1. Un nuovo inizio

Il mio primo ricordo quando mi sveglio è quella notte ad Altlanta, dove tutto è cambiato.

Pensavo in meglio, ma il peggio doveva ancora arrivare.

Sento continuamente nel petto una strana sensazione, come se mi trovassi sempre in imbarazzo, come se non dovessi essere qui.

È come se mi sentissi fuori dal mondo.

Fino a qualche tempo fa, ero davvero convinta di essere in grado di decifrare i sentimenti di una persona, ma evidentemente mi sbagliavo di grosso.

Anzi, credevo davvero di poter riuscire a superare questo peso che mi ha schiacciato per anni, e sentivo che Tyler era la persona giusta con cui farlo.

Ma a quanto pare lo sentivo solo io.

Come quando siamo talmente felici perché è finita la scuola, ma subito due ore dopo ci ricordiamo che abbiamo un sacco di cose da studiare per le vacanze, quindi la felicità se ne va subito, seguita dalla tristezza.

È esattamente come mi sento io adesso, solo per motivi un po' più seri.

Quando ero con Tyler, ero felice, e sentivo che non mi mancava nulla.

Ma la felicità è durata poco, perché ha tradito la mia fiducia.
Più che altro, mi ha rovinata.

Avrei preferito che mi dicesse in faccia che non gli importava nulla di me.
Avrebbe fatto male si, ma tanto è così comunque, e almeno in quel caso non sarei stata costretta a prendere decisioni drastiche.

Probabilmente la mia famiglia non lo sarebbe mai venuto a sapere, e forse sarebbe stato meglio così, con il senno di poi.

Mi alzo lentamente da quello che è stato il mio letto negli ultimi tre mesi.

Mio padre credeva che non saremmo mai voluti venire a vivere da lui, per ragioni abbastanza ovvie, quindi non ha fatto fare nessuna stanza per noi, e ho dormito in quella degli ospiti.

Mia madre, invece, ha stranamente insistito che passassi l'estate qui, perché ero fuori città, fuori da tutte le mie preoccupazioni, e avrei potuto schiarirmi le idee.

In realtà, lei volevo mandarmi da uno psicologo, ma io sapevo che non sarebbe servito a nulla, così le ho proposto di mandarmi da papà per l'estate per distrarmi un po', e ha acconsentivo senza fare storie.

Comunque, la cosa ha avuto l'effetto opposto.
Qui ero talmente annoiata che ogni singolo giorno non facevo altro che pensare a Tyler e a quello che mi ero lasciata alle spalle.

E ogni giorno faceva male di più.

Mio padre si è offerto di portarmi personalmente nella nuova scuola oggi, che si trova nel centro di Denver.

Questo pomeriggio dovrò riportare le mie cose a casa di mia mamma, e so già che tutto mi ripiomberà addosso.

Ho visto Jordy e Marty solo poche volte quest'estate, e mi mancano.

"Sei pronta, Ele?", urla mio padre dal piano di sotto.

Finisco di allacciarmi le scarpe e, dopo aver preso il mio zaino, scendo in fretta le scale.

Pochi minuti dopo siamo in macchina, diretti verso la North High School.

Durante il lungo tragitto, non posso far altro che pensare al primo giorno di scuola dello scorso anno, dove è iniziato tutto, e dove è anche finito.

La scelta di cambiare scuola l'ho presa io di mia spontanea volontà, nonostante mia madre mi abbia detto di pensarci bene.

Non avrei potuto sopportare gli sguardi compassionevoli degli alunni tutti i santi giorni.

Non vedo Susan da quel giorno.

Quando sono corsa via, l'ho vista in corridoio che mi guardava, ma non mi sono fermata, e non l'ho neanche guardata negli occhi.

Non volevo scoprire che cosa pensasse di me perché, in fondo, lo sapevo già.

Era quello che pensavano tutti.

Quest'estate è stata una delle più brutte della mia vita, perché mi sono sentita tremendamente sola.

