46. "Mi ami?"

"Rise up", Andra Day

Colpii la porta con dei colpi secchi. Le mani mi tremavano, e non ero sicura di essere in grado di pensare in modo lucido, in quel momento.

Ma avevo bisogno di fare solo una cosa.

Ci avevo pensato per più di un'ora dopo che se ne era andato. Non volevo che quello fosse un addio.

Ma ero io che l'avevo trasformato in tale, e lo sapevo.

Continuai a colpire la porta con tutta la forza che mi rimaneva in corpo, fin quando i miei pugni incontrarono l'aria e mi ritrovai davanti Tyler.

"Ciao", mormorai.

Mi guardò per pochi istanti, da capo a piedi. Sembrava che mi stesse analizzando al microscopio.

Poi mi sbatté la porta in faccia senza sbattere ciglio.

Beh, me l'aspettavo, perlomeno. Ma non mi sarei arresa tanto facilmente.

Ricominciai a battere prepotentemente i pugni sulla porta di casa sua. "Tyler, aprimi"

"Vattene, Ele", disse da dietro la porta.

"Non me ne vado. Apri", replicai in modo deciso. Ero intenzionata ad accamparmi contro quella maledetta porta, se fosse stato necessario.

Lo sentii sospirare. Non sentii passi che si allontanavano come pensavo. Era ancora lì dietro, dove tentava di non farsi ferire da me ancora una volta dietro un pezzo di legno.

Appoggiò la schiena alla porta. Me lo immaginai chiudere gli occhi, coprirsi il volto con le mani.

L'aria immobile mi permetteva persino di sentire il battito del suo cuore impazzito.

"Vattene", ripeté. Non era tanto sicuro di quello che stava dicendo. Forse me lo immaginai, ma la sua voce sembrava spezzata.

"No. Rimango qui, finché non apri questa maledetta porta"

Lui non si mosse. Sentii un leggero colpo quando la sua testa urtò il legno. Lo sentii scivolare fino ad accasciarsi a terra. "Tyler?"

"Non abbiamo nulla da dirci", sussurrò.

"Beh... Io si, però. Quindi apri"

"Hai già detto abbastanza"

Chiusi gli occhi. Era difficile cercare di non piangermi addosso e di non sentirmi ancora più in colpa di quanto già non fossi se lui continuava a ricordarmelo.

Era ferito, e non serviva un genio per capirlo. E più precisamente, era ferito da me.

La consapevolezza era straziante, se non lo era ancora di più il fatto che non ero sicura di poter fare molto per cancellare le cose che gli avevo buttato in faccia nell'ultima ora.

Ma non volevo ancora perdermi d'animo. Se non avesse lottato lui, lo avrei fatto lui.

Perché la verità era che mi erano bastati solo pochi minuti per capire che avrei preferito accettare le conseguenze di una vita con lui, piuttosto di una senza.

Ero sicura che, nel secondo caso, lui mi avrebbe aiutata. O ci avrebbe almeno provato.

"Mi dispiace, ma... Ti prego, fammi entrare", lo supplicai. Percepii un briciolo di speranza farsi strada nel mio petto quando lo sentii alzarsi da terra. Rimase lì in piedi, la fronte appoggiata alla porta.

"Non sono più sicuro che ti dispiaccia davvero. Non sono più sicuro di nulla"

"Mi dispiace tanto", mormorai. "Aprimi, Tyler"

"Sentiamo, perché dovrei farlo? Per farmi ancora ferire da te?", sibilò con voce sommessa.

"Ho già detto che mi dispiace. Possiamo parlarne come due persone normali, per favore? Tutto questo è ridicolo. Voglio vederti", ammisi.

Speravo che non si arrabbiasse. Quel sottile ma allo stesso tempo spesso pezzo di legno era l'unica cosa che ci separava, e avrei voluto solo che sparisse.

