Parte senza titolo 6
Nonostante insistetti per guidare io al ritorno, i ragazzi non ne vollero saperne di accontentarmi.
<<Siamo già abbastanza insanguinati così, non mi sembra il caso di concludere la giornata con un incidente.>> ridacchiò Pasquale, prendendo il posto del guidatore.
Avevo arrestato il sangue, disinfettato e fasciato le loro ferite alla meglio e loro non sembravano provare dolore. Essendo fin troppo provata dalla giornata, mi arresi e mi distesi sui sedili posteriori della macchina, coprendomi gl'occhi con un braccio di traverso.
<<Come mai sembri contento e rilassato?>> domandai a Pasquale.
<<Perché lo sono. Sei stata bravissima al poligono e non mi hai fatto vergognare di te come temevo. Non sei poi così male, se solo tu avessi un po' più tette e qualcosa che assomigli vagamente alla femminilità...>>.
Sbuffai rumorosamente. Non tutte le ragazze hanno la fortuna di avere una quarta di seno!
<<Mi dispiace.>> mormorai dopo poco.
<<Per cosa?>> domandò Alessandro, girandosi a guardarmi dai sedili anteriori.
<<Per tutto! Per aver messo in pericolo le vostre vite, per non avervi saputo proteggere, per avervi trascinato in questa città, per avervi fatto saltare le lezioni pomeridiane, perché sono il vostro stupido Capitano nolente.>>.
<<Figurati. Nessuno ha obbligato me a partecipare a questa spedizione. Inoltre tu sei nuova ed anch'io non credo di conoscere poi molto della giusta etichetta da utilizzare. Magari in Sicilia telefoneremo prima di andare.>>.
<<Sicilia?>>.
<<Non è là che si trova Palermo?>> sbuffò Pasquale.
<<Perché? Volete ancora andarci?>> domandai stupita, alzandomi a sedere.
<<Noi no, sei tu che vuoi andarci.>> precisò Alessandro con una risatina.
Era vero, ma avevo progettato di andare da sola.
<<Sentite, apprezzo la vostra tenacia, ma oggi potevate essere feriti gravemente. Dopotutto preferisco rischiare solo la mia vita. Io me la so cavare da sola, ma non so proteggere gli altri, non ne sono in grado, capite?>>.
<<Nessuno ti sta chiedendo protezione Xena!>> ridacchiò Pasquale, chiamandomi col nome della mitologica principessa guerriera.
<< Non è andata male oggi, no? Inoltre, a meno che non uccidiamo qualcuno nel loro territorio, o creiamo danni, loro non possono fare altro che maltrattarci un po', come hai visto.>>.
<<Ah, quindi tenervi in ostaggio e tagliarvi è solo un maltrattamento per voi?>>.
<< Sai che ci sono cose peggiori, perché l'hai visto alla festa.>>.
Chinai la testa, cercando di dissolvere le immagini della donna bionda torturata dalla mia mente.
<<Non posso lasciarvi venire con me. Non prendetela a male, ma non voglio zavorre!>> esclamai, in tono duro.
Probabilmente più ci saremmo avvicinati al Leader e più avremmo danzato col pericolo. Non potevo permettere loro di sprecare la propria vita per i miei desideri, per aiutarmi in qualcosa che avrebbe giovato esclusivamente a me. Sarebbero potuti morire in quel poligono ed io non avrei potuto far nulla per impedirlo.
<< Così ci ferisci! Principessa, noi non siamo mai usciti fuori dal nostro territorio. Questa è stata la prima volta per tutti noi. Un po' di disorientamento e disorganizzazione era inevitabile. Ora abbiamo capito cosa fare. Non ti preoccupare, la prossima volta saremo noi a ferire.>> sorrise inquietantemente Pasquale.
Ale annuì.
<<Se la pensate così... allora vi ordino di non venire!>>.
<<Mi rifiuto, Principessa.>>.
<<Chiamami Capitano se proprio devi e ti ordino di non rifiutarti di ubbidirmi.>>.
<<Rifiuto tutte le tue parole e ti ordino io di tacere. Passeranno anni prima che tu possa aspettarti che io ti scodinzoli appresso come un cagnolino fedele. Ho la mia testa con cui pensare, cosa credi?! Ed oggi mi sono divertito per la prima volta, da quando sei entrata nella nostra squadra.>>.
<<Davvero?>>.
<<Certo che si! Rifiuti ogni privilegio, vendetta, perfino di ricordare periodicamente chi è che comanda nel distretto! Non ci consenti neanche la nostra mensile battuta di caccia.>> si lamentò Pasquale.
<<Battuta di caccia? Non ne so niente...>> mormorai, squadrandolo per vedere se scherzasse.
<< Davvero? Ale ci ha detto che... Alessandro!>> urlò Pasquale, afferrandolo al collo con una mano.
<<Lascialo! Stai guidando!>> strillai a mia volta, cercando di allentare le dita strette intorno al collo del mio amico.
L'auto sbandò lievemente. Un camion ci suonò e stava per ridurci ad un rottame, se Alessandro non avesse allungato un piede e girato il volante dall'altra parte con un calcio, raddrizzando la macchina. Finalmente riuscì a torcere il braccio a Pasquale e Alessandro riprese a respirare normalmente. Accostammo subito sul lato della strada.
<<Cosa diavolo vi è preso!?>>.
Uno ribolliva di rabbia in silenzio, l'altro sembrava imbarazzato, mentre si massaggiava il collo.
<<O uno di voi due inizia a parlare o vi riempio di lividi a turno!>> sbuffai, mettendo una mano sulla spalla di ognuno e fissandoli negl'occhi.
Non mi sono mai piaciuti i segreti, specie quelli altrui e credevo che almeno nella squadra tutto fosse condiviso e trasparente.
<<Per farci esercitare con dei bersagli in movimento, Marco ci portava una volta a mese in una radura dove cacciavamo daini.>> sussurrò Alessandro, a testa china.
<<La caccia in quella riserva era proibita?>>.
<<No.>>.
<<Allora Marco non ha infranto la legge.>>.
<<Lo so, però...>>.
Il suo viso era tornato rosso e non riusciva a guardarmi.
<<Però?>>.
<<Io trovo che la caccia sia riprovevole. Quindi, quando Marco voleva proporci nuovamente di andare sui suoi terreni, io ho detto che a te non stava bene...>>.
<<Alessà, perché mi hai coinvolta?>> sbuffai, infastidita.
<<Perché lui non vale niente, non è nessuno nell'organizzazione. Sarebbe potuto tranquillamente non venire, ma no! Invece voleva proteggere Bambi! Disgustosa femminuccia!>> esclamò Pasquale, dandogli uno schiaffo sulla nuca e sputando fuori dal finestrino.
