capitolo 5
Questa notte, mentre mi rigiravo nel letto con l'intento di riuscire a chiudere occhio per qualche ora, ho sentito improvvisamente delle urla provenire dalla stanza dei miei zii. Mi sono concentrata per cercare di capire cosa stessero dicendo e, data la sconfitta, mi sono alzata e sono andata in un posto in cui potessi sentirli meglio.
A causa del sonno non sono riuscita ad analizzare lucidamente tutto ciò di cui stessero discutendo ma fortunatamente ho memorizzato alcune cose piuttosto sospette. Parlavano di una certa questione riguardante un posto di lavoro e un uomo piuttosto ricco. Penso che Tom sia il dipendente di questa persona chiamiamola, misteriosa, e causa di qualcosa che non ho ben compreso potrebbe perdere il posto. Mi sembra parecchio strano che lui lavori per qualcuno, ha sempre posseduto diverse aziende vantandosi a destra e a manca di quanto il suo nome fosse famoso in tutta Europa. Inoltre tutto ad un tratto è tornato in città e dubito fortemente sia per il mio svenimento, anche perché sarebbe dovuto tornare per il funerale dei miei genitori se avesse tenuto così tanto alla mia salute.
Ho passato i mesi più brutti della mia vita accumulando dentro me così tanto dolore da non riuscire nemmeno più a quantificarlo. Il mio corpo, come il mio modo di pensare e di vedere la vita, era iniziato a cambiare e l'unica cosa che ho ricevuto da parte sua sono stati messaggi di condoglianze e mazzi di fiori come consolazione. Non mi bevo la scusa: "Amanda, tesoro, dopo questo episodio così drastico ho deciso di tornare a casa per un po', forse hai solo bisogno di una figura paterna che ti rimetta in riga" .
Ma certo, come se lui potesse farmi da figura paterna.
Non capisco come le persone non riescano ad avere un po' di tatto in situazioni così delicate, sono davvero stanca del modo di relazionarsi che hanno tutti nei miei confronti. Sono dell'idea che se non hai nulla di buono da dire allora è meglio se non dici nulla, forse faresti più bella figura così.
Ho sentito anche mia zia parlare di me e di quanto sia pericoloso per me che resti qui. Sinceramente pensavo che l'idea di non mandarmi in riabilitazione fosse stata un'idea presa insieme, non pensavo che lei non fosse d'accordo.
In questa sorta di "famiglia" nessuno è sincero con nessuno e questo non fa che peggiorare tutto. Non mi fido di parlare delle mie cose e non riesco a capire a pieno i loro sentimenti riguardo gli accaduti. Sono davvero tanto confusa e per di più fra qualche ora devo prepararmi per andare in quell'edifico che pitturato di rosso sarebbe la rappresentazione empirica perfetta dell'inferno.
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Ho acconciato i miei capelli lunghi in una treccia laterale e ho indossato una felpa, in cui potrei starci due volte, con un paio di jeans neri.
Credo che il nero sia il mio colore, rappresenta probabilmente tutto ciò che c'è nella mia testa.
L'ansia che ho mi sta letteralmente mangiando da dentro. Sento lo stomaco in subbuglio e l'idea di dover andare al piano di sotto a fare colazione mi fa venire solo da piangere. Ho promesso però che l'avrei fatto e non voglio spezzare questa promessa. Voglio mantenerla, più che per me, per gli altri.
Sono stanca di ricevere occhiatacce per il mio fisico e le mie curve inesistenti, sono stanca di sentire commenti di persone che dietro di me ringraziano Dio per non essere come sono io.
Mi sento ricercata, come nel Medioevo, mi sento una strega in fuga dal suo destino, quello di morire bruciata al rogo.
Forse sono drastica, ho pensieri troppo malati per una ragazza di 17 anni, ma la vita è dura, almeno per me lo è stata. Mi ha davvero messo troppe volte a dura prova. La mentalità ottusa della gente e gli eventi scatenati da chissà quale mia decisione mi hanno portato ad essere forse troppo pessimista. Non è facile uscire da questa visione del mondo e della vita, non è facile uscire da qualunque visione di questi. Siamo tutti fermi ai nostri ideali e non siamo disposti a fare alcun passo, né all'indietro né in avanti, per paura che uscire dalla nostra "comfort zone" possa in qualche modo farci male, non capendo che però è il restarci che forse ci uccide.
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Dopo la colazione, che mi è sembrato il momento più lungo di tutta la vita, sono arrivata a scuola. Ho sentito su di me il triplo delle occhiatacce e in uno scatto ho sciolto i capelli facendo in modo che questi mi ricadessero ai lati del mio viso, cercando quasi di nascondermi dietro di essi. In un lampo i ricordi della mia vecchia scuola sono riaffiorati e di nuovo, come d'abitudine ormai, il panico ha preso il sopravvento. Sono corsa nella prima stanza libera e ho dato sfogo alle mie angosce piangendo tutte le lacrime che mi sono rimaste.
Dopo svariati minuti la campanella ha iniziato a suonare, segnando l'inizio delle lezioni e, trovandomi in un'aula, mi sono dovuta alzare il più in fretta possibile. Mi sono recata in bagno per sciacquarmi il viso e facendomi forza sono entrata nell'aula in cui ho lezione.
Ed eccoci qua, in questo preciso istante, seduta all'ultimo banco. Mi ritrovo da sola con l'insegnante che appena sedutasi alla cattedra ha iniziato prontamente a spiegare qualcosa che non è affatto nel mio interesse.
La mia attenzione però va alla porta che lentamente si apre, lasciando spazio al ragazzo con le lentiggini di entrare in tutto il suo splendore. Ed eccolo qua, Noah White che cammina verso il banco accanto al mio per sedersi.
Non poteva prospettarsi giornata più difficile di questa.
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