4. Un compagno difficile

Mi avvio verso l'aula di inglese dopo aver salutato Susan, con gli occhi ancora rossi e gonfi e il cuore a mille.

In questi tre anni mi sono sempre tenuta alla larga da tutti a scuola, soprattutto da Tyler e quelli come lui.

Però non vorrei essere fraintesa.
Le persone intorno a me credono che io mi tenga alla larga soltanto perché mi piace stare da sola.
Ma diciamoci la verità, a chi piace la solitudine?

Credo che a volte sia solo una scusa che raccontiamo a noi stessi per non dover guardare in faccia la realtà: che ci piaccia o meno, siamo comunque soli.

Perché mi sarebbe piaciuto davvero poter avere molti amici su cui contare, poter uscire senza paura, e poter vivere la mia vita da tranquilla adolescente.

Ma purtroppo non sempre quello che vogliamo fare e quello che dobbiamo fare coincidono.

E io sento che devo farlo, perché so bene che per me sarebbe impossibile una cosa del genere.

Non riuscirei mai a fare tutte quelle tranquille azioni che gli adolescenti come me, intorno a me, fanno con così tanta tranquillità, molto spesso dandole anche per scontato.

Eppure, ho il presentimento che quest'anno, tenermi alla larga da queste persone, mi sarà  stranamente difficile.

Sono ancora immersa nei miei pensieri, quando vado a sbattere contro qualcuno.

Faccio lentamente qualche passo indietro per non essere troppo vicina alla persona davanti a me e per non sembrare scortese, chiunque essa sia.

Alzo lo sguardo e incontro due occhi nocciola che mi sorridono.
È Paul.

Ho sempre notato che era un bel ragazzo, con i capelli biondi che gli danno l'aspetto di un ragazzo davvero per bene e gli occhi che trasmettono sicurezza e felicità.

"Mi sembri cresciuta quest'estate, Ele.
Sarà forse una mia impressione?"scherza Paul, ma non me la prendo, perché so che non lo dice come un' offesa.

"Anche tu mi sembri in forma, hai messo su qualche muscolo?"

"È il quarto anno, finalmente posso andarmene al college. Mi sono preso qualche libertà per me stesso", commenta, sorridendo.

Paul è un anno più grande di me, ma mi trovo molto bene con lui, ed è l'unico amico maschio che ho, a parte Jordy, se si può definire tale.

Non so perché, ma mi da la sensazione di quel tipo di ragazzo che non farebbe del male nemmeno ad una mosca e, anche se così non fosse, ci incontriamo comunque solo a scuola, nulla di più, quindi non devo preoccuparmene più di tanto.

Infatti, mi dispiace che il prossimo anno se ne vada, ma da una parte sono contenta per lui.

"Direi che ci sei riuscito", dico, e mi avvio verso il mio banco. 
Lui mi segue e si siede vicino a me.

"Poco fa ho visto cosa è successo nei corridoi, stai bene?
Evans è uno stronzo" dice Paul, con un tono vagamente preoccupato e arrabbiato.

"Tranquillo biondino, me lo dicono in tanti",commenta una voce schiva alle mie spalle.

Mi giro di scatto e vedo Tyler appoggiato allo stipite della porta, che ci guarda sogghignando, e mi si prende un colpo.

"Non mi fai paura", dice Paul alzandosi in piedi e andandogli incontro.
Tutte le persone in classe ci stanno guardando.
Stiamo di nuovo dando spettacolo soltanto il primo giorno di scuola, non ce la faccio già  più.
Mi alzo e vado incontro a Paul.

"Non ne vale la pena, sediamoci", gli dico, sperando che mi ascolti e che si sieda senza peggiorare la situazione.

Poi guardo Tyler per vedere come reagirà, quegli occhi verdi e freddi, e comincio a sentirmi strana, quindi distolgo subito lo sguardo.

Perché lo scorso anno non avevo mai notato quegli occhi?
Ah giusto, perché non l'avevo mai guardato in faccia, sempre a pensare a come scappare dal mondo.

"Ascolta la nocciolina, sembra che dispensi ottimi consigli", aggiunge Tyler, per poi andarsi a sedere nel banco affianco a me.

Il professore entra in classe e comincia la lezione, ma io non riesco a prestare molta attenzione.

A volte mi sembra che mi stia guardando,
ma non voglio girarmi e controllare,
non voglio dargli questa soddisfazione.