<<Barbaro animale!>> mormorò a sua volta Alessandro e solo grazie alla mia prontezza di riflessi, Pasquale non riuscì ad afferrargli nuovamente la gola.
<<Ok, ora calmatevi. Facciamo così, voi potete cacciare quanto vi pare purché non infrangiate alcuna legge. Alessandro non parteciperà e basta ed io non voglio essere ulteriormente coinvolta. Ale?>>.
<<Mmm?>>.
<<Capisco il tuo stato d'animo, però io mi fidavo di te. Per me sei come il mio consigliere personale e il mio segretario, il mio braccio destro. Hai riferito altri ordini non miei?>>.
<<No.>>.
<<Sicuro?>>.
<<Si.>>.
<<Ok, allora ora guidi tu, Pasquale si siede dietro ed io mi sposto davanti, nel caso in cui lui cerchi ancora di farci ammazzare!>>.
Facemmo come avevo detto e ripartimmo in silenzio. In realtà non ero tanto arrabbiata con Alessandro quanto con Pasquale. Aveva solo provato ad imporre una sua idea al gruppo. Certo, l'aveva fatto nel modo più sbagliato possibile, ma dev'essere difficile dare consigli o farsi ascoltare da chi ti considera poco più che un membro del branco senza valore. Pasquale invece era forte e sicuro di se, e a mio parere, completamente pazzo ed instabile. D'altronde meglio averlo come amico che contro. Di certo non avrei voluto essere nei panni della preda a cui avrebbe dato la caccia, non di nuovo. Ero sicura che la prima volta, nel bosco, mi avesse sottovalutata a causa del mio sesso. Così come sapevo che non avrebbe commesso lo stesso errore una seconda volta. Nonostante iniziassi a trovare quasi accettabile la sua presenza, Pasquale continuava a turbarmi.
I ragazzi mi scaricarono davanti alla porta di casa alle diciotto circa.
<<Allora? Quando ci andiamo?>> mi chiese Pasquale dal finestrino.
<< Noi non ci andremo mai! Io andrò tra qualche giorno. Ho bisogno di un po' di riposo.>>.
<< Sono d'accordo. Questo primo Dicembre non è stato un granché.>> ridacchiò Ale.
<<Però non credo che dovremmo lasciar passare troppo tempo, o lo perderemo ancora. Suggerisco di partire Sabato quattro, se non prima.>> aggiunse Pasquale.
<<No, Sabato va bene. Dato che Palermo non è vicinissima, magari potrei passare lì due giorni. Dirò a Papà che si tratta di una breve vacanza.>> riflettei.
<<Hai dimenticato come usare il plurale o stai ancora pensando di mollarci?>> mi apostrofò Alessandro, offeso.
<<Come si chiama il Capogruppo di Palermo?>>.
<< La sede della nostra figliare di Palermo è in aperta campagna, in realtà. Piuttosto distante dalla città. Secondo me sarebbe meglio parlare con il Master della Sicilia e chiedere il permesso di entrare nel territorio del Boss di Palermo. Lui ci indirizzerà verso il Capogruppo a cui dovremo fare riferimento.>>.
<<Quanti giri complicati.>> mi lamentai.
<< Guarda che è pericoloso per dei semplici sottoposti passare da una regione all'altra!>>.
<<Pensi di poter organizzare tutto?>>.
<<Di solito i semplici gregari come noi non possono contattare altri Boss, figurarsi un Master! Però potrei chiedere un permesso per un viaggio di piacere... Ti farò sapere...>>.
<<Hai i contatti necessari?>>.
<<Si. Anche tu li hai. Tutti i numeri dei membri di spicco delle bande sono registrati su ogni cellulare.>>.
<<Ah si? Come li devo cercare?>> mormorai, accendendo il mio.
<<Digita nella rubrica : Master Sicilia o Boss Palermo.>>.
Lo feci, scoprendo che il nome del Master era Antonucci De Luca, mentre il Boss si chiamava Roberto Tiacci. Per curiosità cercai anche il numero del Master della Campani, scoprendo che si chiamava Gaetano Pierro.
<< Grazie per la compagnia e vi prego di non disturbarvi oltre. Ci vediamo.>> sospirai e mi voltai per entrare in casa, salutandoli con la mano.
Mi accorsi di aver dimenticato gli occhiali, ma non m'importò tanto da tornare indietro. D'altronde, erano un impedimento nel mondo in cui stavo iniziando a vagare. Aprì e chiusi la porta dietro di me, trovandomi papà davanti.
<<Papà!>> esclamai e gli lanciai le braccia al collo, appendendomi per stringermi a lui.
Lui mi ricambiò.
<< Scricciolo! Quanto affetto!>> ridacchiò lui.
<< Non mi aspettavo di vederti.>>.
<<Si, mi sono preso mezza giornata di libertà. Come è andata la scuola?>> mi domandò, sciogliendosi dall'abbraccio.
<<Tutto ok. Cos'è questo profumino?>>.
<<Pizza!>> sorrise lui, indicandomi il tavolo con due Margherite sopra.
<<Congelata?>>.
<<No.>>.
<< Presa in panineria?>>.
<<No.>>.
<< In pizzeria?>>.
<<No.>>.
<<L'hai fatta tu?>>.
<<Si.>> rise papà.
<<Non è avvelenata, vero? E non c'è un coltello dentro?>> ridacchiai, sedendomi a tavola.
<<Non rovinerei mai del buon cibo.>>.
