Capitolo 11
Emma
Tutti i presenti si voltarono a guardarmi quando feci il mio ingresso in aula. Non sapevo come sentirmi, se la cugina di ventesimo grado della Regina Elisabetta – come Johnny Depp – o una delle vittime di Jack lo Squartatore. Non era da tutti ricevere tante attenzioni, no? Ad ogni modo, nessuno si prese la briga di rivolgermi la parola, presi posto in fondo all'aula fra sguardi e sorrisini maliziosi.
Violet e Jay arrivarono insieme mano nella mano, quando mi videro mi salutarono con un cenno e presero posto in prima fila. Ricambiai, prima che arrivasse la professoressa e mi presentasse ai miei nuovi compagni.
Sono all'ultimo anno e mi sento una matricola!
Ogni tanto scrutavo l'enorme orologio fissato al muro, ma il tempo sembrava essersi paralizzato, i minuti avanzavano a rilento, avevo l'impressione che quella lezione non sarebbe mai terminata, ma forse ero io che non vedevo l'ora di uscire dall'aula e prendere una boccata d'aria. La storia di Adèle H. mi stava dando il benvenuto all'inferno dove gli scheletri, che credevo di aver lasciato nascosti nell'armadio di casa mia a Bari, mi stavano accerchiando nella loro familiarità. Fin dal momento in cui l'insegnante aveva pronunciato la frase: «Quest'oggi, parleremo di quando l'amore crea catene», avevo covato il sospetto che l'argomento le fosse stato suggerito da Ethan.
«Adèle, figlia secondogenita del celebre scrittore Victor Hugo, insegue l'amore romantico al punto tale da superare il limite della "normalità"» enfatizzò la Martin, come se Adèle fosse una stalker di metà Ottocento.
Vorrei vedere cosa farebbe lei, signorina Martin, se il suo ragazzo l'avesse sedotta con la promessa di sposarla, per poi dirle: «Ehi, sai che c'è? Non ti voglio più» e poi sparire oltreoceano, non rispondere a nessuna delle tue lettere e fingere che tu non sia mai esistita! Sì, è vero, lei lo segue dappertutto, persino alle Barbados dove lui è stato trasferito con il suo reggimento, ma Dio Santo è il prezzo che deve pagare per il proprio amore o no?
«Psst! Ehi... Psst!»
Sentii a stento il debole rumorio di una voce, ma tanto bastò a ridestarmi e farmi tornare in me. Un calcio alla mia sedia mi fece trasalire.
Ma che cavolo!
«Ehi... Psst!» bisbigliò ancora. Qualcuno dietro di me stava cercando di catturare a tutti i costi la mia attenzione.
Girai la testa oltre la spalla, per associare un volto a quella voce e vidi una ragazza dai tratti asiatici che mi sorrideva. «Shh... Ti ho sentito» la schernii, mimando le parole con le labbra.
«Ehi, ciao... io sono Mei» mormorò, sempre sorridendo. «Ti ho vista con Blake, bè a dire il vero tutta la scuola ti ha vista con lui» proseguì, nascondendo con la mano un ghigno impertinente.
«Sì? E allora?» mormorai, per evitare che la signora Martin potesse sentirmi e punirmi con una nota di demerito proprio il mio primo giorno di scuola.
«Scusa, è da un'ora che volevo chiedertelo... anzi, tutte le ragazze della High School vorrebbero saperlo...»
«Sapere cosa?» mi lasciai sfuggire in tono più alto, infastidita dal fatto che l'unica cosa che le interessasse sapere di me riguardasse Blake.
Blake, Blake e ancora Blake. Questo ragazzo deve aver lasciato il segno nell'universo femminile di questa scuola, prima di trasferirsi al College.
«Se voi due state insieme.»
«Cosa?»
«Signorina Evangelista, c'è qualche problema?»
Un senso incalzante di panico mi investì a quel richiamo. Mi coprii istintivamente la bocca nel rendermi conto di aver alzato la voce. Intorno a me, occhi puntati addosso come riflettori e un girotondo di bocche pronti a trafiggermi con i più crudeli degli insulti, come quando ero piccola. Riportai immediatamente gli occhi sul banco, lasciando che i capelli mi nascondessero il viso, avrei voluto sparire alla velocità di Flash. L'essere continuamente il bersaglio di insulti e bisbigli da parte degli altri non era una novità per me, questo però non mi aveva resa immune dalla vergogna né, tanto meno, dal dolore che ne derivava. Trattenni le lacrime, come avevo ormai imparato a fare dopo anni di pratica. «Mi scusi» mi affrettai a dire, con la voce che mi graffiava la gola. «Non volevo interrompere la lezione, mi dispiace.»
«Bene, ma non si distragga più» mi esortò lei. «Non le chiedo di unirsi a noi in un dibattito sull'argomento del giorno, solo perché è appena arrivata.»
Stavo per annuire quando una voce alle mie spalle intervenne al posto mio. «Professoressa Martin, sono stata io a chiamare Emma» esordì Mei. «È solo colpa mia se si è distratta.»
