capitolo 2

Mentre mi rigiravo nel letto cercando di trovare una posizione comoda per riuscire a riposare , la sveglia è iniziata a suonare, facendomi arrendere all'idea di dormire un po'. Appena ho aperto la persiana per far entrare un po' di luce nella stanza ho sentito il mio stomaco chiudersi improvvisamente e il mio cuore ha iniziato a battere all'impazzata. L'idea di dovermi lavare, vestire, uscire di casa e andare a scuola mi ha fatto sentire così male che sono dovuta correre in bagno. Mi sono accasciata vicino al water, dopo aver vomitato tutto ciò che ero riuscita a mettere nello stomaco la sera prima. E ora sono qui, seduta e in preda a una crisi di panico. Non riesco a muovermi e improvvisamente vedo tutto girare intorno a me. Sento la voce di mia zia che mi chiama e mi aiuta a raggiungere il letto, ma io non riesco a muovermi, a risponderle. Non pensavo che sarebbe stato tutto così difficile, non voglio passare una vita così, rinchiusa nella mia stanza per paura di vivere per davvero. Non voglio più avere attacchi di panico, non voglio sentirmi esclusa dal resto del mondo, non voglio essere debole, ma sento che tutto è troppo per me. Non voglio avere paura di crollare se qualcuno mi sfiora o se tutti mi fissano. Vorrei solo avere una vita normale o perlomeno non avere tutti questi problemi.

Dopo un'interminabile crisi di pianto sono riuscita con l'aiuto di mia zia ad alzarmi e farmi una doccia veloce per essere almeno un po' più presentabile. I miei occhi sono ancora gonfi e rossi per il pianto e il colorito della mia pelle ha preso una sfumatura quasi verde per la nausea. I vestiti che ho indosso sono il doppio di me e sento lo zaino che ho sulle spalle così pensante da faticare ad ogni passo che faccio. Anche oggi non sono riuscita a fare colazione ma mia zia mi ha preparato il pranzo da portare a scuola. Mi dice che devo mangiare, mi dice che se non voglio farlo per me devo farlo almeno per lei e se non voglio neanche così, devo farlo per non sembrare strana davanti a tutti. È strano come una frase così banale mi abbia fatto tanta paura. Non voglio sembrare strana, non voglio essere di nuovo presa in giro da tutti, non voglio che la gente non mi si avvicini perché sembro diversa. Ho preso il pranzo, l'ho messo nello zaino e mi sono imposta che oggi devo mangiare, devo farlo.

Purtroppo devo andare a scuola in autobus, mia zia non può accompagnarmi  e anche se avesse potuto non sarei riuscita ad entrare in macchina. Se lo facessi tutti i ricordi ritornerebbero più vivi di quanto già non lo siano e non voglio complicare le cose.
Mi siedo in fondo, all'ultimo posto, infilo le cuffiette nelle orecchie e cerco di isolarmi dalle voci che ho intorno a me alzando il volume al massimo.
A metà del tragitto un ragazzo entra nell'autobus, si guarda intorno e si siede all'ultimo posto rimasto libero: quello accanto a me. Cerco di mantenere la calma, mi sposto sempre più accanto al finestrino per cercare di non avere nessun contatto con lui. Dopo poco la sua mano si posa sulla mia spalla e i miei occhi si riempiono di lacrime. Cerco di non farle scendere, cerco di farmi forza e tolgo una delle due cuffie per capire cosa mi stia dicendo. Quando mi giro per guardarlo in faccia cerco di capire quanti anni possa avere. È decisamente alto, ha i capelli neri come la pece e un ciuffo che gli ricade sulla fronte, qualche leggera lentiggine su tutto il viso e gli occhi di un verde chiaro con qualche macchia marrone che circonda la pupilla. Credo che abbia la mia stessa età, sui 17 anni.