Lo sentii far scattare la serratura, e dopo qualche secondo la porta si aprì nuovamente.

Mi rimangiai tutto. Sentii cadermi il mondo addosso quando realizzai davvero in che stato fosse.

Era così pallido che mi spaventai. I suoi capelli erano spettinati, come se ci si fosse passato la mano in continuazione. Gli occhi erano rossi, faticava a tenerli aperti. Le ciglia umide. Sembrava che avesse pianto.

"Ciao", ripetei.

"Ciao". Sospirò, spostandosi di lato per lasciarmi entrare. Non ero più del tutto sicura di volerlo, dopo averlo visto in quelle condizioni, ma mi obbligai a farlo.

Chiuse la porta dietro di me e mi sorpassò in corridoio per andare verso la sua camera.

Lo seguii in silenzio. Cominciavo ad essere nervosa.

Si fermò al centro della stanza. Aveva uno sguardo gelido, ed era chiaro che la situazione lo infastidiva.

"Puoi metterti seduto? Mi sentirei meglio", ammisi guardandolo.

Non si mosse di un solo millimetro. Le mani nelle tasche dei jeans scoloriti, le spalle tese, la mascella contratta e lo sguardo imperturbabile.

"Tyler... "

"Non fingere di essere preoccupata per me. Di' quello che hai da dire e finiamola qui una volta per tutte, per favore. Hai cinque minuti", disse, gelido.

Quell' "una volta per tutte" mi spiazzò, ma non volevo farglielo notare. Deglutii e mi guardai intorno, cercando le parole con cui iniziare. Non volevo guardarlo negli occhi, perché sarebbero arrivati i sensi di colpa. Ma mi sarei sentita codarda, così li cercai nella stanza. Mi sedei sul suo letto contorcendomi le mani in grembo.

"Beh... ". Improvvisamente l'ampliato e contorto discorso che mi ero preparata in mente durante il tragitto per arrivare lì non sembrava più reggere così tanto, davanti a lui.

Sapevo che nessuna scusa o parola avrebbe fatto dimenticare ad entrambi ciò che era successo, cosa avevamo detto.

"Mi dispiace"

"Ti dispiace? Sei venuta qui solo per dirmi che ti dispiace?", ringhiò.

Feci il possibile per non lasciarmi scoraggiare dalle sue parole, né per permettergli di respingermi così bruscamente spaventandomi.

Conoscevo il suo gioco. Ma io avevo imparato, e non ero intenzionata a giocare.

"Mi dispiace, okay? Dico davvero, Tyler"

Fece qualche passo indietro e si appoggiò con la schiena al muro. Incrociò le braccia al petto e sembrò guardarmi con sufficienza, gli occhi socchiusi. "E di cosa ti dispiacerebbe, esattamente?"

"Di tutto. Quello che ho detto. E poi... ". Non riuscii ad esprimere tutto quello che sentivo, e forse era meglio così. Sospettavo che non fosse sicuro neppure lui di volerlo sapere. "Scusa"

"Scusa", ripeté sbuffando. "Non lo sai neanche tu per cosa ti stai scusando"

"Non ho voglia di litigare con te"

"Allora perché sei venuta qui? Sul serio. Solo per scusarti? Perché ti sentivi in colpa? Per cosa, altrimenti? Mi rimane difficile credere che tu sia qui solo per semplici scuse"

"Per cosa, allora?", replicai, non capendo che cosa intendesse.

Sospirò e distolse lo sguardo dal mio, ferito. "Non capiresti"

"Illuminami". Mi alzai dal suo letto e gli andai incontro. Avevo bisogno di sentirlo vicino a me, e avevo lo stesso bisogno di vedere un briciolo di dolore in meno nei suoi occhi.

Mi osservò compiere quei passi che ci separavano come se lo stessi facendo per fargli del male, ma non disse nulla e mi lasciò avvicinare a lui.