Con forchetta e coltello ne tagliai un pezzo e l'assaggiai. Era squisita! Proprio ciò di cui avevo bisogno dopo una giornata simile. Era raro che papà cucinasse qualcosa di più di pasta e carne, probabilmente si era accorto che avevo dei problemi. Quello era il suo modo per rinforzarmi ed incoraggiarmi. Repressi le lacrime ed addentai un'altra fetta di pizza. Dopo cena accesi il mio portatile nuovo e mi collegai ad internet per cercare un treno per Palermo. Ne trovai uno che partiva da Napoli a mezzanotte e sarebbe arrivato a Palermo per le dieci del mattino. I biglietti costavano abbastanza, ma mi concessi ugualmente di prendere la cuccetta. Prenotai per quella sera stessa e, dato che erano già le diciannove, avrei dovuto muovermi per prendere l'autobus delle ventuno che mi avrebbe portato a Napoli. Non intendevo aspettare un secondo di più, impaurita al pensiero che il Leader mi sfuggisse ancora. Per fortuna papà andò a dormire presto e senza il solito allenamento serale, dato che ultimamente stava iniziando ad accusare dei dolori, ed io riuscì a sgattaiolare fuori dalla finestra, dopo avergli scritto un biglietto in cui gli dicevo che sarei andata a scuola presto. Sperando ovviamente che non entrasse in camera mia fino al mattino dopo. Altra menzogna non mi era venuta in mente. Gli chiesi mentalmente scusa ed iniziai a correre verso il centro città, con una borsa piena d'armi in mano, in piena notte. L'autobus era quasi vuoto e fu difficile combattere il sonno per più di un'ora. Non mi ero accorta che Napoli fosse così distante, e pensare che ci ero stata poche ore prima! Raggiunsi la stazione appena in tempo per salire velocemente al bordo del treno. Il controllore mi timbrò il biglietto che avevo stampato a casa, e mi indicò il mio posto. L'ambiente era piuttosto stretto, con un tavolino richiudibile accanto al finestrino e due brande dall'aria scomoda. Per fortuna ero sola. Mi distesi sulla branda a destra, appoggiando lo zaino per terra. Il treno partì dopo qualche minuto. Lo sferragliare delle ruote sulle rotaie era inizialmente fastidioso, poi lo accettai come gradevole rumore di sottofondo. Tra qualche ora sarei arrivata a destinazione. Ero a dir poco in fibrillazione. Sapevo di dover chiamare il Master prima d'introdurmi nel suo dominio, ma non volevo essere tanto scortese da telefonargli più tardi di mezzanotte. Avrei aspettato almeno le otto del mattino. Nel frattempo, sonnecchiai di tanto in tanto, svegliandomi spesso, temendo di mancare la fermata. Durante la notte fui colta dalla curiosità di conoscere le origini della città di Palermo, così le cercai su internet. Scoprì che la città venne fondata dai Fenici con il nome di Zyz, che in lingua fenicia significa fiore e che acquisì una rilevante importanza commerciale per la sua posizione. Non mi sarebbe dispiaciuto visitare il Palazzo dei Normanni dove sono situati gli Appartamenti Reali, e la Cappella palatina a tre navate, ricoperta di mosaici bizantini raffiguranti scene dell'Antico e Nuovo Testamento sulla quale troneggia, nella Cupola, il Cristo Pantocratore circondato dalla sua corte celeste. Magari, quando tutto ciò finirà, potrei chiedere a papà di portarmici pensai, sospirando. Probabilmente mi addormentai, ma fui prontamente svegliata dal cellulare, che iniziò a squillare dalle sei del mattino. La prima chiamata fu quella di mio padre, la ignorai. Più tardi gli avrei scritto di essere a lezione. Ricevetti molte chiamate da Alessandro e Marco e Pasquale e altre dai numeri assegnati agli altri membri della banda. Mi chiamò perfino il Capogruppo. Non mi disturbai a rispondere a nessuno di loro, dato che avevo paura facessero leva su mio padre per farmi tornare. Seppur con un nodo d'ansia allo stomaco, mi decisi a chiamare il Master di Sicilia. Il telefono squillò.
<<Pronto?>>.
<<Si, pronto. Mi chiamo Samantha Carrara. Parlo col Master della Sicilia Antonucci De Luca?>>
<<Si>>.
<<Ehm... so che una ragazza qualsiasi come me non avrebbe il diritto di parlare con una figura importante come lei...>>.
<<Appunto.>>.
<<Ehm...Disturbo?>>
<<Si.>>.
<<Ah, vuole che chiami in un altro momento?>>.
<<No.>>.
Un tipo loquace, non c'è che dire.
<< Ok. Allora, le farò subito la mia richiesta. Sto' cercando il Leader.>>.
<<Si, mi hanno detto che c'è una schizzata che lo cerca.>>.
<<Ah, che gentili. È stata Claudia Marcelli di Napoli ad avvisarla?>>.
<<Si.>>.
<<Le ha anche detto che è stata lei ad indirizzarmi alla sua città?>>.
<<Si.>>.
<<Quindi... Lui è da voi?>>.
<<Si.>>.
<<Allora, se sarò alla vostra stazione di Palermo per le dieci questa mattina, potrei essere ricevuta da lui?>>.
<<Potresti.>>.
<<Allora... tra un'oretta sarò a Palermo...>>.
<<Bene. Ci sarò anch'io.>>.
<<Ah...va bene... comunque intendo avvisare della mia presenza anche il Boss di Palermo ovviamente... Dovrei, no?>>.
<<Non ce n'è bisogno. Penserò io ad organizzarle un degno incontro!>>
Chiuse la comunicazione, lasciandomi più inquieta e confusa di quanto non lo fossi prima. Non avevo per niente voglia d'incontrare un uomo del genere, anche se era stato davvero gentile ad occuparsi del mio incontro, anche se non mi conosceva né mi aveva mai visti. Ah... non sono vestita neanche bene! Che imbarazzo! Sono sicura che questa storia andrà a finire male...
Arrivai a Palermo, senza sapere dove andare, cosa fare o se qualcuno mi avrebbe aspettata o se, mio grande desiderio, il Leader mi sarebbe venuto in contro per concedermi almeno una parola.
Ovviamente non accadde nulla del genere...Quanto ero ingenua!
<<Signorina Carrara?>> mi apostrofò un ragazzo alto e allampanato con i capelli neri e il pomo d'Adamo molto evidente.
Incredibilmente a Palermo c'era un'afa non indifferente e iniziai subito a sudare nel mio jeans pesante e felpa rossa.
<<Siete rimasti in Autunno voi.>> commentai, affannata per il caldo.
<< È sempre così da queste parti.>> replicò lui, prima che una scarica mi partisse dalla spalla sinistra.
Svenni.
Aprì faticosamente gli occhi. Non servì a nulla, intorno a me c'era solo buio. Cercai di alzare un braccio, ma questo si mosse appena, provocandomi dolore ai polsi. Capì di essere legata come un salame e di essere posta sopra un letto dal morbido materasso. Le corde partivano dalle caviglie, attorcigliandosi intorno ai polpacci, alle ginocchia, alle cosce, alle anche e bloccandomi mani, polsi e gomiti strettamente dietro alla schiena, per poi passare intorno al mio collo. Provai a tirare le corde, ma subito mi mancò l'aria e tossì. Sentì anche i contorni della benda nera sugli occhi.
<< Dove sono? >> ansimai.
<<Al sicuro.>> mi rispose una voce maschile.
<<Chi sei?>>.
<<Un amico.>>.
<<Se non ti conosco non puoi essere un mio amico.>>.
Lui ridacchiò.
<<Per semplificare, diciamo che non sono un tuo nemico.>>.
<<Posso sapere cosa mi avete fatto? Perché sono legata?>>.
