IL SUPPORTO DELLA MUSICA
Chi più chi meno, chi volutamente chi casualmente: tutti abbiamo uno o più ricordi dei nostri giorni legati ad una musica.
I più fortunati ricordano calde schitarrate in spiaggia al falò estivo, le generazioni più recenti qualche freddo karaoke in un locale.
Ma tutti hanno una brano che ricorda un periodo, quello che fa tornare materializzare in mente una persona o la musica che viene timbrata come "la nostra canzone".
Il video iniziale, quindi, vale solo per me, ma avrebbe potuto essere un altro o tantissimi altri, in base alla nostalgia musicale di chi l'avrebbe scelto.
Spiego per i miei pluribisnipotini del futuro il perché della scelta di questo titolo per il nuovo capitolo.
Eh sì, perché la musica, oltre che supportare alcuni momenti clou della nostra esistenza, nei decenni da cui vi scrivo, si è materializzata per i miei esseri umani coetanei attraverso un supporto ben preciso su cui viaggiare: dischi, musicassette e compact disc.
Facendo un enorme passo indietro riflettiamo sul fatto che, ai tempi pre-vinile, le note si gustavano solo nell'esecuzione live nelle corti di tutto il mondo grazie a super musicisti impareggiabili quali Mozart, Beethoven, Chopin e compagnia bella.
Nei tempi "moderni", invece, le note ci regalavano i loro passaggi emozionali attraverso un supporto che permetteva di riassaporare la canzone ogni qual volta lo avessimo voluto.
Niente sarà più lo stesso, senza il supporto.
E' questo che qui sostengo!
No supporto no party.
L'emozione sarà sempre meno.
Andiamo per gradi.
Il disco ha una sua evoluzione. Abbiamo amato il 45 giri che, con due brani di un artista, veniva ascoltato già nel Jukebox targato anni '60, ma, soprattutto per me, nel mangiadischi degli anni '70.
La mia storia emozionale parte da un mangiadischi giallo in cui facevo girare inconsapevolmente, tra gli altri, i dischi (...di mio fratello) che (lo capirò solamente da adulto...), hanno cambiato la musica dei decenni successivi.
Di chi?
Quelli dei poliedrici Beatles: la band che ha rivoluzionato il mondo musicale internazionale con una serie infinita di genialità targate Lennon & McCartney.
Quelli dell'anticonvenzionale Lucio Battisti: l'autore che ha indirizzato la musica italiana delle generazioni successive con la sua collaborazione col poeta Mogol.
Dopo il piccolo disco, venne il 33 giri: era l'album che conteneva una decina di canzoni di un artista.
Non era solo ascolto: oltre che l'anima, con la melodia ti riempivi le mani con la copertina.
Te la gustavi nei particolari, mentre il disco andava avanti, brano dopo brano.
La custodia del vinile aveva i testi da leggere con attenzione e completare la trasfusione di estasi.
Poi, se eri fortunato, il disco si apriva e potevi vedere nuove immagini relative all'artista.
Infine il retro copertina, in cui avevi la possibilità di scoprire autori, crediti vari e anche curiosità inserite per l'acquirente.
Il 33 era un progetto musicale.
Compievi un viaggio completo nel mondo dell'artista, non scaricavi un solo brano.
Il tempo non ti chiedeva tempo e potevi gustarti tutto senza fretta.
Non c'era ancora l'effetto download del singolo brano: un pezzo scaricato e giudicato già nelle prime battute e scartato se non soddisfacente.
Altro che 33 giri...
Tutto passava lentamente attraverso la puntina del tuo piatto, gli altoparlanti delle tue casse, il suono del tuo amplificatore: era l'epoca dello stereo composto in parti da te scelte.
Il tuo nuovo amico.
Con lui arrivò, per me, il momento di scoprire altri viaggi musicali.
Ero istintivamente pronto per le contaminazioni e gli approfondimenti.
Da lì a poco sarei stato conquistato da tutto e il suo contrario: il rock delle band (dal progressive dei Genesis di un "arcobalenico" Peter Gabriel a quello più moderno di Dire Straits e Police), l'hard rock e l'heavy metal (Led Zeppelin, Ac/Dc, Kiss, Cheap Trick e così via), il cantautorato italiano (dagli storici De Andrè, Paoli, De Gregori, Cocciante, Baglioni, Zero e a seguire i vari Battiato, Fossati, Finardi, Concato, Zucchero), il blues, il R&B, lo spirituals, il gospel e il soul della musica nera e dintorni (dal fischio di Otis Redding, a chi è riuscito a glorificare persino un brano di Toto Cutugno come Ray Charles, fino ad arrivare alle ottave impossibili di Stevie Wonder e alla voce vellutata di Whitney Houston).
C'era, però, un problema.
I dischi erano tanti e i soldi erano pochi.
In più, non avevamo la rete per un preascolto prima dell'acquisto: i perfetti consiglieri erano i settimanali e mensili specializzati.
A ripensarlo adesso, "Ciao 2001" era commovente nella scelta del titolo, che voleva essere garanzia fantascientifica dell'essere veramente avanti nell'interpretazione dei gusti giovanili.
