Capitolo 16

Blake

Mi gettai dell'acqua fredda sulla faccia stravolta, per ridestarla da una notte insonne. L'essere sveglio alle otto di una domenica mattina era una novità per me, ma non avevo avuto altra scelta. Continuare a rigirarmi nel letto, nella vana speranza di riaddormentarmi, era una scommessa già persa in partenza. Come sempre, era stata una ragazza la causa della mia insonnia ma le modalità erano state completamente diverse. Afferrai l'asciugamano e me lo schiacciai sulla faccia per soffocarmi da solo.

Avevo trascorso la notte a pensare ad una ragazza misteriosa, che si teneva tutto per sé e che non mi avrebbe mai considerato più che un fratello. Avevo deciso di trascorrere il sabato sera con lei, mangiare una pizza insieme giusto per farla sentire un po' a casa. Cose che si fanno tra amici, insomma. Mai mi sarei aspettato, però, di doverla stringere tra le braccia per consolarla. L'istante prima mi stavo divertendo a stuzzicarla, prendendola un po' in giro sulle bellezze del suo Paese. L'attimo dopo mi ero ritrovato ad asciugare le sue lacrime, provocate da un idiota per il quale lei provava ancora qualcosa. Era stato quell'abbraccio a tenermi sveglio, la sensazione che avevo provato nel tenerla stretta a me. Impregnarmi la maglia delle sue lacrime. Del suo odore. Un odore che non sarei più riuscito a cancellare. Né dimenticare.

Kate entrò in camera mia con l'aspirapolvere nello stesso istante in cui io uscivo dal bagno. «Blake!» esclamò, portandosi una mano sul petto per lo spavento. «Credevo fossi al dormitorio.»

«Ehm, no». Mi passai una mano tra i capelli, incerto su quale scusa rifilarle. Poi, pensai che non avevo nulla da nascondere e optai per la verità. «Ho passato la serata da Emma, così mi sono fermato a dormire qui.»

«Emma?» mi chiese, curiosa. Sul viso aveva quell'espressione che mostrava quando era piuttosto interessata ma non voleva darlo troppo a vedere. La classica mamma impicciona.

«Sì» risposi laconico. Fino a che punto Kate si sarebbe spinta per indagare su come stavano le cose tra me ed Emma? Non le avrei certo reso le cose facili. «La nostra vicina, ricordi?»

«So chi è» ribatté, dopo aver infilato la spina dell'aspirapolvere nell'interruttore. Il messaggio era chiaro: non potevo tornarmene a letto. «Non capisco però cosa ci facessi con lei.»

«Le ho offerto una pizza» ammisi senza alcun problema. Aprii l'anta dell'armadio e tirai fuori la mia tuta da jogging, andare a correre era un buon modo per occupare il tempo a quell'ora del mattino. «Cosa avrei dovuto fare, lasciarla tutta sola di sabato sera?»

«Non sapevo ti occupassi di fare del volontariato per i nostri vicini» rispose sarcastica, mentre rifaceva il letto. «Dirò alla signora Walker che le darai una mano con la spesa del venerdì» proseguì, dirigendosi verso la finestra e spalancandola. Una folata d'aria fredda mi investì, ricordandomi che ero ancora a torso nudo e mi infilai immediatamente la t-shirt. Finii di vestirmi indossando la felpa e calzando un paio di scarpe da corsa. «Quella simpatica vecchietta ha proprio bisogno di un paio di braccia muscolose come le tue, tesoro.»

Solo mentre stavo seduto sulla poltrona ad annodarmi le stringhe, mi resi conto della piega assurda che stava prendendo la nostra conversazione. «Kate, sei seria?». Mi alzai e mi diressi verso la porta. La mano sulla maniglia, pronto a scappare da quella trappola. «Non ho nessuna intenzione di fare il Buon Samaritano per il vicinato.»

«Oh capisco» annuì, scrollando la testa. «Emma è l'unica a cui riservi questo trattamento speciale.»

Il suo sarcasmo incominciava a darmi sui nervi. «Cosa stai insinuando?»

«Nulla tesoro». Sbatté il tappeto fuori dalla finestra con nonchalance, poi tornò a guardarmi con un'espressione che non mi piacque per niente. «Non prenderti gioco di lei.»

Non avevo nessuna intenzione di prendermi gioco di Emma, neanche per un secondo avevo considerato una tale idiozia. Volevo conoscerla, tutto qui. Ma se non potevo esserle amico, in quale altro modo avrei potuto starle vicino?

«Mi hai sentito, Blake?». La voce acuta di Kate penetrò i miei pensieri come un missile. Lasciai vagare lo sguardo oltre la porta, rifiutandomi di rispondere. La gola iniziò a stringersi e non volevo che lei capisse qualcosa. «Blake?»

«Ho sentito» sbraitai, prima di uscire e sbattermi la porta alle spalle.

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