Capitolo 9

Blake

Corsi giù per le scale, Dawn era passata a prendermi per accompagnarmi al dormitorio. Moto e bagagli non andavano d'accordo e, con la fine dell'estate, si era conclusa anche la mia permanenza da Kate. Preferivo tenere tutta la mia roba con me, da qui la necessità di un bagagliaio piuttosto capiente. Non che la Mustang della mia amica avesse questa peculiarità, ma era pur sempre meglio del vano portaoggetti della mia due ruote.

Prima di salire in macchina, lanciai un'occhiata alla finestra della camera di quella ragazza. La vidi nascondersi, era evidente che non gli ero indifferente come aveva voluto farmi credere. Tirai indietro il sedile, farsi scorrazzare in giro su una sportiva era una figata, ma le mie lunghe gambe non la pensavano allo stesso modo. Lasciai cadere la testa contro lo schienale del sedile, chiusi gli occhi e pensare a lei fu inevitabile.

L'avevo studiata così minuziosamente, che la sua immagine si materializzò nella mia testa come se, in quel momento, ce l'avessi avuta davanti agli occhi. Era piuttosto alta per la sua età ma, guardando Ethan, era evidente che dovevano esserlo tutti in famiglia. Anche se, a pensarci bene, c'era qualcos'altro in lei ad avermi affascinato. I suoi occhi. Li avevo fissati a lungo, non riuscivo a decifrarne il colore, un misto di sfumature che dall'azzurro tendeva verso un grigio così scuro da sembrare blu. Erano magnetici, impossibile smettere di guardarli, specie per via del contrasto con il castano scuro dei suoi capelli. Il resto, poi, non era meno interessante degli occhi. Le sue curve le sarebbero state invidiate da ogni ragazzina della sua età, per non parlare dei ragazzi che...

Merda, non ci avevo pensato.

Era esattamente il tipo di ragazza che avrebbe fatto girare la testa a tutti, anche se lei non faceva assolutamente niente per mettersi in mostra, anzi. Sembrava che si trascurasse apposta per tenersi alla larga da loro. E da me. Mi aveva appena conosciuto, eppure sembrava quasi che mi odiasse. Mi ero comportato bene, mi ero anche offerto di darle una mano ma mi si era rivolta contro manco fossi stato l'anticristo. Afferrai il caffè, che la mia cara amica aveva sempre la premura di portarmi, e ne bevvi un sorso.

Dawn mi lanciò un'occhiata da dietro gli occhiali scuri, mentre rallentava per effettuare un'inversione a U sulla strada bagnata. Aveva ricominciato a piovere. Avevamo appena lasciato la A6011, quando il suo sguardo tornò su di me e sul caffè che stringevo tra le mani. «Blake, perché non usi il portabicchiere?»

Scossi la testa. «Non ti sporcherò il tappetino, tranquilla.»

«Non è per quello» ribatté lei. «Il caffè è bollente, potresti bruciarti.»

«Ah, ah.»

«Sicuro di stare bene?»

Annuii, prima che il mio cellulare si mise a squillare e frenai a fatica un'imprecazione nel vedere che era ancora Lizzy. Tra chiamate e messaggi, stava diventando una vera stalker. Deviai la chiamata alla segreteria e, per la milionesima volta nelle ultime ventiquattr'ore, mi chiesi perché mai quel coglione di Craig le avesse dato il mio numero.

Down era l'unica ragazza con cui avessi mantenuto un rapporto di amicizia: non mi stressava con richieste che non potevo soddisfare; non giudicava il modo in cui trattavo le nostre coetanee; non parlava quando sapeva che era meglio per lei tacere. Eppure, in quel momento, non volevo che intuisse che qualcosa mi stesse turbando. E il mio era un dolcissimo e bellissimo turbamento.

Emma.

Al ricordo di quelle labbra carnose e seducenti, iniziai a sudare freddo; mi mossi sul sedile per quel che era possibile e provai a cambiare posizione. Avevo il cervello in subbuglio, e non solo quello. Fui tentato di chiedere a Dawn di accendere l'aria condizionata, ma temevo di insospettirla e preferii tenermi i sudori freddi. Le mani mi traballavano e, ad ogni curva, rischiavo di rovesciare il caffè che iniziava a scottare sul serio. Dovevo assolutamente tornare in me. Chiesi a Dawn come andavano le cose con il suo ragazzo, dal momento che si trovava dall'altra parte del Paese e lei adorava parlare di Kaleb. Avrebbe distratto lei e anche me. E tenere la testa occupata era l'unica cosa che volevo, in quel momento.

Non avevo mai amato nessuna, mai nessuna relazione, non ne avevo bisogno. Non mi era mai interessato, stavo bene così. Divertirmi. Mi interessava solo quello, per tutto il resto c'era tempo. Una vita intera.

Allora perché pensare a Emma mi crea così tanta confusione?

Guardai fuori dal finestrino, eravamo arrivati al Campus. Dawn raggiunse il parcheggio riservato agli studenti, fermò l'auto e si slacciò la cintura di sicurezza. «Sputa il rospo, Blake.»

Deglutii a fatica. Ero stato piuttosto attento a mostrarmi come al solito, come diavolo aveva fatto a capire che c'era qualcosa che non andava in me? «Come scusa?» le chiesi, mettendomi sulla difensiva.

«Devi dirmi qualcosa, lo so». Scosse la testa come in preda ad un attacco nevrotico. «È da quando siamo partiti che sei strano, cos'hai?»

I palmi delle mani ripresero a sudare, sentirmi così vulnerabile non era da me. «Ciao Dawn, grazie per il passaggio». Scesi dall'auto, recuperai il mio bagaglio, poi, passai davanti alla sua portiera. «Ci si vede in giro». La pioggia mi inzuppò i capelli, la sentii scendere lungo il collo fin sotto la maglietta; l'aria fredda mi riempì i polmoni, spegnendo i miei bollenti spiriti.

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