7. Pezzi di fragilità

"Grace", Lewis Capaldi

Mi sembra di essere tornata al primo giorno di scuola, quando tremavo per la paura di guardarlo negli occhi.

Ma lì forse non ne avevo completamente motivo, adesso si.
Adesso Tyler è la persona che più mi ha rovinata.

E si, c'è stato un periodo della mia vita in cui ho pensato che sarebbe stata l'unica persona in grado di tenermi in piedi, ed è stato il periodo più bello della mia vita.

Ed è proprio questa convinzione che mi ha rovinata, che mi ha fatto crollare.

Non dice una parola, e resta semplicemente immobile davanti a me.

Decido di guardarlo, e di leggergli in faccia il dolore che mi ha provocato, tanto cosa ho da perdere?

Mi ha già levato tutta la felicità che mi era rimasta.

Alzo piano lo sguardo e per l'ennesima volta incrocio il suo, e l'effetto che mi fanno questi occhi davanti a me è sempre lo stesso.
Eppure, non trovo quello che mi aspettavo di trovare.

Il verde non se ne è andato, è sempre lì, più splendente di prima.
Ma la sfumatura di azzurro che ci vedo è ancora più intensa.

La prima volta in assoluto che ho incontrato questi occhi in quel corridoio è stata anche l'ultima volta in cui li ho visti.

Quella volta ho interpretato quei pochi pigmenti di azzurro in mezzo a questo verde come un pezzo di fragilità in un mare di sicurezza.
Ma non so se è ancora così.

Noto che hai dei lividi sul volto e intorno agli occhi, e ha qualche spaccatura sul labbro.
Ha l'espressione stanca e turbata, e sembra che non dorma da giorni, sembra che qualcosa lo tenga perennemente sveglio.

"Nocciolina", dice piano, con un sorriso triste sul volto.
Le sue labbra rosee e sottili si tendono in un vago sorriso, ma leggo nei suoi occhi la difficoltà che gli costa compiere questo gesto, come se fosse l'ultima cosa che il suo corpo abbia bisogno di fare in questo momento.

Continuo a tenere il suo sguardo e rimango immobile, i miei piedi fermi sul cemento sotto di me, ma non dico una parola. Non so che dire.

"Immagino sia questa la tua nuova scuola", sussurra guardandosi intorno.

"Non per colpa mia", sibilo a bassa voce.

A quelle parole, assume un'espressione indecifrabile.
Sembrerebbe contraddetto tra due decisioni che gli balenano in testa.

Dopo qualche secondo, domanda:
"Cosa vuoi che ti dica? Ti direi che non sono stato io, ma ci crederesti?"

"Come faccio a crederci?"

"Potresti fidarti di me", chiede speranzoso, anche se nei suoi occhi leggo già la rassegnazione.

Faccio una risata amara, e lui distoglie lo sguardo. Io abbasso il mio, e noto che ha le nocche ferite.

Quando capisce che lo sto guardando, nasconde le mani dietro la schiena di scatto, e sposta lo sguardo in tutte le direzioni, pur di non incontrare il mio.

Mi avvicino così tanto al suo petto da poter sentire il suo battito che accelera, e si unisce al mio che, inspiegabilmente, non fa altro che accelerare e diminuire fuori controllo.
Inspiro il suo profumo, e cerco di stamparmi in mente la sensazione che sto provando.

Sicurezza.

Prendo delicatamente la sua grande mano e la metto nella mia.
A quel tocco sussulta, e lo faccio anche io, ma non dice nulla.
Mi era mancato così tanto poterlo avere accanto a me, che cominciavo a dimenticare come mi facesse sentire, che cosa mi facesse provare.

Ha le nocche ferite, di entrambe le mani, e ha provato a fasciarsele, ma con scarsi risultati.
Faccio scorrere il pollice delicatamente sulle garze bianche che gli avvolgono la mano, e lui non si scansa.
Sembrerebbe quasi tentato di afferrare la mia mano e di non lasciarla andare più, ma decide di non farlo, non sapendo che cosa scatenerebbe in me questo suo gesto.

Alzo lo sguardo e lo guardo negli occhi, che stasera sembrano più cupi che mai.
"Hai ricominciato a combattere?", gli chiedo piano, tenendo la sua grande mano nella mia.

