Capitolo 1

Il cielo azzurro, i primi fiori che germogliano dai vasi sul davanzale della finestra, il primo caldo, qualche petalo di fiore di ciliegia che viene trasportato dall'aria, la freschezza che accompagna la mattina e segue la sera, i colori vivaci. Credo che questi siano solo una parte dei motivi per cui amo così tanto la stagione primaverile. Non so, sarà perché anche le emozioni si fanno più forti o perché tutto diventa incredibilmente più sereno, ma non mi sento mai bene come durante questa stagione. E' una delle poche cose che non è mai cambiata nella mia vita, ho sempre adorato questa stagione, sia da ragazza sia adesso. Per il resto, credo che nella mia vita siano cambiate tante cose. Ho ventotto anni, e quelle che prima credevo fossero cose fondamentali, adesso sono solo cose passate in secondo piano. Con questo non voglio dire che sono cambiata, assolutamente no. Sono cambiate solo alcune mie esigenze. Undici anni fa al primo posto avrei messo l'amore e il divertimento, come una qualsiasi adolescente, oggi al primo posto metto la mia carriera e la mia famiglia. 

Dopo la laurea ho deciso di voler entrare in accademia per poi diventare poliziotta. Non so perché ho preso questa decisione, effettivamente era fuori da tutto quello che avrei voluto fare, però c'era qualcosa che mi spingeva in questa direzione, qualche strano bisogno che mi doveva fare avvicinare alla giustizia, così ho seguito il cuore. Devo dire che sono abbastanza felice della mia scelta, in fondo è un lavoro movimentato e interessante. Non ci si annoia mai, questo è poco ma sicuro. Per il resto non è successo molto. Ho cambiato casa, non vivo più con papà, ma abito comunque a Beika. La mia vita sentimentale non presenta nessuna novità, non sono né fidanzata né tanto meno sposata. Ho solo avuto qualche storiella occasionale, nulla di serio. Solo che da una di queste storielle è nata la persona più importante della mia vita: mia figlia Manami. 

Sei anni fa mi misi con un ragazzo un paio di anni più grande di me, stemmo insieme per circa tre mesi. Qualche settimana dopo che ci lasciammo scoprì di essere incinta, ma non glielo dissi. Adesso non so neanche più dove sia, non l'ho né rivisto né risentito e lui continua a non sapere di avere una figlia, e va benissimo così. Quando dissi ai miei genitori e agli altri di essere incinta, beh, diciamo che la reazione non fu proprio tra le più entusiaste. Non perché non volessero che io diventassi mamma, ma perché ero totalmente sola. Nonostante ciò, mi aiutarono e adesso va tutto alla grande. Manami ha sei anni, fa la prima elementare ed una bambina alquanto vivace. Il suo nome significa "mare d'amore", l'ho scelto perché lei rappresenta tutto l'amore che sono capace di dare, è il mio amore fatto persona. A chi somiglia? Beh, secondo me al padre, ma a chiunque lo chieda, mi viene detto sempre che è la mia fotocopia. Ha i capelli neri e lisci, gli occhi dello stesso colore, per il resto è bassina e magra. In molti mi hanno chiesto se mi sono mai pentita della storia con suo padre e la mia risposta è sempre stata no. Non importa la mia storia finita male con il padre di Manami, importa solo la sua vita che è ciò che mi spinge ad andare avanti. Non ho mai visto mia figlia come un errore, MAI. 

Bene, vado a prendere una camicia e una gonna a tubino e le indosso, pettino i capelli e mi metto un filo di trucco, sono pronta. Nella divisione in cui lavoro io non serve per forza la divisa, preferisco stare in borghese, ma vestita in modo professionale. La bambina ha dormito da mia madre, quindi non devo pensare ad accompagnarla a scuola, andrà con la nonna. Prendo pistola, giubbotto, chiavi e tutto il resto ed esco di casa. Passando per il corridoio di ingresso vedo appesa al muro una foto mia e di Shinichi abbracciati. Shinichi...