Lì si poteva leggere di musica, cercando di scoprire cosa si poteva trovare in quell'album o quali influenze per quell'artista.
Ma la vera rivista che mi servì da influencer fu Popstar.
Non la ricorda nessuno.
Pochi numeri e si trasformò nella più nota Rockstar: comprai il numero uno e la collezionai pur non avendo neanche i soldi in tasca per fare colazione.
Lessi infinite serie di articoli e recensioni per avere informazioni utili all'acquisto.
Infine, ne ritagliai immagini di dischi e artisti per passare il tempo a giocare realizzando composizioni artistiche in cartelloni.
Sfruttate fino all'osso.
Una piccola soddisfazione, che riuscì a prendere molto tempo dopo, fu quella di scrivere un pezzo sui Queen su quella testata musicale che mi aveva riempito i pomeriggi di lettura e svuotato le tasche di soldi.
Se fonte di conoscenza furono le riviste, occasione di primi guadagni con la musica divennero le radio libere locali.
Quasi per gioco scoprì, purtroppo in ritardo, quello che restava del mondo dell'etere del boom del periodo d'oro.
Lì portai tutte le mie interminabili ore di ascolto passate sulla mia collezione di 33 giri che ormai contava centinaia e centinaia di dischi.
Una raccolta nata nel 1977 che condenserei in tre passaggi emozionali.
Il primo fu questo concept album (brani collegati da una storia unica) di Edoardo Bennato sulla storia del burattino Pinocchio di Collodi rivisitato in chiave moderna.
Da allora lo seguì con attenzione e curiosità, comprando tutti i suoi album precedenti, fino a quando ebbi (dopo moooolti anni) l'occasione addirittura di esibirmi col mio gruppo aprendo un suo concerto.
L'incontro nei camerini, però, fu inaspettatamente vissuto da me quasi con indifferenza, in quanto vivevo con i brividi solo la parte iniziale e centrale della sua carriera e non l'evoluzione successiva, durante la quale lo incontrai.
Mi sembrava quasi come rivedere una vecchia fiamma che non vi piace più.
Il 1977 fu pure l'anno di uscita di "News of the world", l'album dei Queen che acquistai in realtà con un anno di ritardo.
Folgorazione musicale e nuovo viaggio all'incontrario per scoprire tutta la loro discografia.
Da allora non li abbandonai più fino alla dipartita del loro inimitabile front man Freddie Mercury.
L'ultimo brivido con cui vi tedio è quello degli anni maturi, di adesso.
La mia nostalgia musicale è indissolubilmente legata alle note della chitarra e alla voce suadente dello zio Pino.
La nostalgia qui è d'obbligo, visto che i primi giorni del 2015 ha lasciato questa terra, solo fisicamente, l'ineguagliabile Pino Daniele.
Eppure scoprì questo grande artista della contaminazione a 360 gradi, grazie ad un altro supporto musicale: l'audio cassetta.
Erano anni di registrazioni fatte da amici e fatte per gli amici.
In uno di questi scambi culturali mi arrivò tra le mani questo suo "Nero a metà" e da allora gli accordi di questo scugnizzo del mondo mi dissetano il cuore di musica, pur struggendomi le vene.
Per intervistarlo alla prima occasione possibile, passai agli spettacoli nell'ultima parte della mia carriera giornalistica, ma questa volta non posso ricordare, come per Bennato, la soddisfazione di averlo incontrato.
Missione fallita.
E adesso, ovviamente, spero di incontrarlo il più tardi possibile...
Finito il vinile e archiviate le audiocassette, venne l'alba del compact disc ma, in breve, anche il suo tramonto.
Riduzione delle dimensioni del supporto, dal disco al CD, è voluto dire anche, purtroppo, riduzione delle emozioni.
Per gli appassionati del vinile non è stato un passaggio indolore: agli albori della trasformazione dei negozi di dischi, con la prima comparsa del nuovo supporto, ricordo un mio viaggio negli Stati Uniti in cui mi accorsi in anticipo di qualche anno quello che sarebbe accaduto in breve in Italia: i negozi di musica si erano trasformati.
Pochi dischi e messi in disparte, quasi a voler segnare la fine di un'epoca.
Non sapevano allora, i proprietari di tali esercizi commerciali, che da lì a breve sarebbe morto il concetto stesso di negozio di musica su supporto.
Con l'arrivo del CD, il nostalgico del vinile apprezzava, comunque, ancora il libretto con le varie immagini, testi e informazioni.
Per quanto riguarda gli artisti, al già pienamente esplorato orizzonte di musica internazionale, per me si aggiunsero nuovi interessi nazionali: le singolari voci di Giorgia e Alex Baroni, i poetici testi di Carmen Consoli e dei Tiromancino, il sound internazionale tricolore di Tiziano Ferro, Elisa e i Negramaro.
Ma il supporto/CD è solamente un passaggio: in arrivo ormai c'è il file, l'audio spogliato del suo contenitore fascinoso.
Perché, e qui torniamo all'inizio del capitolo, il supporto non c'è più: si sono susseguiti, per poi essersi superati a vicenda e, infine, scomparsi tutti.
La musica fluttua senza essere visibile.
Del resto, un pò come la nostalgia stessa...
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