Mi guarda serrando la mascella, ma cerca in tutti i modi, e con tutte le cellule del suo corpo, di non far cadere il sorriso che con tanta fatica è riuscito a stamparsi in volto.
"Non sapevo in che altro modo sfogarmi"

Continuiamo a guardarci negli occhi, cercando ci capire chi sarà il primo a cedere.
O forse, cercando di capire in quegli occhi quello che sta provando l'altro in questo momento.

Lascio la sua mano immediatamente, e la guardo stringersi in un pugno quando arriva ad allinearsi con il suo fianco.
Perdere il contatto con lui fa male, ma obbligo il mio cervello a non pensarci, e a concentrarsi su qualcos'altro.

Come i suoi occhi, che mi guardano come se fossi un vaso fatto di fuoco ardente, messo sotto la tempesta più forte.
Come se avesse paura che potessi spegnermi da un momento all'altro.
Ma non è tanto questa la paura che leggo nei suoi occhi.
La sua vera paura è di diventare quella tempesta per me.

"Che cosa avevi da sfogare?", gli chiedo brusca.

"Troppe cose, nocciolina.
Tu che non c'eri, l'idea insopportabile che ti avevo distrutta, e... ", inizia, ma dal suo sguardo capisco che non vuole continuare, e lo distoglie dal mio, come se in questo modo fosse autorizzato a non darmi la spiegazione che merito.

"Cosa?"

"Non vuoi saperlo, nocciolina"

"E questo chi te l'ha detto? Pensi davvero di sapere cosa voglio? Anzi, pensi di potermi dire cosa posso o non posso volere?", sbotto con occhi furiosi, ma non si spaventa per questo mio sfogo, e rimane impassibile.

"La morte di mia madre.
Dan mi ha chiamato a fine luglio per dirmelo", ammette, e fissa i mie occhi in attesa di una mia reazione.

Mi piange improvvisamente il cuore per quella donna così sensibile e premurosa.
Mi ricordo il suo sguardo mentre mi diceva che era così felice che Tyler avesse trovato in me la famiglia che lei non ha potuto dargli.
I suoi occhi fieri del figlio che, per la prima volta nella sua vita, era riuscito ad amare.

Se sapesse come sono andate le cose...

"Ci sei andato?", gli chiedo, mentre una lacrima scende alla consapevolezza di quella donna magnifica, che adesso è sparita dalla faccia della terra, per sempre.

"Non ho voluto"

"Perché?"

"Perché l'ultima volta c'ero stato con te, e mi avrebbe portato solo brutti ricordi.
E poi, tu ti eri affezionata, non volevo tornare a dirle addio senza di te.
Volevo aspettarti, così avremmo potuto farlo insieme", ammette con occhi tristi, pieni di amarezza.

A questa rivelazione non so davvero che dire. Tyler non ha detto addio alla madre perché voleva farlo con me, e questo mi fa pensare alle convinzioni a cui mi sono aggrappata in questi tre mesi.

Non capisco davvero che succede.
Insomma, in questo momento, qui davanti a me, sembra davvero dispiaciuto per non esserci stato questi tre mesi.
Sembra che non avermi accanto gli abbia fatto solo più male, e che io gli sia mancata davvero, e a questo punto la domanda mi esce spontanea, senza che io me ne accorga.

"Perché l'hai fatto?", chiedo piano, e a mio malgrado, sembra arrabbiarsi improvvisamente per questa mia domanda.

"Credi davvero che sarei in grado di farti una cosa del genere, nocciolina?
Forse quando ti ho conosciuta si, lo ammetto, perché sfogavo la mia rabbia sugli altri, ma adesso non lo farei mai.
Credi davvero che in questi tre mesi in cui non ci sei stata io sia stato felice?
Pensi che non mi odiassi per averti fatta soffrire così?
Pensi che non mi importasse nulla del fatto che fossi a pezzi, lontana da me, e soltanto per colpa mia?", sbotta, e io sussulto per quel suo improvviso sfogo.

Abbasso lo sguardo, per non fargli capire che mi ha spaventata.

Quando capisce l'effetto che le sue parole hanno avuto si di me, si prende qualche secondo per calmarsi.

"Scusa, nocciolina, non volevo spaventarti.
Guardami, per favore"

Alzo lo sguardo, e quando i miei occhi incontrano i suoi, vedo un'emozione balenargli negli occhi.
Sembrerebbe quasi pienezza.
Ma è un'emozione?

