Capitolo 24
Ed ecco come un mese fa è andato via dalla mia vita, senza più telefonarmi, senza più farmi sentire la sua voce, senza più permettermi di vedere i suoi occhi e restare ancora a bocca aperta. E' andato via e basta, sparito nel nulla, insieme a tutto ciò che mi rendeva felice. Mi manca da morire, mi manca come l'aria e senza non riesco a respirare. Vorrei tornare indietro nel tempo, non innamorarmi di lui, continuare ad essere la solita Ran.
Solo Sonoko si è resa conto delle mie condizioni, solo a lei ho permesso di accorgersene. Quando la mattina vado a scuola, sorrido e scherzo come sempre, dico perfino a me stessa che finalmente sto meglio, che va tutto bene. In molti mi hanno chiesto di Shinichi ed io rispondo sempre che ci siamo lasciati perchè non andavamo d'acccordo, e poi dico che lui ha deciso di tornare in America.
Usagi mi ha detto chiaramente che non ci crede. Dice che Shinichi era troppo innamorato di me per andarsene senza un motivo vero e che io lo amavo alla follia per non aver sofferto. E, quando me lo dice, io non soffro, continuo a mentire a me stessa dicendo che sto bene, che mi è passato. Continuo così da circa un mese, giorno più giorno meno. Ma, quando la sera arrivo a casa, mi metto il pigiama e mi infilo sotto le coperte, le mie certezze crollano tutte in una volta.
Il silenzio mi costringe ad ascoltare il rumore che fa la mia anima e il dolore che ho dentro, il silenzio non mi permette di mentire a me stessa. E resto lì, a fissare il soffitto, con le lacrime che mi fanno compagnia e mi accarezzano il volto amaramente. Resto notti intere senza dormire, non posso fare altro, appena chiudo gli occhi rivedo quella sera. Ricordo il tiepido calore di quella mattina e il suo maglioncino azzurro che si confondeva nel blu del cielo, e nel blu de suoi occhi.
E d'improvviso penso a lui. E il dolore prende il sopravvento, e mi faccio piccola piccola sotto le coperte. Vorrei sentirlo anche per un secondo, capire come sta, se ritornare lì non gli abbia fatto ricordare di nuovo Sawyer. Vorrei capire se è proprio a Los Angeles, vorrei sapere cosa fa. Vorrei abbracciarlo come facevo quando eravamo insieme. Per me è davvero importante, e vorrei sapere se anche per lui è così importante.
Ma stare qui, sotto le coperte, a crugiolarmi nel mio dolore, non risolverà nulla. Forse dovrei chiamarlo io, ma non mi risponderebbe. Potrei provare a chiamare Yukiko, ho il suo numero. Esco da sotto le coperte e quardo che ore sono: le quattro del mattino. Ovvio, sarò rimasta a piangere per ore, ho ancora il viso umido. Domani mattina sarò costretta a mettere chili di trucco per nascondere gli occhi gonfi. Non perchè sarò orribile, di questo non mi frega, ma perchè non voglio fare preoccupare nessuno.
Se qui sono le quattro, in America dovrebbero essere all'incirca le sei del mattino. Non posso chiamare Yukiko così presto, starà dormendo. E poi sono un'estranea, l'ho vista una volta, non posso permettermi di chiamarla per i miei capricci. Ma so anche che se non avrò notizie di lui, non ce la farò più. Senza vergogna nè timore, compongo il numero.
"Pronto?" risponde immediata una voce allegra e rassicurante.
Yukiko ha proprio la voce di una mamma, solo sentirla mi fa sentire meglio, mi fa sentire coccolata. Adesso che ci penso, devo andare dalla mamma, voglio confidarle tutta questa storia, voglio dirle quello che mi è successo, voglio essere coccolata dalla mia mamma.
"Yukiko, sono Ran. So che è presto, ma ho bisogno di parlarti" mi scuso, sentendomi un po' in colpa.
"Ran, tesoro, quanto tempo! Tranquilla, non mi disturbi affatto, mi fa un piacere immenso sentirti. Come stai, cara?" chiede sinceramente contenta di sentire la mia voce.
E, senza neanche essermi accorta di trattenere le lacrime, esse fuoriescono impedendomi di rispondere alla sua domanda. Inizio a singhiozzare e Dio solo sa come vorrei smettere, non voglio che mi senta in questo stato, non voglio preoccuparla, e non voglio neanche rendermi ridicola. Mi metto una mano davanti la bocca, ma non riesco a smettere, i miei singhiozzi e le mie lacrime aumentano in continuazione.
"Oh piccola..." sussurra lei con un tono estremamente triste, proprio come quello di una mamma quando capisce che la figlia non sta bene e si preoccupa.
"Ran, so benissimo perchè stai piangendo e so benissimo perchè mi hai chiamata. Tesoro, Shinichi è nelle tue stesse identiche condizioni" mi rivela.
Sgrano gli occhi, sorpresa, e le lacrime aumentano ancora di più. Non ho neanche la forza di tenere il cellulare nelle mani, quindi lo poso sul comodino e metto il vivavoce. Poi mi sdraio sul letto continuando a piangere. Non so reagire, mi sento una schifo. E mi dispiace che Yukiko debba sentire tutti questi lamenti. Ma non voglio riattaccare, voglio sapere come sta Shinichi, voglio sapere in che senso è nelle mie stesse condizioni, ma Yukiko dovrà capire da sola quali sono le mie domande perchè io proprio non ce la faccio a fargliele.
"Lui non piange, lo sai. Però non parla più con nessuno, ha costantemente gli occhi lucidi e solo lui sa come fa a non far traboccare tutte quelle lacrime che gli annebbiamo sempre gli occhi. Sai Ran, vederlo così fa star male sia me che Yusaku, ma, sentirti in questo stato, mi fa ancora più male. Sei un fuscello così delicato...gli avevo detto di non dirti della partenza in quel modo, ma lui ha preferito essere sincero e, pensandoci, ha fatto bene. Pensa un po' come avresti sofferto di più se ti avesse detto che sarebbe tornato, e tu saresti stata una vita ad aspettarlo--"
"L'avrei aspettato, io lo amo, lo avrei aspettato a vita..." dico e mi perdo di nuovo fra le mie lacrime.
Sento Yukiko sospirare, stanca probabilmente. E' una donna così forte, mi ascolta e mi capisce, si dispiace pure, però quando mi ha risposto al telefono, anche se addolorata per il figlio, era allegra. La ammiro tanto.
"Ran, sai cosa ti dico? Fra qualche ora, dopo scuola, vieni a casa di Shinichi. Mi troverai lì, ad aspettarti, così potremo parlare tranquillamente e ti dirò tutto quello che è giusto che tu sappia. Solo così ti potrò fare stare un po' meglio, promesso."
Mi da la buonanotte e poi chiude la telefonata, non mi sento per niente meglio. So che adesso mi addormenterò e che domani mattina mi sveglierò, dicendomi che sto bene, che tutto l'angoscia che ho adesso è stata causata sola dalla notte. Ed effettivamente è così, ma è il giorno a dirci veramente come stiamo, oppure è la notte e il silenzio che l'avvolge? Credo di avere una risposta a questa domanda, ma non ho il coraggio di darla a me stessa, sarebbe poco comodo ammettere che sto davvero male. Preferisco di gran lunga fingere di stare bene, fingere anche con me stessa.
Continuerò così finchè riuscirò a farlo, sarò forte finchè potrò...
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