il silenzio di mille colori

Continuammo a solcare i mari in silenzio ascoltando il vento fra i capelli e le onde che colpivano la barca.
Albert faceva sfuggire il suo sguardo da me ed il mare.
Piccoli pesci seguivano la corrente che creava la barca ed altri creavano piccole corse con essa, gabbiani volavano nel cielo provocando ombre che spezzavano i giochi di luce del sole sul mare.
-Allora... Com'è sapere di essere un supereroe?
Il ragazzo spezzò il silenzio continuando a guardare l'orizzonte.
Io rimasi spiazzata da quella domanda è quando lo guardai lo vidi ridere per i capelli che mi coprirono la faccia per il colpa del vento.
-Strana, sinceramente non avrei mai pensato di essere un eroe o qualcosa del genere. Non sono perfetta, faccio sempre la scelta sbagliata e sono come mille altre persone. O così credevo.
-Perchè credevi che i supereroi fossero perfetti?
-Non lo so, saranno state tutte quelle storie che mi raccontava mio fratello.
Rimasi ad osservare l'orizzonte in modo nolstaggico.
-Ti manca, vero?
Sentì lo sguardo di Albert che vagava per la mia schiena cercando di capirmi.
- Si, immagino di sì. A te manca qualcuno?
Il ragazzo smise di parlare e per un attimo pensai che avesse smesso anche di respirare dato che uno strano silenzio aveva preso possesso della barca.
-No.
Rispose secco, la nostra conversazione finì ma non riuscì ad non immaginate un Albert che come me si era messo ad osservare un orizzonte che non poteva vedere.
La mia mente immaginò pure un piccolo Albert che salutava i suoi genitori, che correva per i campi felice, che sapeva che tornando a casa avrebbe trovato qualcuno che l'amava e come me non sapere che quella sarebbe stata, probabilmente, l'ultima volta che li vedeva.
Restammo in silenzio senza neanche aspettarci qualche risposta da uno o dall'altro il nostro silenzio non aveva bisogno di essere riempito e non era uno di quei silenzi imbarazzanti che si formarono tra sconosciuti.
Poco dopo il ragazzo virò verso un'isola di roccia che da quella prospettiva sembrava la sagoma di un elefante disegnata da un bambino frettoloso.
- Cos'è?
Chiesi guardando incuriosita la strana pietra.
- Questa è l'isola dell'elefante. Anche se di isola c'è ben poco.
-E cosa ci facciamo qui?
Il ragazzo mi guardò con uno strano luccichio negli occhi.
-Sorpresa.
Il silenzio riprese possesso dell'imbarcazione mentre essa si avvicinava all'elefante immobile tra le onde.
La barca rallentò la sua corsa ed entrò nello "stomaco" dell'elefante.
La roccia al suo interno era bagnata e per questo produceva strani giochi di luce e bagliori con l'acqua cristallina sul fondo.
Guardando il fondale vidi pietre e vecchie ancore abbandonate riempite di alghe, in alcuni punti vedevo vasi spezzati ed oggetti scintillanti.
-Benvenuta nella vecchia casa sicura.
Disse Albert con la voce aumentata dal rimbalzo sulle pareti.
-Cosa sarebbe?
Chiesi notando un piccolo pesce colorato fuoriuscire da un anfora spezzata.
-Le persone vivevano da queste parti prima dell'incidente. Il luogo è pieno di grotte del genere ma questa è la principale. Qua venivano coloro che volevano scoprire se stessi.
Quando il rimbombo finì Albert condusse l'imbarcazione in una grotta interna, varcata la seconda soglia il ragazzo terminò la sua corsa e mi fece segno di scendere.
La barca aveva affiancato un punto più basso dove io iniziai a camminarci sopra saltando fra le rocce che fuoriuscivano dall'acqua Ogni tanto Albert mi aiutava in modo che non cadesse ed io sostenevo lui in qualche modo.
-Da questa parte.
Disse lui portandomi in uno spiazzo più grande dove vi si trovava un lungo sasso dove ci sedemmo.
-Ora guardati intorno.
Ciò che l'altra grotta non aveva, l'aveva questa.
Oltre la superficie umida delle pareti scrutai disegni ancora brillanti come se fossero appena stati completati.
