PIU' ESSERE CHE APPARIRE

I giardini di marzo e' una splendida canzone.

Giuro però che, dovendo scegliere una canzone bandiera di Lucio Battisti per il video iniziale, avevo l'imbarazzo della scelta visto l'enorme presenza di tanti fantastici brani nella sua discografia a cavallo tra gli anni settanta e ottanta.

La scelta del titolo del capitolo, invece, era facile: ne serviva uno simile, seppur in senso inverso nella sostanza, a quello precedente.
In effetti si completano.
Per parlare dell'opposto, cioè di quanto sia più edificante per la persona fondare il proprio vivere sulla sostanza di "ciò che si è" piuttosto che su "come si appare", mi piaceva l'idea di raccontare ai miei nipotini del nuovo millennio una storia.

Già abbiamo parlato, in qualche capitolo precedente, di come questo cantante abbia modificato il sentire e il fare della musica italiana che lo ha seguito per molti anni.
Ma qui non lo riprendiamo per parlare solo di musica, ma perché si tratta di un esempio edificante di come si può costruire la propria esistenza più sull'essere che sull'apparire.

In un settore, quello che verrà definito come un paradisiaco "mondo dello spettacolo" da numerose schiere di ragazzi delle generazioni successive a lui, in cui è quasi impossibile scindere le due condizioni: tra il successo da cercare e il successo da mantenere, l'essere dell'artista e' imprescindibilmente in connubio col suo apparire.

Se non appari, non sei più.
Questo vale per qualunque artista.

Ma lui non sarà uno qualunque.

Ascoltate.
C'erano una volta i poveri coniugi Battisti che avevano perso il loro primogenito, Lucio, a soli due anni di età.

L'anno dopo nasce un nuovo figlio che prende il nome del fratello mai visto.

Non nasce neanche in un giorno qualunque: il 5 marzo del 1943 riparte e si diffondono nell'Italia ancora piegata al fascismo la libertà dello sciopero che segnerà l'inizio della fine della dittatura.

Poggio Bustone, un paese del laziale, è distante da quei scioperi ed è conosciuto solo perché San Francesco vi visse per un certo periodo.

Oggi una statua di Lucio Battisti con la chitarra in mano certifica che diventerà il luogo ricordato soprattutto perché dette i natali al cantante che rivoluzionò la musica italiana senza necessariamente avere il bisogno di apparire.

Quella chitarra divenne il simbolo per anni e anni di generazioni che la portavano ai loro falò estivi per cantare canzoni e passare serate indimenticabili tutti insieme.

In una decina d'anni questo cantante sfornerà successi dopo successi e si ritroverà, popolarissimo, continuamente su tutte le riviste nazionali.

Nei miei ricordi nostalgici tante copertine di 45 giri, acquistati da mio fratello maggiore, con la difficoltà a distinguere quale dei due fosse il lato A.

In questo caso, ad esempio, ai tre semplici accordi La-Re-Mi che giocavano in modo articolato e ritmico tra loro ne La Canzone del Sole rispondeva, dall'altra parte, la melodia struggente dei tasti di un pianoforte in Anche per te.

La sua notorietà, però, comincia a fondersi inevitabilmente con la sua vita privata.

Quasi in concomitanza comincia la sua storia d'amore con Grazia Letizia Veronese, che sposerà sette anni dopo e durerà per un trent'anni fino alla sua morte, e arriva la sua decisione di non fare più tournée.

- Io intendo seguire questa professione, intendo guadagnare, intendo divertirmi, intendo avere successo, ma intendo anche vivere.

Quando, nel 1973, nasce Luca, l'unico loro figlio, lui legge un articolo gossip su un suo fantomatico tradimento nei confronti della compagna.
Mentre sono ancora in clinica, addirittura, dei fotografi irrompono bruscamente nella stanza dove si trovava la coppia col neonato.

Da quel momento nascerà la futura idea del cantante di non scendere a patti con il successo.

Le sue apparizioni pubbliche saranno sempre più sporadiche, fino a quando deciderà di ritirarsi completamente dalla scena, non apparendo più neanche nelle copertine dei suoi album.

Due Lucio Battisti vivranno nell'immaginario collettivo degli italiani appassionati di musica.

Quello che, tra un favoloso successo e l'altro, intraprese un viaggio di un mese a cavallo da Milano a Roma inseguiti dalla stampa, alla ricerca di ispirazione naturalistica, col suo mentore, amico e autore dei poetici testi Mogol.

Quello che realizzò col nuovo paroliere Panella gli album minimalisti controcorrente, dall'immagine bianca ai nudi arrangiamenti con sintetizzatori al posto degli strumenti, vituperati dalla critica e dal pubblico del tempo.

Di certo questo ultimo Battisti era e sarà un'anomalia nel mondo dello spettacolo che ne ha, però, alimentato l'immagine di uomo che rifiutava per coerenza.

Si dice che rifiutò una richiesta di Giovanni Agnelli di esibirsi, con compensi elevatissimi per l'epoca, in uno spettacolo sponsorizzato dalla Fiat.

Si dice che rifiutò un ricchissimo tour Lucio&Lucio propostogli dal suo omonimo Dalla.

Si dice che rifiutò di partecipare ad un album in trio con Celentano e Mina, uscito poi sotto forma di duetto, che avrebbe fatto scalpore e denari infiniti.

Eppure, sebbene avesse chiuso con le esibizioni dal vivo, si dice che una volta al mese, quando era all'apice del successo, cantasse per i bambini malati dell'Istituto dei tumori a Milano.

E forse un tumore al fegato ce lo portò via.

Lo so bambini, non è un finale allegro da fiaba.
Lucio Battisti muore la mattina del 9 settembre 1998, all'età di 55 anni.

Ma, a ben vedere, ci lascia senza averlo voluto, oltre che tanta buona musica, un messaggio positivo: non sempre è necessario apparire per essere.

E ciò viene confermato dalla sua famiglia anche dopo la sua morte.
Non ci sono parole o foto della moglie e del figlio.

Mai un'intervista, mai un libro, mai brani postumi, mai permessi per citazioni musicali della sua arte, mai iniziative in sua memoria.

Neanche la tomba in cui possano recarsi i suoi tantissimi fans.

Nessuna concessione all'apparire.

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