"Credi davvero che l'abbia fatto perché non volevo avere a che fare con le tue paure? Che avessi paura che in quel modo mi sarei ferito?", chiese quando i nostri petti furono ad un respiro di distanza.

Odiai il modo in cui mi stesse rinfacciando le mie debolezze. Ero ben a conoscenza che fossero quelle a mettere una barriera tra me e lui. Avrei voluto farla cadere, ma non avevo la minima idea di come fare.

Non ero una di quelle persone che tentavano di abbatterla. Io mi rassegnavo semplicemente all'idea che, per me, fosse invalicabile.

"Perché, allora? Non trovavo un'altra spiegazione da darmi"

Abbassò la testa. Sospettavo non volesse mostrarmi i suoi occhi. Sapeva che mi avrebbero dato la risposta di cui avevo bisogno.

"Ma evidentemente c'era", intuii nel suo silenzio.

"Il motivo non è importante. Ma non capisco che cosa ti abbia lasciata pensare una cosa simile". Un lampo di paura passò nei suoi occhi. "Io?"

"Non tu", lo tranquillizzai, sforzandomi con tutta me stessa di sorridergli. "Sono io il problema", ammisi. "Come sempre"

"Non dire così". Sussultai al suo tocco quando mi spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Mi venne spontaneo chiudere gli occhi.

"Mi rendo conto solo ora che è stato un pensiero stupido"

Ed era la verità. Nello stesso momento in cui avevo incontrato i suoi occhi avevo capito che non ne era valsa la pena.

Avevo provato a distruggere l'unica cosa che mi avesse mai salvata da me stessa. Era un prezzo da pagare troppo alto in confronto all'idea che mi ero fatta di una vita senza Tyler.

"Non ho mai fatto nulla per darti motivo di pensarlo. Ti sono stato accanto nei momenti peggiori. Ho cercato di dimostrarti nelle migliori intenzioni cosa provavo per te. Credevo davvero che tu lo sapessi. Ho sbagliato a pensarlo?", mormorò.

"Non hai sbagliato. So che hai ragione"

Fece un sorrisetto e mi osservò accigliato. "Hai appena ammesso che ho ragione?", ripeté fingendosi scioccato.

Gli diedi un leggero schiaffo sul petto e gli sorrisi flebilmente. "Non vantartene troppo, chiaro?", scherzai.

Aveva un sorriso stupido in volto. Mi rincuorava molto rivedere un po' del Tyler che amavo. La freddezza a cui ero stata sottoposta negli ultimi tempi faceva irreparabilmente male.

Mi accorsi che fissava le mie labbra con un'espressione adorante. Ed io le desideravo tanto quanto sapevo le desiderasse lui.

Non ebbi il tempo di pensare né fare qualcosa, perché lui mi precedé. Si sporse leggermente verso di me e mi baciò.

Inspirò e passò delicatamente la lingua sulle mie labbra. Gli passai istintivamente una mano tra i capelli, la posai sulla sua nuca per attirarlo più vicino a me. Sentivo una strana sensazione di incompletezza, e non capivo da dove derivasse.

Prima che potessi fare qualcos'altro, allontanò bruscamente le labbra dalle mie e mi guardò.

"Girati", ordinò.

"Cosa? Perché?", gli chiesi spalancando gli occhi.

Lui osservò divertito la mia espressione perplessa. "Avanti, girati"

Lo feci, curiosa di capire che intenzioni avesse. "Devo preoccuparmi?", domandai dopo qualche secondo.

Ridacchiò e lo sentii trafficare con le mani nelle tasche dei Jeans. Le sue dita calde e sicure mi sfiorarono il collo e mi provocarono i brividi, fino a quando percepii del metallo freddo poggiarsi sulle clavicole. Mi portai le mani al collo e sentii sotto i polpastrelli la collana che mi aveva regalato.

Mi girai, timorosa di vedere la sua espressione.

