8. Il ritorno

Sono le otto di mattina, ormai si saranno accorti della mia scomparsa. Prendo il telefono e chiamo Jacob:
«Me ne sono andata, spero che non presenterò più un pericolo per voi...»
«Dove sei?» Mi chiede sussurrando,
«Davanti alla scuola statale, perché?» Nella mia voce c'è una punta di speranza, sembra che Jake l'abbia percepita e mi risponde «Non farti illusioni, vai via, Michael sta venendo a cercarti». Mi si spezza nuovamente il cuore, mi sono illusa di poter tornare a far parte di quella famiglia che tanto invidio e bramo.
«No Jacob, non mi puoi chiedere questo, non so dove andare». Una lacrima mi riga il volto, mi sento fuori posto, cacciata via come un cane randagio.
«Sapevo che ci avresti dato problemi!» Tra un singhiozzo e un altro riesco a dire «Non ti preoccupare, non mi troverà. Prima di attaccare, però dimmi come sta Betty?» Lui sbuffa e poi risponde «È viva!» Prima che potessi rispondergli male, mi attacca il telefono.
Decido di incamminarmi per le strade interne, non ho una meta, la gente si sposta davanti a me. Le palpebre non sbattono, gli occhi si riempiono di lacrime che impiegano un po' a rigare le guance. Un tempo avevo il mio posto felice, ma qui ho la strada e gli incontri. Mi sento terribilmente sola. Molte volte ho pensato di passare sull'altra sponda, ma non andrei in paradiso dove si trova lei, a quel punto sarebbe inutile togliersi la vita. 


Mi trovo in un boschetto, facile trovarne uno dato che siamo ai margini della città e agli inizi delle zone poco abitate.
Senza sapere il perché, a destra intravedo la casa di Michael. Probabilmente il mio inconscio mi ha portato qui. Rimango inerme, incapace di muovere un muscolo, sento un tocco dolce sul palmo della mia mano, ho paura di voltarmi, di vedere negli occhi qualcuno che potrei mettere in pericolo. Quello che noto mi sorprende: una cucciola di razza. Conosco bene le razze dei cani perché lei li adorava. La piccola ha le zampe congelate ed il musino dolce. Mi inginocchio, la prendo e la metto nel borsone. Tra le maglie vecchie e macchiate di sangue che mi porto dietro non sapendo perché, dovrebbe stare calda.
La cucciola si stende e dopo un po' smette di tremare. Decido di andare in città per comprare il cibo per lei. Mi volto e intraprendo nuovamente il cammino, ma non prima aver lanciato un ultimo sguardo alla casa.
Le temperature si sono abbassate di parecchio e la neve cade delicata a terra formando ormai uno strato di trenta centimetri. Decido di andare a "casa" dove dormo poche volte alla settimana. 

«La leggenda narra che, qualche notte, Sasha venga a dormire qui...» Dice con voce tenebrosa una mia coinquilina che sta informando una ragazza sulla leggenda che hanno inventato su di me.
«Sì e tu sei fortunata perché mi stai vedendo ora. Inoltre ti ho anche rivolto la parola, quindi sentiti al settimo cielo!» Affermo sarcasticamente, guardando in modo truce le ragazze di cui non ricordo nemmeno il nome nonostante siano sempre le stesse da un anno e mezzo. Ovviamente tranne la ragazza nuova che è sbigottita per la stupida leggenda.
Nella casa non si dovrebbero portare gli animali, ma normalmente io non rispetto le regole. 
Subito dopo aver posato il borsone sul letto, la cucciola salta fuori dalla sacca. Resto a guardarla sorridendo, il mio cellulare squilla:
«Pronto?»
«Sono Jake, dove stai?»
«Non sono affari tuoi, Michael non mi ha trovato, non chiamarmi più!» Sbraito,
«Stai calma, volevo solo sapere come stai...»
«Sono viva!» Detto ciò attacco.
Mi sono scocciata di come mi tratta Jacob.
Ritorno a fissare la cagnolina, le palpebre si fanno pesanti. Mi stendo sul letto e mi lascio andare tra le braccia di Morfeo troppo esausta per resistergli.

