Capitolo 42
Quando torno in cucina Greta ha la sua borsa in mano.
- Dove vai Greta? -
- Penso sia meglio se torno a casa - Non mi guarda neanche mentre si accende una sigaretta e le sue mani tremano, mi avvicino a lei.
- Greta aspetta.... ti prego -
- Simo io.... -
- Mi dispiace Greta! Non so cosa è preso a mia madre! Ha sbagliato a dirti quelle cose -
La mia voce trema, sto per mettermi a piangere quando si avvicina e mi abbraccia, affonda il viso sul mio petto.
-Non meritavi quello che ti ha detto -
- Va tutto bene Simo -
Accarezzo i suoi capelli umidi tenendola stretta, mi lascio andare su una sedia e lei si inginocchia di fronte a me, incrocia le sue mani con le mie.
- Non è colpa tua Simo -
- Non dovevo lasciarla dire quelle cose -
- Basta! Adesso ci prendiamo un bel caffè! - Sorride o almeno ci prova. Annuisco e la guardo mentre lo prepara, prendo il cellulare per chiamare mia madre ma me lo toglie di mano.
- È meglio se lo fai domani - Mi dice accarezzandomi il viso.
- Hai ragione -
Blocco la sua mano con la mia e la guardo negli occhi, lo sguardo triste sembra andato via, sento il suo respiro sul viso, mi avvicino lentamente, ma il rumore del caffè che è passato la scuote.
- Sta uscendo il caffè - Mi dice tirandosi su.
- Si lo sento - Dico a malincuore.
Appoggia le tazzine sul tavolo e si siede di fronte a me.
- Tua sorella è molto affezionata a te -
- Abbiamo sempre avuto un bel rapporto fin da quando era piccola -
Sorride, bevo il mio caffè e mi alzo.
- Mi metto le scarpe e ti accompagno a casa - Dico uscendo dalla cucina.
Il breve viaggio verso casa sua lo facciamo in silenzio, io sono assorto nei miei pensieri e lei anche, probabilmente sta pensando ad Andrea, mi fermo sotto casa sua lasciando il motore acceso.
- Ciao Simo - Sembra dispiaciuta, vorrei stringerla a me e dirgli tutto quello che provo da quando l'ho conosciuta, ma mi trattengo.
- Ciao Greta -
La guardo scendere dalla macchina ed entrare nel portone, è sembrato un addio, ci siamo salutati freddamente e il nervoso mi sale ancora di più, non riesco a chiudere occhio, la mattina dopo chiamo il mio capo dicendogli che devo sbrigare delle faccende e resto a letto fino alle 9, poi faccio una doccia, mi preparo e vado a casa dai miei, apro la porta con le mie chiavi e vado in cucina dove sento l'acqua scorrere.
- Che ci fai qui Simone? Non sei a lavoro? - Sembra tranquilla rispetto alla sera prima, ma adesso quello con i nervi a pezzi sono io.
- Hai anche il coraggio di chiedermi perché sono qui? Ti rendi conto di quello che hai fatto ieri sera oppure no? -
- Sono venuta a prendere Silvia -
- Non ti sei limitata a quello! Hai trattato di merda una persona che non c'entrava niente nei nostri discorsi! -
Mi guarda dispiaciuta come non l'ho mai vista.
- Chiedile scusa da parte mia Simone, sono molto nervosa e stressata ultimamente, me ne sono pentita subito dopo. È... la tua ragazza? -
- No, e dopo quello che le hai detto se avevo una minima speranza che lo diventasse si è dissolta grazie a te! -
Mi mette davanti una tazza di caffè e si siede.
- Posso... andare a parlarci io Simone, e chiederle scusa -
Guardo il suo viso stanco, gli occhi infossati.
- Che sta succedendo? Silvia ha bisogno di voi mamma, di entrambi! Non gli fa bene vedervi litigare giorno e notte -
- Sai qual'è la situazione Simone -
- Andiamo mamma! Sei convinta che babbo abbia un'altra? Ha sempre avuto occhi solo per te! -
- Non adesso -
- Te l'ha detto lui? -
- No, non mi ha detto niente -
- Perché non provate a parlare da persone civili e risolvete i vostri problemi? -
Mi stringe la mano. - Stasera proverò a parlarci tranquillamente senza arrabbiarmi -
- Ok, io... vado - Mi alzo dalla sedia e prendo le chiavi della macchina dal tavolo.
- Allora vuoi che ci parlo io con quella ragazza? Se vuoi lo faccio -
- No mamma, me la sbrigo io -
Esco di casa dopo averla abbracciata, guardo il cellulare sperando in un messaggio di Greta ma niente, mi fermo al chiosco dove ero solo il giorno prima con lei e inizio a bere una birra dopo l'altra. Provo ad alzarmi, ma in queste condizioni non posso guidare, chiamo Filippo.
- Hey Simo! -
- Fil devi venire a prendermi -
- Ma sei ubriaco? -
- Non ho voglia di parlare -
- Ok, dimmi dove sei -
Gli dico il posto e aspetto seduto al tavolino, lo vedo scendere da una macchina che non è la sua che se ne va subito, si avvicina a me.
- Allora? -
- Allora niente -
Sospira e mi tira su. - Andiamo, Greta ti sta aspettando -
- Greta? Le hai detto che sono in queste condizioni? -
- Era lì con me quando hai chiamato. Andiamo, fai poche storie, ti riporta lei a casa, devo andare a dargli il cambio -
Una volta al bar rimango in macchina ad aspettarla, esce poco dopo e monta al posto del guidatore, mi guarda per un secondo.
- Non farmi la paternale! Non mi serve - Biascico guardando fuori dal finestrino.
- No! Adesso mi guardi invece! -
Per la prima volta la sento alzare la voce, mi volto verso di lei che mi sta fissando.
- Che cazzo ti dice il cervello Simone? -
- Non lo so Greta, sono andato da mia madre, ci ho litigato, poi sono uscito di casa sua, ho ripensato a tutto quello che ti ha detto e mi sono fermato a bere. Perché non ti sei fatta sentire stamani? Neanche un messaggio - La testa mi gira, da quando mi sono alzato ho bevuto un caffè e poi birra.
- Ti avrei chiamato appena uscivo da lavoro, stamani mi sono svegliata tardi, non ho chiuso occhio! -
- Colpa mia? -
- Mi ha fatto più male il modo come mi hai salutata tu ieri sera che tutto quello che mi ha detto tua madre -
Greta mette in moto e parte, la sua guida è sportiva quasi quanto la mia, tiene una mano sul volante e una sul cambio, siamo uguali anche nel modo di guidare.
Mi aiuta a scendere dalla macchina, mi tiene sotto braccio fino a che non entriamo in casa e mi lascia sul divano.
- Hai almeno mangiato qualcosa? -
Scuoto la testa, l'ultima volta che mi sono ubriacato è stato per il mio diciottesimo compleanno, non è da me bere così tanto e a stomaco vuoto.
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