Tutto giusto

Che cosa sto facendo? È reale o mi sveglierò di soprassalto?
Sto baciando Evan Royden. Lo sto baciando sul serio.
È vero. Non è una finzione. Non stiamo recitando e non può essere un sogno. La sua bocca sulla mia è reale. Le sue mani sui miei fianchi sono reali. Il divano su cui Evan mi trascina e su cui mi toglie la felpa è molto reale.  

Mi tira a cavalcioni sulle sue gambe e il suo corpo così a stretto contatto con il mio è droga. Pura droga. La sua bocca sul collo mi sta stordendo completamente.
Le sue mani scorrono sulla schiena e rabbrividisco nel sentire le dita scivolare lungo la mia spina dorsale. Corrugo la fronte nel vedere la sua guancia macchiata di verde: «Ti sto sporcando», riesco a dire.

«Cosa?», chiede, la voce roca.
«Ti sto sporcando», ripeto. «Con la vernice che... Che...», perdo le parole mentre mi attira ancora più vicino, come se la distanza tra di noi non fosse già inesistente. «Che ho in faccia», concludo.
«Non m'importa», poi continua a baciarmi con labbra, denti, lingua. Mi bacia con tutto se stesso ed io ricambio allo stesso modo. Presa da un momento di coraggio, gli tolgo la giacca e poi il maglione. Evan ricambia liberandomi del reggiseno e poi mi guarda intensamente, gli occhi come carbone.

Le sue dita delicate continuano a sfiorarmi la pelle e il mio corpo sembra andare a fuoco sotto il suo tocco. Mi avvolge un braccio attorno alla vita e il respiro mi si blocca in gola quando mi solleva come se non avessi nessun peso. Le mie gambe tornano ad ancorarsi al suo bacino e la mia bocca sembra attaccata alla sua come una calamita mentre percorre il corridoio che ci conduce in camera da letto.
Mi sta scoppiando il cuore.

Mi sento in uno stato confusionale e avere Evan sopra di me, immerso nella penombra e intento a liberarmi dai jeans, non mi aiuta a riflettere lucidamente. Che sto facendo?
Che accidenti sto facendo?
Smetto di farmi delle domande quando Evan torna a baciarmi, il corpo caldo pressato contro il mio. Mi sfugge un mugolio di dolore quando il suo fianco preme contro uno dei lividi e il capo dipartimento sembra ricordarsene solo ora.

«Scusa», sussurra. «Non volevo farti male», poi mi bacia proprio sul fianco e, successivamente, su ogni livido.
È la tortura più dolce e sensuale a cui io sia stata mai sottoposta.
Quando torna vicino al mio viso per impossessarsi nuovamente della mia bocca mi ritrovo a parlare: «Non mi pentirò di niente», è una promessa, un avvertimento.
«Nemmeno io», assicura. «Nemmeno io».

Poi, come se fosse stanco di aspettare ancora, torna a baciarmi. Io mi lascio incantare totalmente dal suo profumo avvolgente, dallo sguardo magnetico che non stacca da me nemmeno per un istante, dai movimenti sicuri che mi suggeriscono di fidarmi di lui, dalle sue mani forti che sembrano state create per esplorare il mio corpo e dal nostro desiderio che si fonde in una passione disarmante.
Non ho mai avuto un'intesa del genere con nessuno. Mai.

Comincio ad uscire dalla bolla incantata e a capire realmente quello che è appena successo solo quando ci ritroviamo uno accanto all'altro, la nostra pelle come unico indumento. Ci siamo fatti trasportare dall' impulso. Per me non è una novità: mi faccio sempre trasportare. La cosa che manda il mio cuore in fibrillazione è il fatto che anche Evan si sia lasciato trasportare, senza freni.
Lui puntella il gomito contro il materasso e lascia scorrere le iridi buie lungo tutto il mio corpo, poi si concentra di più sui lineamenti del mio viso. Avvampo sotto il suo sguardo.

«Non farlo», mi copro la faccia con le mani e accenna una risata.
«Cosa non dovrei fare?».
Perché la sua voce deve essere così maledettamente irresistibile?
«Non guardarmi in quel modo».
Si muove sul letto e trattengo il fiato quando si posiziona praticamente su di me. Mi afferra i polsi e sono costretta a guardarlo da vicino.

