Capitolo Quattro.


I miei occhi sono fissi sul profilo di Justin, intento a chiamare una cameriera per ordinare.
Stranamente ha scelto proprio la più carina del locale.
La biondina si avvicina e quando ha raggiunto il nostro tavolo dedica un sorriso a Justin, ignorandomi, prima di presentarsi
'Sono Sue, cosa vi posso portare?'
'Per me un hamburger e una coca.' risponde lui spostando il suo sguardo dalle curve della cameriera su di me.
'Oh e una coca anche per me.' ordino evitando volutamente lo sguardo di Justin, aspettandomi una domanda che non tarda ad arrivare
'E da mangiare non prendi nulla? Hai lavorato tutto il pomeriggio.'
'No grazie, non ho fame.' cerco di far cadere il discorso porgendo i Menu alla cameriera che dopo aver salutato con un tantino troppa enfasi il mio accompagnatore se ne va ancheggiando.

Torno a guardare Justin che, malgrado i tentativi di approccio della biondina non sembra aver spostato il suo sguardo da me e incrociando i suoi occhi sento una strana sensazione nello stomaco. Come se fossi appena caduta da un grattacielo di trenta piani atterrando su un morbido materasso.

Dopo una manciata di secondi di silenzio in cui nessuno dei due sembra voler spostare lo sguardo dagli occhi dell'altro, la cameriera torna con le ordinazioni e Justin si avventa sul suo panino, mormorando un 'grazie' soffocato alla ragazza a causa della bocca già piena.
'Ehi fai con calma, non te lo porto mica via.' lo provoco sorseggiando la mia coca, non sembra curarsi delle mie parole perché soffoca una risata continuando a mangiare con foga.

Quando è arrivato ormai all'ultimo boccone si decide a proferire parola
'Scusa bambolina ma se tu non hai fame non significa che io non debba averne' mi ammicca
'Dico solo che potresti mangiare con un po più di... eleganza, sembra che tu abbia appena corso una maratona!' prende alla lettera le mie parole e solleva delicatamente il bicchiere di Coca, per poi portarselo alla bocca e sorseggiare lentamente sollevando il mignolo come fosse una di quelle vecchiette inglesi che si trovano al pomeriggio per il tè delle cinque.

Non riesco a trattenermi, scoppio a ridere e lui mi segue a ruota.
Ha una risata così piacevole, potrei restare ad ascoltarla per ore e i suoi occhi nocciola sono ora lucidi per le risate e brillano particolarmente.
Smettila Summer si impone il mio subconscio riportandomi alla mente ciò che è successo poco fa.

Che devo fare?
Non so che dirgli.
Non succede nulla, ma lui sospetta ci sia qualcosa. Sì è vero non è che non succeda proprio nulla ma non è quello che pensa.
O almeno credo.

In realtà non so nemmeno io cosa stia succedendo nella mia stupida testa ma ho una morsa allo stomaco.
Forse è stato il fatto che ha intenzione di andare a mangiare o forse semplicemente sono io che ho qualche problema, non lo so, ma non posso certo dirgli nessuna delle due "geniali" ipotesi, allora tento di evitare l'argomento
'Juss per favore lascia stare, non è niente di tremendo, sono contenta che tu mi voglia portare a.. mangiare' deglutisco 'ora per favore puoi riprendere a guidare? Ti prego.' inizialmente sembra annuire ma credo di aver capito male perché si volta interamente verso di me abbastanza innervosito.

'Senti Summer, io non so cosa mi stia succedendo ma non ci capisco niente.
Ieri sera invece di spassarmela sono rimasto con te a consolarti e non hai nemmeno pensato di dirmi quale fosse il problema, hai lasciato che mi addossassi la colpa ignorandomi.
Adesso, sono passato oltre tutto questo, sono venuto a prenderti per fare un giro assieme e mi pianti un'altra storia e cerchi nuovamente di evitare di discutere o di dirmi che cazzo ti passa per la testa facendomi passare per un idiota.
Io ora sto veramente perdendo la pazienza.'

Resto in silenzio e lo ascolto sfogarsi anche perché non so che dire, nel frattempo la pioggia inizia a scendere, evito di rispondere e mi concentro sulle gocce che piano piano bagnano il marciapiede cadendo sempre più forti.