"Ora mi sento un po' meglio", ammise, facendo scorrere le dita sul piccolo cerchio.

"Da quant'è che te la porti in giro nella tasca dei pantaloni?", scherzai.

"Un po' ", rispose, rimanendo sul vago.

Mi tornò in mente come un fulmine la sera in cui l'avevo gettata senza pietà ai nostri piedi. Non ero sicura che avesse voluto recuperarla, o lasciarla trovare a qualcuno che meritava l'amore più di quanto lo meritavamo noi.

"Mi dispiace davvero. Per tutto"

Sospirò, e un po' della sua allegria precedente lasciò il posto alla tristezza. "Lo so. Ma ha fatto male comunque".

Si allontanò da me con la testa bassa e si sedé sul letto senza dire una parola, le mani in grembo.

Lo raggiunsi e mi sedei vicino a lui. Prima di arrivare lì ero sicura che sarei voluta scappare via il prima possibile. Invece non volevo più andarmene. L'idea di lasciarlo solo, nelle condizioni in cui si trovava, mi agitava.

Guardavo dritta davanti a me mentre giocherellavo con il ciondolo. C'era ancora una cosa che mi sfuggiva. "Che cosa significa questo, per te?"

Anche senza girarmi, sapevo che il suo umore era cambiato. Quello era un lato che non voleva affrontare. "Non sta a me dirlo. Sei tu quella che ha deciso di sua spontanea volontà di mettere fine a tutto"

"Grazie", sussurrai, con una punta di sarcasmo.

Si voltò e mi osservò accigliato. "E' la verità. Sai bene come sarebbero andate le cose per me. Come sarebbero state in questo momento. Perciò la decisione è tua"

Mi girai a guardarlo. Non mi stava accusando, stava solo facendo il punto della situazione. E sentivo fosse il momento che lo facessi anche io.

In tutta risposta mi sporsi e posai delicatamente le labbra sulle sue. Sorrise a contatto con la mia bocca. Mi spostò i capelli dal viso e mi attirò ancora più vicina a sé.

I nostri respiri si fecero allora più intensi, i nostri movimenti più semplici ma disperati.

Sentii le sue mani esplorare il mio corpo timorose, come se ad ogni tocco avessi potuto sgretolarmi sotto di lui.

Si irrigidì e tornò di nuovo improvvisamente serio.

"Questo non cancellerà tutto il resto", sussurrò a contatto con la mia bocca.

Fui almeno felice di sapere che, lo stesso bisogno che sentivo io, lo sentisse anche lui. Ridacchiò quando si accorse che si era tradito da solo.

"Qualcosa può farlo?", gli domandai allora.

Mi guardò a lungo. Non capii se stesse davvero meditando su una soluzione magica o miracolosa in grado di poter cancellare il passato, o se stesse semplicemente aspettando che trovassi da sola la risposta.

"Non lo so", rispose sinceramente. Leggevo sconcerto nei suoi occhi. Avrei voluto consolarlo, ma non avevo le parole per farlo. Ed avevo anche paura, alla fine.

La logica mi consigliava di pensare attentamente a quello che stavo facendo, ma era difficile farlo ignorando il desiderio che avevo di sentirlo più vicino a me. Ero sicura che fosse lo stesso che aveva lui, ma non per questo si sarebbe frenato dal farmi ragionare.

Tuttavia ignorai quello che mi stava suggerendo il cervello. Per una volta volevo provare a ragionare con il cuore.

Così mi stesi di schiena sul letto e lo attirai delicatamente a me. Non oppose resistenza come pensavo. Mi rivolse uno dei suoi più affascinanti sorrisi e mi baciò, chiudendo gli occhi.

Assaporai ogni singola parte di lui, come per paura che non avrei più potuto farlo.

Riuscivo a sentire il bisogno che aveva di me battere incessantemente sotto le mie dita, scorrere nelle sue vene, sfiorarmi i capelli, riempirmi il cuore.

