Nostra signora delle ceneri


Definirlo un binario morto era quanto di più esatto si potesse dire: le rotaie rugginose finivano bruscamente, affondando in una terra grassa che ancora portava le tracce  dell'inverno.

E pure i tragici vagoni arrestavano la loro corsa ad un palmo della rotaia tranciata; scendevano gli straniti passeggeri, accecati dalla luce plumbea di un tramonto che trapassava nella notte, ma tanto bastava per abbacinarli.

E sulla banchina fangosa trovarono ad accoglierli il più strano personaggio che si potesse immaginare: era una donna, all'apparenza, vestita di un sontuoso vestito di seta azzurra con merletti e trine e in più paludata da una parrucca bianco- argentea: teneva una rosa pallida in mano e la guardava intensamente con i suoi occhi celesti.

Ma non era una donna, questo fu chiaro.

I poveretti scesi dal treno implorarono acqua e nutrimento:

" pane, pane chiedevano, stremati.

La donna trovò la richiesta molto divertente, rise:

"ma carissimi perché non mangiate delle brioches "?

Poi, dopo aver così insolentito i poveri ospiti si recò all'edificio accanto trascinando con pena la lunga coda setosa che guarniva il suo abito.

All'ingresso, ad attenderla, una fanciulla bionda e bella, e arrabbiata:

" madre", le disse, "tu non segui il copione!"

Poi impettita entrò nel lungo e grigio edificio, coronato da dozzine di camini.

"Maria Antonietta" sedette stancamente in un angolo, si tolse l'ingombrante parrucca argentea e cominciò a disporre nel vassoio medico tutte le pinze odontoiatriche: presto ci sarebbe stato lavoro a iosa.

Nonostante il suo camino tirasse più che bene, Cenerentola si ritrovava ogni giorno a spazzare il pavimento, per asportare quella noiosissima e impalpabile cenere!

E pure quel giorno non fece eccezione: la ragazza si affannò con panni e stracci vari, ma quella fuligine sembrava invincibile , e per di più era il secondo giovedì del mese e c'erano stati i nuovi arrivi e Cenerentola fremeva dalla contentezza: eccoli, eccoli!

Il suo Principe Azzurro arrivò di soppiatto e cominciò a portare scarpe su scarpe per l'amata Cenerentola, che, alla fine ne fu delusa: arrivarono ordinarie scarpe da uomo, con le suole spesse e i lacci sfilacciati o peggio pesanti stivali di camoscio inzuppati di fango, zoccoli intagliati nel legno, ma, presto il suo affascinante latore cominciò a portarle dalle scarpe femminili: c'erano polacchine! Stivaletti in pelle lucida, stivali di renna, decolleté affusolate, ed erano dei più vari colori e dei più vari materiali, una delizia per gli occhi, e in più il Principe Azzurro aveva portato dei numeri che si adattavano al piede di Cenerentola: egli si divertiva a provargliene diverse paia.

Il Principe era un giovane polacco intensamente biondo e bello come poteva essere ogni comune slavo di pelle immacolata ed occhi celesti, ma non proferiva parola e a volte un filo di bava gli colava dall'angolo della bocca con grande sgomento della protagonista che lo scuoteva e gli faceva ripetere le parti del copione

.A volte Cenerentola faticava riconoscere i connotati della sua favola , si ,diventava sempre più difficile aderire al racconto.Tracimava la fiaba antica e diventava altro,i suoi frammenti si inserivano in altre trame che niente avevano a che fare con la sua di storia!e lei si guardava attorno ansiosamente cercando ,a volte invano ,di respingere le contaminazioni del testo,ma sembrava che solo le azioni reiterate la salvassero dallo sgomento, e sedere in cima alla messe di scarpe era oltremodo divertente e Cenerentola gongolava sentendosi simile ad un idolo antico o come se fosse una Madonna sud Americana omaggiata da improbabili ex-voto.

Ma adesso c'era una digressione dalla favola ,un ordine estraneo e perentorio, un compito noioso e irritante che Cenerentola si affrettò a svolgere al più presto per poi ritornare al copione originale: si avvicinò  ad uno spesso oblò, costellato di leve, e abbassò la leva centrale; si scatenò subito una salve di sibili spaventosi ma Cenerentola distolse lo sguardo dal vetro opaco: tutto questo non faceva parte del suo copione.

Ma il Principe Azzurro non fece altrettanto e come al solito volle fissare l'apocalisse: nella sala, oltre l'oblò ,c'era una grande ressa di gente: uomini, donne, bambini , vecchi , tutti rigorosamente nudi;si facevano la doccia cercando di superare la vergogna di essere ignudi ;gli uomini erano tutti raggruppati tra di loro e con lo sguardo fisso a terra volgevano le spalle alle donne che intanto si aggrappavano ai loro bambini e  coprivano cosi le nudità, rispettabili rabbini piangevano aggrappati al muro della doccia, ma tutti si lavavano sotto i getti potenti delle acque , poi dai tubi non arrivò più acqua ma gas mefitico e mortale , l'agonia fu lunga e i corpi si dibatterono a lungo ,come anguille impazzite sull'impiantito, prima di esalare l'ultimo respiro; si dibatterono i poveri corpi ,intossicati dal cianuro, sguazzando in mezzo alle feci e alle urine emesse durante e dopo l'agonia ; i bambini morirono per primi per la disperazione atroce delle madri, i vecchi stranamente resistettero più di tutti per mirare senza scampo la fine delle loro progenie: figli nipoti e nuore belle e feconde.

Poi, fuori dal copione, il Principe Azzurro entrò con la carriola dentro la sala della mattanza caricò alcuni corpi e li trascinò fino al tavolaccio di acciaio ,la "Maria Antoniett" rapida e spietata asportò, tutte le protesi e i denti d oro,solo dopo i poveri corpi furono scaraventati nella fornace, il Principe azzurro  lavorò senza sosta fino a che tutti i corpi furono divorati dalle fiamme; Cenerentola intanto provava e riprovava i più svariati modelli di scarpe; alla fine si alzò dal tumulo di calzature e prese la ramazza: bisognava asportare quella noiosissima impalpabile polvere.

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