Ogni mattina mi fermo ad osservare questa foto ed ogni mattina mi sale un senso di malinconia acuto. Mi piacerebbe rivederlo, parlargli di nuovo...ma non posso, la vita me lo ha portato via. Questo è il dolore più grande che mi porterò sul petto, un dolore da cui non so se riuscirò mai a liberarmi, ma la vedo difficile. Ricordo ancora il giorno in cui mi dissero che era stato ucciso da quegli uomini che volevano uccidere me . Fu esattamente nove giorni dopo il mio ritorno a Tokyo, mi aveva promesso di chiamarmi tutti i giorni, però a distanza di quasi dieci giorni non si era ancora fatto sentire. Così lo chiamai io al telefono, anche se non avrei dovuto farlo perché era rischioso. Mi rispose Yukiko, piangeva. Tra i singhiozzi voleva dirmi qualcosa, provai a tranquillizzarla, e poi riuscì a darmi la notizia. Mi cadde il cellulare dalle mani, e persi i sensi. Mi risvegliai solo tre ore dopo in ospedale con una flebo attaccata. Dopodiché ho cancellato tutti i ricordi di quel giorno. Però mi basta pensarci solo un po' per far riaffiorare tutto il dolore provato. Era la persona che amavo, la ragione per cui andavo avanti ogni giorno...e mi era stata portata via, per sempre. In ogni volto, in ogni sorriso, in ogni oggetto, qualsiasi cosa io osservassi mi riportava a lui. Per anni non sono riuscita a dimenticarlo, per anni nella mia mente è passata l'idea di farla finita. E' per questo che non mi impegnavo nelle relazioni e nemmeno nella mia vita, finché non è arrivata Manami. Già, è stato grazie a lei che oggi posso di nuovo sorridere, ma quella foto appesa nel corridoio sta a dimostrare il fatto che io non l'abbia mai dimenticato e che probabilmente non ci riuscirò mai, sarà sempre al primo posto. Il fatto che lui fu ucciso senza ricevere poi giustizia, forse, è stato proprio il motivo per cui ho scelto questo mestiere, magari per riscattarmi da un senso di colpa troppo grande. Se fossi stata lì con lui avrebbero ucciso me, lui sarebbe ancora vivo. Invece lo ascoltai e andai via...che grande errore. 

Butto fuori un grande sospiro ed esco di casa. Apro il garage ed esco la macchina, metto in moto e vado via. La stazione di polizia non è lontana da casa, quando mi sono trasferita ho avuto la fortuna di trovare un appartamentino in centro niente male. Non è grandissimo, ma abbastanza elegante ed accogliente. 

Faccio parte della prima squadra investigativa, insieme a Takagi, Sato, Shiratori e Megure che deve fare gli ultimi anni prima di andare in pensione. Sono tutti degli agenti che lavoravano con mio padre quando faceva ancora parte della polizia. Mi sono impegnata molto e ho avuto la fortuna di salire presto di grado. Tecnicamente Sato e gli altri avrebbero dovuto essere qualche grado più avanti di me, ma hanno scelto di volersi fermare. Credo che il motivo sia proprio la gioia di andare sul campo e non di stare dietro una scrivania a sistemare pratiche. 

Lascio la macchina nel parcheggio privato della polizia, scendo, chiudo la macchina e prendo l'ascensore per andare al piano in cui si trova la squadra di cui faccio parte. L'ascensore si apre e davanti mi trovo il solito manicomio da centrale operativa. Scartoffie qui e lì, agenti che corrono a destra e sinistra, la fila vicino il distributore di acqua e tutto il resto. Mi faccio strada in mezzo a tutta questa confusione salutando e venendo ricambiata solo da qualcuno che mi nota qui e lì. Passo davanti la scrivania di Takagi che sta rivedendo qualche verbale con Sato accanto che gli dà una mano. Si sono sposati due anni fa credo, non ricordo bene adesso, non hanno figli e continuano ad essere una coppia bellissima. Sato, ovviamente, è il punto di forza della coppia e Takagi è un pasticcione. Fin da quando mi ricordo, Takagi ha sempre provato qualcosa per lei, e poi scoprì che anche lei era innamorata di lui, così si misero insieme.

<<Buongiorno!>> dico loro, avvicinandomi.

I due mollano quello che stavano facendo e mi rivolgono un grande sorriso per poi rispondermi all'uniscono:

<<Buongiorno a te, Ran!>>

Vedo che la giornata è molto allegra, fortunatamente. Ultimamente abbiamo avuto una marea di lavoro fra omicidi e casi di rapina a mano armata. Spero solo che adesso arrivi un periodo di pace. Esatto, perché qui si alternano periodi frenetici a periodi tranquilli in cui quasi ci si annoia un po'. Faccio per andare verso la mia scrivania, ma Sato si alza e mi chiama.

<<Ran, devi salire dal sovrintendente Kuroda, ti sta aspettando>> mi informa.

Cosa?! Dal sovrintendente?! E perché mai?! Spero di non essermi cacciata nei guai. Guardo Sato con gli occhi sbarrati e con aria confusa.

<<Perché dovrei andare da Kuroda?>> chiedo allarmata, ma cercando di sembrare il più indifferente possibile.

<<Tranquilla Ran, ha chiamato anche me e Takagi stamattina, non è niente che ti riguarda personalmente. Non posso dirtelo io, ovviamente>> mi tranquillizza muovendo le mani in aria. 