"Capisco che non è facile per te credermi, neanche io so se ti crederei davanti ad una cosa del genere.
Ma posso assicurarti che non sono stato io.
So che non posso dimostrartelo.
Dio, non so come dimostrarlo nemmeno a me stesso.
Ma questa è l'unica certezza che ho adesso."

"Congratulazioni per la vittoria", dico con voce flebile.

Lui mi guarda stranito, ma abbozza un sorriso. Ma stavolta è un sorriso sincero, di cuore.

"Mi dici questo mentre cerco di farti capire che ti amo?", chiede con un sorriso sul volto, e alzo lo sguardo di scatto, colpita dalle parole che sono appena uscite dalla sua bocca.

"Cosa c'è, pensavi che in questi mesi avrei smesso di amarti? Che stare lontani avrebbe spento quello che c'era tra di noi? Non è così che funziona e, purtroppo, ammetto che ci sono volte in cui ho sperato che potesse andare così.
Mi ero rassegnato all'idea che non avrei potuto più averti accanto a me e, per quanto facesse male, ho sperato che quello che provo per te potesse diminuire, fino a spegnersi un giorno.
Ma starti lontano non ha fatto altro che aumentare il vuoto che mi hai lasciato dentro, e l'unica consapevolezza che ho sempre avuto è che, l'unica che avrebbe potuto colmare quel vuoto, sarebbe stata anche quella che l'aveva creato"

"Tyler, non... "

"Nocciolina, non se potrai mai renderti conto di quello che la tua presenza scatena dentro di me. Non è una cosa che si può spegnere da un giorno all'altro, e purtroppo non è neanche una cosa che si può decidere di provare"

"Non dirmelo, però", sussurro.

"Cosa vuoi fare, continuare ad evitare la verità? Io mi sono stufato, ed è una cosa che mi hai insegnato tu, tra le tante.
Capisco come ti senti in questo momento, ma i momenti che abbiamo passato insieme non possono essere cancellati come si fa con una frase scritta a matita. E scommetto che tu, esattamente come me, hai passato gli ultimi tre mesi a rivivere ogni singolo instante di quei ricordi, sperando che fossero la realtà"

Quando pronuncia queste parole, colpisce esattamente nel profondo, e leggo nei suoi occhi che lo sa anche lui.
Rimango in silenzio ed abbasso lo sguardo, non sapendo cosa dire.
Dio, non so neanche cosa pensare.

"Comunque, dovresti essere triste, perché la tua scuola ha perso", mi fa notare con un sorriso, per risollevare la conversazione, che stava pian piano morendo.

"Non è la mia scuola. Almeno, io non la considero tale. È un incubo", ammetto, ma solo dopo mi accorgo che mi sto praticamente sfogando con Tyler.

"Perché?", chiede lui curioso.
Sembra gli faccia piacere poter scherzare con me.

"Perché tutti, soprattutto le ragazze, mi guardano come se fossi una vittima da sbranare"

"Anche alla Signal era così", mi fa notare, con un'espressione triste sul volto, ricordando che non ci sono più.

"Si, ma li non ci facevo molto caso, perché avevo qualcuno ch... ", comincio, ma non mi rendo contro di quello che sto dicendo finché le parole non mi escono di bocca.

Tyler mi guarda tra il felice per il fatto che sto dicendo queste cose a lui, e il divertito perché si sta rendendo conto che le penso.

"Voglio dire, alla Signal ormai ci ero abituata", mi correggo distogliendo lo sguardo dal suo, per non leggere il divertimento che le mie parole gli hanno provocato.

"A fare cosa, Ele?", sento una voce familiare alle mie spalle, e mi giro di scatto.

Clay è proprio dietro di me, con un'espressione maligna sul volto, e al suo fianco c'è un ragazzo che gli somiglia molto.


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Ciao a tuttiiiiiiiiiii.
Volevo ritagliarmi un piccolo spazio per chiedervi se vi piace l'idea di mettere un suggerimento di canzone all'inizio del capitolo. Vi lascerò la canzone suggerita anche da poter ascoltare nello spazio per i media, quindi se volete cliccatela.

In realtà, in tutti i capitoli lascio sempre una canzone, ma non so in quanti effettivamente la ascoltino.
Fatemi sapere se voi di solito la ascoltate👉🏻

Comunque, ho cambiato le copertine ad entrambe le storie, mi servirebbe un parere.
Fatemi sapere se vi piacciono, o cosa dovrei modificare eventualmente👉🏻

Col cuore, 🧒.

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