Mi sveglio con un calore sulla pancia, mi alzo per vedere la fonte di calore e vedo solo una palla di pelo bianca,
«Una cucciola?» Ci impiego un po' a ricordare.
Mi sento osservata, mi volto leggermente e vedo un ragazzo biondo con gli occhi color ghiaccio. Strofino con forza gli occhi affinché mettano a fuoco quella figura.
«Nick!» Urlo di gioia, la cagnolina si sveglia e scende a terra.
Cerco di andare verso di lui ma le coperte mi fanno inciampare cadendo a terra come un salame.
«Dante Alighieri!» E' il soprannome che mi ha affibbiato data la mia vecchia passione per la poesia e la prosa.
«Ti prego non chiamarmi così!» Non mi dà fastidio, mi fa ricordare...
«Sai Dante, io sono andato a casa tua prima di venire qui ed ho preso questo!» Apre il trolley scuro che si è portato. Appena si volta verso di me, riconosco l'oggetto che ha in mano: il quaderno delle poesie! Continua a parlare non curandosi della mia faccia sorpresa, ma allo stesso tempo spaventata per il dolore che mi causerà quell'oggetto.
«Mentre ero in aereo l'ho letto. Ho cercato su internet il titolo della maggior parte delle poesie appena ho avuto la connessione Wi-Fi, però non mi usciva alcun risultato. Mi spieghi il perché?»
«Non avevi il diritto di leggerle, poi che ci fai qui? Perché me l'hai portato?»
«L'ho letto perché mi volevo ricordare la vecchia te, mi manca. Sono venuto per vederti. Le hai scritte tu le poesie?» Mi chiede.
«Che ti importa... Sì comunque sì, sono io l'autrice, ma cosa c'entra?»
«Le cose che hai scritto sono vere, sull'amore, sull'amicizia... Ho letto l'ultima pagina, quello che hai scritto prima di partire e...» Non finisce la frase perché gli salto addosso piangendo. Lui mi stringe in un abbraccio sincero che non ricordavo più. Poggia il mento sulla mi testa per rassicurarmi, aspetta che sfoghi il mio dolore bagnandogli la maglia. Dopo mezz'ora siamo ancora stretti l'uno all'altra, io singhiozzo rumorosamente ma le lacrime non bagnano più le mie ciglia nere e le guance infuocate.
La cucciola ringhia verso Nick solo allora ci lasciamo sorridendo:
«Devo portarla al parco, non può stare tutto il giorno qui...» Prendo il collare e il guinzaglio comprato ieri, glieli metto, lei fa qualche storia ma poi li accetta.
«Sai che diventerà enorme?» Annuisco facendo spallucce.
«Come si chiama?» Non ci ho pensato,
«Belle!» Rispondo dopo averci riflettuto.
Passeggiamo per il parco, Nick mi mette un braccio sulle spalle. Mi fa piacere che sia qui, mi mancava il mio migliore amico.
All'improvviso alzo gli occhi al cielo e vedo che minaccia una tempesta, così ritorniamo a casa per non prendere un raffreddore.
«Ti va di andare al ristorante questa sera?» Quella domanda mi coglie alla sprovvista, tuttavia accetto.
Mi vesto velocemente, infilando: un jeans e un maglione ovviamente scuri.
«Belle, tu stai qui e non combinare guai» dichiaro mentre lei scodinzola e mi lecca il pantalone. «Credo che sia un: Okay capo!» Mi beffeggia il ragazzo. Sorrido e gli do un bacio sulla guancia per ringraziarlo di essere qui. Mi prende per mano come facevamo quando eravamo piccoli. Mi blocco a questo pensiero, tuttavia ora mano nella mano per me ha un significato diverso. Lascio andare la mano e gli abbraccio la vita. 

Arrivati al ristorante intravedo Jacob con una ragazza. Mi fermo bruscamente e tiro Nick per la maglia via di li.
«Che fai? Il ristorante è quello!» Esclama Nick confuso. Gli spiego tutta la situazione, lui mi posa una mano sulla spalla stringendola leggermente per rassicurarmi.
Mi accompagna in un bar, mi offre un bicchierino di whisky per farmi dimenticare almeno questa sera ogni preoccupazione.
Sono le dieci e già sono ubriaca, Nick mi posa un braccio sulle spalle e mi dice che è ora di andare. 