E mi maledico perché sto pensando queste cose, perché so bene che non gliene frega nulla di me,
sono solo una distrazione da quello che gli passa per la testa, qualunque cosa sia.

Finalmente la lezione finisce e io mi alzo di scatto, per andarmene subito da quella situazione.
Saluto Paul e mi avvio alla lezione di storia.

Qualche ora dopo, a mensa tutti mi guardano, ed è davvero imbarazzante.

Mi sono seduta ad un normalissimo tavolo con Susan, come sempre d'altronde, ma sembra che sia appena caduta in una pozzanghera.

A volte dei ragazzi ci passano vicino e sussurrano frasi idiote per poi andarsi a sedere ai loro posti.

"Come è andata la prima lezione nella nuova classe?",mi chiede Susan per spezzare il silenzio, mentre si guarda intorno e cerca di evitare gli sguardi indiscreti dei presenti intorno a noi.

"Bene, il professore è molto bravo e la lezione è stata davvero interessante...", osservo con tono distratto.
Vorrei salire su questo tavolo e gridare a chiunque mi stia guardando di farsi gli affari suoi.
Non ce l'hanno loro una vita?

"Ah si, e di cosa avete parlato?",continua, sapendo bene che non ho ascoltato una singola parola.

Alzo la testa e le tiro una patatina nel piatto.

"Inglese è ufficialmente la materia che odio di più",dico infine, guardandola negli occhi.

"Odi inglese o un tuo certo compagno di corso ?", domanda con un sorrisetto impertinente sul volto.

"In realtà Paul è molto simpatico, e mi trovo davvero bene con lui", commento, cercando di sviare il discorso, anche se so che non stiamo parlando di lui.

"Andiamo, sappiamo tutte e due che stiamo parlando di Tyler!" urla, con un po' troppa voce.
Quanto si rende conto di quello che ha fatto, si fa piccola piccola, e si mette una mano sulla bocca, mortificata.

Tutta la mensa si zittisce e si girano tutti verso di noi, compreso Tyler e il suo gruppo di amici del football.
Perché ovviamente lui gioca a football, altrimenti non potrebbe avere quella pienezza di sé che si ritrova.

Purtroppo alzo lo sguardo, e capisco che sta venendo verso il mio tavolo. Vorrei tanto sotterrarmi, ma non ho una via di scampo.

"Sempre a parlare di me, nocciolina?", mi dice, con un gran sorriso malizioso.

"Misa proprio che questa mattina ti ho illusa un po' troppo", continua , "mi pare ovvio che non mi metterei mai con una come te".

Non è tanto il fatto che mi stia intimorendo che mi da fastidio, ma più il fatto che abbia detto "una come me".

Che diavolo ho che non va?
Sono forse inferiore a lui per qualcosa?
Semmai, sarà il contrario.
Quindi non ha il diritto di giudicarmi.

Io non alzo gli occhi dal mio piatto.
Un po' perché ho paura, anche se non so bene di cosa, e un po' perché non voglio sentirmi strana di nuovo guardando quegli occhi.

"Ele... rispondi...", cerca di chiamarmi Susan, ma io non la sento davvero.
Vorrei alzarmi, ma mi tiene incollata alla sedia con il suo sguardo.

A un certo punto si allontana inspiegabilmente, come se si fosse appena svegliato da un incubo, e mi lascia lì, a tremare per la paura, ma anche per la rabbia.
Bastava così poco per farmi lasciare in pace?

Mi alzo di scatto e me ne vado, lasciando Susan li, evidentemente perplessa.
Per fortuna le mie lezioni per oggi sono finite, così chiamo Jordy e mi faccio venire a prendere.



Il viaggio in macchina lo passiamo in silenzio, e solo quando arriviamo a casa, mi chiede:

"Allora sorellina, come è andato il primo giorno di scuola?"

Una meraviglia, fratellone.
Pensa che ho incontrato un ragazzo fantastico, che mi tratta come se fossi una principessa!
È eccitante, vero?

Non so cosa rispondergli, perché non voglio farlo preoccupare, quindi gli dico:
"È andato bene. I miei nuovi compagni sono simpatici e sono stata molto felice di rivedere Susan", dico con un sorriso enorme, e poi me ne filo in camera mia, sperando che se la sia bevuta.

È stato in assoluto il primo giorno di scuola più brutto della mia vita.
Quegli occhi mi mettono paura, mi mettono soggezione, ma non so davvero spiegarmi perché, mi infondono un senso di protezione, e mi resta soltanto da sperare che le cose migliorino.

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