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Althea's pov
Capire dove mi trovo, quando lo stordimento termina, è un'impresa. Non ricordo che immagini sfocate di ciò che è successo. Non ho la cognizione del tempo. Potrebbero essere passate ore, come minuti, persino giorni.
Cerco di calmarmi, facendo un respiro profondo, ma ancora non riesco ad aprire gli occhi. Ho paura di quello che potrei vedere, come se restarne all'oscuro lo rendesse in qualche modo meno reale.
Mi costringo a far mente locale, e finalmente i pezzi del puzzle si incastrano tra loro.
Daniel...
Jonathan...
Jonathan!
I suoi movimenti sinuosi mentre mi legava ritornano. Ritornano non come ricordi, però. Forse come un brutto sogno vissuto tanto tempo fa. Una vita fa, mi sembra.
Devo aprire gli occhi, però.
Conterò fino a tre e lo farò, costi quel che costi.
1...
Sotto di me sento qualcosa di morbido. Un materasso? No, non credo. Cuscini? Neanche. Forse dei sedili.
2...
L'aria sa di fumo e cibo stantio. Come se fossi in un fast food abbandonato. C'è anche un sentore di deodorante di pino. Come se qualcuno che non si lavasse da settimane cercasse di coprire l'odore con chili di profumo. Trattengo il vomito.
3...
Apro gli occhi. Appena lo faccio, il terrore mi attanaglia, tanto che devo aspettare minuti prima di formulare un pensiero logico.
Nonostante abbia aperto gli occhi, continua a essere completamente buio. Passa molto tempo prima che mi renda conto di avere il viso schiacciato contro il sedile.
Mi faccio forza e mi scosto, venendo, finalmente, accecata dalla luce.
La prima cosa che noto, appena abituata al riverbero del sole, è di essere in auto. Nell'auto di Jonathan, precisamente. A pensare a ieri mi viene ancora un groppo in gola, come se potessi cancellare tutto. Come se Jonathan non mi avesse tradito dopo anni di amicizia. Come se non mi avesse segregata e rapita dopo avermi mentito. Come se non avessi scoperto che è lui lo stupratore di mia sorella. Come se...
《Sveglia?》
La sua voce è un colpo allo stomaco. Mi volto verso i sedili anteriori, cercando di non segarmi i polsi con la corda. Appena il suo gomito entra nel mio campo visivo, mi faccio forza e gli sputo addosso. Sfortunatamente, la mia saliva termina sul freno a mano. Lui ride.
《Hai dormito due ore》
Come se me ne fregasse qualcosa.
Aspetta... due ore? Due ore in auto? Dove mi sta portando?
《Dove stiamo andando?》
Dico cercando di infondere tutta la mia rabbia in quelle parole, ma ricavandone solo un tono acuto e lamentoso.
《In gita. Sarà una gita molto piacevole. Almeno per me》
《Bastardo》
Lui si volta, continuando a guidare. I suoi occhi sono così diversi da quelli del Jonathan che ricordo.
《Cos'hai detto, puttanella?》
《Bastardo》
Ripeto ad alta voce, sputandogli le parole in faccia. Lui fa una brusca curva a destra e frena di colpo. Vengo spinta in avanti, e non potendomi tenere sbatto al sedile. Lui riparte, e frena di nuovo, facendomi andare ancora e ancora contro i sedili davanti. Continua così, mentre io grido impotente, cercando di proteggermi la testa.
L'ultima frenata, però, è così brusca che sento un doloroso crack al naso. Lui riprende imperterrito la guida regolare e guarda sorridendo il sangue che cola.
《Che ti serva da monito. Adesso non sei nulla》
Mi trattengo dal gridargli contro. Il naso fa già abbastanza male così.
Proseguiamo per un altro tratto in silenzio, finché lui non parcheggia in un giardino incolto di fronte a una villa. Siamo a chilometri dalla civiltà.
《Scendi》
《Come faccio se sono legata?》
Quasi sbraito. Lui ride - e che risata odiosa - poi mi apre la portiera e mi afferra per i capelli. Ma che cazzo...?
Sento come se il cuoio capelluto mi si staccasse dal cervello quando mi tira fino a farmi cadere. Atterro dolorosamente su un fianco.
《In piedi》
Vorrei ribellarmi, ma mi fa male dappertutto. Vorrei urlare, ma le parole sembrano bloccate in gola. E dubito che qualcuno sentirebbe.
Mi prende per un braccio e mi porta fino all'ingresso della villa, dove armeggia con le chiavi.
《Come hai potuto...?》
《Come ho potuto violentare tua sorella? Come ho potuto approfittarmi di te per tre anni? Come ho potuto ricattare Ryan? Come ho potuto farlo con Gemma? Come ho potuto cosa?》
Sembra felice delle sue malefatte. Sembra felice di essere un delinquente.