«Quale modo?»
«Il modo di un uomo che si è appena reso conto di quello che ha fatto, si è pentito e non sa come andare via»
«Mh», inarca un sopracciglio e poi scuote la testa. «Punto primo: saprei esattamente come andare via», mi lascia un bacio umido sul collo e rabbrividisco. «Secondo: non mi pento di niente», mi bacia la spalla ed il mio corpo si contrae sotto il suo.
«E, terzo, lo rifarei ora stesso», schiudo le labbra quando la sua bocca si poggia sul mio seno. «Ma prima hai bisogno di una doccia»
«Cosa?», alzo la testa di scatto e lo sento ridere. «Puzzo?»
«No, ma sei piena di vernice e hai dell'erba tra i capelli», si alza dal letto e urlo quando mi solleva con poca delicatezza. «Andiamo, Darlene»
«Che stai facendo?», non riesco a non sorridere come un'idiota.
«Ti porto a fare la doccia».
Ed è la doccia più bella della mia vita.

Un'ora dopo siamo in cucina, entrambi con i capelli bagnati e in accappatoio a mangiare del gelato.
Se è un sogno, vi prego, lasciatemi qui.
«Secondo te perché Matthew era qui?», lo dico piano, ma Evan mi sente eccome.
Lascia scivolare il cucchiaio sulle labbra e ingoia: «Non hai risposto al suo messaggio, quindi è venuto qui di persona. Presumo che abbia davvero intenzione di incasinarti la relazione e comincia a farsi pochi scrupoli»
«E se invece avesse trovato l'orecchino?»
«Non lo ha trovato», mi rassicura. «Gwen oggi è riuscita a cogliere informazioni su un luogo di un incontro. Non parlerebbe di affari in casa, se lo avesse trovato»
«Okay», annuisco. «Spero sia così»

«È così», avvicina di più il suo sgabello al mio e trattengo il fiato. «Althea...», si schiarisce la voce e assume un'espressione seria che mi fa paura. «Riguardo a quello che è successo...».
La mia faccia si colora di rosso fiammante: «Dobbiamo parlarne?»
«Devo capire che cosa vuoi», dice. «In modo che nessuno si faccia male».
Oh.
Il mio cervello si paralizza e non riesco a formulare delle frasi di senso compiuto. Che cosa voglio?
Io vorrei lui accanto tutto il giorno e tutti i giorni.

«Non... Beh, non voglio niente. Insomma, non ho pretese. Non dobbiamo per forza dare un nome a quello che è accaduto, se è questo che ti preoccupa. Tu sei libero, io sono libera. Giusto?».
Mentre lo dico mi rendo conto che non è per niente quello che avrei voluto dire. Io non sono fatta per le relazioni aperte.
Evan, invece, a quanto pare sì: «Bene», ribatte. L'argomento si chiude così? Amen? Niente di niente?
Era quello che voleva sentirsi dire?
«Adesso dimmi quello che pensi realmente», aggiunge poi e perfino i miei capelli si surriscaldano di imbarazzo.
«Perché non mi dici quello che pensi tu?».

Mi guarda dritto negli occhi per rispondere: «Penso che io e te vogliamo la stessa cosa, Althea», comincia. «Inutile nasconderci. Io sono attratto da te e tu da me, ma quello che succede tra di noi non può venire fuori per nessuna ragione al mondo. Sono il tuo supervisore durante una missione sotto copertura di grande importanza. È una situazione scomoda. Molto scomoda»
«Lo so», confermo. È vero. È un gran casino.

«Ciò non vuol dire che io non voglia continuare a vederti, Althea», ci tiene a chiarire. Vuole continuare a vedermi. «Ma se è una relazione quello che vuoi, io non posso dartela».
Oh.
È sincero. Spietato, quasi. Come sempre, del resto.
Se c'è una cosa che ho capito di Evan Royden è che non si fa scrupoli a dire la verità. Anche a costo di farti male.

«Io non voglio una relazione», parlo ancora prima di pensare. «Non immaginavo nemmeno minimamente che sarebbe successo qualcosa tra di noi», ammetto. «Figuriamoci avere una relazione». È impensabile. Davvero. «Quindi non preoccuparti. Non ti chiederò di avere l'esclusiva o di non vedere altre donne»
«Non voglio vedere altre donne, Althea», ribatte piccato. «E ad essere onesto, se lo facessi, tornerei con la testa a te».
Vuole farmi morire. Non ci sono altre spiegazioni.

Sono talmente stordita dalle sue parole che non riesco a rispondere. Evan picchietta nervosamente le dita sul bancone prima di proseguire: «Meriti una persona da vivere allo scoperto», mormora. «Senza sotterfugi e situazioni problematiche. Un uomo presente, costante. Che ti dica che torna a cena e che poi lo fa sul serio. Io non posso esserlo»
«Lo capisco», affermo. È vero.
Vedo il modo in cui dedica tutto se stesso al lavoro. Vedo come a volte sparisce per poi riapparire dopo giorni.
L'ho visto andare alla centrale di notte per poi tornare il giorno dopo senza aver chiuso occhio.