A casa mi stendo sul letto con tutti i vestiti, Nicolas mi toglie le scarpe e il jeans, sta per togliermi anche il maglione, ma io lo blocco «Non sono più una bambina, non mi puoi più vedere mezza nuda, sono grande e anche se sono stanca so spogliarmi da sola... Grazie per tutto quello che fai, sono apposto, puoi andare in albergo non ti preoccupare!» Lui si siede sul letto e mi sussurra «Non ho prenotato alcuna stanza...» Spalanco gli occhi nonostante abbia le palpebre pesanti ed esclamo «Cosa?» Poi sbuffo e mi sposto su un lato «Vieni, stenditi. Per stasera dormi qui, ma poi ti trovi una stanza!» Si toglie il pantalone e il pullover, si mette vicino a me. Sussulto sentendo la sua vicinanza, non è la prima volta che dormiamo insieme, ma ora che sono cresciuta tutto mi sembra diverso...
La mattina mi sveglio un po' infreddolita. Vedo che le coperte sono dalla parte di Nick, gli strappo per l'ennesima volta la trapunta. Lui sbuffa e si sveglia stiracchiandosi. Per poco non mi arriva un pugno sul naso.
«Dormito bene?» Mi chiede una volta sveglio e in piedi, sgrano gli occhi a quella domanda.
«Sei pazzo? Stanotte abbiamo fatto tiro alla fune con la coperta, ci siamo picchiati per avere un po' di spazio vitale e tu mi chiedi se ho dormito bene?!» Mentre parlo mi viene da ridere, non lottavo così da tempo.
Belle salta su letto e mi lecca il viso facendomi ridere ancora di più.
Io, la cucciola e Nick andiamo al bar per fare colazione, senza pensarci andiamo al bar vicino al college. Entriamo, un'aria confortevole e carica di profumi ci accoglie, ordino una cioccolata calda, una mano mi tocca la spalla.
«Che c'è Nick?» Chiedo convinta che la mano fosse sua,
«Non è lui a chiamarti!» Questa voce calda, familiare, da persona adulta e responsabile mi fa trasalire. Prima di voltarmi faccio un respiro profondo.
«Ciao Michael... Possiamo parlare fuori? Qui mi manca l'aria». Lui annuisce. Le mani mi tremano, fuori vedo tutti tranne Carmen. Betany c'è anche se ormai non frequenta più il college.
Guardo Jacob, lui scuote leggermente la testa in segno di disapprovazione, mi sento persa.
«Perché te ne sei andata? Perché non hai detto niente a nessuno?» La risposta che sto rimuginando mi sta squarciando il cuore, gli argini degli occhi mantengono le lacrime che si sono accumulate, le dita si attorcigliano per la tensione.
«Perché sono un pericolo, perché anche se mi tratti come una tua figlia Michael, io non lo sarò mai, vi vorrò sempre bene e vi ringrazierò per sempre, ma proprio perché tengo a voi... Io devo starvi lontana. Grazie». Dico tutto questo con la voce stozzata. Uso le stesse parole di Jake, anche se non comprendo il loro significato, mi volto e inizio a camminare. Nick è al mio fianco e sussurra «Ora puoi piangere...» Appoggio con forza la fronte sul suo petto, lascio le lacrime uscire.

MICHAEL:
Mentre parla soffre e si vede. Dopo aver concluso il suo discorso se ne va, e scoppia in lacrime qualche passo dopo pensando che io non la vedessi. È molto forte, ma in ognuno di noi c'è un punto debole. Il suo è la famiglia, ma perché?
Nick mi lancia un'occhiata e poi ritorna a confortare Sasha. Vorrei avvicinarmi per dirle qualcosa, ma temo di peggiorare solo la situazione. Guardo i miei figli e li accompagno al college, mentre metto un braccio sulle spalle di Betty, per confortarla.

BETANY:
Non ho mai avuto molti amici, un po' perché sono riservata, un po' per alcune brutte esperienze vissute sulla mia pelle. Consideravo Sasha un'amica, la mia unica amica. Mi è mancato parlare con lei questi due giorni. Il suo discorso mi ha lasciato sconvolta, le volevo bene, ma ora la odio perché se ne va inventando scuse assurde, non è affatto diversa dalle altre!

JACOB:
Finalmente la mia famiglia non è più in pericolo, mio padre è troppo buono anche con chi non se lo merita. Io so tutto su di lei, tutto... Il suo passato è orribile, ma ancora di più perché lei ne è la causa.

