48. Riunione di famiglia
Mi sveglio piano piano e, sto per alzarmi, quando mi blocco.
Sento una presenza accanto a me, e mi torna in mente la sera prima, quando non riuscivo a dormire e sono venuta in camera di Tyler.
Io e lui siamo nella stessa posizione in cui ci siamo addormentati ieri.
Sono felice di averlo fatto, perché è stata la notte più bella della mia vita.
Tyler mi fa sentire protetta, al sicuro, mi fa sentire a casa.
E mi fa sentire amata come nessuno fa.
Quando sto con lui sento che ho tutto, che niente può più farmi del male.
Un anno fa, pensavo che non sarei mai stata in grado di dormire una notte da sola con un ragazzo.
Ma un anno fa pensavo un sacco di cose, come che non sarei stata mai in grado di amare, eppure eccomi qui, in un altro stato per stare accanto al ragazzo che amo.
Tyler apre gli occhi piano e, quando mi vede, gli spunta un sorriso sul volto.
"Sei ancora qui", sussurra.
"Dove dovrei essere?", gli chiedo.
"Lontano da me", dice tristemente.
"Non più"
"Ma dovresti"
"No invece, non dovrei. Come sarebbe stato per te venire qui e affrontare tutto da solo?"
Ci pensa un po', e poi risponde.
"Non ce l'avrei fatta."
Nei miei occhi legge la conferma che sono sincera e mi sorride.
"Grazie, nocciolina. Di tutto"
Oh, non è lui che deve ringraziare me, ma io che devo ringraziare lui.
Perché egoisticamente sapevo che come per lui sarebbe stato difficile venire qui da solo, per me sarebbe stato difficile rimanere senza lui, con il pensiero di quello che stava affrontando.
Visto che ci siamo svegliati tardi, abbiamo deciso di passare il resto della mattinata a casa e andare a dire addio alla signora May questo pomeriggio.
Abbiamo il volo domattina tardi, quindi passeremo qui un'altra notte.
Da quando mi sono svegliata accanto a Tyler, non riesco a smettere di pensare che dovrei dirgli la verità, perché sento che è il momento giusto.
So che adesso mi capirebbe più di chiunque altro, ma ho paura.
Ho paura che mi guarderà in modo diverso, mi guarderà con compassione, e io non voglio che provi compassione per me.
Ho paura che si tirerà indietro, che si allontanerà da me, che avrà paura anche di toccarmi, per non ferirmi.
E io non voglio più che sia così.
Non dopo questa notte.
Questa notte ho capito che con Tyler posso aprirmi, che non devo aver paura di lui e quello che potrebbe farmi, e dentro di me sento che è un grande traguardo.
Tyler è la mia eccezione.
Eppure, non riesco a smettere di pensare a come reagirà...
Forse si arrabbierà per non averglielo detto prima.
Ma io so che prima non era il momento, non mi sentivo pronta.
Ma adesso si, perché so che Tyler mi ama, e mi ha dimostrato che posso fidarmi di lui.
Ma no, probabilmente capirà perché non gliel'ho detto.
Deve essere per forza così.
Per pranzo decidiamo di rimanere a casa, tanto abbiamo capito che Atlanta non è il massimo per il cibo.
"Questa volta cucino io!", esclamo scendendo le scale, seguita da Tyler.
"Va bene, allora, così potrai decidere chi dei due cucina meglio", esclama ridendo, ma non faccio in tempo a scendere ultimo gradino, che mi sento afferrare da dietro.
Mi prende in braccio e mi fa girare per tutta la stanza, accompagnata dalle mie grida disperate.
"Mettimi giù!", strillo, ma lui non sembra ascoltarmi.
"Tyler!", riprovo, dandogli delle pacche sulla schiena per farmi mollare.
Mi mette giù, e mi ci vuole un secondo per riprendere fiato.
"Ma sei impazzito? Perché l'hai fatto?", esclamo ridendo, mettendomi una mano sul cuore per ascoltare il battito accelerato.
"Non lo so, mi andava. Sei troppo leggera, nocciolina, andiamo a mangiare", dice tranquillamente, con un gran sorriso.
"Ti avveleno le polpette", ribatto guardandolo, e lui si gira verso di me offeso.
"Non lo faresti mai", dice sedendosi davanti al tavolo, aspettando il pranzo come un marito di famiglia aspetta che la moglie gli prepari il pranzo.
"Sei troppo sicuro di te, Evans", urlo dalla cucina, e quando lo sento ridere, mi si scalda il cuore.
Verso l'una siamo di nuovo a tavola, e Tyler sta assaggiando il mio piatto.
Ho deciso di fare la pasta, perché è semplice, buona e...
Beh, una delle poche cose che so fare.
Anche se, mentre la facevo, ero talmente immersa nei miei pensieri che ho dimenticato di mett...
"Ce l'hai messo il sale, nocciolina?", chiede con un sorriso.
"No, in realtà... ecco, l'ho dimenticato", dico ridendo.
