26. Smettila di scappare
"Ieri mi ha fermata il professor Beckham", afferma Susan titubante, mentre si spalma qualcosa sulla faccia, e cerca il mio sguardo nello specchio davanti a se.
"E quindi?", domando fingendo indifferenza, sfogliando distrattamente le pagine del mio libro di filosofia.
"Mi ha detto del tuo improvviso 'sfogo', e del fatto che hai abbandonato la lezione poco dopo", dice, con il tono della voce dispiaciuto, come se provasse pena per la sua povera amica che non sta bene con il cervello.
"Poteva farsi gli affari suoi", ribatto scettica.
"Che ti succede, Ele?", domanda preoccupata.
"Non mi succede nulla, Sus, sto benone"
"È per tuo padre? Vuoi che ne parliamo? Non l'abbiamo mai fatto davvero, forse può farti stare meglio", chiede incerta, girandosi verso di me per cercare di capire che cosa provi in questo momento.
"Non è per lui, ti ho detto che non ho nulla"
"È per Tyler, allora? Ci sei rimasta così male che abbia invitato Bridget?", domanda ancora, e giuro che sto perdendo la pazienza.
So che cerca solo di aiutarmi, ma è tremendamente snervante.
"Non è per Tyler, Sus, non mi importa nulla di quello che fa, ci mancherebbe altro", affermo decisa, e chiudo di scatto il libro davanti a me; so che non riuscirei a studiare nulla in questo momento.
Annuisce poco convinta, ma per fortuna si arrende e torna a truccarsi davanti allo specchio.
"Vieni qui, ora tocca a te", dice entusiasta quando finisce, alzandosi dal pavimento su cui era seduta ed obbligandomi a sedermi.
"Ti prego fa in fretta, e non esagerare.
Non mi va neanche di andarci a questa stupida festa"
"Rapido e indolore, te lo assicuro", afferma ridendo.
"Comunque, perché hai accettato l'invito si Paul, se neanche ti va di andarci?", domanda curiosa.
"Non so... perché all'inizio volevo andarci, ma onestamente mi è passata la voglia. Paul è un ragazzo d'oro, davvero, e mi piace passare il tempo con lui, solo che... "
"Solo che non è Tyler", afferma, ridendo per quello che ha appena detto.
"Non è così, Sus, Tyler per me non è più nulla.
Si, ammetto che c'è stato un periodo in cui ho davvero creduto che potesse esserci qualcosa di 'serio', ed è stato un grandissimo errore. Preferisco non commetterlo di nuovo"
"Cosa ti ha fatto cambiare idea, allora?
Non mi sembra che lui con te si sia più comportato così male, anzi. Mi sembra che ti sia stato vicino, anche quando è successo quello che è successo con tuo padre.
Non vedo il problema, quindi", dice tranquillamente, come a voler dare a me la colpa.
"Beh, io il problema lo vedo, e questa è la cosa più importante", dico decisa, sperando che la smetta con tutte queste domande.
Il problema lo vedo e come, posso vederlo anche adesso, riflesso nello specchio proprio davanti a me.
Arriviamo sul campo con grande anticipo, e ci sediamo sugli spalti praticamente ancora vuoti, aspettando che la partita inizi.
Dopo la mezz'ora più lunga della mia vita, finalmente i megafoni cominciano a fischiare, e il solito noiosissimo rituale pre-partita comincia con la squadra delle cheerleader che entra in campo, svolgendo diligentemente la coreografia preparata per l'occasione.
Le squadre entrano successivamente in campo, e il fischio d'inizio da il via alla partita.
Questa volta, non siamo così fortunati.
Abbiamo perso alla grande, dieci punti sotto la squadra avversaria.
Ma, onestamente, mi guardo intorno e sembra non importare praticamente a nessuno.
Sembrano tutti super eccitati per la festa, tanto da dimenticarsi che hanno appena perso alla grande una partita.
Chissà come sta Tyler, se gli dispiace perché non hanno vinto.
Da quello che ho capito, ci tiene molto alla squadra ed ha un buon rapporto con i suoi compagni.
