12. Strani rapporti
"Stone cold", Demi Lovato
Tyler's pov
Mi levo il casco di protezione dalla testa, e il sole dei primi giorni di ottobre mi acceca improvvisamente.
All'inizio socchiudo un po' gli occhi per la sorpresa, ma poi ci faccio l'abitudine.
In lontananza, vedo il coach agitare una mano nella mia direzione, per richiamare la mia attenzione. So già cosa vuole dirmi, e ascoltarlo è l'ultima cosa che ho voglia di fare in questo momento.
Attraverso in fretta il pezzo di prato che ci divide, perché se c'è una cosa che non sopporta è aspettare.
Per il resto, non possiamo davvero lamentarci, perché ci fa decidere gli orari degli allenamenti, e non se la prende più di tanto se non possiamo partecipare ad una partita.
Quando sono davanti a lui, poso il casco ai miei piedi e lo guardo negli occhi, aspettando che dica qualcosa, ma dalla sua espressione leggermente urtata capisco che le mie sensazione erano fondate, e che non è qui per farmi dei complimenti.
"Ragazzo, dove hai la testa?", mi chiede con le mani sui fianchi, e con la voce rauca, dalle mille volte che nella sua vita ha dovuto urlare.
"Sto bene, coach. Non si preoccupi", gli rispondo cortesemente.
"Non mi sembra, Evans. Prima John ti ha tirato la palla, e tu neanche l'hai vista passare.
Che ti prende?"
Non è che non l'ho vista, ero solo perso nei miei pensieri per un secondo.
"Ero distratto, mi dispiace coach. Non ricapiterà più", provo a concludere facendo per andarmene, per mettere fine alla conversazione.
Ma lui ricomincia a parlare, e non posso fare altro che fermarmi.
"Non così in fretta ragazzo.
Non sei mai stato così fuori con la testa.
C'è qualche problema? Qualcosa non va?", chiede guardandomi come un nonno preoccupato guarda suo nipote.
Ma io di certo non ho voglia di stare qui a discutere dei miei problemi personali con il mio allenatore, quindi cerco di mantenere la calma.
"Non è nulla, davvero, posso garantirglielo.
Ora, se non le dispiace, vado a farmi una doccia", gli dico cordialmente.
Raccolgo il mio casco da terra e me lo metto sotto il braccio, avviandomi verso gli spogliatoi.
Riconosco però che il coach ha ragione, mi sento fuori di me in questi giorni.
Clay non mi ha fatto sapere nulla dello scontro che avremmo dovuto affrontare, e sono passate più di due settimane.
Ho paura che abbia coinvolto nocciolina nella faccenda, anche se gli avevo chiesto esplicitamente di non farlo, motivo per il quale lo avrebbe dovuto fare ancora di più.
Lei, d'altronde, non mi dice molto.
Dopo scuola passo sempre a prenderla per portarla a casa, ma è sempre un po' strana.
Spesso parla poco, e se ne sta molto sulle sue.
Quindi, anche se Clay l'avesse coinvolta, dubito che me lo avrebbe detto.
Ed ogni giorno che passa, in cui io sono qui e lei è lì da sola, non riesco a smettere di pensare a cosa stia facendo, a come stia.
Mi ha detto che quella scuola è un incubo, e che tutti la trattano come se fosse un oggetto da calpestare, cosa che mi fa infuriare ancora di più.
Eppure non posso fare nulla, perché non sono lì, e non posso obbligarla a tornare alla Signal, anche perché non so ancora se si fida di me.
Più che altro, non so ancora se mi crede, ma spero con tutto il cuore di si.
Vorrei che mi parlasse di come si sente, di cosa prova, invece non lo fa, e sta semplicemente zitta, perché ha paura che le possa fare del male di nuovo, quindi preferisce non aprirsi con me.
E io, dal mio canto, non so come dimostrarle che si sbaglia.
Quindi per adesso posso solo starle vicino, anche se a scuola sono sempre distratto, perché non riesco a smettere di pensare a lei.
Quando arrivo nello spogliatoio, mi faccio una doccia veloce, mi cambio, ed esco nel parcheggio, per cercare la mia macchina.
Prima di salire però, vengo interrotto.
"Chi si rivede!"
Clay mi viene incontro con un ghigno.
"Non ci speravo più. Che hai fatto tutti questi giorni?", gli chiedo evidentemente urtato, cercando di capire se ne abbia parlato con nocciolina.
"Stai tranquillo, amico, non l'ho coinvolta, se è questo che vuoi sapere. Perché diavolo ti preoccupi così tanto per lei?", chiede divertito, come se per lui fosse impossibile tenere così tanto ad una persona.
