Capitolo 11

"Keira"
La voce di Calime era dolce e delicata.
La giovane Mezzelfa si avviò verso la solita luce, dove scorse la madre con le braccia aperte.
Keira si strinse a lei, tirando un profondo sospiro.
"Mamma." Mormorò, scostandosi da lei.
Si sedettero sotto il solito vecchio albero, lo stesso di tutti i suoi sogni. Non c'era vento e l'erba era soffice.
Un rumore, come lo spezzarsi di un ramo secco sotto uno stivale, attirò l'attenzione della ragazza. Si voltò di scatto, ma non c'era nulla.
"Cos'è stato?" Nessuna risposta.
Si voltò di nuovo verso sua madre, ma la scena del suo sogno era cambiata.
C'erano fiamme, grida e lamenti. Faceva caldo ed era rinchiusa in un cerchio di fuoco impenetrabile. Che stava succedendo?
Poi, una voce roca e gutturale chiamò il suo nome.
Si guardò attorno, ma vedeva solo il chiarore del fuoco che si espandeva in ogni dove.
"Keira." Di nuovo quella voce.
'Mamma, dove sei? Questo non doveva essere il nostro sogno?'
"Keira." La voce, ora più vicina, proveniva dalle sue spalle. Si voltò di scatto ed ebbe solo il tempo di vedere due grandi occhi gialli prima che una fiammata la investì in pieno.


Keira aprì gli occhi e si tirò a sedere di scatto. Era sudata e aveva il fiato corto. Di nuovo.
Era il secondo incubo di quella nottata.
Aveva sognato prima ancora la morte di sua sorella, poi Smaug che la inceneriva in un respiro.
"Tutto bene?" Il sussurro di Kili, accanto a lei, la fece sussultare.
Si passò le mani sul volto, annuendo nella sua direzione.
"Era solo un incubo." Mormorò, abbracciando le ginocchia al petto. "Tu come stai? Io... non te l'ho ancora chiesto."
"Non ti preoccupare per me, niente può uccidermi." Rispose il giovane, con un sorriso che lei ricambiò, rabbuiandosi dopo un attimo.
"Qualcosa non va?"
"No, no. Va tutto bene." In realtà, Keira aveva pensato a sé stessa. No, non va tutto bene. A differenza di Kili, presto lei sarebbe morta. Dietro l'angolo si nascondeva la mano del destino che si era accanita su di lei cento ottantadue anni prima e che aveva quasi raggiunto il suo cuore.
"Non vedo l'ora di entrare nella Montagna." Disse Kili. Keira si voltò verso di lui. "Le grandi sale dei nostri Avi... mi sarebbe piaciuto nascere tra quelle mura."
"Già... anche a me." Mormorò la giovane, un attimo sovrappensiero. 'Tutto sarebbe stato più semplice...'
"Ma tu ci sei nata."
"Non esattamente." Represse un sospiro.
"Ma ci hai detto-"
"Lo pensavo, ma non è così. Ora dormi, è tardi e domani partiremo."


Quella mattina, Keira pensò a Bofur.

"Cosa facciamo con loro?" Chiese Fili, mentre raccoglieva le ultime cose.
"Le portiamo con noi." Disse Keira.
"Cosa? Non se ne parla. Due umane ad Erebor? Inammissibile." Sbottò Oin.
Kili si affiancò alla giovane.
"Non possiamo certo abbandonarle."
"Vi prego, non lasciateci qui. Moriremmo in meno di un giorno senza di voi." Sigrid si fece avanti, stringendo la mano di Tilda.
"Sigrid ha ragione." Fece Keira. "Moriranno se non le portiamo con noi."
Oin le guardò, pensoso.
"E va bene, va bene." Acconsentì infine, rimediando un abbraccio dalla giovane.
"Grazie, Oin, sei fantastico!"


Camminarono allungo, lasciandosi sempre più alle spalle il lago e la città mezza distrutta di Esgaroth.
In giro non volava una mosca. Non vi erano uccelli nel cielo, né animali selvatici sulla terra.
C'era solo desolazione.