«Ora ti rifaccio la mia domanda: tu che cosa vuoi?», ha smesso di mangiare il gelato e mi fissa con occhi curiosi in attesa di sentire la risposta.
«Io non... Non lo so», mi stringo nelle spalle. «Possiamo continuare a vederci?». Che cosa sto dicendo? Mi sento una ragazzina impreparata all' interrogazione di fisica.
«Tu vuoi continuare a vedermi?», chiede.
«Certo»
«In segreto», mi ricorda. «Almeno per ora»
«Per me non è un problema».
In cosa mi sto cacciando?

«Senza impegno», dice. «Senza precluderti la possibilità di uscire con altri uomini e avere una relazione vera»
«Vale lo stesso», gli porgo la mano e la fissa per qualche istante prima di stringerla. «Affare fatto».
Ribatte tirandomi verso di sé e stampandomi un lungo bacio sulla bocca. Finirà male. Sicuro.
Io sono già persa.

Mi addormento con Evan accanto e mi sveglio totalmente sola.
Prevedibile. Lo immaginavo.
A strapparmi via dal sonno è il suono insistente del campanello. Mi guardo intorno, confusa e assonnata.
Scivolo fuori dal letto e percorro il corridoio per raggiungere la porta d'ingresso. Prima di aprire, però, qualcosa sul bancone della cucina attira la mia attenzione.
Un bicchiere di succo d'arancia, biscotti e una ciotola con yogurt, granola e frutta fresca.
Accanto, un post-it: "Non saltare la colazione, agente Kelley".
Mi sento male. Il viso sembra voler andare a fuoco e nascondo il biglietto dentro un cassetto prima di aprire la porta a Gwen.

«Dormivi?», mi scruta con il suo sguardo severo, la postura eretta e un portamento fiero. Gli occhi verdi e luminosi sono allegri, nonostante l'espressione sia sempre maledettamente seria. È una donna di circa quarant'anni, ma ne dimostra almeno dieci in meno.
«Ero... In bagno», invento per giustificare la colazione pronta nella mia cucina. Ancora non riesco a crederci.
Mi sorpassa ed entra in casa, i suoi tacchi echeggiano in modo ritmato. Si ferma in cucina e poggia la sua borsa sul bancone.
«Fai pure colazione», borbotta. «Intanto ti aggiorno. Ho delle novità».

Prendo posto sullo sgabello e nascondo il mio sorriso da abete dietro al bicchiere di succo. Non riesco a smettere di pensare a Evan. Lo immagino mentre mi prepara la colazione e le guance continuano a scaldarsi.
«Stai bene?», Gwen mi riporta alla realtà e annuisco in fretta.
Mi schiocca un'occhiata sospetta, poi inizia a parlarmi delle novità: «Grazie al tuo orecchino abbiamo sentito informazioni abbastanza chiare su alcuni collaboratori e luoghi importanti nel giro di Olivia. Durante la notte sono state ritrovate armi importate illegalmente e molti collaboratori di Matthew sono stati arrestati poche ore fa, alle prime luci del mattino. Evan ovviamente li sta già interrogando tutti e stanno venendo fuori altre informazioni interessanti».

Quindi Evan è andato via per andare a lavoro questa mattina presto. Avrà dormito abbastanza?
Basta. Concentrati.
Non pensare a Evan.
«Ad esempio, pensiamo che non sia Olivia a capo di tutto»
«E chi è il capo, allora?»
«Matthew», dice piano. «Si finge un suo sottoposto mentre in realtà è lui la mente. Si copre le spalle con il nome di Olivia, la usa per metterci la faccia mentre lui resta... Pulito. Ma grazie al tuo orecchino posso assicurarti che con qualche passo falso Matthew resterà dietro le sbarre per una quantità considerevole di tempo»
«Bene», addento un biscotto, soddisfatta della mia scelta idiota di lasciare l'orecchino tra i cuscini del divano.

«Adesso ho una bella notizia e una brutta per te», continua.
Aia.
«La bella è che Matthew non sospetta di te», dice. «Mentre la brutta è che dopo gli arresti di questa notte Olivia e Matthew sanno di essere nel mirino della polizia»
«Ovviamente»
«Devi farti ingaggiare da loro», dice di botto. Eh?
«In che senso?»
«Sono a corto di persone pulite da usare per lo scambio e la vendita di armi e fentanyl. Devi convincerli ad assumerti. Domenica inventa una storia strappa lacrime a Olivia. Dille che tuo padre ti ha lasciata piena di debiti e che hai bisogno di soldi. Potrebbe proporti un affare»
«E se invece iniziasse a sospettare di me?»
«Devi solo raccontarle qualcosa che ti faccia apparire in cerca di soldi», borbotta. «Non devi chiederle dove nasconde la droga»
«Va bene», già ho paura.
Accidenti.
«Adesso devo andare», lancia un'occhiata distratta all'orologio. «Tu riposati e preparati per stasera. Per favore, Althea, niente mosse avventate»
«Ricevuto».