'CAZZO SUMMER DI QUALCOSA' la sua voce mi risveglia non molto dolcemente dai miei pensieri 'Non ignorarmi come fossi un fottuto idiota qualunque!' recepisco le sue parole e prendo una decisione.
Al momento non so se sia quella giusta ma sento di non avere alternative, inzio a parlare e nel frattempo raccolgo borsa, cellulare e apro la portiera
'Sai una cosa Justin? Forse io e te non dovremmo frequentarci, sono troppo complicata anche per me stessa, come posso pretendere che tu mi capisca? Grazie di tutto.' detto questo scendo e mi incammino sotto la pioggia cercando di raggiungere il porticato di una casa per ripararmi e cercare di capire quale autobus mi può portare a casa.

Combatto contro la voglia di girarmi e vedere Justin allontanarsi ma sembra che il destino abbia deciso qualcos'altro per me perché passa appena qualche minuto che la sua Range Rover è di nuovo di fianco a me.
'Cazzo Summer che fai? Sali, muoviti.' il suo suona come un ordine ma non mi è mai piaciuto obbedire, scuoto la testa e resto ferma sotto la pioggia.
'Sali cazzo, ti prenderai un raffreddore a stare lì sotto. Perché non vuoi salire?'
'Te l'ho già detto Justin. Non stiamo bene insieme, nemmeno come amici.'
'Non lo puoi sapere. Come fai a dirlo? Significa che non te ne frega nulla, perché anche se litighiamo non vuol dire che non possiamo essere amici, sali, ti prego.'
'Lo dico perché lo sento. Sento che è sbagliato, che io ti porterò solo problemi e lo stesso tu a me.'
'Smettila di mentirmi. Apri la portiera e sali. Sai anche tu che è quello che vogliamo entrambi. Non rovinare tutto subito.'

Sto iniziando a cedere, rivolgo un'ultima occhiata alla strada davanti a me, apro la portiera e mi siedo sul sedile in pelle. Lo vedo tirare un sospiro e ringraziare il cielo prima di riaccendere il motore e ripartire.

Passiamo qualche minuto in silenzio, concentrandoci su ciò che è appena successo, ma una frase esce dalla mia bocca prima che me ne renda conto
'Non posso andare a mangiare conciata così, sono tutta bagnata.' mormoro più a me stessa che a lui, ma mi sente e sembra rilassarsi, allenta un po la presa sul volante e allunga una mano alla ricerca di qualcosa sul sedile posteriore dell'auto, poi mi porge una felpa rossa
'Tieni, metti questa, non è niente di che ma almeno eviterai di prendere ancora freddo.' lo ringrazio con lo sguardo e indosso la felpa.
È abbastanza lunga, quindi si intravede solo una piccola parte della minigonna che indosso e se non si guardassero i capelli non si noterebbe che sono rimasta una decina di minuti nel bel mezzo di un acquazzone. Qualche altro minuto di silenzio e riprendiamo a parlare tranquillamente decidendo di ignorare quello che è successo poco prima.

Non so per quanto però riuscirò a evitare tutte le discussioni.

Le parole di Justin mi riportano alla realtà, ultimamente mi perdo un po' troppo spesso a pensare
'Devi andare in bagno?' mi domanda
'Si, dammi un minuto.' rispondo togliendomi la felpa e alzandomi per attraversare il locale e raggiungere il bagno.
Quando lo trovo entro e mi fermo immediatamente non appena mi accorgo di cosa c'è all'interno. Un'enorme specchio riflette la mia immagine all'interno del bagno, mi metto a fissare la mia figura avanzando lentamente.

È più di sei mesi che non mi guardo allo specchio interamente, di solito guardo solo il viso per pettinarmi o truccarmi, ho "portato via" tutti gli specchi da casa mia, lasciandone solamente uno in bagno in cui però non posso vedere il mio corpo.
È una strana sensazione specchiarmi di nuovo.