Per ben quattro giorni camminarono, finché non scorsero le pendici di Erebor.
Ah, Erebor... si ergeva in tutta la sua imponenza sopra le loro teste.
Fili e Kili erano a bocca aperta, mentre Tilda e Sigrid sembravano affascinate. Per Oin fu una tale emozione che quasi non cadde a terra, sorretto da Keira.
"Siamo finalmente a casa." Disse la giovane, puntando lo sguardo sulla vetta della Montagna Solitaria.
"È enorme!" Esclamò Kili.
"È una montagna!" Lo prese in giro Fili.
Ci fu un attimo di ilarità tra il piccolo gruppo, attimo che durò davvero poco: il cielo si oscurò all'improvviso e lampi e tuoni invadevano lo sfondo grigiastro sopra le loro teste.
"Dobbiamo trovare riparo e anche alla svelta!"
Trovarono una piccola rientranza nella parete rocciosa, piccola ma abbastanza grande per tutti. Lì, si strinsero l'uno con l'altra per scaldarsi, non avendo un fuoco.
Tilda e Sigrid si addormentarono quasi subito, strette tra Oin e Fili. Accanto a quest'ultimo c'erano il fratello e Keira.
Kili era appoggiato con la schiena alla parete, mentre la giovane Mezzelfa era rannicchiata tra le sue braccia. Non riusciva a prendere sonno, era come se ci fosse qualcosa che le imponesse di stare sveglia. I suoi occhi saettavano tra la pioggia, tra gli alberi del boschetto davanti a loro.
Si mosse lentamente, sciogliendosi dall'abbraccio di un Kili che dormiva beato, e si avvicinò all'entrata poggiandosi al muro di pietra. Dietro di lei, il giovane si rigirò, abbracciando il fratello. Erano così belli, quei due, insieme.
Tornò a guardare fuori, alzando lo sguardo al cielo nuvoloso e scuro, illuminato di tanto in tanto da lampi e fulmini che scagliandosi a terra producevano boati di grande portata.
'Mahal, proteggilo, ovunque egli sia...'


Tra lo scrosciare della pioggia, Keira avvertì i passi di qualcuno che stava correndoe si stava avvicinando nella loro direzione.
Si guardò intorno allarmata: non avevano armi di nessun genere.
Raccolse un paio di pietre e si acquattò sul bordo dell'entrata, aspettando.
I passi erano sempre più vicini e lei sempre più pronta ad attaccare.
Tilda si mosse tra le braccia della sorella e allora, Keira si rese conto di non poter permettere a chiunque egli fosse – ammesso che fosse un chi e non un cosa – di mettere piede vicino al loro riparo.
Così corse incontro ai passi con la pioggia che le scivolava sulle ciglia appannandole la vista, i sassi stretti in mano.
Una figura apparve dal folto del bosco, davanti a lei.
Non sembrava affatto un pericolo dal modo in cui correva. Era goffo e sembrava avere sulle spalle un po' di peso. Inoltre, appena udibile, a ogni passo produceva un rumore metallico, come di lame che si scontravano l'una contro l'altra.
Bene, pensò la giovane, questo tipo era armato e lei aveva in mano soltanto due pietre che gli avrebbero fatto un bel livido in fronte e niente più.
Decise infine che non era più ora di pensare, ma di agire. Lasciò andare le pietre e riprese la sua corsa.
Solo dopo esserglisi avventata contro e averlo scaraventato in mezzo al fango si rece conto che quello che aveva atterrato era un Nano, carico come un mulo di armi, che cercava riparo dalla pioggia. E che quel Nano era Bofur.


Si guardarono negli occhi, lui sorpreso e lei... lei non sapeva se ridere o se piangere dalla gioia.
"Bofur!" Esclamò, gridando, avventandosi poi al suo collo.
Lui la strinse forte, emozionato.
Quando si rialzarono, si abbracciarono ancora.
"Credevo non ti avrei più rivisto!" Disse Keira, affondando il viso tra le vesti bagnate del compagno di viaggio.
"Lo credevo anche io... non sai che spavento pensandovi tutti morti."


Keira lo portò al riparo, dove stavano anche gli altri e lì, lasciò che posasse il tutto a terra e la stringesse ancora.
"Mi sei mancata così tanto." Le disse tra i capelli bagnati.
Keira si allontanò dall'abbraccio per guardarlo in volto e notò i suoi occhi essere lucidi. Si fissarono e una strana forza li attrasse l'uno verso l'altra. Questa volta, fu un bacio lento e dolce.  

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