Sono quasi pronta. Ho appena finito di truccarmi e di fare le onde ai capelli. Indosso un abito aderente che fascia il mio corpo fin sopra alle caviglie color verde smeraldo. Sul letto ho già sistemato uno scialle in chiffon dello stesso colore che coprirà i segni che troneggiano ancora sul mio collo.
Mi guardo allo specchio e quasi mi commuovo davanti ai miei occhi nocciola che brillano di luce. La mia vita è cambiata così tanto negli ultimi mesi che quasi stento a credere che sia tutto vero. Ero l'agente più insignificante della centrale mentre ora faccio parte di una missione sotto copertura per mettere in carcere uno dei criminali più potenti di Boston.

Per una frazione di secondo ripenso alla chiamata che mi ha fatto il comandante Barrett e alla sua richiesta di avere una e-mail dettagliata su ciò che sta accadendo, ma poi scaccio via il pensiero.
Non so ancora se voglio farlo.
Mentre aspetto Evan chiamo le mie amiche, poi mia nonna e mia sorella. Mi riempiono di chiacchiere e di risate e mi sento grata di averle nella mia vita, seppur la loro mancanza mi faccia male.
Spero di andare a trovarle presto.
Quando sento le chiavi che girano nella serratura e la porta aprirsi il mio cuore inizia a battere più veloce. C'è Evan.
Raggiungo l'ingresso, ancora scalza.

«Sei in anticipo», parlo ancora prima di vederlo e le parole mi muoiono in gola davanti alla sua naturale bellezza.
Indossa un elegante completo blu notte e ha ancora i capelli umidi, segno che si è preparato alla svelta per essere puntuale.
I suoi occhi percorrono il mio corpo sfacciatamente e tremo mentre chiude lentamente la porta alle sue spalle, senza mai smettere di fissarmi. «Ciao», mi saluta, un sorriso furbo sulle labbra rosse.
«Ciao», ricambio, impalata nel centro della stanza.
Continua a studiarmi e avvampo: «Qualcosa non va?»
«No», scuote la testa e finalmente si avvicina. «Sono solo completamente ammaliato».
Aiuto.

Il suo pomo d'Adamo va su e giù e deglutisco quando si ferma a pochi millimetri da me. Controlla l'orologio: «Abbiamo un po' di tempo», mormora.
«Sei in anticipo», ripeto.
«Mi sono impegnato per esserlo», e mentre parla circonda i miei fianchi con le mani e mi attira più a sé. Schiudo le labbra quando con una lentezza disarmante abbassa la zip sulla mia schiena.
«Mi sono dannata per chiuderla», borbotto e lui ride vicino al mio collo su cui lascia un bacio. Tutti i miei muscoli diventano come acqua. «Dopo ti aiuto io», sussurra sulla mia pelle, poi mi bacia e il contatto delle sue labbra calde sulle mie è come una scintilla che mi accende un fuoco dentro.

Il vestito scivola sul pavimento e rido sulla sua bocca quando inciampiamo sulle scarpe che avevo abbandonato vicino al divano. Cadiamo insieme sui cuscini morbidi e il mondo sembra dissolversi nel nulla. Ci siamo solo io e lui.
Ci siamo noi che ci divoriamo a vicenda, affamati.
Ci sono i nostri corpi che si fondono.
I nostri respiri che si mescolano.
Una passione che ci consuma.
Non ci sono confini né distanze.
E mi sembra tutto giusto.
Tutto come deve essere.

Ma buongiorno!
Come state?
Ho sganciato la bomba raga 💣
Ripeto che non siete pronti per i prossimi capitoli. Ma proprio per niente 🫠🫠🫠
Vi spoilero cosa vi aspetta.
A. Il teatro
B. L'incontro con Olivia
C. Evan ci farà impazzire
D. Non dimenticatevi di Rafael, cuore di panna. Lo rivedremo presto.
E. Non posso dirvelo 🤐
Fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo.
Come andranno le cose "senza impegno" tra questi due?
Non so 🤐🤐🤐
Vado a rispondere ai commenti del capitolo precedente e ne approfitto per ringraziarvi per tutto il supporto che mi date.
Davvero.
Un bacio enorme ❤️
Vi voglio bene.

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