<<Ti abbiamo stordito con un teaser e sei legata e disarmata per precauzione. Godi di un'ottima reputazione, pur essendo così giovane.>>.
<<Ciò mi lusinga e m'inquieta. Puoi almeno togliermi la benda?>>.
<<Mi è stato detto di non farlo. Il Leader non vuole che tu veda lui o le sue guardie personali.>>.
<<Sei una guardia personale del Leader?>>.
<<Si.>>.
<<Potresti farmi parlare con Lui?>>.
<<Lei.>>.
<<Eh?>>.
<<Il Leader è una donna.>>.
<<Come si chiama?>>.
<<Il suo nome non è rilevante. Puoi chiamarla Mia Signora, o Madame se ti piacciono i vecchi film inglesi.>>.
<<Credo che Signora vada più che bene.>> sospirai.
Il punto in cui mi avevano dato la scossa faceva molto male e la pelle mi formicolava per la posizione scomoda. Cercai di girarmi a pancia in su, ma ricaddi sul fianco.
<<Dovrò aspettare a lungo?>>.
<<Non saprei, dipende.>>.
<<Da cosa?>>.
<<Da cosa deciderà di fare la Padrona.>>.
<<Cioè se vorrà parlarmi o no?.>>.
<<Affatto. Al momento tu sei l'ultimo dei suoi pensieri.>>.
<<Allora, cosa sto aspettando?>>.
<<Aspetti che l'ordine sia ristabilito in questa piccola fetta di dominio.>>.
<<Potrei saperne di più?>>.
<<Suppongo di si. Tanto sarà reso pubblica la notizia dopo oggi. Sono due anni che il Master Antonucci e i suoi sottoposti non pagano il giusto tributo alla nostra Padrona. A causa di altri impegni, abbiamo lasciato correre, ma ora che ce n'è il tempo, siamo venuti per riscuotere il dovuto.>>:
<<Il Leader riscuote personalmente?>>.
<<No, ma ci trovavamo nei paraggi. Inoltre i nostri ambasciatori sono stati ritrovati in mare, sgozzati. Abbiamo supposto una sua certa ritrosia nel pagare il giusto.>>.
<<Concordo. Quindi? Perché siete qui?>>.
<< Semplice, o ci paga, o muore, o ci paga e muore. Non ci sono molte alternative.>>.
<<Tutto questo non potrebbe essere un piano per attirare il Leader in questo territorio ed ucciderlo?>> suppongo.
<<Forse, ma quest'alternativa non mi preoccupa.>>.
<<Perché?>>:
<<Perché non c'è nessuno più forte della squadra della Padrona.>> rise lui.
<<Sai cosa si dice della troppa sicurezza? Che rende imprudenti.>>.
<<Forse. Oggi si vedrà.>>.
Non passò molto tempo, prima che udissi il suono di un allarme.
<<Cosa succede?>> urlai.
<<Un incendio.>> replicò il mio compagno.
Fulmineamente, mi recise i legami con un coltello affilato, che mi ferì le braccia.
<<Se ne uscirai viva, appuntamento a Roma, a piazza Navona, tra due giorni.>> mi sussurrò, premendo le labbra sulla mia pelle in un bacio delicato sulla guancia.
Fui sfiorata da un profumo, familiare in qualche modo, ma che non riconobbi. Mi riscossi e mi tolsi la benda. Ero sola in una stanza ammobiliata con un ampio letto ed una poltrona a fianco. Sentivo la puzza di fumo e subito presi la mia borsa, posata sul pavimento e, pistola in mano, uscì nel corridoio. Davanti a me si spalancò un inferno di fiamme e fumo scuro. Sentì un'esplosione, le cui vibrazioni mi fecero cadere a terra. Tossì e mi guardai intorno. Sbattei ripetutamente le palpebre, per scacciare le lacrime dagli occhi. Sentivo l'aria farsi sempre più pesante, irrespirabile. Mi comprimeva i polmoni e respirare era come ingoiare fuoco dalle narici, dalla bocca. Nonostante il dolore sordo e continuo al petto, mi appoggiai alla parete per rialzarmi. Mi mossi in avanti, sebbene non sapessi dove andare. Il pavimento davanti a me crollò. Mi accorsi di essere al secondo piano di un appartamento. Sentì le urla di un uomo e lo vidi correre sotto di me, come una fiamma vivente. L'uomo si accasciò al suolo e le fiamme lo nascosero completamente alla mia vista. Scossa e terrorizzata come mai, strisciai nella direzione da dove ero venuta. Il fuoco sembrava esser vivo e seguirmi lentamente nel mio arrancare. Con la mano sfiorai un pomello arroventato, bruciandomi un palmo. Urlando me lo portai davanti agli occhi e vidi una forma rossa impressa nella mia carne. Il nuovo dolore servì a riscuotermi dal torpore che mi stava provocando l'asfissia. Cercai di ignorare i polmoni in fiamme ed il fumo, che opprimeva tutti i miei sensi, ed andai avanti. Non c'era altro posto dove andare. Le fiamme erano sempre più vicine, il pavimento instabile, l'odore intenso, il calore insostenibile. Infine toccai il vetro di una finestra. Cercai di aprirla, ma i cardini dovevano essersi fusi per il calore. Impossibile forzarla. Ricordando le urla disperate sentite, decisi di non voler morire, aspettando che le fiamme lambissero il mio corpo, per liquefare e bruciare la mia persona. Meglio l'impatto al suolo dal secondo piano di una villa sconosciuta. Con un po' di fortuna mi sarei solo frantumata qualche osso, a meno che sotto di me non ci fosse un recinto di ferro... Ignorai i miei pensieri e arretrai tanto da ustionarmi sensibilmente la schiena e, con tutte le mie rimanenti forze, corsi contro la finestra, proteggendomi gl'occhi con le braccia. Ruppi il vetro e precipitai tra le schegge brillanti come diamanti, nel sole abbagliante del primo mattino. L'impatto mi tolse ogni fiato, ma non caddi sulla terra, finì nell'acqua ghiacciata di una piscina. Inizialmente la frescura mi fece piacere, ma non coinvolse ogni parte del mio corpo. I miei polmoni erano in fiamme. Annaspai e mi dimenai, fino a irrompere sulla superficie della grande vasca. Dolorante, nuotai fino al bordo e mi issai, tossendo e sputacchiando acqua. La mia mano si aggrappò ad una caviglia. Alzai la testa, cercando di tenere gl'occhi aperti. Vidi un angelo dai capelli dorati, ondulati, illuminati dal sole e gli occhi azzurri.
<<Così impari, idiota!>> mi urlò contro Pasquale, aiutandomi ad uscire dall'acqua.