Ed improvvisamente mi ritrovai a chiedere di più. Forse era la mancanza che la sua assenza aveva causato, ma mi resi conto che tutto quello non mi bastava più.

Sentivo il bisogno di appurare con tutta me stessa fin dove si spingessero i suoi sentimenti.

Volevo sentirlo dentro ogni fibra del mio essere, nel mio cuore, nelle ossa, nei polmoni.

Volevo che mi dimostrasse con tutto se stesso quanto significavo per lui, in qualunque modo puro e primordiale conoscesse per farlo.

Cominciai a strattonargli la maglietta in un marea di disperazione che non conoscevo di provare. Tentai di sfilargliela. "Dovresti aiutarmi, sai", borbottai in modo imbarazzato.

Mi afferrò i polsi dolcemente e mi bloccò prima che potessi andare oltre.

"Non so, nocciolina. Abbiamo ancora tante cose da chiarire. Non mi piace l'idea di farlo in questo modo", ammise. Riuscii a cogliere leggero timore nella sua voce. E sapevo non parlasse di sé stesso.

"Hai detto anche tu che non c'è un modo per dimenticarle. Andiamo avanti senza pensarci troppo, okay? Credo sia la soluzione migliore"

Non ero del tutto cosciente di che cosa mi stesse succedendo. Non ero mai stata sopraffatta da un desiderio e una mancanza tali, ma provavo solo il soffocante bisogno di mettere fine a tutto quel disastro di emozioni e sentirlo veramente dentro di me. E forse, sì, non riuscivo a pensare oltre l'attrazione fisica che provavo, ma non mi importava più.

Per tutta la vita avevo pensato troppo prima di compiere un'azione. Avevo aspettato troppo di poter sentire qualcosa che di più simile assomigliasse alla felicità, quando in realtà non sapevo ancora neanche cosa fosse. Solo quando avevo capito che cosa Tyler potesse darmi mi ero resa conto che aspettare non sarebbe più servito, dal momento che avevo davanti agli occhi la rappresentazione di cosa stavo aspettando davvero.

Volevo risentire quel tipo di amore che riusciva a condizionare il mio modo di pensare, che mi faceva mettere in discussione le scelte di una vita, che mi permetteva di sentirmi libera e leggera. E sapevo che lui era l'unico che avrebbe mai potuto darmi quelle sensazioni.

Mi aggrappai ad un altro bacio. Gli strofinai le mani sulla stoffa che ricopriva la sua schiena, e mi premetti contro di lui, impaziente di sentirlo vicino a me come non lo ero mai stata. Sentii un calore pungente bruciarmi nell'addome mentre mi baciava con desiderio.

Gli sfilai la maglietta e sfiorai la pelle sul petto nudo con le punta delle dita, mentre mi abbassavo e lo stuzzicavo con dei piccoli baci alla base del collo.

Con una lentezza estenuante sollevò l'orlo della mia maglietta e me la sfilò. Non perse un solo attimo e si fermò ad ammirarmi, gli occhi ardenti di amore e desiderio.

Senza aspettare che lo facesse lui, mi portai le mani dietro la schiena per slacciarmi il reggiseno. Lo lanciai da qualche parte nella penombra della stanza, e Tyler ridacchiò.

"Come sei aggressiva", mormorò.

Incrociò i miei occhi e lentamente, per paura che potessi ripensarci, si abbassò sui miei capezzoli. Mi lasciò leggeri e umidi baci, mentre giocava con la lingua sul punto più sensibile.

Emise un gemito di gola mentre risollevava la testa e prendeva di nuovo le mie labbra. Mi strinsi più vicina al suo petto. La nostra pelle nuda sembrava diventare tutt'una, come se fosse stata creata soltanto per permetterci di sentire l'uno più vicino all'altro.