Assume un'espressione pensierosa per un po', e poi dice:
"Mi dispiace, ma direi che a questo punto non ci sono dubbi su chi ha vinto..."
Fa muovere le mani sul tavolino davanti a noi in segno di suspense, mentre un gran sorriso si apre sul suo volto.
"Okay, okay, ho capito, hai vin... "
"Complimenti, nocciolina!", urla alzandosi in piedi e venendomi ad abbracciare.
Mi stringe così forte che quasi non riesco a respirare, e non capisco da dove venga tutta questa felicità.
Quando ci stacchiamo gli chiedo:
"Perché sei così felice oggi?"
"Svegliarmi con te al mio fianco mi fa un bel l'effetto", dice sorridendo.
"Beh, comunque non sei leale.
È ovvio che dovevi vincere tu!"
"Non cambiare argomento", mi dice con un'espressione tenera sul volto.
Come si fa a non amarlo?
Verso le sei siamo di nuovo sulla strada per l'ospedale, tanto abbiamo capito che se andiamo prima è tutto inutile.
Di solito l'orario di visita dura un'ora, ma ieri, tra lo scontro con Dan, il fratello di Tyler, e le altre cose, abbiamo avuto solo cinque minuti.
Oggi è l'ultimo giorno che siamo qui, e Tyler vuole salutare la madre come si deve.
Entriamo nel grande edificio anche cinque minuti prima che inizi l'orario di visita, e aspettiamo nella sala d'attesa.
Stranamente, c'è sempre la stessa signora di ieri, che appena mi vede, mi saluta.
Mi incammino verso di lei.
"Signora, mi dispiace davvero per quello che è successo ieri", mi scuso, cercando di sembrare il più sincera possibile.
"Non preoccuparti cara, siamo abituati a questo genere di cose. Chi viene qui di solito è sempre nervoso, non è un problema.
È il tuo ragazzo?", mi chiede dolcemente, lanciando un'occhiata a Tyler, seduto su una delle sedie d'attesa, che si guarda intorno.
"Si", gli rispondo educatamente.
"Cosa fanno qui due giovani innamorati con voi, in un posto così triste?", domanda curiosa, con l'espressione di una nonna che guarda suo nipote crescere.
"Sua madre è malata, la donna nella stanza 412. Siamo venuti a dirle addio"
"Capisco. Mi dispiace, cara.
Comunque, ora potete vederla."
La ringrazio cortesemente e dico a Tyler che possiamo andare.
Ci avviamo verso la stanza 412 ed entriamo piano, sempre bussando.
Ma quando entriamo, non siamo i soli che sono venuti a trovare la signora May.
Dan è seduto a braccia conserte su una delle poltrone vicino al letto di ospedale.
Tyler si ferma in mezzo alla stanza, e io non so che fare.
L'ultima volta che si è trovato davanti il fratello l'ha preso a pugni, ma non credo che voglia rifarlo davanti alla madre.
La signora May, che da quanto mi ha detto Tyler è un'abbreviazione di Maggie, si accorge che c'è qualcosa che non va, e chiede innocentemente:
"Che succede,ragazzi?
Non siete contenti di rivedervi?"
Certo, felici come due bambini a Natale.
"Nulla, mamma.
Tyler è solo sorpreso di vedermi", dice Dan con aria di sfida.
"Andiamo, sono malata, ma non stupida.
Che avete che non va?", riprova, stavolta più preoccupata.
"Nulla. È la verità, sono solo sorpreso di vederlo qui", risponde Tyler, guardando fisso negli occhi il fratello.
Capisco perché abbia voluto tralasciare la parte in cui ha picchiato il fratello, che mi aveva chiamata in modi poco carini.
La madre sta per morire, non ha bisogno di altre preoccupazioni al momento.
Ma ci stupisce tutti, a quanto pare.
"Mi hanno riferito cosa è successo in corridoio, ragazzi. Stavo solo aspettando che uno di voi due si degnasse di dirmi la verità", ribatte con tono di rimprovero.
Tyler e Dan si guardano tra il preoccupato e l'arrabbiato, ed io quasi trattengo una risata per la spavalderia di questa donna che, nonostante sia purtroppo in fin di vita, riesce a stupire ed a imbrogliare i due figli ventenni.
Mi piace troppo questa donna.
Il primo a parlare è Dan, che cerca di trovare una scusa per giustificarsi, ma May lo interrompe quasi subito.
"Non so il motivo per cui vi siete picchiati e si, mi dispiace.
Ma qualunque problema ci sia tra di voi, non rendetemi partecipe, per favore.
Non voglio morire con il ricordo degli unici figli che mi rimangono che litigano", dice tristemente, soprattutto verso l'ultima parte.
Dan e Tyler si guardano e decidono di andare a parlarne fuori, e qualche secondo dopo escono dalla stanza.
Faccio per andarmene anche io, perché non mi sembra il caso di restare lì, ma mi ferma.
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