Mi rimise in piedi, abbracciandomi forte. Appoggiai la testa alla sua spalla e mi lasciai sostenere. Tremavo e lui mi strinse ancora più forte.
<<Sei ammattita per caso?>>.
Riuscì solo a tossire, tra le lacrime calde. Il mio campo visivo s'iniziò ad oscurare.
<<Credo che sto per svenire.>> mormorai.
Lui mi prese in braccio.
<<Tranquilla. Ora penso io a te.>> mi sussurrò, ponendomi un bacio delicato sulla fronte.
<<Andiamo proprio bene.>> risi, poi svenni.
<<Samantha? Sam? Ti prego, svegliati!>>.
A chi appartiene questa voce? Cosa mi chiede?
<<Ti scongiuro, apri gl'occhi. È tardi.>> pianse ancora la voce.
Non piangere, sto bene. Dammi solo altri due minuti avrei voluto così consolare il suo pianto. Però il lamento continuava e sentivo qualcosa di umido sulla mano. C'era anche qualcosa di grande e caldo e ruvido premuto sul mio palmo. L'altra mano era così fredda e sentivo qualcosa di piccolo e fastidioso nel braccio. Un tubo? No, un ago? Qualcuno mi sta drogando? Cercai di alzare le palpebre, ma era come se non rispondessero ai miei comandi. Una fascia gelida mi venne applicata sulla fronte e sulla mano. Entrambi i punti caldi e dolenti mi diedero sollievo. Al contrario, la schiena continuava ad ardermi. Qualcuno mi girò sulla pancia. Il mio volto fu quasi soffocato da qualcosa di morbido e che odorava di pelle. Un sedile? Sono in macchina?
<<Samantha! Se non apri subito gl'occhi, giuro che sarai nei guai, Xena! Svegliati, ora! È un ordine!>> urlò qualcun'altro, con tono irritato.
Forse, dovrei ubbidire, pensai. Ancora una volta, cercai di alzare le palpebre. Ci riuscì, ma solo per poco e la luce mi accecò. Strinsi di nuovo gl'occhi e mugugnai.
<<Sam? Sei sveglia? Sono io, Ale. So che non ti senti bene, ma abbiamo bisogno di te. Hai dormito tutta la giornata ed Enrico è tanto preoccupato che sta per chiamare la polizia. >>.
Enrico? Così si chiama mio padre, pensai. Con più convinzione, spalancai gl'occhi. Inizialmente rimasi accecata dalla luce gialla che proveniva dal soffitto dell'abitacolo, poi riuscì a mettere a fuoco il tettuccio interno dell'Hummer nero di Pasquale. Quest'ultimo era seduto sul sedile davanti, con sguardo truce. Intorno a noi era già buio. La mia mano era fasciata e sentivo delle bende anche intorno al dorso.
<<Alessandro?>> sussurrai.
La gola mi bruciava.
<<Si, Sam! Capitano!>> mi sorrise, guardandomi dall'alto.
La mia testa era sulle sue ginocchia.
<<Evviva, è viva!>> sbuffò Pasquale, non sembrando per nulla contento della cosa.
Terrorizzata, iniziai a tremare e ad arrossire, ricordando di averlo scambiato per un angelo, sul bordo piscina. Mi ero perfino lasciata prendere in braccio e chissà che altro mi aveva fatto quel maniaco! Pasquale colse il mio sguardo furioso e sorrise, alzando le mani.
<<Quegli occhi fiammeggianti sono il ringraziamento per averti salvato la vita, Principessa?!>>.
Mi limitai a sbuffare. Meglio accantonare quel ricordo come se non fosse mai avvenuto.
<<Che ore sono? Dov'è mio padre? Dove siamo? Cosa è successo? Come avete fatto a trovarmi?>> sospirai.
<< Sono le diciotto e un quarto, tuo padre è a casa che ti aspetta. Il tuo cellulare si è rotto quando sei caduta in acqua, come alcune delle tue armi, ma abbiamo recuperato il salvabile. Quindi, Enrico non ha avuto tue notizie per tutta la giornata ed è leggermente in paranoia. Ti consiglio di chiamarlo subito dal mio cellulare, di scusarti e di dirgli che il tuo cellulare si è rotto.>>.
<<Dove siamo?>> ripetei ad Ale.
<<Nel parcheggio della Villa. Non volevamo spostarti.>>.
<<Quale Villa?>>.
<<La nostra. Sei a casa.>> sorrise lui, accarezzandomi i capelli.
<<L'ultimo ricordo che ho della mia posizione è la stazione di Palermo. Poi sono stata rapita.>>.
<<Già, noi ti abbiamo riportata il Campania con l'aereo privato del Capogruppo Salvati. Ti aspetta una bella lavata di capo ed una riunione.>>.
<<Come sapevate dov'ero?>>.
<<GPS.>> si strinse nelle spalle Pasquale.
<<Ah... una riunione? Adesso?>>.
<<Si, non potrai ancora tornare a casa, quindi avverti tuo padre.>> m'incitò Ale, porgendomi il telefono.
<<Si, lo faccio subito.>> annuì, provando ad alzarmi.
Subito avvertì nausea e vertigini, così mi distesi di nuovo e chiamai mio padre. Non l'avevo mai sentito tanto arrabbiato. Accettai le sue parole e chiusi la comunicazione, dicendogli che sarei stata di ritorno a casa tra qualche ora.
<<Allora? Cosa è successo precisamente in quel posto? Perché è andato a fuoco?>>.
<<Bombe. Era una trappola per il Leader.>>.
<<E lei come sta? È morta?>>.
<<Lei?>>.
<<Una sua guardia del corpo mi ha detto che è femmina.>>.
<<Fantastico!>> esclamò ironicamente Pasquale.
<< No, il Leader è sicuramente sopravvissuto, insieme a tutte le sue guardie. Lo stesso non si può dire per il Master Antonucci.>>.
<<Cosa gli ha fatto?>>.
<< A quanto ci hanno raccontato, il Boss doveva cenare col Leader. e poi allontanarsi brevemente. Invece è accaduto il contrario. Le guardie del Leader lo hanno legato in salotto e lui è arso vivo, con la maggior parte dei suoi compagni e con tutta la sua famiglia.>>.
<<Terribile.>> mormorai.
<< Ironico. Ciò che voleva fare, gli è stato fatto.>> ridacchiò Pasquale.
<< La guardia che era con me è sembrata sorpresa dall'incendio.>>.
<<Non tutti devono sapere per forza tutto.>> sospirò Alessandro.
<<Già... Ehi, come fate a sapere tutto ciò?>> m'incuriosì.
