Capitolo 9. -M

Come ogni pomeriggio nella mia vita, invece di studiare, mi impegno nei miei modellini. 
E la scuola? 
Beh, la scuola è un problema che affronterò in seguito. 

Mentre la matita corre sul foglio, la mia mente viaggia da un'altra parte.
Ormai il pensiero che i miei genitori siano convinti che io voglia fare quello che pensano loro mi ossessiona.
Non voglio, non voglio, non voglio!
Voglio, invece, andare ad un istituto di moda e studiare. Mi chiedo perché sia così difficile da spiegare, perché non posso scendere proprio ora in salotto e dirglielo. È semplice in realtà: ho paura.
Ho paura che i miei possano non prenderla bene. Quindi potrei non andare a quell'istituto, una probabilità che si trasformerebbe in un qualcosa di non esistente e io starei peggio. Però, potrebbero anche appoggiarmi. In fin dei conti hanno entrambi la mentalità molto aperta, forse mi incoraggerebbero.
Poso la matita e mi copro le mani con la faccia. Non posso vivere con questo dubbio all'infinito. Prima affronto il dramma, prima lo supero. Sì, sì, è così. Devo dirglielo. Stasera.

Decisa, mi alzo dalla sedia, intenzionata a confessare il mio segreto, quando improvvisamente il mio telefono squilla.
Maledizione, proprio ora?
Mi fermo cinque secondi a pensare se continuare a camminare o vedere chi mi chiama. Opto per la seconda, forse è urgente. Infatti è Agatha e questo mi preoccupa: che sia successo qualcosa a Leo per colpa di quel tipo, Oliver? Segreto, dovrai aspettare. Gli amici vengono prima.

Porto il telefono all'orecchio. "Pronto?"

"Ehi, Mel". Quando Agatha mi saluta così si sente sicuramente a disagio. "Come stai?"

"Bene, un po' stranita... Tu, piuttosto, perché mi hai chiamata?". Decido di arrivare dritta al punto. È una strana ora, per chiamarmi. 

Sento un sospiro dall'altra parte. "Senti... ti devo chiedere una cosa, ma puoi benissimo non accettare, posso farlo anche da sola...".

Mi metto seduta, massaggiandomi gli occhi con il pollice e l'indice. "Agatha...".

"Ok, ok. Leo è uscito con quel tipo". Ma dai? "Sono preoccupata, sta uscendo da solo... se dovesse succedergli qualcosa? Non riesco a fare niente, Mel...".

La interrompo, afferrando il concetto. "D'accordo, ho capito. Che cosa vuoi fare?".

"Beh..." comincia lei, facendo crescere la mia ansia. "La mia idea sarebbe quella di... seguirlo".

Le mie sopracciglia si avvicinano, a rappresentare la mia incredulità. "Cosa?!".

"Senza farci scoprire!" mi spiega, quasi a giustificarsi. 

Rido istericamente, preoccupata. "Scusa, hai usato il noi?".

"Ti ho già detto che se non vuoi non fa nulla...". Il tono di Agatha è quello di un cucciolo ferito. La odio quando fa così.

Sospiro pesantemente. Ma poi abbandono un braccio lungo il busto, arrendendomi. "Dannazione, Agatha! Sempre in mezzo a queste cose mi metti!".

Sento Agatha ridere. "Lo sapevo che ci stavi! Allora ti passo a prendere tra mezz'ora, va bene?".

"Sì" rispondo, esasperata.

"Grazie, Mel. A dopo".

Scuoto la testa, sconsolata. "Ciao". Attacco e lascio il telefono sulla scrivania. 

Posso definitivamente dire addio al mio grande momento. Il segreto deve necessariamente rimanere tale, per ora. Beh, ma non lascerei mai Agatha da sola, di notte e in una discoteca.

Dopo essermi preparata, per migliorare leggermente il mio aspetto da casalinga disperata, scendo in salotto, dove i miei si stanno guardando la tv. Li avverto che esco, ma loro ovviamente non mi dicono nulla di più se non un "divertiti!". 

Ad un messaggio di Agatha, esco di casa e salgo in macchina. La guardo in faccia ed è davvero molto preoccupata. Le sorrido, per tranquillizzarla. "Sono sicura che andrà tutto bene come l'altra volta, ok?".

Lei sospira pesantemente. "Lo spero. Grazie per aver deciso di accompagnarmi. Spero non stessi facendo nulla di importante".

"Figurati. Ero sdraiata sul divano ad annoiarmi". Qualche bugia non fa mai male, per una giusta causa.

Lei mi sorride, riconoscente e mette in moto la macchina. Decido in alzare il volume della musica così che possa distrarsi, almeno per il tragitto casa-discoteca.
Arrivate lì, ci sediamo al solito tavolo e individuiamo subito Leo tra la folla. Ci prendiamo due cocktail leggeri e chiacchieriamo del più e del meno. O meglio, io tento di distrarre Agatha mentre con la coda dell'occhio controllo Leo.
Dopo mezz'ora di musica disco e gente sudata decido che ormai non c'è più niente da tenere sotto controllo: Leo sta bene e si diverte.

Mi volto verso la ragazza al mio fianco, sospirando. "Agatha, Leo sta bene e domani abbiamo scuola non voglio fare la fine dell'altra volta, sai? Penso che potrai fare sonni tranquilli".

Con mio grande sollievo lei annuisce e si alza dal tavolo. Nello stesso momento però vediamo Leo lasciare la pista da ballo e dirigersi, con le lacrime agli occhi, verso l'uscita. Io e Agatha ci guardiamo per un attimo, preoccupate e lo seguiamo.