"Scusa mi hai detto qualcosa?" chiedo con voce tremante
"Si, chiedevo se fossi nuova" risponde lui con una voce ancora assonnata
"Beh si, oggi è il mio primo giorno, mi sono trasferita qui da poco"
"Se vuoi posso farti fare un giro della scuola...." propone accentuando la pausa dopo l'ultima parola, facendomi capire che vorrebbe sapere il mio nome
"Amanda, Amanda Cooper"
" Piacere Amanda Cooper, io sono Noah, Noah White" afferma porgendomi la mano. Gli sorrido titubante e gli stringo la mano velocemente, quasi come se non l'avessi nemmeno fatto.
"Tranquilla, non mordo" dice ridendo.
Io gli faccio un mezzo sorriso e torno nella posizione di prima, rimetto l'altra cuffietta e cerco di smettere di tremare. Non riesco a stare tra la gente, ne tantomeno a toccarla. È stato piacevole avere una piccola conversazione ma è stato davvero difficile e la giornata non è ancora iniziata. Non so se riuscirò a reggere fino alla fine dell'anno scolastico, siamo ancora ad ottobre, il percorso è ancora lungo, troppo lungo.
La mia fermata è arrivata, metto tutto nelle tasche e scendo, avviandomi verso l'entrata. Noah mi raggiunge a passo svelto chiedendomi che lezione ho la prima ora.
" Ho matematica con la Brown"
" Ti dispiace se guardo il tuo orario?"
"Certo che no" affermo cordialmente passandogli il foglio con tutte le mie lezioni
"Abbiamo praticamente lo stesso orario, a parte gli allenamenti pomeridiani che tu non hai. Se vuoi possiamo andare insieme" Avevo intenzione di rimanere in disparte, di non parlare con nessuno e di non farmi notare ma d'altra parte avere qualcuno con cui stare non sarebbe poi così male. Non sembrerei strana e forse mi confonderei ancora di più tra la massa, sembrerei una delle tante persone comuni. Mi convinco che accettare sia la scelta migliore, faccio cenno di si con la testa ed entriamo in classe insieme. Mi siedo accanto a lui e la classe inizia a riempirsi molto velocemente, decine di occhiate sono puntate su di me e i miei occhi stanno diventando lucidi. Il cuore sta iniziando a battere troppo in fretta e il mio corpo sta tremando. Sono già così stanca di tutte queste emozioni tutte assieme, non riesco a reggerle già più. Mi volto verso di lui per non guardare tutti gli altri che già avevano iniziato a parlare di me. Cerco di asciugarmi velocemente gli occhi per non fargli notare il mio stato d'amino ma vedendoli già probabilmente rossi cerca di migliorare la situazione e mi prende la mano. Non voglio farmi prendere dal panico per questo suo gesto, sicuramente vuole solo mostrarmi il suo supporto. Devo farmi coraggio e prendere la sua mano, infondo vuole solo aiutare. All'improvviso l'insegnante entra in classe mettendo fine a tutti i mormorii degli studenti. Si presenta velocemente a me e presenta me al resto della classe alche inizia a spiegare. Per tutto il tempo la mano di Noah è stata stretta alla mia dandomi quel poco di forza che mi serviva per non scoppiare nell'ennesimo pianto della giornata.
"Grazie" sussurro lasciandogli la mano
"Non preoccuparti sai non è stato così male, la tua mano era davvero molto morbida" dice sorridendo cercando di sdrammatizzare un po' . Sorrido di rimando, lasciando che questo piccolo gesto migliori la situazione.
Sicuramente gli sono sembrata pazza, sono davvero troppo stanca, questa situazione inizia ad essere insostenibile.
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L'ora della pausa pranzo è arrivata e mentre lui va a sedersi con un gruppo di amici io mi siedo in un tavolo vuoto, all'angolo della stanza. Mi guardo attorno e tutti mangiano come se fosse così semplice, parlano e finiscono i loro piatti uno dietro l'altro. Vorrei tanto tornare ad essere così anch'io, a ritrovare quel piacere nel mangiare che ormai ho perso.
Tiro fuori il pranzo dallo zaino e inizio a mangiare poco alla volta. Un gruppetto di tre ragazze si avvicina e si siede accanto a me.