Mi sentii per la prima volta completa. E forse un po' più leggera. Capii, in quel momento, che Tyler non avrebbe mai potuto essere per me che una ragione per lottare. La mia vita e la sua erano unite da un sottile strato di insicurezza, ma l'unione che ne causavano sembrava un sentimento che non era ancora stato scritto.

Dopo quello che mi sembrò un tempo infinito presi coraggio e gli sbottonai i pantaloni. Tyler chiuse gli occhi e mugolò, il suo respiro improvvisamente accelerato. Tentò di controllarsi mentre la mia mano si muoveva insicura e timorosa e lo trovava.

All'inizio lo sfiorai. Presi ad accarezzarlo, muovendo il più delicatamente la mano dall'alto verso il basso. Ero piuttosto nervosa di fare la cosa sbagliata, ma il modo in cui si muoveva, i suoi respiri irregolari e i suoi occhi chiusi mi suggerirono che non stavo andando poi così male.

"Nocciolina", ansimò. Chiuse gli occhi e gettò la testa indietro. Lo interpretai come un incoraggiamento, così continuai ad accarezzarlo e stringerlo delicatamente tra le dita.

"Se continui così finiremo ancora prima di cominciare", mugolò emettendo un sibilo. Afferrò la mia mano e se la tolse dolcemente dai pantaloni.

Poi mi guardò di nuovo. Lo faceva sempre, per assicurarsi che io lo volessi davvero e fossi del tutto sicura di quello che stavamo facendo. Ero incerta che fosse paura quella che brillava nei suoi occhi. Paura per me. Ma contavo di sbagliarmi. Alla fine, io non ne avevo.

Sperai che i miei occhi gli diedero la risposta che cercava, così frementi di desiderio ed eccitazione. Evidentemente captò quello che avrei voluto dirgli. Mi sbottonò i pantaloni e lì sfilò fino alle caviglie, levandomeli.

Mi baciò di nuovo. Le sue mani sembrava volessero volare sul mio corpo. Si spostavano sui miei capelli, sui miei fianchi, sulla mia pancia, e disegnavano cerchi a fior di pelle con i polpastrelli.

Venni attraversata da un brivido quando si spostarono un po' più in basso e mi trovarono. Mi accarezzò con una dolcezza piacevole e straziante allo stesso tempo. Indugiò nei miei occhi, con il timore che potessi dissolvermi sotto di lui.

"Guardami", sussurrò.

Feci come aveva detto. Ero ancora un po' disorientata, ma capii che avrebbe voluto farmi ragionare, prima di fare qualcosa di stupido e immaturo.

Ebbi un tuffo al cuore quando vidi i suoi. Non c'era amarezza, rabbia, tristezza. C'era solo, davvero, tanto amore. Ed erano così ardenti che per un secondo pensai che avrebbero potuto bruciarmi viva.

Mi accarezzò i capelli e sorrise debolmente mentre si sforzava di mantenere l'equilibro su di me. "Voglio solo che tu non te ne penta", disse con voce roca.

Mi sforzai di andare oltre il brivido del momento e pensare davvero a quello che stavamo facendo. Era davvero il momento giusto per compiere quel passo?

Ed io mi sentivo pronta per farlo? Mi resi conto che non era una cosa da nulla, che non sarei potuta tornare indietro e rivivere tutto da capo, e per un attimo esitai.

Ma quando ritrovai i suoi occhi nella confusione che minacciava di smarrirci, non ebbi più alcun dubbio. Era un fuoco che ero pronta ad attraversare se sarebbe significato sentirmi per tutta la vita come mi sentivo ora accanto a lui, i suoi occhi in cui amavo perdere me stessa, i suoi capelli in cui tentavo di rifugiarmi. Il suo cuore ad un battito dal mio.

"Finché sarà con te, avrò la certezza che non potrò mai pentirmene", mormorai in un sussurro. Riportai le mani sui suoi boxer, facendoglieli scorrere lungo i fianchi.