"Andiamo, Ele", urla Susan per sovrastare il brusio generale, e mi trascina per un braccio.
Quando usciamo dall'ingorgo creatosi, dice:
"Jax mi aspetta dentro, appena trovi Paul venite in palestra "
Quando se ne va, mi avvio all'ingresso della scuola: ieri Paul mi ha detto che ci saremmo incontrati qui a quest'ora.
Quando arrivò, però, non c'è nessuno.
Controllo sul telefono l'orario: è giusto.
Mi guardo intorno, cercando di capire se stia arrivando o meno.
Dopo cinque minuti decido di tornare dentro, perché sto morendo di freddo.
Mi giro e faccio una leggera corsa per raggiungere il portone principale più in fretta che posso per non passare altro tempo al freddo, ma vado a sbattere violentemente contro qualcuno.
"Scusa... ", dico, massaggiandomi la fronte per cercare di alleviare il dolore causato dalla botta.
Alzo lo sguardo, e mi rimangio immediatamente tutto quello che ho detto quando incontro due arroganti occhi verdi, che mi scrutano divertiti.
"Se continui a guardarti i piedi, scontrarti con me sarà l'ultimo dei tuoi problemi", commenta divertito, con le mani nelle tasche e i capelli neri a coprirgli la fronte.
Sarà alto trenta centimetri più di me, ma nonostante ciò, non mi fa paura, solo tremendamente fastidio.
"Non mi guardo i piedi", ribatto fissando lo sguardo nel suo, per dimostrare quello che ho detto.
A queste parole vedo passare qualcosa nei suoi occhi, un lampo di tristezza, e abbassa lo sguardo.
Non è neanche più così divertito, sembra solo... vuoto, triste.
"Sei bellissima stasera, nocciolina", dice con un sorriso quasi triste sul volto, come se sapesse, nel profondo, che le sue parole per me non conteranno nulla.
Eppure, nonostante quanto ci provi a far sì che sia così, per me contano e come.
Le sue parole mi fanno sentire amata ed apprezzata, e non nascondo che mi rendono felice, perché leggo sincerità nei suoi occhi.
Abbasso lo sguardo, non voglio dargli la soddisfazione di leggere nei miei occhi quanto le sue parole mi abbiano colpita.
Lo sorpasso e me ne vado quasi correndo, per non rimanere ancora un secondo di più con lui, con la continua paura di perdere l'ultimo briciolo di orgoglio che mi è rimasto.
"Scappare non può essere sempre la tua via di fuga dai problemi!", urla dietro di me.
Lo so, credimi, lo so bene.
Entro nel grande edificio quasi con il fiatone, e mi guardo un po' intorno per cercare di orientarmi.
Percorro il corridoio in fretta e mi avvio verso la palestra, allestita apposta per il "grande evento".
Quando entro, vedo che sono stati messi solo tavoli per due.
Altrimenti che senso avrebbe una festa per coppie.
In alto, dove dovrebbe essere attaccata la rete da pallavolo, sono stati appesi grandi cartelloni colorati, e intorno attaccati palloncini di tutti i tipi e di tutte le forme.
Sembra più il compleanno di un ragazzino che compie sette anni e ama l'arcobaleno.
Intravedo Paul seduto ad un tavolo da solo, e mi avvicino.
Quando mi vede arrivare, si alza di scatto, e i suoi occhi si illuminano.
"Sei bellissima Ele, davvero", dice sorridendomi.
Eppure, queste parole non scatenano in me lo stesso che hanno scatenato quando le ha pronunciate Tyler.
"Grazie, anche tu", rispondo e, in realtà, è la verità.
Indossa una semplicissima camicia bianca, lasciata intravedere dalla giacca nera che porta sulle spalle, in tinta con i suoi pantaloni neri.
Ci sediamo al tavolo e cominciamo a chiacchierare del più e del meno.
Non posso fare a meno di pensare se Paul dicesse davvero quando mi ha detto che sono bellissima.
Ci sono ragazze in questa palestra che rappresentano pienamente l'idea di bellezza.
Io in confronto sono una nocci...
Sono una nocciolina.
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