-Cosa sono?
Chiesi sussurrando per non rovinare quello spettacolo con la mia voce. In qualche modo il ragazzo mi comprese ed iniziò a spiegare.
-Tempo fa questo era un posto di riflessione...
-Come il materasso in sala allenamento di Hanna?
Chiesi interrolo, la mia buffa domanda li provocò una sonora risata che sembrava fuoriuscire dalla profondità della cassa toracica come un uccello in gabbia.
-Più o meno si, solo che quello è per un unica persona mentre questo era per un'intera comunità.
Tutti i dipinti che vedi raffigurano momenti diversi della nostra crescita.
In un primo momento non compresi ma poi guardai meglio le opere.
Vidi di fronte a me una ragazza pallida e da i lunghi capelli biondi che teneva in mano un fiore, anzi, il fiore non toccava le sue mani ma capì dal suo sguardo attento e piacevole che era quello che la ragazza desiderava.
Il fiore brillava di luce propria e faceva brillare anche le cose intorno a se, un tratto più chiaro si collegava ad un ennesimo ragazzino dalla carnagione scura e con una semplice veste. Il suo sguardo era vigile verso di noi con in mano la sua lancia cuteva terrore o forse era per il maestoso elefante che vi si trovava accanto.
I due sembravano in completa armonia nello spazio ristretto di quella grotta.
-Loro sono i primi. Non comprendiamo ancora come siano nati, ma loro sono i nostri antenati e noi i loro discendenti benché veniamo da famiglie e luoghi diversi.
Spiego Albert senza che io chiedessi nulla.
Il mio sguardo continuò a vagare per i volti e i dettagli minuti dei dipinti.
Vidi sguardi felici, sofferenti o pensierosi.
Vidi guerra e pace. Vidi colori e sfumature che non avevo mai visto ,
Tutto in un medesimo silenzio.
Poi qualcosa cadde al mio occhio.
Il volto urlante di un uomo giovane che con occhi neri comandava delle sagome altrettanto scure verso la ragazza con il fiore, Come se dovesse chiudere un circolo.
Ma ciò che il mio occhio vide fu la collana che quest'ultimo teneva al collo. Una piccola sagoma triangolare che brillava richiamando la luce del fiore ed in quel momento la mia mano calò sul mio collo dove vi si trovava la medesima collana triangolare che risplendeva come ad imitare quei dipinti.
Il ragazzo vide il mio momento.
-Vengo spesso qua, e quando ti ho visto con in collo quella sono rimasto stupito dal ricordo di averla già vista, ma non ricordavo dove.
Poi qualcosa mi riportò con la memoria a questo luoghi e mi ricordai di Lui.
-Lo stesso Lui che intendeva Mattia con la storia del pugnale?
Il ragazzo annuì.
-È una storia complessa da capire.
Lui era come te, non credeva che il suo posto fosse con i supereroi ma poi accade qualcosa, qualcosa che un giorno mutò e non in meglio.
Quel giorno fu la fine di un era, decise di attaccare con un suo esercito personale, uomini e donne che prima lavoravano in comunità si divisero e deciserò da che parte stare, molti attaccarono ma altri deciserò di difendere questi vecchi luoghi.
Mentre il ragazzo spiegava i disegni mutarono. Le ombre di Lui presero forma e divennero persone affamate di sangue.
-Ma molti più di quanto si pensasse decisero di andare dalla sua parte ed attaccare questi luoghi.
Un silenzio pervase questo posto, un silenzio accompagnato da sussurri e echi di guerra.
-Fu una guerra sanguinosa.
Concluse osservando le onde provocate da uno goccia sfuggita dal soffitto.
-È come finì?
La mia domanda fu curiosa, avida di sapere come sarebbe conclusa quella storia.
-Non è mai finita. Tutti coloro che abitavano queste grotte e non potevano combattere si rifugiarono mentre la battaglia imperversava tra queste pareti.
Poi tutti quanti sparirono, non ci furono corpi da sottrarre o resti da riconoscere. Solo molto sangue.
-E Lui?
-Sparito, come tutti gli altri. Da allora nessuno vuole tornare in questi posti, perché sono diventati territori di morte e guerra.
-Allora perché noi siamo qui?
-Perché tu vedessi quello.