NICK:

Accompagno Sasha nel suo appartamento. Una volta nella sua stanza, resta in piedi puntando lo sguardo nel vuoto. Io sospiro, mi prendo in braccio a mo' di sposa e la poso delicatamente sul letto. Fissa, la piccola stradina che conduce al confine tra il bosco e la città, dalla finestra.

Sono ormai ore che guarda quella dannata strada. Le palpebre sbattono raramente, e quando lo fanno si abbassano per metà occhio, le lacrime escono, lei non singhiozza. L'unico segno di vita è qualche sospiro prolungato.
Mi stendo accanto a lei, le scosto i capelli dal viso scoprendo il collo, le sussurro all'orecchio «Vuoi qualcosa da mangiare?» Come già sospettavo non risponde.
La avvolgo nelle coperte stendendomi al suo fianco, mi spezza il cuore vederla così...

SASHA:
Non ho chiuso occhio tutta la notte. Vado al parco con Belle, lascio un bigliettino sul comodino a Nick per non farlo preoccupare.
Passeggio svogliatamente, scacciando via le foglie.
Mi siedo su una panchina ad osservare il paesaggio.
«Posso?» Un ragazzo fa segno di sedersi ed io annuisco. Non gli presto molta attenzione. Improvvisamente si accosta sempre più, gli rivolgo un occhiata, lui finge non notarla accostandosi ancora un po'. A questo punto gli dico con un'occhiata truce «Se ti avvicini di un solo millimetro, giuro che ti deformo quel bel faccino!» Sento una voce familiare dietro di noi «Vattene che è meglio!» Esclama Nicolas con un fiatone mai visto.
«Vuoi che ti porti la bombola dell'ossigeno?» Scoppio a ridere,
«Non sei divertente! Perché sei uscita senza lasciare un biglietto? Mi hai fatto preoccupare!» Obbietto «L'ho lasciato sul comodino!» Lui ribatte «E chi ci pensa che sta sul comodino!» Rido di nuovo e penso che Nick sia proprio una causa persa!
«Dante, perché dai ascolto a quel deficiente di Jacob? Michael ti vuole davvero bene, ritorna da quella famiglia, è quello che vuoi da quando la tua...» Dice sedendosi al posto vuoto lasciato dal ragazzo.
«Non sostituirà mai la mia famiglia, come puoi pensare una cosa del genere? Sostituire lei, il suo sorriso anche se raro, i battibecchi che finivano quando io ridevo perché non riuscivo a tenere il broncio con lei...»
«Non penso che tu debba sostituirla, ma fatti una vita! Sono due anni ormai, lei non c'è più!»
Iniziamo a litigare mettendo in mezzo fantasmi del passato. Io ci vedo rosso dalla rabbia e gli colpisco il volto, gli sferro un pugno talmente forte da fargli buttare il capo all'indietro. Lui giustamente mi risponde con un altro colpo. Mi scaravento su di lui facendolo cadere a terra.
«Guarda come ti sei ridotta. Tu almeno una vita ce l'hai e la disprezzi, non hai le palle per guardare in faccia la realtà, lei ormai è andata...» Non gli faccio completare la frase che gli sferro un gancio destro sul naso e un sinistro sullo zigomo. «Pensare che lei era innamorata di uno come te! Questo pensiero mi fa vomitare!» A questo punto lui scatta e divento il suo sacco da boxe.
Dopo pochi minuti Nicolas si stende al mio fianco,
«Dobbiamo andare in ospedale per vedere se c'è bisogno dei punti. Scusami Sasha per quello che ho detto. Lei mi aveva confessato l'attrazione che provava nei miei confronti. Io le ho detto che non provavo nulla... Con lei non volevo fare lo stronzo». Io sospiro «Grazie per tutto quello che hai fatto! E... scusami». 