Oh madre, mi era venuto un colpo. Non sono mai stata chiamata dal sovrintendente a meno che non fossi con la mia squadra, e ogni volta che lui manda a chiamare qualcuno guardo caso quest'ultimo torna con una faccia mortificata e probabilmente con qualche grado in meno. Ma Sato aveva un'aria piuttosto tranquilla, quindi non credo ci sia da preoccuparsi. Raggiungo la mia scrivania e poso le mie cose lì sopra. Saluto Chiba che ha la scrivania accanto alla mia e salgo da Kuroda. Anche Chiba è uno di coloro che mi conoscono fin da piccola. Arrivo davanti la porta, prendo un lungo respiro e busso sperando che sia occupato così me la svigno.

<<Avanti>> dice con quella sua voce roca e pesante. Fa venire i brividi solo quella.

La mia solita sfiga, è libero. Apro la porta del suo studio e la richiudo alle mie spalle. Mi fa un sorriso di circostanza abbastanza inquietante e con la mano mi fa cenno di sedermi. Faccio un inchino di saluto e mi siedo di fronte a lui. 

<<Mouri, spero non si sia preoccupata di una mia improvvisa chiamata>> chiede guardandomi diritta negli occhi. 

No, si figuri, pensavo solo mi aspettasse la ghigliottina, nulla di spaventoso. Faccio un sorriso abbastanza sicuro di me e accavallo le gambe per stare più comoda.

<<In ogni caso, le devo parlare di una cosa importante. Stamattina ci è arrivata una chiamata dall'FBI con una specifica richiesta. Vogliono tre dei nostri agenti negli Stati Uniti per una missione segreta, non l'hanno rivelata neanche a me. Non hanno chiesto tre agenti fra i migliori, ma tre agenti in particolare: Takagi, Sato e lei>> rivela alla fine, lasciandomi con un'espressione un po' spaesata.

Questo che vuol dire? Che dovrei dire andare in America per richiesta dell'FBI e per un caso segreto? Ma non se ne parla, non lo trovo corretto. E poi perché proprio me? 

<<Mi perdoni, non trovo corretto tutto ciò. Non capisco perché mai dovrei andare così lontano senza sapere neanche il motivo. Almeno posso sapere chi è l'agente che l'ha chiamata?>>

<<Jodie Starling>> mi risponde.

La professoressa Jodie?! Shinichi mi aveva rivelato che lei faceva parte dell'FBI e che era un agente sotto copertura. Se non mi sbaglio si occupava proprio della cattura dell'organizzazione che ha ucciso Shinichi. Possibile che c'entri qualcosa? 

<<Ok, gli altri membri cosa hanno risposto al riguardo, se posso sapere?>> chiedo, facendo per alzarmi e uscire dallo studio del sovrintendente.

<<Hanno accettato, sono pronti a partire>>. Era proprio ciò che volevo sentire.

<<Perfetto, accetto. Mi dia tutte le informazioni di cui necessito, per favore>>

Lui sorride soddisfatto ed esce un foglio da uno dei cassetti della sua scrivania. Poi inizia a leggere:

<<La partenza sarà domani mattina alle sei. Ovviamente sia hotel che il resto saranno a pagamento dell'FBI. Appena arriverete troverete un agente che farà portare i vostri bagagli in hotel e che vi condurrà direttamente in centrale. Lì vi verranno rivelati i vari dettagli di questa missione. E' tutto chiaro? - chiede conferma prima di procedere - bene. Non so quando tornerete. Se posso darle un consiglio da amico, non porti con sé sua figlia. Adesso, se non le dispiace, può dire a Takagi e Sato che potete tornare a casa per prepararvi? Grazie>> chiude infine.

Faccio cenno di sì e mi congedo. Non avrei mai portato con me mia figlia, è troppo rischioso. Chiederò a mia madre di tenerla finché non sarò di ritorno. 

Scendo di nuovo giù e ritrovo la confusione di prima. Mi dirigo verso la scrivania di Takagi, trovandolo ancora seduto con Sato a sbrigare scartoffie.

<<Scusatemi se vi disturbo, ho parlato con il sovrintendente. Ho accettato l'incarico>> 

Sato mi rivolge un urletto di gioia e mi dà un bacio sulla guancia, Takagi mi sorride e mi fa l'occhiolino. Mi conoscono da quando ero una cucciola e mi vogliono molto bene. Soprattutto con tutte le avventure passate insieme da quando papà è diventato detective. Perfino Manami li chiama zio e zia, proprio come chiama Sonoko. 

<<Kuroda ci ha dato il permesso di tornare a casa per sistemare le nostre cose>>

Angolo Autrice

Eccomi tornata! Non ve lo aspettavate più, vero? Vi volevo solo ricordare che in questo libro, Ran ha conosciuto al liceo Shinichi, ma il resto della sua vita è rimasta inalterata. Conosceva già sia Sato che gli altri. Ve lo dico solo come promemoria. 

Baci, Ali.






Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top