<< Spie. Tutti noi ci spiamo a vicenda.>>.
<<Stai tentennando perché sei ancora debole o perché hai paura di affrontare la riunione?>> mi stuzzicò Pasquale.
<<Entrambi.>> sospirai.
Non valeva la pena mentire. Dopotutto, mi aveva salvato la vita. Realizzando questo pensiero, Pasquale assunse una nuova luce ai miei occhi.
<<Perché?>> gli domandai.
<<Uh?>>.
<<Perché mi hai salvato la vita? Tu mi odi.>>.
<<Non ho mai detto di odiarti.>>.
<<Perché?>> insistetti.
<< Avevo mangiato un cannolo siciliano per colazione, ero di buon umore.>> ridacchiò lui, scendendo dalla macchina.
O mi aveva preso in giro ed in tal caso non avevo ancora compreso a pieno la mentalità della mia seconda guardia del corpo, o forse era davvero uno psicopatico. Accantonai le mie riflessioni e, lentamente, mi alzai a sedere. Cercando di aprire la portiera mi accorsi che avevo una mano fasciata. Per fortuna non doleva molto, anzi stavo piuttosto bene. Mi sentivo solo indolenzita e con la mente leggermente ovattata.
<<Mi avete drogata.>> affermai, incredula.
<< Solo un blando sedativo contro il dolore. L'effetto non durerà ancora a lungo.>> confermò Ale, seduto accanto a me.
<<Non dovevate. Mi sento... strana.>>.
<< Forse è perché non sei abituata. Non hai mai subito anestesia da un dentista o all'ospedale?>>.
<<No. Ai denti non ho mai subito interventi che la richiedessero, né al resto del corpo. Le cose andavano molto meglio senza di voi. Papà mi procurava al massimo qualche livido e solo una volta mi ha dovuto mettere i punti.>>.
<<Cioè non sei mai stata in ospedale?>>.
<<No, non ne ho mai avuto bisogno. Però comincio a pensare che ci finirò grazie a voi.>> replicai seccamente e scesi dall'auto.
L'aria fredda della notte mi ricordò che i miei vestiti erano stati bruciacchiati, bagnati e strapazzati mentre venivo "salvata". Avvertì subito i buchi sul tessuto della schiena e della cosce. Rabbrividì e corsi nella mia stanza personale della villa per indossare una comoda tuta bianca e calda e sicuramente asciutta. Guardandomi allo specchio, notai che i miei capelli erano in condizioni disastrose, schiacciati da un lato, vaporosi dall'altro. Sospirando, me li legai in una coda dietro la nuca ed aggiunsi un cerchietto per fermare alcuni capelli più corti che si erano probabilmente bruciacchiati nell'incendio. Non ero per niente entusiasta di dover affrontare una lavata di capo in queste condizioni, ma il mio parere non aveva molta importanza per i miei ospiti.
La riunione avvenne all'ultimo piano della villa, sebbene la medesima fosse stracolma di gente. Grazie ai muri insonorizzati, godevamo della massima privacy possibile per discutere dei nostri affari. Non potevamo sentire ciò che avveniva all'esterno o ai piani inferiori, il che era naturalmente reciproco. Nessuno mi sentirebbe se urlassi pensai, non per la prima volta. Alla tavola rotonda (non sto scherzando, eravamo seduti veramente intorno ad un enorme tavolo di legno pesante e di forma rotonda, con poltrone imbottite ai lati) partecipavano il Boss Martini, che avevo deciso di odiare, il Capogruppo Domenico Salvati, la contabile Agata Bosco e il Dottore Giovanni Alfieri. Questa volta eravamo soli, senza guardie. Prima d'entrare, Alessandro mi aveva stretto la mano, preoccupato ed io l'avevo ricambiato con un sorriso spavaldo e del tutto falso. Cercai di assumere un'aria annoiata, nonostante avessi il cuore in gola.
<<Eccoci qui. Un'allegra famiglia felice.>> esordì il Boss, intrecciando le dita sul ventre.
<<Voi non siete la mia famiglia.>> gli feci notare, pacatamente.
<<Sai, Samantha, dovresti imparare a considerarci tale. Rende i rapporti d'affari più semplici e diretti.>>.
Mi accigliai.
<<Non è la tattica giusta con questa ragazzina, Boss.>> intervenne la contabile.
<< E quale sarebbe la " tattica giusta", Agata?>>.
<< Siete stati troppo indulgenti con lei, solo perché poco più di una bambina. Ad ogni sbaglio corrisponde una punizione e lei lo deve capire. Ha lasciato il suo posto di lavoro senza permesso...>>.
<<Mi sono occupata di tutte le guardie ed i loro turni per più giorni, prima di farlo.>>.
<<... ha invaso il territorio di quella pazza di Marcelli senza rispettare l'etichetta...>>.
<<Non sapevo ci fosse un'etichetta da rispettare!>>.
<<... ha messo in pericolo mio figlio ed il suo amico per puro egoismo e stupidità...>>.
<< Se loro non avessero insistito per venire con me, non sarebbe mai successo!>>.
<<... e, come se non bastasse, è scappata al nostro controllo, ha ignorato le nostre chiamate, per poco non è stata coinvolta nell'omicidio del Master di Palermo ed ha importunato il Leader!>>.
<<Sono scappata per non coinvolgere di nuovo tuo figlio! Non c'entro nulla con le azioni della Signora e delle sue guardie, ero legata su un letto come un salame! Inoltre, nessuno sa che ero lì e non ho visto nulla, né il Master Antonucci, né le guardie del Leader, né la Signora stessa. L'unica cosa che ho visto a Palermo è stata la stazione, una mezza casa ed il fuoco che cercava di consumarmi.>>.
Cadde il silenzio, mentre la tensione generale si andava allentando.
<<Capogruppo, lei cosa ne pensa?>> domandò il Boss.
<<Lei ha svolto ogni compito assegnatole in modo impeccabile. La sua assenza non si è minimamente notata quando è andata a Napoli. Oggi ha creato un po' di agitazione, ma nessun problema irrisolvibile.>>.
La contabile aprì la bocca per intervenire, ma il Boss la zittì con un cenno. Socchiuse gl'occhi, squadrandomi mentre rifletteva.