Resto immobile qualche minuto ad analizzare la mia figura allo specchio.
Sono vestita da far schifo, la divisa del Bar è oscena, sembro una puttana tirata su dalla strada e la gonna è anche un po' macchiata di Coca Cola, devo essermi sporcata servendo qualche tavolo.

I capelli neri e crespi per la pioggia mi arrivano più o meno fino ai fianchi, sempre se si possono chiamare fianchi considerando che non hanno forma, sono una linea dritta.
E infine data la gonna molto corta si ha una piena visuale delle mie gambe e non mi sembrano un bello spettacolo, sono grosse, davvero grosse.
Fatico a continuare a guardarmi ma da un lato sono incuriosita dall'immagine riflessa e vorrei fissarla ancora.
Mi riprendo ed esco in fretta dal bagno chiudendomi violentemente la porta alle spalle.

Raggiungo il tavolo dove Justin ha finito di mangiare e sta giocando col telefono, prendo la mia borsa e mi rivolgo a Justin
'Per favore mi puoi portare a casa?' sembra notare che c'è qualcosa che non va ma capisce, ancora prima che me ne renda conto io, che non ne voglio parlare
'Certo, aspettami un secondo, pago e ti porto a casa.' mi sorride e si dirige verso la cassa.

Mi siedo e inizio a mordermi il labbro insistentemente, so già cosa fare appena arrivata a casa. Devo entrare in quella stanza, ne sono inspiegabilmente attratta, forse poi me ne pentirò ma ora sento che lo voglio fare.
Una mano mi risveglia dai miei pensieri, Justin mi aiuta a salire in macchina, mette in moto e inizia a guidare.

Durante il viaggio canticchia qualche canzone alla radio ma io sono distante, fisso la strada con la testa appoggiata al finestrino pensando a come sarà rientrare in quella stanza.
La mia portiera si apre e Justin mi saluta con una bacio sulla fronte prima di guardarmi entrare nel mio appartamento
'Buona serata bambolina.' mi grida prima di ripartire con l'auto ma le parole mi suonano confuse come se le avesse pronunciate da chilometri e chilometri di distanza e a me arrivasse solo un sussurro confuso.

È il momento.
Apro la porta in legno della Stanza e mi ritrovo faccia a faccia con tantissime Me che mi fissano impaurite.
Prendo il primo dei tanti specchi ovvero la più vicina delle tante Me e lo porto in camera mia.

Non credo di aver chiuso la porta di casa ma non ho nessuna intenzione di andare a controllare, sono troppo impegnata a sostenere lo sguardo dell'altra me.
L'immagine è identica a quella che vedevo al ristorante, mi soffermo sulle gambe, più le fisso più sembrano grosse. Sento che sta tornando quell'impulso, quello che mi ha costretta a togliere tutti gli specchi alcuni mesi fa, vorrei impedire che succeda ancora ma non credo di farcela, ora non ho John con me.

Sono da sola, sono spaventata, sta tornando e non posso fare niente per evitarlo, inizio a piangere.
Inizialmente è un pianto sommesso, nascosto, poi si fa più forte e mi getto addosso all'altra Me per finirla.

JUSTIN POV.
Arrivo a casa, entro in garage e parcheggio. Sto per scendere dall'auto quando noto qualcosa sul sedile del passeggero, è un cellulare, deve averlo lasciato qui Summer. Devo riportarglielo, salgo in macchina e riparto verso casa sua.
Dopo una quindicina di minuti sono davanti alla porta dell'appartamento, cerco di ricordare quale sia la porta da cui è entrata per non suonare a casa di qualcun'altro, trovo la sua porta e suono il campanello.

Nessuna risposta.
Lo risuono.
Una, due, tre volte, ma non risponde nessuno.

Provo a bussare ma mi accorgo che la porta è aperta, entro un po titubante per scoprire che non c'è nessuno. Continuo per il piccolo corridoio, supero cucina e salotto e mi trovo davanti a tre porte. Da quella di sinistra sento provenire dei singhiozzi, così la apro lentamente e lei è lì.

'Oddio Summer che hai fatto?' mi avvicino preoccupato al suo corpo, è raggomitolata su se stessa, le braccia circondano le ginocchia in cui ha nascosto la testa mentre piange e, cazzo, quello è sangue.

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