Lo troviamo a qualche metro dall'entrata della discoteca. "Leo!" grido, in modo che possa sentirmi. Una volta raggiunto, lui scuote la testa.

"Non chiedetemi niente... portatemi a casa".

Agatha gli circonda le spalle con un braccio e lo guida verso la macchina. Per tutto il tragitto di ritorno il silenzio è assordante. Solo il rumore degli pneumatici sull'asfalto e basta. Leo è seduto dietro ed è veramente intenzionato a non parlare, sembra essersi chiuso in se stesso. Agatha guida, ma si vede che è molto preoccupata...e io con lei.

Improvvisamente le motivazioni che mi assillavano poco prima, sembrano nulla. Sono in ansia per Leo. Non l'ho mai visto così giù di morale, di solito è vivace e positivo di fronte a qualsiasi cosa. Sono pronta a fare a botte con Oliver insieme ad Agatha, se solo il motivo è lui. E probabilmente lo è. 

Arriviamo a casa dei gemelli: mi rifiuto di tornare a casa sapendo che lui sta in quello stato, sia per curiosità sia per l'affetto che provo per lui. Così, con calma lo portiamo dentro e lo adagiamo sul divano come un pupazzo.

"Allora" comincio, gentilmente. "Vuoi raccontarci?".

Lui annuisce a fatica e comincia a parlare tra i singhiozzi. "Oliver... l'ho visto che... che flirtava con altri ragazzi... si toccavano. Io... non pensavo che lui fosse così... insomma pensavo che fosse perfetto e invece...".

"Te l'avevo detto che era un coglione!" esclama Agatha, rossa in viso. "Cristo, devo andare a riempirlo di botte, quel maledetto lurido...". Agatha è così arrabbiata che si dirige in tutta fretta verso la porta. Riesco a bloccarla.

"No, no, no, Agatha! Non fare così".

Si volta verso di me e lo sguardo che mi rivolge mi fa rabbrividire dalla paura. "È un pezzente!". Oliver, cambia pianeta.

Le poso le mani sulle spalle, cercando di calmarla. "Lo so, ma è meglio che stasera resti con Leo. Ha bisogno di sostegno, soprattutto da parte tua".

Lei mi guarda per un attimo e poi sospira. "Hai sempre ragione, tu".

Sorrido, modestamente. "Me lo dicono spesso".

Ci forniamo di cibo spazzatura a più non posso, mischiando il salato al dolce, con una maratona di High School Musical, per far contento Leo. La serata passa tra cibo, risate e canzoni cantate a squarciagola. E lacrime, per Leo, che piange per l'ennesima volta quando Gabriella lascia Troy nella famosa scena della piscina. Io in realtà me la ricordo più per lei che si struscia insensatamente sugli armadietti ma... punti di vista. Mentre i due protagonisti cantano sul ponte, il povero Leo canta a squarciagola e le mie povere orecchie decidono di non sanguinare solo per gentilezza mentre la mia voce si unisce alla sua:

"It's so hard to say. 
But I've gotta do what's best for me. 
You'll be okay. 
I've got to move on and be who I am
I just don't belong here, I hope you understand. 
We might find our place in this world someday
But at least for now, I gotta go my own way".

A questo punto Leo alza la voce, se possibile, ancora di più mentre stringe il cuscino che tiene tra le braccia, accartocciandolo tutto. 

"What about us?
What about everything we've been through?
What about trust?
(You know, I never wanted to hurt you).
What about me?
What am I supposed to do?
I gotta leave but I'll miss you,
(I'll miss you)".

A fine canzone, Leo si soffia il naso rumorosamente, facendo nascere una smorfia di disgusto sulla faccia di Agatha. "Oh, ragazze" sospira, con gli occhi e il naso rossi. "Questo film è tutto".

Io e Agatha scoppiamo a ridere, e propongo subito dopo un abbraccio di gruppo, con Leo al centro, proprio mentre, nel film, Gabriella sta definitivamente lasciando Troy. 

Leo scuote la testa. "Che poi! Dentro questo film, Zac Efron non si può vedere! Insomma, che cosa ha fatto ai capelli?!".

Mi stringo nelle spalle. "Era giovane e non si pettinava da solo. Aveva le make-up artist che lo facevano". 

Mi guarda, con gli occhi socchiusi, scuotendo la testa. "Facevano un pessimo lavoro". 

"Beh, guarda, Leo" rido, al pensiero. "Potresti tranquillamente prendere il loro posto. Pettinare Zac Efron ogni giorno. Non è il miglior lavoro del mondo?".

Lui sgrana gli occhi, portandosi una mano davanti alla bocca. Guarda Agatha, che gli risponde con uno sguardo accigliato, per poi tornare su di me. "Oh, mio Dio, ho uno scopo nella vita. Pettinatore ufficiale di Zac Efron. Oh, mio Dio". 

Rido, tirando la testa indietro. Agatha, sbuffa. "Ne avrai di capelli da pettinare prima di arrivare a Zac Efron. Perché non cominci dai miei? A me non va". 

Dopo essersi beccata un'occhiataccia dal fratello, Agatha alza il volume del televisore per farci intuire, in un silenzioso gesto, di piantarla con le cavolate e guardare questo maledetto film. La accontentiamo, tornando a seguire la storia che già sappiamo a memoria.
Penso che sia una delle serate più belle passate insieme. Li adoro e gli voglio un bene dell'anima.

Spero che un giorno Leo possa trovare l'amore. Per quanto riguarda me... beh, diciamo che è meglio chiuderla qui.

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