Il ragazzo indicò ciò che non avevo notato al mio primo sguardo.
Perché, tra Lui e la sua aurea oscure e la ragazza con il fiore, vi si trovava una figura più esile, dai capelli rossi e gli occhi neri che sembrava dipinta con un tratto fine è leggero che pareva un fantasma sulla parete fredda.
-Quello è il disegno più recente. È comparso poco prima che tu arrivassi e lentamente compaiono nuovi dettagli come il resto delle immagini.
-Come?
-Si narra che siano gli spiriti della vecchia guerra che durante la notte vengano a dipingere sulle pareti, e loro non dipingono mai scarabocchi. Ma coloro che segnano il nostro secolo.
Guardai meglio la figura restando incredulità dall'osservare la mia mia stessa figura sicura e fiera. Ma dietro non si vedeva solo la parete scura ma altre immagini in distinti. 
Vidi un ragazzo dai capelli castani che un tempo avevli occhi azzurri alla destra del ritratto che si trovava in modo pericolosamente vicino a Lui e la aurea scura,  alla sinistra della mia figura invece si trovava una ragazza dalla pelle color caramello e i capelli bianchi, la faccia contratta in una smorfia di dolore silenziosa.
Dietro si trovavano altre figure che riconoscevo per piccoli dettagli. Vidi
Dei capelli argentei che cercarono di seguire la corrente del vento benché intrappolati nella roccia, vidi il volto robusto di un suonatore di Violoncelli e altre piccole sagome che sembravano coperti da una fitta nebbia.
-Tu sei la prescelta di questa nostra nuova era, noi tutti lo siamo.
Disse Albert guardandomi con i suoi occhi azzurri come se potesse comprendere ciò che pensavo.
Ma neanche io compresi ciò che mi passasse per la testa e neanche ciò che  avvenne dopo.
Mi alzai di colpo senza proferire parole, anche se mille mi vagavano per la mente.
Mi diressi di corsa verso la nave, senza badare a dove mettessi i piedi in poco tempo mi trovai con l'acqua sopra le ginocchia, provai a compiere un altro passo ma caddi in acqua a qualche passo dalla nave. Provai ad alzarmi ma solo due mani forti mi tirarono su.
-Lu, aspetta. Non fare così.
Il ragazzo provò ad rassicurarmi tenendomi sollevata e stretta a se.
Ma io continuavo a tremare.
-No. Non sono pronta, io non so fare quello che volete voi.
Dissi cercando di riprendermi, ma poi risentii quella fitta alla testa e allo stomaco e vidi nel riflesso dell'acqua i miei occhi verde mutare in un nero pece.
-Hey Lucy guardami.
Il ragazzo provò a voltarmi in modo tale che i miei occhi guardassero le sue iridi azzurre.
-Ascoltami Lucy è normale avere paura, siamo venuti ad aiutarti apposta. Abbiamo bisogno di te e tu hai bisogno di noi.
Il ragazzo mi guardò un'ultima volta e un'area calda mi avvolse mentre i suoi occhi divennero bianchi, le sue braccia mi avvolsero e senti la fiamma dentro di me diminuire.
-Andrà tutto bene. Non sei sola.
-Non volevo essere un eroe.
Sussurai mentre il tessuto della sua maglia attutiva la mia voce.
Non seppì mai se lui comprese le mie parole.
E restando immobili così, i nostri occhi tornarono quelli di sempre e i nostri piedi trovarono un posto sicuri nella nave.
Albert riprese posto alla guida e io rimasi ad osservare la roccia che lentamente svaniva all'orizzonte.
Le onde del mare ci accompagnarono fino alla parete di roccia.
Quando la vidi mi ricordai che mi sarei dovuta andare a cambiare, così andai sotto coperta dove mi ero cambiata qualche ora prima e ripresi i miei vestiti.
Tornata in superficie ormai la barca aveva già raggiunto la parete e Albert mi aspettava per darmi una mano a risalire la parete.
Così tornammo a casa giusti per l'orario di cena.
-Come...?
Chiesi mentre guardavo Mattia posizionare qualche piatto per il pasto.
-Il tempo, una cosa strana. Non credi?
Mi rispose il ragazzo mostrandomi un allegro sorriso.

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