Non gli servirono più parole di incoraggiamento. Sentii il suo desiderio premere contro di me mentre si chinava a baciarmi con un'intensa tristezza.

Piegò leggermente la testa di lato e mi sorrise, mentre con il pollice mi accarezzava al lato degli occhi. "Sai di essere bellissima?", sussurrò.

Il mio respiro divenne incerto, e sentii il suo cuore fremere di tenerezza sotto le mie dita vedendomi così emozionata.

Afferrò la stoffa dei mie slip con dita sicure e me li fece scivolare amorevolmente sui fianchi. Realizzai che eravamo entrambi completamente nudi, e mi sentii nervosa.

Accorgendosene, mi lasciò una serie di baci sulle labbra, sulle palpebre chiuse, sulla punta del naso, sulla fronte, mentre con la mano mi accarezzava tra le gambe. Boccheggiai quando infilò un dito dentro. Chiusi gli occhi e mi lasciai sopraffare da quella sensazione di piacere, mentre Tyler cominciava a muovere il dito dentro e fuori da me. Mi aggrappai ai suoi capelli con le mani e mi sforzai di mantenere il mio respiro regolare mentre mi abbandonavo a quella confusione in cui avevo sperato di trovare un rifugio.

Infine, quando mi vide calmarsi, si allungò a prendere un preservativo dal cassetto al lato del letto. Aprì la confezione e se lo infilò. Fu un solo attimo. Tornò a guardarmi, e si mise in posizione.

La sua espressione era sofferente, e non riuscii a capire da dove derivasse. Quando lo sentii spingere tra le gambe chiusi istintivamente gli occhi.

"Mi ami?", sussurrò.

La sua voce suonò così angosciata che mi salì un irrimediabile groppo in gola. Riaprii gli occhi, e mi fece male il cuore nel vedere i suoi così insicuri. Allungai una mano e glieli sfiorai. Lui li chiuse dolcemente e si lasciò toccare. Sembrava così triste che sentii una fitta al petto.

Gli accarezzai i capelli, annuendo. Tentai di dimostrargli che fossi sincera, nonostante il momento in cui ci ritrovavamo. Ero ben consapevole da dove provenissero le sue insicurezze, e non riuscii a non fare a meno di non lasciarmi travolgere dai sensi di colpa.

"Ho bisogno di sentirtelo dire", mormorò.

"Ti amo, Tyler. Con tutta me stessa", bisbigliai. Si chinò, ed appoggiò la fronte sulla mia. Non perse il contatto con i miei occhi neppure per un istante, mentre spingeva in attesa contro di me.

"Va tutto bene", mormorò. Deglutì, e si spinse dentro di me. Il mio respiro si fece incerto per un instante in quella intensa sofferenza. "Ti amo", sussurrò, e si spinse in avanti.

Mi agganciò le ginocchia con le mani e se le avvolse dolcemente intorno ai fianchi. Ansimai a quella sconosciuta sensazione, e gli posai le mani sulla nuca per attirarlo più vicino a me. Sentivo i muscoli contrarsi ad ogni suo piccolo movimento.

I respiri di Tyler si fecero più intensi e profondi. Mi guardò negli occhi con una tenerezza tale che mi mancò il fiato.

"Stai bene?", ansimò. Mi sfiorò con le labbra la fronte, le palpebre, la linea degli zigomi, la bocca. Annuii, mentre spostavo le mani sulla sua schiena nel tentativo disperato di spingerlo più a fondo dentro di me.

Cominciò a muoversi lentamente, dentro e fuori da me, e mi lasciai pervadere da quella sensazione di piacere così nuova. Le ciocche che gli ricadevano sulla fronte cominciavano ad inumidirsi e le sentii solleticarmi la fronte, appoggiata alla sua. Nella stanza, illuminata dal buio, si sentivano soltanto i nostri respiri irregolari, che si mescolavano l'uno all'altro.