In ospedale incontriamo Michael,
«Che fai qui?» Chiedo, lui mi poggia un braccio sulle spalle e mi fa entrare in una stanza. Nick ci segue in silenzio.
«Io lavoro qui, sono un chirurgo, ricordi?» Mentre parla mi fa sedere sul lettino,
«Ricordo che professione svolgi, ma oggi non avevi il turno di pomeriggio?» Lui concorda «Si, è vero, ma devo sostituire un collega». Inizia a disinfettarmi con delicatezza. Mentre posa il cotone idrofilo mi guarda negli occhi, non riesco a ricambiare lo sguardo così rivolgo lo sguardo al pavimento.
«Come faccio a medicarti se abbassi la testa?» Chiede in modo dolce. Io scendo dal lettino e aspetto che il mio compagno di pugni si faccia medicare.
«Non ho finito con te!» Mi dice Mike, scuoto la testa per fargli capire che con me ha terminato.
«Devi aspettare fuori se non vuoi più essere medicata!» Dichiara.
Nessuno di noi ha qualcosa di rotto. Questa sera Nicolas mi ha invitato a cena per fare pace.
«Dato che è una sorpresa, bendati!» Esulta all'improvviso, poi mi porge una benda e io la allaccio dietro la testa.
Mi fa scendere lentamente dal taxi, sento che apre una porta e l'aria calda mi accarezza la pelle. Mi slaccia la benda che cade a terra, apro gli occhi e metto a fuoco l'ambiente che ci circonda, il mio sorriso svanisce appena riconosco Carmen e Betany. Mi volto verso Nick e lui ha il capo chino, segno che mi ha ingannato.
«Cosa?» E' l'unica parola che mi viene in mente.
«Mi sono messo d'accordo con Mike quando sei uscita dalla stanza...» Mi dirigo verso la porta delusa da tutti. 
Una mano mi afferra il braccio e mi strattona «Non puoi andartene e non darci una spiegazione!» Esclama Jacob. Lo fulmino con lo sguardo e gli ringhio «Proprio tu mi dici questo, tu mi hai detto di andarmene, tu mi hai detto che ero un pericolo per la tua famiglia, tu mi hai detto delle parole che mi hanno fermato il cuore e preso a calci lo stomaco!» Mi sfugge una lacrima. Carmen mi prende per mano e ci sediamo insieme sul divano. Michael chiede «Jacob perché non ci hai detto nulla? Che pericolo?» Jake inizia a parlare «Quando James ci ha aggrediti mi ha raccontato il passato di Sasha prima che lei scendesse con i bagagli. Lui... Lui ha detto che ha ucciso sua madre e sua sorella. Suo padre dal dolore è impazzito, per questo io l'ho cacciata via, perché ho paura che possa farci del male». Scossa dalle parole di Jacob rispondo con tono flebile,
«Io n-non ho ucciso nessuno... Sono morte in un incidente stradale. M-mia mamma sul colpo. Lei... Mia sorella è morta due giorni dopo per un versamento alla milza... In ospedale non hanno diagnosticato nulla». Nick si siede accanto a me, gli appoggio la testa sulla spalla senza mai distogliere lo sguardo dal vuoto. Michael si accovaccia, mi posa le mani sulle ginocchia e mi fissa,
«Betty, accompagnala di sopra è stanca. Stasera dormirà qui».
Betany si alza e mi porge una mano, ma io non cambio posizione. Nicolas mi prende in braccio a mo' di sposa e segue la mia amica.
Mi lascia sul materasso e mi guarda, mi scuote leggermente ma non reagisco, le lacrime continuano a bagnarmi le guance.
«Io vado di sotto... Se hai bisogno... Resterai come un vegetale fino a domani mattina, vero?» Detto ciò Nick sospira e se ne va.

MICHAEL:
Rivolgo uno sguardo di rimprovero a Jacob. Non dico che non si doveva preoccupare, ma almeno ce lo doveva dire. Vedo Nicolas scendere.
«Come sta?» Lui come risposta fa spallucce.

SASHA:
Non ho chiuso occhio tutta la notte, sto malissimo, sto rivivendo quei giorni. Non avevo detto mai ad alta voce che lei era morta, mai prima di ieri sera.
Qualcuno bussa alla porta, non rispondo, dopo un lieve cigolio mi appare Michael davanti. Si siede sul margine del letto e mi posa una mano sulla schiena. Sussurra con la sua voce calma «Noi non pensavamo una cosa del genere, vedevo che soffrivi ma non comprendevo il motivo, ora mi è tutto chiaro. Ti porgo le scuse di Jacob, lo ha fatto con buone intenzioni». Sospiro «L'avrei fatto anche io se avessi creduto che una persona si portava sulla coscienza la madre e la sorella». Il lato su cui sono distesa da ieri sera inizia a farmi male, per cui mi alzo a sedere.
Michael mi attira a sé ed io gli poggio la testa nell'incavo del collo.
«Vogliamo andare a mangiare qualcosa?» Mi chiede dolcemente, nella sua voce c'è una punta di speranza, annuisco nonostante non abbia molta voglia di vedere qualcuno ed il mal di testa sovrasta i brontolii dello stomaco.
Carmen mi porge un succo, ne bevo un po' e poi lo poso sul tavolino di vetro al centro del salotto. Nick mi abbraccia e mi dà un bacio sulla fronte, per confortarmi, ma io non ricambio.

