supplicai con le lacrime che mi rigavano il volto.

Fece come richiesto, ma continuò a provare ad incrociare i nostri occhi.

«Eravamo dei bambini!»
«Tu eri tutto per me!»

Riuscii a defilarmi, così da porre una netta distanza tra noi.

«Blue...» Scossi la testa. «Blake senti, non ce l'ho più con te. Mi hai trattata come uno straccio ma hai ragione tu: eravamo dei bambini.»

Afferrò il pacchetto di sigarette e ne portò una alle labbra, «Non puoi fumare in casa mia» dissi solo, senza però fare nulla per impedirgli di accenderla. Non mi importava. Se mio padre avesse sentito l'odore di fumo mi avrebbe dato uno schiaffo che, forse, mi avrebbe fatta sentire meglio.

Anche se Blake non valeva le botte che mi sarei presa se mio padre fosse tornato in quell'istante e ci avesse sorpresi insieme, non aggiunsi altro, non provai neanche più a mandarlo via.

Restammo in silenzio, immersi nella luce artificiale della cucina. Gli anni senza di lui mi avevano fatta stare male, ma non era così speciale come credeva la vecchia Blue.

Avevo nove anni ed ero una stupida bambina innamorata del suo migliore amico. E lui mi aveva preso brutalmente in giro. E basta.

Non era successo niente, eravamo piccoli e lui era stato uno stronzo, niente di più.

«Se è il perdono, ciò che desideri, ti perdonerò» soffiai, asciugandomi i residui di lacrime. «Voglio che la smetti di guardarmi come se fossi un mostro.»

Scossi la testa, «Blake, ti prego, va via.»

Stranamente, non se lo fece ripetere di nuovo e mi lasciò sola, sbattendo la porta alle sua spalle con forza.

Ciaoooo! Come va? Pareri sul nuovo capitolo? Abbiamo uno scontro tra Blue e Blake... che dite?🩵
Come sempre, se vi va, lasciate una stellina e un commento... per i più timidi, se volete darmi una vostra opinione, a cui tengo tantissimo, vi aspetto su Instagram, dove potete trovarmi come giuliascrive4 o giuliacattii_ e su TikTok come giuliascrive4.
Vi mando un enorme abbraccio e ci vediamo presto (salvo, ovviamente, il raggiungimento delle 1500 letture... sapete già cosa significa)🫐

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