<< Vorrei poter perdonarle i suoi errori, dato che non hanno avuto ripercussioni su noi o la nostra area, ma posso mettere il mio volere davanti alla necessità di disciplina dei miei soci. Inoltre anche il Master è piuttosto seccato con lei, anche se è stato entusiasta di apprendere la disgrazia capitata al suo collega. Quei due non si sono mai sopportati. Per questo, ha deciso di mostrarsi indulgente e di lasciar risolvere a noi la faccenda. Concordo con Agata, una punizione è opportuna. Sono stanco di vederla sbattere come tappeti i nostri uomini, quindi un combattimento è escluso. D'altronde infliggerle una punizione corporale come delle frustate o dei tagli sembra eccessivo per chi non ha essenzialmente provocato danni. Potrei imprigionare suo padre, invece. Per spronarla a fare del suo meglio e a restare nei pressi della nostra area...>>.
Non potei non trattenere il respiro, spaventata dall'eventualità che mio padre fosse rapito e tenuto in ostaggio.
<<Sconsiglierei di coinvolgere il padre in questa storia. A quanto so, è un tipo da non sottovalutare, come e più della figlia.>> mormorò il Medico.
Mentalmente lo ringraziai, chiudendo gl'occhi.
<<Allora, imprigioniamo lei. Svolgerà comunque il suo lavoro, ma sarà posta sotto stretta sorveglianza, magari nelle segrete della villa.>> propose il Capogruppo.
M'irrigidì. Non potevo finire in prigione! Tra poco meno di due giorni, avrei dovuto essere a Roma!
<<Si, buona idea. Direi che un mese possa bastare per insegnarle un po' di disciplina.>> approvò il Boss.
Io non ero assolutamente d'accordo.
<<Mio padre darebbe di matto, non sapendo che fine ho fatto. Ribalterebbe la città intera...>> feci notare.
<< Sei abbastanza adulta per andare a vivere da sola, non vedo problemi. Quindi, goditi la giornata a venire ed il sole e l'aria, perché da domani a mezzanotte sarai segregata dove potrò controllarti molto meglio.>> sorrise il Boss.
Io deglutì, spaventata. Gli altri soci se ne andarono ed io rimasi sola tra i miei pensieri.
Quando rientrarono nella sala, i ragazzi mi trovarono con lo sguardo fisso sul tavolo.
<<Cos'è successo? Ci puniranno?>> mi domandò Alessandro, prendendomi per mano.
<< No, puniranno solo me.>>.
<<Come?>>.
<<In prigione. Domani a mezzanotte.>>.
<< Per quanto tempo?>>.
<<Un mese.>>.
<< Cosa dirai a tuo padre?>>.
<<Il Boss mi ha suggerito di dirgli che lascio casa. Magari gli potrei dire che ho vinto una borsa di studio e che mi hanno offerto la possibilità di sistemarmi nelle residenze universitarie dato che abito lontano. Qualcosa dl genere.>>.
<<Non ci crederà, vorrà parlare con il Preside di facoltà.>>.
La benda iniziava a pizzicarmi sulla ferita alla mano. Iniziai a scioglierla, rivelando il mio palmo, rovinato dal marchio a fuoco di un "P".
<<Puttana?>> sussurrai io, calcandone leggermente i contorni con un dito.
<< Palermo, credo.>> replicò Alessandro.
<<Principessa.>> aggiunse Pasquale, prendendomi la mano e baciando lievissimamente l'ustione.
Mi ritrassi, arrossendo e scuotendo la testa.
<<Magari potrai toglierla, con qualche innesto di pelle o roba del genere... m'informerò.>> affermò Alessandro.
Rimanemmo ancora un po' a contemplare la mia ferita, poi Pasquale mi riavvolse la benda alla mano. Lo lasciai fare. L'ira cieca iniziava finalmente a risvegliarsi in me. Basta menzogne, sotterfugi e tradimenti. Nessuno di loro è mio amico e nessuno di loro può essere mio alleato. Solo di una persona posso fidarmi!
<<. Non posso andare in prigione, sono impegnata.>> sbottai.
<<Come impegnata!?>>.
<<Ho un appuntamento.>> sussurrai, alzandomi in piedi ed uscendo dalla stanza.
Per tutto il viaggio di ritorno, Alessandro e Pasquale cercarono di estorcermi informazioni sulle mie intenzioni, ma non abboccai. Basta considerarli come dei fratelli o dei soci! Il troppo è troppo! Un piano andava definendosi nella mia mente, man mano che il dolore, lenito dall'antidolorifico, tornava ad invadermi.
Arrivata a casa, sebbene fosse molto tardi ed io fossi dolorante e stanchissima, mi fiondai in camera da letto di papà.
<<Svegliati.>> gl'ingiunsi, scuotendolo con una mano sulle sue spalle, coperte dal lenzuolo.
<<Sono sempre sveglio per te.>> sorrise lui, afferrandomi alla vita e facendomi stendere accanto a lui.
Mi strinse tra le braccia ed io faticai a non piangere e a fermare il tremore.
<<Tesoro? Cosa ti è successo alla mano?>> mi chiese, passandovi sopra i polpastrelli.
<<Mi sono ustionata.>>.
<<Dove?>>.
<<Un incidente nel laboratorio di chimica.>> mentì.
Non era ancora il momento della verità. Mi alzai a sedere e lui si appoggiò alla testata del letto.
<<Ti fa molto male? Vuoi che ci dia un'occhiata?>>.
<<No, no.>> scossi la testa.
Lui accese la lampada sul comodino, inondando la stanza di luce gialla. Mi squadrò con i suoi profondi occhi verdi.
<<Cosa ti è successo? Hai l'aria distrutta e sconvolta.>>.
<<Lo sono, papà.>> sospirai.
<<Hai problemi a scuola?>>.
<<Alcuni.>>.
<<Vuoi che ti aiuti a risolverli?>>.
<<No, o meglio, si. Per risolvere questi problemi dovrò fare un piccolo viaggio. Con un po' di fortuna non durerà tanto tempo. Comunque, vorrei che tu mi accompagnassi.>>.
<<Dove? Quando?>>.
<<A Roma. Domani.>>.
<< Come mai questa richiesta? Roma? Così lontano?>>.
<<Papà, ti fidi di me?>>.
<<Certo, ma...>>.
<<Vuoi aiutarmi con i miei problemi?>>.
<<Ovviamente. Vorrei così tanto proteggerti, ma tu non me lo permetti!>>.
<<Ora puoi farlo. Ti sto chiedendo aiuto.>> replicai, prossima alle lacrime.
Doveva accettare, doveva capire.
<<Roma? Domani?>> tentennò lui.
<<Si. È molto urgente, non posso aspettare altro tempo. Inoltre, tu devi assolutamente venire con me.>>.
<<Certo che vengo con te. Non ti lascerei mai andare da sola in una città grande come quella. Mi darò malato a lavoro, nessun problema. Sono il Capo.>> sorrise lui.
<<Puoi prenderti due giorni di ferie?>>.
<<Si, certo. Vuoi alloggiare a Roma?>>.