"Ciao, io sono Lucy" dice sorridendomi "sei Amanda giusto? Oggi ti ho visto in classe, benvenuta nella tua nuova scuola, sai è da tanto che non che non abbiamo studenti nuovi nella nostra scuola. Sono stata la prima a sapere che saresti arrivata, sai sono il presidente del consiglio student-"
"Lucy smettila di parlare così velocemente altrimenti la spaventi" dice una ragazza dai capelli lunghi e neri a Lucy, che invece ha dei bellissimi capelli biondo cenere che le arrivano a stento sulle spalle. "Scusami Amanda ma lei non si sa contenere, quando inizia a parlare non la smette più. Io sono Amy e lei è Jenny"
" Oh si no, v-va bene anche io a volte parlo troppo velocemente" dico facendo a tutte tre un sorrisetto non troppo convinto.
"Sabato c'è la festa d'autunno, se vuoi puoi venire con noi" propone Jenny. Lei invece mi sembra la più alta, e al contrario delle altre due credo abbia i capelli tinti, sono biondo platino e le mettono in risalto gli occhi azzurri.
"Ehm si non saprei, magari vi faccio sapere" la proposta non fa certo al caso mio. Non riesco a camminare per i corridoi per la scuola da sola figuriamoci andare ad una festa alla quale staremmo tutti appiccicati, non so se ce la farei.
"Magari dacci il tuo numero così ci teniamo in contatto"
Scambiatici i numeri di telefono cerco di finire il mio pranzo, e ogni tanto mi inserisco nei loro discorsi con qualche parola per non sembrare troppo scocciata.
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Tornata a casa mi fiondo sul letto e penso a così tante cose quasi da farmi scoppiare la testa.
Non avrei mai pensato che la vita potesse cambiare così repentinamente. Tutto scorre davanti ai nostri occhi e ogni momento resta immortalato in qualche angolo oscuro nella nostra mente, pronto a riaffiorare al minimo stimolo. Le cose brutte, più di quelle belle, sembrano farsi spazio tra i miei pensieri e insinuarsi così ossessivamente nelle mie giornate che a tratti vorrei avere la capacità di non pensare più.
Ho provato per tutta la vita ad uscire da un tunnel fatto di pareri e giudizi che mi sembravano tanto giusti da convincermene, e tutto ad un tratto, da quel briciolo di speranza che ero riuscita a raccogliere, sono caduta così a fondo da non riuscire neanche più a vedere me stessa. Il buio dei giorni passati mi travolge e a tratti rimpiango gli anni, se pur pessimi, che ho passato in quella piccola città in cui l'ipocrisia la trovavo pure nell'aria che respiravo.
Purtroppo non è facile ricominciare da zero o meglio,ricominciare da zero è facile, ma non se non hai nessuno che ti indichi la strada da percorrere.
In questi giorni spesso mi sono ritrovata a pensare a quanto io probabilmente sia solo un peso per lei. Sono precipitata nella sua vita e mi sono letteralmente schiantata sopra di lei. Non le ho fatto vivere il suo dolore tentando di vivere a pieno il mio. Lei non sembra arrabbiata ma so che probabilmente le sarebbe piaciuto se durante questo tuffo nel vuoto più totale avessi avuto un paracadute per atterrare più lentamente. Probabilmente sarei riuscita a rompere meno cose attorno a me, forse sarei riuscita a salvarmi anche un po' di più.
L'unica cosa che sento ora, che ormai non posso cambiare più nulla, è solo dispiacere. Mi dispiace di essere stata così stupida. Mi dispiace di non essere riuscita ad alzarmi da questo letto nemmeno per un solo attimo. Mi dispiace di non riuscire a superare tutto così in fretta, come altri stanno facendo. Mi dispiace di non riuscire a darle un po' di tranquillità.
Ma oggi devo farcela, devo solo riuscire a spegnere quello stupido interruttore e cercare di andare avanti. Devo cercare di rialzarmi e non cadere più.
Devo solo riuscire a creare una nuova me, una nuova Amanda. Un'Amanda che è arrivata da poco e di cui non si sa nulla, che sta bene e che si nasconde tra la massa. Un'Amanda che passa inosservata e che non soffre. Un'Amanda
che cammina senza doversi fermare mai. Un'Amanda semplicemente nuova.

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