22. Ansia
"If I were a boy", Glee cast cover
Tyler's pov
Mi guardo un'ultima volta allo specchio, nel vano tentativo di calmarmi.
Dio, mi sembra di vedere uno specchio in casa mia ora per la prima volta, quando invece è qui da almeno tre anni.
Sono nervoso, fin troppo, e non è affatto da me. Mi sento strano, perché non mi è mai capitato di avere ansia per qualcosa che dovessi fare. Neanche prima di un combattimento mi sono mai sentito così.
Quando ho combattuto con Clay, forse, perché c'era nocciolina e la sua sicurezza in gioco. E non credo sia un caso se adesso sono nella stessa situazione.
Mi controllo l'ultima volta allo specchio.
Una camicia va più che bene per questo tipo di cose, no? Forse dovrei mettermi anche la giacca...
Ma poi sarei troppo formale, potrei metterli in imbarazzo.
Mi tolgo la camicia e indosso un maglione.
Poi ci ripenso, levo il maglione, rimetto la camicia ed indosso il maglione sopra la camicia.
Forse così può andare bene.
E se sembrassi troppo trasandato? Che penserebbero del ragazzo che esce con la loro figlia?
Per fortuna mi arriva un messaggio prima che possa fare altri danni.
Non pensarci troppo, okay? Andrà tutto bene. E sbrigati che la cena in tavola si fredda!
È di nocciolina. Sto per rispondere, quando me ne arriva un altro.
Sul fatto della cena stavo scherzando, mia madre ha appena messo il pollo in forno. Ma non dirgli che te l'ho detto, si imbarazzerebbe anche per questo. Ricorda le regole e non fare tardi!
Stamattina ho dovuto chiedergli qualche consiglio su come... beh, come farmi accettare, sostanzialmente. Non sono riuscito a nasconderle che ero nervoso, ed ha riso di me per tutto il tempo.
Regola numero uno: non incrociare le posate a tavola. La madre è molto attenta a queste cose, e ha detto che se lo facessi per sbaglio si alzerebbe e scaraventerebbe il mio piatto dal tavolo per spezzare la maledizione.
Regola numero due: tenere la schiena appoggiata allo schienale della sedia. Odia vedere le persone scomposte a tavola.
Regola numero tre: sorridere sempre a tutte le affermazioni e le domande, anche a quelle più scomode. Non devo dare segni di debolezza.
Regola numero quattro: fare i complimenti alla signora Grace per il buon cibo preparato, anche se non è così.
Questo l'ha detto nocciolina, comunque.
Regola numero cinque: non dire o fare cose che potrebbero far arrabbiare il signor Tom o Jordy. In pratica, diventare una bambola di pezza.
Regola numero sei: rispettare assolutamente tutte le regole descritte sopra.
Le ripeto sottovoce mentre prendo le chiavi dal tavolo in cucina, il telefono ed il giacchetto, ed afferro al volo la piantina che ho comprato.
Non sapevo che cos'altro portare, spero solo che vada bene.
Salgo in macchina e la poso delicatamente sul sedile del passeggero.
Durante il tragitto ne approfitto per ripetere continuamente nella mia testa le regole.
Sono solo sei, posso farcela.
Ho affrontato di peggio.
Quando arrivo davanti alla casa della morte, rimango qualche secondo in macchina per temporeggiare.
Intanto dalla porta di casa spunta nocciolina, e mi sorride. È più un sorriso di incoraggiamento, per entrambi.
Scendo e la raggiungo il più velocemente possibile.
Per fortuna neanche lei è vestita elegantemente. Indossa un maglione pesante ed un paio di Jeans a vita alta.
Ringrazio il mio cervello per non avermi lasciato indossare la camicia.
Ed io che volevo mettermi anche la giacca.
"Stai bene. Sembri un ragazzo per bene. Quella è una pianta?", mi sorride, mente il suo sguardo scende lungo il mio corpo, e vede la piantina fiorita.
"Non sapevo che cosa portare. E poi, mi stai dicendo che non sono un bravo ragazzo?", domando.
"Siamo qui proprio per questo. Gli avvoltoi sono tutti già in guardia, pronti a giudicare. Tranne forse Marty, in realtà. Ha un debole per te", ammette con un sorriso.
"Chi non ha un debole per me?", scherzo. Sto cercando di consolarmi, per non realizzare cosa mi aspetta oltre questa porta.
"Sei nervoso?", domanda.
"Secondo te?"