《Come hai potuto fare tutto?!》
《Beh, violentare Kristal è stato facile. Ha aperto le gambe quasi subito. Ma è stato più divertente da dietr...》
Accecata dal dolore, porto la mano indietro e gli colpisco il viso con tutta la forza che ho. Non colpisco il naso: quello si riaggiusterebbe. Colpisco invece la bocca, e noto soddisfatta che le lezioni di Krav Maga non sono state inutili. Gli ho spaccato un dente.
《Brutta troietta, che cazzo hai appena fatto?》
Non mi lascia rispondere, chiudendo la porta alle nostre spalle e sbattendomi a terra. Un singulto mi sale dalla gola.
Si china su di me e mi prende per i capelli; mi trascina per corridoi e corridoi, mentre io urlo fino a sgolarmi. Arriva in una stanza, tenendosi il viso con una mano insanguinata. Senza darmi il tempo di riprendermi, mi strattona fino a un materasso.
Un materasso.
Un letto.
No.
Non può.
Non anche a me.
Ma ancora questo non rientra nei suoi piani, perchè mi lega solamente alla testiera.
Scoppio a piangere, incapace di controllarmi.
Avrei dovuto ascoltare Dan.
Avrei dovuto ascoltare Kristal.
Ma, quando uscirò da qui, non ripeterò questo errore.
Se uscirò da qui, non quando...
Dan's pov
Rinvengo dopo quelle che potrebbero essere ore o giorni. Sono appoggiato a una parete, e i ricordi affiorano a poco a poco.
Io che uscivo dalla stanza...
Jonathan che spuntava dall'angolo...
Lui che mi colpiva alla schiena e alla testa...
Lui che mi rinchiudeva nello sgabuzzino della scuola...
E Althea.
Althea.
Devo trovarla.
Scatto in piedi, ignorando il dolore alla spina dorsale. Cerco di aprire la porta, ovviamente chiusa a chiave, perciò comincio a battere e a battere, urlando di disperazione.
Alla fine attiro l'attenzione di qualcuno, perchè una sagoma spunta nell'alone grigiastro della porta.
Benjamin.
Non sono mai stato così felice di vederlo.
《Dan?!》
《È una lunga storia. Ti dico solo un nome: Mitch》
Lui si accorge della gravità della situazione e mi tira in piedi, mentre io lo ringrazio a bassa voce.
《I miei sono a casa? E Aja?》
《Sono a casa. I tuoi, intendo. Aja ha detto che rimaneva》
Con un cenno, gli chiedo dov'è. Lui mi indica un corridoio e io lo imbocco correndo, dove lei sta chiaccherando animatamente con Gary e una ragazza.
《Aja!》
《Daniel? Tutto... oddio, che ti è successo?》
Non devo avere una buona cera, ma io liquido la domanda con un gesto.
《Vai in camera. Per favore. Gary, non fare entrare nessuno》
《Amico, che cosa...?》
《Sono stato chiuso in uno sgabuzzino da un pazzo che molto verosimilmente adesso è felicemente in giro con Althea》
Dopo quella frase, nessuno dei tre fiata e si rifugiano nella mia camera. Quando sento il clic della serratura, tiro un sospiro di sollievo e chiamo a gran voce Wayne e Ben.
Compaiono entrambi, Wayne con un'espressione che mi fa capire che adesso sa tutto.
《Ragazzi, dovete aiutarmi》
《Riporteremo Althea qui》
Benjamin, ancora confuso, mi guarda.
《Ma perchè deve averla portata via...?》
《Perchè mi ha chiuso in una stanza e mi ha tramortito. Ho i segni delle botte. Se li facessi vedere ad Althea lei non andrebbe più in gita!》
Spiego esasperato. Entrambi annuiscono.
A un tratto, mi squilla il telefono. Non ho tempo per rispondere, ma in questi casi è meglio non avere rimorsi. Se fosse importante?
Accetto la chiamata.
《Daniel?》
La voce è familiare, ma non riesco ad associarla a un volto.
《Sono Kris. Kristal Darrek. La sorella di Althea. Jonathan è un pazzo. Non farla uscire. Lei non mi risponde. Io...》
《Kristal, sta' calma》
《Come faccio?! Ho appena scoperto che è lui il mio stupratore e tu mi dici di...》
Mi sale un conato di vomito. Dev'essere difficile per lei.
《Kristal, tieni a tua sorella?》
《Ovvio》
《Allora vieni alla Stanford. Dovremo organizzare il più grande piano di salvataggio della storia del nostro college》
Spazio autrice
Sono felicissima che stiate apprezzando la mia storia, spero che anche questo capitolo sia stato all'altezza:)
A presto!
Sofya
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