Tyler non c'era, Jordy non c'era, Susan non c'era.
Ancora una volta, con me non c'era nessuno.

Prima di incontrare Tyler ci ero abituata, e ormai non ci facevo più tanto caso.
Ma adesso, dopo aver trascorso i mesi più belli della mia vita con lui, ci faccio caso e come, ancora di più di prima.

E poi, dopo aver spiegato ai miei genitori la situazione, non mi mollano più.
Mi stanno sempre col fiato sul collo, ed è davvero stancante.

Dovrebbe farmi piacere dopo tutto questo tempo in cui non ci sono stati, ma è solo snervante.

Più che altro, è snervante sapere che lo fanno soltanto perché sanno cosa mi è successo.

È sempre così con loro: non fanno mai qualcosa perché lo vogliono.
Non lo fanno perché mi amano, ma perché si sentono in colpa.

Ed è più questo che fa male, che sapere che non gliene importa nulla.

Dopo un'ora e mezza di viaggio, in cui non posso far altro che pensare a tutto questo, finalmente arriviamo.

La scuola all'esterno sembra la classica scuola americana.
L'edificio, anche dall'esterno, mostra chiaramente che è diviso in due piani, e riesco anche a intravedere una piccola stanza con le finestre aperte, da cui escono molto scaffali ripieni di libri.
Alla fine, qui a Denver sono tutte uguali.
Sia dentro che fuori.

"Tesoro stai tranquilla, andrà tutto bene.
E cerca di farti degli amici", mi dice mio padre con tono dolce.

Se non fosse mio padre, potrei anche prenderlo a botte qui.

"Grazie papà", lo ringrazio, ed esco dalla macchina.

Mi incammino verso l'entrata e, dopo aver aperto la porta, mi ritrovo in corridoio.
È deserto, perché le lezioni sono già iniziate.

Per fortuna alla prima ora non ho corsi, perché devo incontrare la preside, che spero mi spieghi come funziona qui.

Una ragazza giovane e sorridente, in gonna e camicetta, mi viene incontro.
"Signorina Cassidy?", mi chiede in tono formale.

"Si"

"Perfetto, io sono la segretaria della preside Bower, seguimi", mi dice con un sorriso raggiante.
Vorrei avere la metà della sua felicità.

La seguo fino in fondo al corridoio, dove mi apre una porta e mi fa entrare.
Seduta davanti ad una scrivania, c'è la preside che, appena mi vede, si toglie gli occhiali e si alza porgendomi la mano.

"Preside Bower", mi dice cordialmente.

"Ele Cassidy", rispondo, un po' intimidita.

Mi fa cenno di sedermi ed io mi accomodo sulla sedia davanti a me.

"Allora, questo dovrebbe essere il suo ultimo anno?", mi chiede leggendo un foglio davanti a lei.

"Si, signora."

"Hai preferenze sui tuoi compagni di classe?
Conosci qualcuno qui?", domanda, lanciandomi un'occhiata da sopra il foglio.

"No, nessuno. Mi va bene qualsiasi classe", dico un po' titubante.
Perché questa domanda sui compagni di classe?

"Allora, cara, se posso permettermi, perché questa decisione di cambiare scuola nell'ultimo anno?", mi chiede, posando piano il foglio sulla scrivania e guardandomi negli occhi.

"Mi sono appena trasferita con mio padre qui vicino.
È più per una questione di comodità", mento spudoratamente, senza neanche prendermi il disturbo di distogliere lo sguardo.

Dovrò passare tutto l'anno qui, non voglio dare segni di debolezze.
Tanto non servono a nulla.

La preside si avvicina piano a me, come per dirmi qualcosa di segreto, e all'inizio sospetto che sappia il vero motivo per cui sono qui.

"Qui gli studenti sono un po'... esuberanti.
Sai, non si fanno molti problemi.
Ma non farti intimorire da alcuni di loro, soprattutto tra i maschi, sono quasi sicura che non ti faranno nulla", mi dice con un sorriso di incoraggiamento.