MICHAEL:
Ha gli occhi spenti e delle occhiaie evidenziate, si siede sulla poltrona dopo che Nicolas la lascia. Non ha forza, ha lottato fino ad ora, ma adesso è stanca si sta arrendendo, si vede. Non ci pensava da tanto, tuttavia noi le abbiamo fatto rivivere quei dolori che era riuscita a chiudere non so dove nella sua testa.
«S-se avete altre domande da farmi, parlate...» Balbetta lievemente Sasha. Dato che nessuno si fa avanti, Nick le prende la mano e dice «Raccontagli perché sei venuta qui». Lei inizia a sussurrare con lo sguardo perso nel vuoto.
«Lui, dopo che metà famiglia è morta, mio padre intendo, non ha pensato minimamente a prendersi cura di me. Così piano piano ho iniziato a frequentare la strada, seguire Nick che conosco da molto tempo. Poi però io non riuscivo a stare sola. Così mi sono trasferita in America. Nicolas mi ha trovato un lavoro, ovvero gli incontri. Mio padre mi chiama raramente».  Per questo ha legato tanto con me, perché le ricordavo la figura di suo padre. Ricomincia il suo racconto doloroso «Prima che succedesse tutto ciò. Eravamo una famiglia stramba, avevo un buon rapporto con mio padre, con mia madre litigavo sempre, ma con lei, con mia sorella... Non so, forse perché eravamo gemelle, avevamo un rapporto speciale. Dopo che lei non c'era più, io ho preso le sue sembianze caratteriali. Era lei la "dura" ed io ero la classica secchiona chiusa in se stessa e piegata sui libri. In poche parole tutto il contrario di quello che sono adesso...» Un lieve sorriso le increspa il labbro.

SASHA: 
Paul arriva con Belle, me ne sono completamente dimenticata di averla portata con me ieri sera. La cucciola mi lecca la lacrima che scende lungo la guancia. La prendo ed esco fuori lasciandomi tutti alle spalle. Il paesaggio è mozzafiato, un candido velo di velluto bianco ricopre il suolo, il freddo penetra nel maglione facendomi rabbrividire.
Betany si mette di fronte,
«Ti odio, lo sai? Mi hai fatto stare male! Ma sono felice che tu sia tornata...» Dice abbracciandomi, io ricambio e sussurro «Anche io ti voglio bene, scusami». Ci stacchiamo e due palle di neve ci colpiscono un braccio. Mi volto e vedo tutti fuori, Sam che bersaglia Christian, Carmen che ride a crepapelle con Michael, Jacob e Paul che tirano una miriade di palle di neve a Melany che protesta con voce stridula. Mi sento tirare per la mano mentre vengo colpita, Melany si rifugia dietro di me, i ragazzi ci bersagliano e noi cerchiamo di rispondere... Ma con scarsi risultati. 

Sotto un faggio Nick e Betty si tengono per mano e si guardano nel modo in cui io guardavo Jacob al ballo, tutto ciò mi fa sorridere e dimenticare tutto il  rancore per quel ragazzo dagli occhi rari.
Dopo due ore di battaglia stiamo con una cioccolata calda davanti al camino nel tentativo di scongelarci il naso e le punte dei piedi.
È tardi, vado a dormire, prevedo una notte piena di lotte per le coperte dato che condividerò il letto con Nicolas. Jacob mi afferra per il braccio e mi tira in un angolino «Scusami io non... Pensavo fossi pericolosa». Sbuffo e chiedo «Perché mi hai portato al ballo se pensavi che fossi un pericolo?» Lui si sfrega la nuca come se si vergognasse di quello che stava per dirmi «Beh, io volevo farti ubriacare, così ti avrei chiesto il tuo passato e tu me lo avresti detto a causa dell'alcol». Lo fulmino con lo sguardo, salgo le scale e vado in camera.
Accendo la luce e scoppio a ridere vedendo Nick dormire a terra. Mi spoglio e sento il biondo imprecare ad alta voce poiché Belle si è steso su di lui.
«Puoi dormire vicino a me, giuro che non ti rompo nessun osso... Spero» lui mi fissa e poi confessa «No, grazie. Sono ancora dolorante per l'ultima notte... Mi piace una persona... Betty». Sorrido e poi gli dico che sono felice per lui e gli auguro buona notte.