"Andrà bene, me lo sento. Mio padre è riuscito persino a sorridere. Certo, quando ha visto che la sua collezione di maglie di calciatori non era stata toccata, ma lo considero pur sempre un sorriso".
Scuote la testa divertita, e direi anche leggermente dispiaciuta.
"Ricordi le regole?", domanda.
"Si, allora. Posate, postura, sorridere, fare i complimenti, non far arrabbiare tuo padre", ripeto per la milionesima volta.
"Okay, e l'ultima? È la più importante, Tyler!", scherza divertita.
"Rispettare tutte le altre", aggiungo. "Se me lo permetteranno, comunque. Non ti prometto nulla nocciolina".
Annuisce ed abbassa lo sguardo.
"Ele, che stai facendo? È già arrivato Tyler? Entrate, si muore di freddo fuori!", urla la voce della signora Grace dall'interno della casa.
Prendo un respiro profondo.
Ele mi alza i pollici in segno di incoraggiamento, ma è il suo sorriso speranzoso che mi da la forza di entrare.
La seguo fino alla cucina, mentre mi vengono in mente i momenti che ho passato qui dentro, anche se sono stati pochi. Non tutti felici, e non tutti finiti nel migliore dei modi.
Speriamo di non aggiungere anche questa serata alla lista.
Arriviamo in salotto, collegato alla cucina, e mi assale il panico quando trovo il padre, il fratello e la madre di nocciolina già seduti a tavola. La sorella minore è sul divano.
Mi stanno guardando come se fossi l'origine dei loro problemi, ma cerco di fare finta di nulla.
"Buonasera a tutti".
Sono un idiota. Come cazzo mi è saltato in testa di dire "Buonasera a tutti"?
"Ecco, io... ho portato questa". Mi avvicino alla signora Grace e le porgo la piantina.
"Oh, che pensiero gentile, grazie Tyler. Amo la natura", sussurra, mentre osserva adorante la pianta.
Si rifugia in cucina, probabilmente per metterla nell'acqua.
Nessuno dice una parola se non lei, proprio quando fa ritorno.
"Avanti, mangiamo!", esclama indicando la tavola.
Prendo posto a tavola in un posto qualunque rimasto libero.
Quando nocciolina sta per sedersi accanto a me, qualcuno parla.
"Che cosa fai, Ele?", domanda il padre. Lei lo osserva sconcertata, ed abbastanza perplessa.
"Mi siedo", dice, quasi come se stesse facendo una domanda.
"Oh, puoi sederti qui, accanto a me", esclama entusiasta. Batte le mani sulla sedia accanto a lui, come per incitarla ad avvicinarsi.
Titubante, alterna lo sguardo tra me e lui, e poi lo raggiunge, prendendo silenziosamente posto nella sedia.
"Ti piace il pollo?", domanda la signora Grace osservandomi.
Lancio un'occhiata a nocciolina davanti a me.
Mima quattro con le labbra.
"È ottimo, signora Grace, davvero", affermo annuendo convinto.
Regola numero quattro.
Soddisfatta, torna a mangiare, anche se non è ancora del tutto convinta che io sia una persona affidabile.
"E la scuola ti piace? Come sta andando per te l'ultimo anno?", continua interessata.
"Non è il mio ambiente preferito, se così si può dire. Ci sono materie che mi piacciono di più, e altre che non mi fanno impazzire", ammetto sinceramente.
"Ed il college? Cosa pensi di fare dopo la scuola?", domanda il padre. Riesce quasi a fingersi interessato per più di quattro secondi.
"Per adesso non ho piani, in realtà. Vedremo come andranno le cose", rispondo educatamente.
"Certo che, un giovane della tua età che non sa ancora che cosa fare del suo futuro... ", commenta.
Non so neanche come faccio a continuare a sorridere all'uomo davanti a me, ma lo faccio solo per nocciolina, e perché so che ci tiene.
Mi guarda, e mima dispiaciuta un "cinque" con le labbra.
Regola numero cinque.
"Tempo al tempo, signore", rispondo cordialmente. Marty ed Ele non riescono a non farsi sfuggire una risata.
"Mi sorprende, però. Il nostro Jordy studia all'università e prende ottimi voti, è il migliore in tutto quello che fa e non si lascia condizionare da scelte sbagliate, o da persone sbagliate... "
Pronuncia le ultime due parole come se fosse scontato che si riferiscano a me.
Dio, non so neanche come faccio a starmene qui impalato, con il sorriso più falso del mondo stampato in faccia.