<<Si, è necessario.>> lo supplicai, prendendogli una mano tra le mie.
<<Non vuoi darmi nessuna spiegazione su ciò che ti sta succedendo o sulle tue motivazioni?>>.
<<Non posso, non ancora. Quando sarà tutto finito come deve, ti spiegherò ogni cosa. Promesso.>>.
Lui rifletté un po', poi sospirò ed annuì.
<<Penso io ai biglietti e all'hotel. Tu vai a fare una bella dormita.>> mormorò, dandomi un bacio sulla fronte.
<<Grazie, papà.>> sussurrai, gettandogli le braccia al collo.
<<Puoi sempre contare su di me, Samantha. Vorrei solo che non mi nascondessi nessun particolare della tua vita o dei tuoi turbamenti.>>.
<<Mi dispiace.>> mormorai.
<<Lo so, anche a me.>> sospirò lui, scompigliandomi i capelli.
Col cuore più leggero, andai in camera mia. Stavo per aprire la porta, ma sentì un fruscio. Poteva essere colpa del vento, oppure... Mi spostai verso destra, contro la parete. Sentivo un respiro, sebbene flebile. Ero sicura che ci fosse qualcuno in camera mia. Avrei potuto avvertire mio padre, ma avevo il sospetto che si trattasse di qualcuno dell'organizzazione. C'era da chiarire solo se fosse un amico o un nemico venuto per controllare che non scappassi, il che era molto sensato. Un afflusso di adrenalina mi rese sensibile a ogni ombra e al modo in cui la luce in cucina cadeva nel corridoio. Il mio corpo passò immediatamente alla modalità emergenza, anche se speravo proprio che non fosse necessario agire. Per fortuna le mie armi erano state recuperate dalla piscina. Sfoderai la pistola, tenendola contro la coscia, ancora con la sicura inserita, e attesi. E adesso? Mi accovacciai, piegando una gamba ed accostando una mano al battente. Presi un respiro profondo e spalancai la porta, puntando la pistola davanti a me.
<< Non sparare, sono io.>> ridacchiò l'intruso.
Riconobbi la voce. Accesa la luce, trovai Pasquale disteso con le scarpe sul mio copriletto.
<<Come sei entrato!>> sussurrai, furente, alzandomi e chiudendo la porta dietro di me.
<<Dalla finestra.>> sorrise lui.
<<Perché sei qui?>> sbuffai, sedendomi accanto alle sue gambe.
Lui inclinò la testa da un lato a letto.
<<Ero preoccupato.>>.
<<Davvero?>> mi accigliai.
<<Si.>>.
<<Eri preoccupato per la mia incolumità?>>.
<<No, che potessi fare qualcosa di tremendamente stupido.>>.
<<Non sono un'idiota.>> replicai.
<<Lo so. Però non sei neanche il tipo che accetta passivamente gli ordini. Vuoi scappare?>>.
<<No.>> mentì.
<<Anche se fosse, cosa t'importa?>> aggiunsi subito, per coprire l'esitazione della mia voce.
<<Non lo capisco.>>.
<<Sapessi quanto lo capisco io.>> sbuffai.
Lui sorrise, stiracchiandosi.
<<So che scapperai. Ti serve una mano? Un posto dove andare?>>.
<<Non intendo scappare.>>.
<<Ti voglio aiutare.>> sussurrò lui, distogliendo lo sguardo.
Semmai mi vuoi ingannare replicai nella mia mente. Ero quasi certa che fosse stato mandato a spiarmi.
<<Senti, è tardi e tu non puoi fare nulla per aiutarmi. Vai a casa e lasciami dormire.>> sospirai.
Lui si alzò di scatto, portando il volto ad un centimetro da me.
<<C'è qualcosa d'interessante in te. Mi dispiacerebbe perderti così presto.>> mormorò lui, fissandomi negl'occhi.
<<Io trovo invece che tu sia un pericoloso psicopatico maschilista e non desidero avere a che fare con te più del necessario.>>.
<<Perché ti spavento?>>.
<<Perché mi disgusti.>>
<<Sul serio? Non sembrava che tu provassi disgusto mentre ti aggrappavi a me disperatamente per farti tirare fuori dalla piscina, stamattina.>>.
<<Ero sconvolta, ustionata e stanca e credevo di morire. Avrei accettato perfino l'aiuto del Boss Martini!>>.
<<Non mi è dispiaciuto, portarti in braccio.>> disse lui, inaspettatamente.
Imbarazzata, distolsi lo sguardo, arretrando un po'.
Lui mi trattenne per un braccio.
<< Cosa vuoi? Lasciami andare! Sono stanca.>> mi lamentai.
Improvvisamente, lui premette le labbra sulle mie, fissandomi con i suoi penetranti occhi blu. Inizialmente, provai solo calore, poi un brivido, vergogna, ira. Lo allontanai da me, dandogli un pugno allo stomaco, che lui incassò ridendo.
<<Stronzo! Perché l'hai fatto?>> dissi, ricordandomi di tenere bassa la voce.
<<Gli eroi ricevono sempre un bacio dalle donzelle in difficoltà che aiutano.>> ridacchiò lui, prima di alzarsi e scivolare al di là del vetro della finestra.
<<Non ero una donzella in difficoltà e tu non sei un eroe, schifoso maniaco!>> replicai, ostinatamente alla stanza vuota.
Sconvolta e disgustata, mi passai una mano sulle labbra. Il mio primo bacio, dato ad uno psicopatico che odiavo. Avrei voluto sprofondare nelle viscere della terra. Per sfogarmi, presi a pugni il cuscino, più volte. Poi feci una doccia fredda, pur non riuscendo a togliermi il volto di Pasquale dalla testa. Infine andai a letto, decisa a tralasciare quell'episodio riprovevole e a concentrarmi sul mio piano, su ciò che ero riuscita ad ottenere. Sicuramente, avevo risolto una parte del problema. L'indomani papà ed io saremmo andati a Roma, così nessuno di noi avrebbe potuto finire nelle segrete del Capogruppo.
Nota dell'autrice<>
Ed eccoci qui. Fuorilegge ricercati da una banda criminale. Mi sembrava carino affermare ulteriormente la testardaggine della nostra protagonista, anche se sarebbe probabilmente morta senza Pasquale. Non credete che siano umoristicamente romantici? hahah. Chissà cosa succederà a Roma. Riusciranno ad arrivarvi intatti? Troveranno il leader? Come reagirà l'organizzazione al torto subito? Vi assicuro parecchie rivelazioni scottanti e colpi di scena nel prossimo capitolo che sarà a sfondo rosso sangue ;* Baci baci
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top