I suoi occhi nei miei erano così intensi che pensai per un solo, brevissimo, attimo, di non meritare quel tipo di amore.

Forse non ero neppure sicura che l'amore che io provavo nei suoi confronti fosse così forte come lo era il suo.

Ad ogni sua spinta lo sentivo più in profondità dentro di me. Si aggrappava a me e mi guardava come se avesse paura che potessi dissolvermi sotto di lui da un momento all'altro.

I nostri petti si sfioravano, e giurai di aver potuto sentire il battito del suo cuore. O forse era il mio. Capii solo dopo che erano i nostri, uniti in un ritmo perfetto mentre affondava nel punto più sensibile di me.

Premette le labbra sulle mie. Lo sentii respirare più velocemente e gemere. "Ti amo", ripeté in un sussurro. Percepii una sensazione di calore che si distese in tutto il corpo, e intensificai la presa sui suoi capelli mentre raggiungevamo il culmine insieme.

Rimase in equilibrio ancora per qualche secondo su di me. Allungai una mano e gli scostai le ciocche umide dalla fronte. Non smise di guardarmi nemmeno per un secondo lì, con l'amore più disperato del mondo negli occhi, mentre usciva lentamente da me.

Si tolse il preservativo e lo poggiò a terra. Sentii le lacrime pungermi gli occhi, mentre rivivevo nella mia mente ogni sensazione, ogni momento, ogni respiro ed ogni battito di quello che avevamo appena condiviso. Da quel momento in poi, ciò che avrebbe unito me e Tyler non sarebbe più stato solo semplice amore. Non sarebbe stato più un sentimento.

Quella notte costruì un legame tra di noi che, ero più che sicura, nulla avrebbe mai potuto spezzare. La mia vita e la sua erano entrate in collisione nello stesso momento in cui lo avevano fatto i nostri corpi. E con loro le nostre mani, le nostre anime, i nostri cuori.

Tornò da me e mi guardò con una tristezza e una tenerezza tale da farmi mancare il fiato. Passò il pollice sotto i miei occhi e mi asciugò le lacrime. Sorrise e si sporse a baciarmi. Le sue labbra avevano un sapore diverso dopo quello che avevamo condiviso. "Non piangere", sussurrò chiudendo gli occhi.

"Ti amo", riuscii a dire. Li riaprì e si lasciò pervadere dalle emozioni.

"Mi ami?", chiese esitante. Annuii e mi sforzai di mantenere i miei respiri regolari mentre gli sfioravo i capelli.

"Dillo di nuovo", mormorò.

"Ti amo", ripetei.

Chiuse gli occhi e si stese vicino a me. Mi cinse con un braccio mentre tirava su le coperte e ci copriva entrambi. Mi spostai di lato, accoccolandomi contro il suo petto. Il battito del suo cuore sotto le mie dita si era fatto più regolare, ed i suoi respiri mi scuotevano in tutto il corpo.

Piegò la testa di lato e la poggiò sulla mia fronte. La stanchezza prese il sopravvento, e le mie palpebre si fecero pesanti.

Tyler mi strinse di più a sé, posandomi dei piccoli baci sui capelli. Incrociò le dita con le mie sotto le coperte, e mi sentii così calda e al sicuro avendolo vicino che dimenticai tutto il resto.

Il quel momento c'eravamo solo io e lui. I nostri respiri ed i battiti dei nostri cuori. "Sei tutto ciò che ho. Ti amo così tanto", sussurrò.

Ero troppo stanca per parlare, ma lui sembrò capirlo. Gli strinsi un po' più forte le dita, e Tyler mi strofinò dolcemente la schiena con le mani.

Mi addormentai avvinghiata a lui, ed amata come non lo ero mai stata. E forse, anche un po' spaventata dall'intensità di quel sentimento. Per un secondo, ebbi paura che avrebbe potuto travolgere entrambi.

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