I raggi solari mi illuminano la faccia e mi fanno svegliare sorridendo, scendo del letto e inciampo in qualcosa o meglio qualcuno...
«Sasha! Ci sono io qui!» Esclama Nicolas in tono scocciato, poi mi tira un cuscino in faccia.
Dopo essermi lavata rientro in camera per vestirmi e noto che il ragazzo nella mia stanza sta ancora dormendo.
Scendo di sotto e vedo solo Michael,
«Già sveglia? Dormito bene?» Mi chiede prendendomi sottobraccio. Io annuisco,
«Mike ti posso chiedere una cosa? Mi potresti abbracciare come farebbe un padre?» Non finisco nemmeno di parlare che un abbraccio paterno mi avvolge, mi dà un dolce bacio sulla fronte e poi posa il mento sul capo con fare rassicurante.
«Non fatemi vomitare di primo mattino!» Esclama Sam,
«Che ci fai qui?» Chiede sorpreso Michael staccandosi delicatamente da me,
«Ho dormito con Christian... Russa troppo!» Rido a quell'affermazione e aggiungo «Beh io ho fatto dormire Nick a terra e stamattina ci sono inciampata svegliandolo...» Spunta il mio compagno di stanza lamentandosi per un livido alla pancia. 

Alle undici siamo tutti svegli tranne Jacob.
Belle sta abbaiando al suo riflesso riprodotto allo specchio, Carmen e Mike stanno cucinando, loro sono la dimostrazione di amore eterno. Io ormai non ci credo più, ma loro ne sono la concreta visione. Paul, Melany, Christian e Sam guardano un film, Betany e Nicolas leggono un libro insieme e poi ci sono io che guardo tutto dall'esterno, una mano sulla spalla mi distoglie dai pensieri, una suoneria familiare mi incupisce, poiché penso che Nick è qui, quindi l'unica persona che può chiamarmi è mio padre. Seguo con lo sguardo la mano sulla mia spalla e incontro gli occhi ghiaccio di Nicolas. I nostri sguardi hanno un linguaggio muto, ma chiaro. Non vorrei rispondere, ma dopotutto è mio padre.
«Pronto?» dico mordendomi un'unghia,
«Ciao, tutto bene?» Chiede con voce mozzata,
«Me la cavo tu?» rispondo fredda. Il mio modo di parlargli ferisce prima me stessa, ma questo mi impedisce di andare in Italia e stringerlo fra le mie braccia il prima possibile.
«Lo so che per te sarebbe uno sforzo immane, ma io vorrei che tu tornassi da me». Queste parole mi lasciano spiazzata, non so che fare. Sono nel panico, ma allo stesso tempo sono calma e fredda come non mai. La mia risposta prima di attaccare è «Non lo so, quando avrò deciso mi farò viva io».
Michael chiede «Cosa è successo?» Alzo lo sguardo dal display e affermo «Mio padre vuole che io ritorni in Italia. Dopo due anni che non si è mai preoccupato di come stessi, mi rivuole con lui! Dopo che io, chi sa come, mi sono rifatta una vita!» Mentre inveisco contro mio padre, salgo in camera, poggio la testa contro la spalliera del letto che scricchiola al mio tocco. La testa pulsa, la rabbia non evapora e dopo poco entra Nick che si siede sul letto, aspetta che io mi sfoghi con lui.
«Non ne ha il diritto! Ho passato le pene dell'inferno e ora che il dolore si attenua leggermente io dovrei ritornare nel posto in cui tutto è iniziato, ma chi si crede di essere!» Esclamo. Lui sospira e mi informa «Anche lui ha sofferto, forse ora sta realizzando, lui ha il diritto di chiamarti a sé. Magari io e te ci facciamo una vacanza in Italia e poi ritorniamo qui...» Sospiro e ammetto «Non lo so, ho paura di star male». Il mio amico sospira prima di posarmi un bacio sulla guancia per rassicurarmi.




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