"Smettila di dire idiozie, papà", lo smentisce il figlio maggiore.
"Perché, non è la verità?", domanda tranquillamente.
"E se un giorno smettesse di esserlo? Cosa faresti, mi cacceresti di casa? Ti ricordo che questa non è più casa tua", lo sfida.
L'aria nella stanza cambia, e purtroppo o per fortuna, non mi sento più così tanto chiamato in causa.
Non so se essere felice o triste di avere o non avere una famiglia. Certo, con il senno di poi, e sapendo quello che sarebbe diventata, forse è meglio stare da soli se le persone intorno a noi non riescono ad apprezzarmi per quello che sono.
Ma credo che una famiglia non debba essere composta per forza da padre e madre.
Anche una sola persona può diventare la mia famiglia.
"Che cosa stai cercando di dirci, Jordy?", domanda la signora Grace.
"Oh... ". Sembra essersi pentito delle sue parole. "Nulla, dico solo che non dovreste dare troppe cose per scontate". Abbassa lo sguardo e torna a mangiare.
"Allora, Tyler... ", continua il padre, quasi come se volesse sputare il mio nome per quanto gli dia fastidio. Devo dire che almeno non mi sento un idiota, e l'odio che provo per questa persona davanti a me è reciproco.
Oltre a come si comporta con nocciolina, non mi è mai andato a genio per quello che ha fatto. Non lo giudico per aver tradito la sua famiglia, non oso immaginare neanche quante volte l'abbia fatto il donatore di sperma di mia madre, la persona che dovrei chiamare padre.
Mi da fastidio il modo in cui l'ha fatto, come ha trattato la sua famiglia, come l'ha distrutta e come li ha abbandonati.
Ed ora ha il coraggio di tornare, come se nulla fosse, in questa casa, sapendo di averla spezzata, sorridendomi e facendo finta che nulla sia mai successo, come se fossi un idiota.
"Sei nato a Denver? Da quanto vivi qui?", domanda.
"Papà", sussurra nocciolina. Si gira verso di lui, e gli lancia un'occhiataccia.
"Che c'è? Faccio conversazione", ammette tranquillamente, e mi guarda curioso.
"No, sono nato ad Atlanta. Vivo qui da circa quattro anni", affermo.
"Atlanta? Centra qualcosa con il fatto che siete andati la?", domanda la signora Grace.
Non riesco proprio a trattenere una risata davanti al suo dissenso sulla faccenda.
Poso le posate sul tovagliolo alla mia destra, stando attento ad allinearle perfettamente una parallela all'altra. Alzo lo sguardo e vedo nocciolina sorridermi e mimare un "prima" con le labbra.
"In effetti, si", rispondo alzando lo sguardo.
"La tua famiglia? È qui a Denver con te?", domanda. Guardo Ele alzare gli occhi dal piatto allarmata, e girarsi lievemente verso il padre, anche se non può fare nulla.
"No, in realtà. Mia madre è morta i primi giorni di Luglio ad Atlanta, stava già male. Mio padre non lo vedo da otto anni, invece. Ci ha abbandonati".
Tutti nella stanza smettono persino di masticare, ed il silenzio più totale accompagna le mie parole.
Non mi va giù raccontare la mia vita privata, ma se voglio far capire a queste persone chi sono e quanto tengo a loro figlia, devo essere sincero. Non c'è un altro modo.
Nocciolina mi guarda sbigottita, ma capisce perché l'abbia fatto.
Il padre, invece, non osa più mettere bocca, per fortuna.
"Oh, beh... mi... mi dispiace. Non lo sapevamo, Ele non ce lo aveva mai detto. Immagino sia per questo che siete stati ad Atlanta", sussurra addolorata la signora Grace, portandosi una mano sul cuore.
"Non si preoccupi, va meglio, adesso", la tranquillizzo, prima che possa mettersi a piangere. Il suo sguardo a dir poco pietoso mi suggerisce che ne sarebbe capace.
"Davvero? Beh, ne sono felice. Come mai?", domanda sollevata.
"Beh... ecco.... Onestamente, è grazie a noc... Ele, grazie ad Ele", ammetto. Quando sono in pubblico, devo ricordarmi di non usare il soprannome che le ho dato.
Spalanca gli occhi di fronte a tanta sincerità, come un po' tutti.
"Davvero?", domanda Jordy sfidandomi, entrando nuovamente nella conversazione.
"Ed è qui che arriviamo al nocciolo della questione... ", sussurra nocciolina, e tutti si girano a guardare lei.
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