L'insegnante guardò accigliata nella sua direzione, valutò la sua espressione, incerta su cosa fare: ignorare l'accaduto o spedire entrambe dal Preside.
Approfittai dell'attimo in cui la Martin ci rivolse le spalle per avvicinarsi alla cattedra e cercai il volto complice di Mei, dietro di me. Lei mi strizzò l'occhio ed io le mimai con le labbra un timido grazie, sicura dello scampato pericolo.
«Bene, signorina Wang» riprese la docente, tornando a fissare Mei. Il cuore mi balzò in gola, afferrando l'avvertimento nascosto nel suo sorriso forzato. «Dal momento che con il suo intervento ha mostrato del coraggio» proseguì, incrociando le braccia sul seno prosperoso. «Saprebbe dirmi su quale principio poggia l'amore impossibile?»
Grandioso, adesso è Mei a trovarsi nei guai.
Sentii la mia amica schiarirsi più volte la voce elemosinando aiuto tra gli sguardi dei suoi compagni, nel vano sforzo di prendere tempo.
Preoccupata, vagliai tra i ricordi a breve termine cercando di riportare alla memoria qualcosa, mi sarei accontentata anche di una sola parola, purché riguardasse l'argomento in questione. Ma la verità era una soltanto: la storia di quella povera sfigata di Adèle non l'avevo mai sentita, prima di quella mattina. Pregai per Mei, in attesa di essere folgorata da qualche idea geniale. Da sotto il banco tirai fuori un pezzo di carta e iniziai a scarabocchiarci sopra; poi, sollevai il foglio e l'appoggiai allo schienale della sedia che avevo davanti per consentire a Mei di leggerlo.
«Per innamorarmi di qualcuno non è essenziale che l'altro mi ricambi» ripeté lei tutto d'un fiato.
Era stato sufficiente ripensare alla mia relazione con Alessio, a quando non m'importava altro che di lui e amarlo fino a perdere il controllo.
La Martin la guardò da sopra gli occhiali, visibilmente compiaciuta. «Molto bene, sono sicura che lei sia la candidata ideale per aiutare la signorina Evangelista a mettersi in pari con il resto della classe». Il tono che accompagnò quelle parole riecheggiò quasi come una ripicca per il semplice motivo che Mei non fosse rimasta a bocca chiusa come si aspettava.
*
Al suono della campanella dell'ultima ora, l'aula si svuotò rapidamente e, quando sollevai la testa per controllare se fosse rimasto qualcuno affetto dalla mia stessa lentezza cronica, vidi Mei che mi fissava con una strana espressione. «Ti serve qualcosa?»
«Bè, sì...» disse, guardandosi attorno. «Voglio sapere di te e Blake, sai questa mattina la prof ci ha interrotte.»
Tecnicamente eravamo state noi a disturbare lei ma sorvolai sopra la questione, l'argomento Blake doveva essere di un'importanza tale da non poter essere interrotto neanche da un'insegnante. E dopo ben sette ore di lezioni, l'unica cosa di cui le importasse non era tornarsene di corsa a casa bensì Blake.
«Non c'è niente da sapere» risposi seccata. Rimisi i libri nello zaino e mi alzai, ansiosa di uscire e tornare a respirare. «Io non sono la sua ragazza.»
«Peccato» ribatté lei, seguendomi fuori dall'aula. «Sai, un po' ci speravo, anzi, ci speravamo tutte.»
«Perché?»
«Perché finora non ci è riuscita nessuna» sorrise, comprendo di nuovo quel ghigno con la mano. Doveva trattarsi di un tic. «Blake ha tante ragazze, ne cambia una al giorno come i vestiti che indossa, ma non sta con nessuna... se capisci cosa intendo.»
Annuii, ma non smisi di camminare per raggiungere l'atrio e calpestare quel soffice manto erboso. Sprecare anche un solo e flebile raggio di quel sole pomeridiano, che mi faceva l'occhiolino tra le nuvole, era da folli. Rallentai il passo, per lasciarmi scaldare la pelle, ignorando il tram che vidi saettarmi davanti.
Prenderò quello dopo, così mi restano ancora dieci minuti.
Lungo il tragitto mi stupii nel trovare il cortile della scuola ancora affollato di studenti, che senza alcun dubbio avvertivano quanto me la nostalgia del sole.
«Quando ti abbiamo vista con lui, stamattina...» riprese Mei imperterrita. Credevo di averla seminata, ma mi sbagliavo. «Hai regalato a tutte noi un sogno, capisci?»
«Quale sogno, scusa?»
«Quello di trasformarlo in un fidanzato fedele.»
Era evidente che io e Mei, in quel momento, viaggiassimo su due binari paralleli. Tanto vicini da toccarsi, ma senza alcun punto in comune. Il sogno delle ragazze della High School, Mei compresa, non era quello di diplomarsi e avere successo nella vita, ma ambire ad essere la futura moglie di Blake.
La prescelta. Cara Adèle H. ci fai un baffo.
NOTE DELL'AUTRICE:
Il video è stato pubblicato su youtube da annamagari, il testo è tratto dal libro "Sulla sponda del fiume Piedra mi son seduta e ho pianto " di Paulo Coelho.
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