D'altronde, la cosa non mi sorprende più di tanto, si vede che è uno stronzo.
So che non dovrei giudicare, perché ero esattamente come lui solo poco più di un anno fa, ma sono cambiato e lo riconosco, ma solo grazie a nocciolina.
E per quanto mi stia sulle palle, per quanto lo odi, gli auguro di trovare una persona in grado di fargli mettere in discussione chi è pur di starle vicino.
Io non pensavo che l'avrei mai fatto eppure, in questo preciso instante, indipendentemente dai rapporti che ci sono tra di noi, sento che potrei davvero fare qualsiasi cosa per nocciolina pur di vederla sorridere.
E se me l'avessero detto un anno fa, li avrei presi per il culo.
"Allora perché sei qui? Vuoi ritirare la sfida? Faccio così tanta paura?", gli chiedo avvicinandomi a lui, per vedere che cosa scatenerà dentro di lui questa mia mossa.
Voglio capire se posso intimorirlo.
"Ti piacerebbe, eh?
Hai paura di perdere, Evans?"
"Sappi che non sono qui per ritirare la sfida,anzi. Visto che mi hai chiesto di non coinvolgere la tua ragazza, sono venuto di persona a dirti il luogo e il giorno dell'incontro"
Era ora, non aspettavo altro.
Ma lui non dice nulla, mi guarda soltanto, cosa che mi fa infuriare ancora di più.
Giuro che se non parla lo prendo a pugni qui, davanti a tutti, senza prendermi il disturbo di aspettare l'incontro.
"Quindi?", chiedo spazientito.
"Stasera, alle dieci, qui... ", dice porgendomi un pezzo di carta, con il nome di una via e un numero civico.
"Tutto qui?"
"Che c'è? Volevi un po' più di anticipo? Devi allenarti perché hai paura che perderai?"
"Ti piacerebbe,Miller.
Ci si vede stasera, allora", dico ponendo fine alla conversazione ed avviandomi verso la mia macchina a pochi passi da lì.
"Non ci sperare troppo, Evans. Sappiamo entrambi chi vincerà", urla quando ormai è lontano, e poi scoppia a ridere da solo, in mezzo al parcheggio come un matto.
Salgo in macchina e mi prendo un minuto per respirare e per cercare di calmarmi, chiudendo gli occhi.
All'idea di dover affrontare quella specie di essere umano, mi viene il nervoso.
E non perché ho paura di non poterlo battere, ma perché so che questa cosa non ha senso.
È arrabbiato perché ho picchiato il fratello, ma se tutti i fratelli dei ragazzi che ho picchiato dovessero ribellarsi, adesso sarei nella merda.
Lo faccio solo per nocciolina, e per assicurarmi che stia bene e che non venga perseguitata da quel pazzo.
Quindi accendo il motore, e mi avvio verso la North High School.
Quando arrivo, vedo che non c'è nessuno, e lei è là fuori da sola ad aspettarmi.
Quando mi vede, si avvia velocemente verso la mia macchina ed apre la portiera.
"Ciao", sussurra, appena si è sistemata sul sedile del passeggero.
"Come è andata?", le chiedo tranquillamente, riaccendendo il motore e immettendomi nella strada alla mia sinistra.
"Bene... ", dice piano, lo sguardo rivolto verso il finestrino.
"Davvero?"
Non voglio stressarla, voglio solo cercare di capire se sta davvero bene, perché quando fa così significa che non vuole farti preoccupare troppo, quindi ti dice che sta bene, anche se non è così.
A quella mia domanda, si gira e mi guarda, anche se non capisco bene che cosa stia cercando di fare.
"Perché mi stai fissando?", le chiedo con fare scherzoso.
Voglio vederla ridere sinceramente, e per fortuna abbozza un sorriso.
"Perché mi hai fatto quella domanda?", chiede leggermente curiosa.
"Quale?
Quella in cui ti chiedevo se eri sincera?"
"Pensi che non lo sia?", dice, anche se non la percepisco come un accusa, ma più come una semplice curiosità.
"Stai rispondendo alle mie domande", ribatte ridendo, e gli occhi gli si allungano dolcemente in seguito a quel gesto.
"Guarda che hai iniziato tu. E poi rispondi alla mia domanda"
"Onestamente, non so che pensare.
Ultimamente non parliamo molto, ma vorrei sapere come stai, che ti passa per quella testolina. Perché non me lo vuoi dire se qualcosa non va?", chiedo, girandomi di tanto in tanto verso di lei, per vedere che espressione abbia, ma sembra contraddetta.