Esuberanti?
Quasi?

La segretaria, che si chiama Nelsy, mi accompagna gentilente all'uscita, appena in tempo per il suono della campanella.

La mia prima lezione è biologia, e spero davvero che almeno i professori qui siano bravi come quelli della Signal.

Dopo qualche minuto in cui cerco la classe, la trovo ed entro, quando noto che la lezione è già cominciata.

Appena metto piede nell'aula, tutti si girano a guardarmi.

Il professore per fortuna interrompe sin da subito una situazione che poteva diventare davvero imbarazzante.
"Tu devi essere la Signorina Cassidy", dice con un sorriso, facendomi cenno di avvicinarmi e di presentarmi alla classe.

Faccio qualche passo, giusto per non essere scortese, e mi giro verso i presenti.

"Mi chiamo Ele Cassidy, ho diciassette anni e sono dell'ultimo anno. Piacere di conoscervi", dico guardando a terra.
So che la cosa è imbarazzante, ma non mi importa.
Non ho comunque progettato di legare con nessuno qui.

"Siamo qui, piccola", sento dire da una voce maschile davanti a me.

Alzo la testa e vedo che è stato un ragazzo a parlare.
Ha lo sguardo divertito ma allo stesso tempo intrigato, due grandi occhi nocciola e un sacco di neri e folti capelli ricci sulla testa.

A quell'esclamazione da parte sua, noto che tutte le ragazze si girano improvvisamente a guardarmi come se fossi il nemico.

Credo già di aver capito come funziona qui, e non voglio assolutamente far parte di questo sistema gerarchico.
Alla Signal non mi ha portato nulla di buono.

Il resto dei ragazzi, invece, mi guardano come se fossi una preda da conquistare.

Non mi importa più di tanto, comunque, voglio evitare qualsiasi essere umano in questa scuola.

Il professore annuisce poco convinto dal mio discorso e io vado a sedermi a testa bassa nell'unico banco libero della classe.

Dopo qualche ora sono di nuovo nel corridoio, che questa volta è pieno di ragazzi, che si avviano verso la mensa.
Recupero il pezzo di carta che mi ha dato Nelsy stamattina con il numero del mio armadietto e il codice e mi avvio alla ricerca.

Devo dire che per adesso i professori sono bravi.
Nelle ore successive ho avuto storia e filosofia, e mi sono sembrati entrambi in gamba.

Il professor Beckham era molto bravo, ma come primo giorno di scuola non posso lam...  

"Ciao", sento dire alla mia destra, e mi giro di scatto, sorpresa.

Il ragazzo riccio di prima è appoggiato agli armadietti accanto ai miei.
Ed è troppo vicino.

Faccio lentamente qualche passo indietro, senza che lui se ne accorga.
È vero che non voglio farmi particolari amici, ma neanche nemici dal primo giorno di scuola.

"Ciao", rispondo, mentre poso le mie cose nell'armadietto.

"Sono Clayton Miller", mi dice, porgendomi la mano.

"E quindi?", vorrei rispondere.

"Piacere", rispondo invece, non accennando a muovermi verso di lui.

"Ti accompagno a mensa", afferma, quasi più come un ordine che come una richiesta.

"Perché?", gli chiedo guardandolo negli occhi e chiudendo il mio armadietto.

"Perché sei nuova e non sai ancora come funziona qui."

"Come funziona?", domando curiosa.

Spero che non abbia a che fare con gli studenti "esuberanti" di cui mi parlava la preside.

"Lo scoprirai", mi dice, con un sorrisetto arrogante sul volto.

Innanzitutto, grazie per essere ancora qui con me, a sclerare sulle stupide scelte di Ele.

Vogli avvertirvi del fatto che nei capitoli di qui a venire ci saranno molti "indizi", che potrebbero farvi capire anche troppo sulla realtà della storia, quindi state attenti!
Detto questo, buona lettura.

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