"Non è che non te lo voglio dire, Tyler. Se c'è qualcuno a cui vorrei dirlo, quello sei tu, e lo sai meglio di me. Sto solo cercando di capire se sia giusto. Intendo, sto solo cercando di capire se posso farlo. Se posso fidarmi di te", dice abbassando la voce, come se quello che sta dicendo sia un peccato.
Non nascondo che sentire queste parole fa male, ma me lo aspettavo, quindi non sono del tutto impreparato.
"Se ti dico che puoi fidarti cambia qualcosa?", domando speranzoso.
Lei sorride a quell'affermazione, e non posso fare altro che sorridere anche io.
Davvero, mi sento così strano in questo momento. Potrei davvero fermarmi qui, in mezzo alla strada, abbracciarla e stringerla forte fino a non farla respirare più.
Beh, magari non fino a farla respirare più, altrimenti non potrei vedere tutti i giorni l'unico sorriso che mi da la forza di andare avanti.
"No, non direi, ma apprezzo il gesto", risponde scherzando.
"Quindi, questa scuola come è andata?"
"Beh, ecco...
Ricordi Hailee ed Anne, di cui ti avevo parlato? Sono due ragazze davvero simpatiche, e cerco di passare con loro più tempo possibile, ma a scuola non smettono mai di ricordartelo. Sai, è come se ti giudicassero in base alle persone con cui stai, invece che per come sei tu, perché alla fine non ci provano neanche a conoscerti, ma si fermano tutti alle apparenze.
È come un libro. Non dico che si fermino subito alla copertina ma, anche leggendo i primi capitoli, danno per scontato molte cose, come se davvero pensassero di conoscerti da una vita, e questa cosa mi fa infuriare"
"Che cosa?"
"Mi da fastidio che la gente, quando mi guarda, pensi di sapere già che cosa ho vissuto, come mi sento, che cosa provo.
Non hanno il diritto di giudicarmi e so che me ne dovrei fregare, ma alla fine non ci riesco mai."
E per quanto riguarda Clay....
Beh, diciamo che non siamo in grandi rapporti. Io cerco di evitarlo, sia lui che la sua ex ragazza, che non fa altro che rendere la mia vita peggio di quello che già è, ma non è così facile... "
Mi ritrovo pienamente nelle parole che usa.
Prima di incontrarla mi comportavo da stronzo si, ma non ero stupido.
Lo vedevo come la gente mi trattava, come le persone mi guardavano.
Quando mi vedevano, cercavano tutti di giustificare il mio comportamento.
Pensavano di sapere già perché mi comportassi così ma, quando si trattava di scendere nei dettagli, si tiravano tutti indietro.
Perché loro giudicavano, ma non si chiedevano mai quali fossero i veri motivi per cui fossi così.
La prima a chiederselo è stata nocciolina, e non a caso adesso è qui, accanto a me.
"Cosa vuoi fare?", le chiedo.
"Non credo ci sia molto da fare, Tyler, devo solo imparare a fregamene"
"Comunque,Clay non ti ha fatto sapere più nulla dell'incontro?", chiede innocentemente, sperando in una risposta.
Distolgo lo sguardo dal suo, perché non voglio mentirle guadandola negli occhi, ma a quanto pare mi capisce al volo.
"Perché non puoi dirmelo, Tyler? Voglio solo starti vicino", dice cauta, cercando il mio sguardo.
"Non è questo il modo migliore per farlo, nocciolina. Non voglio che tu entri a far parte di queste cose, è meglio di no", rispondo con tono deciso, per farle capire che deve mollare la presa.
"Ma... "
"È tutto a posto, okay? Tu non preoccuparti per me, starò bene. Ci vediamo domani", la saluto, sperando che si arrenda.
Non voglio che se ne vada, soprattutto sapendo che non potrò sapere quello che starà facendo, come si sentirà, ma se voglio davvero che questa cosa funzioni e che lei ne rimanga fuori, questa è l'unica soluzione.
Decide di lasciar perdere ed apre la portiera della macchina, una volta arrivati davanti casa sua.
"Grazie per il passaggio.
A domani", dice con voce abbattuta, per poi rifugiarsi in casa.
Vederla così mi fa sentire solo peggio, ma devo continuare a ripetermi che lo sto facendo per il suo bene.
Devo davvero pensare a concentrarmi per stasera, perché nonostante tutto, se dovessi perdere potrei perdere lei, e non è più un'opzione plausibile nella mia vita.
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