Capitolo 7. -M
Il viaggio in macchina è stato alquanto tranquillo. Leo e Agatha si sono lasciati andare e abbiamo persino mandato un messaggio ad una radio per fargli mettere una canzone. Il discorso dello speaker mi ha colpito parecchio. Penso che mi sintonizzerò più spesso su quella radio.
Una volta giunti alla discoteca Leo si è immediatamente buttato in pista da ballo, lasciando me e Agatha da sole, sedute in un tavolo, in modo da poterlo vedere per bene.
"Quindi?" chiedo a Agatha, gridando per sovrastare la musica. "Chi è questo tipo?".
"Quello con cui sta ballando ora..." mi risponde lei, con il mio stesso volume di voce, non troppo entusiasta.
"Non stavi scherzando prima, vero? Non ti piace sul serio?" le chiedo, squadrando il ragazzo alto con cui Leo sta ballando.
Scuote la testa con enfasi. "Direi proprio di no! Secondo me vuole una sola cosa da lui, e non voglio che Leo si vada a cacciare in questi guai. Voglio che si trovi uno per bene e quel testa di rapa non lo è per niente".
In effetti, guardandolo, non sembra un tipo affidabile. È senza alcun dubbio attraente ma si vede che è molto più grande di Leo, almeno di dieci anni. Ha i capelli leggermente lunghi, gli arrivano alle orecchie ed ha un gran bel fisico, accuratamente messo in mostra dalla sua maglietta aderente. Ma dal modo con cui si avvicina a Leo, non da neanche a me l'idea di essere uno a posto.
Ritorno su Agatha, che lo sta controllando proprio come stavo facendo io pochi secondi fa. "Pensa che è un essere umano qualsiasi, ok? Stasera si scambieranno il numero e da lì vediamo come si comporta, no? Devi dargli una chance, se a Leo piace davvero..."
Sgrana gli occhi, gesticolando infastidita. "Questa è la seconda volta che si vedono! Non può piacergli!"
Cerco di dissuaderla, stando dalla parte di Leo. "Magari provano interesse reciproco! Non puoi frenarlo a quel modo... fagli fare le sue esperienze, Agatha..."
Mi guarda, capendo dalla mia espressione che nemmeno io credo veramente a quello che ho appena detto. "Mel. Hai visto quanto è grande? Cosa vorrà da un ragazzo di diciotto anni? Non voglio che Leo si illuda ed è questo che quel cretino sta facendo: lo sta illudendo. Sai quanto ne soffrirebbe Leo?"
Annuisco, ma poi mi stringo nelle spalle. "Adesso beviamoci qualcosa, mentre aspettiamo che Cenerentolo finisca la sua serata."
Lei sospira, facendo un sorriso forzato. Agatha farebbe di tutto per Leo. Lo proteggerebbe da tutto, se potesse, anche dal strozzarsi con l'acqua, ma allo stesso tempo è troppo orgogliosa per ammetterlo. In questi casi mi sento fortunata a non avere fratelli. Anche se ormai Leo è diventato anche mio fratello, tanto ci conosciamo.
La canzone finisce e mentre io e Agatha sorseggiamo i nostri cocktail, Leo si avvicina con quel ragazzo. "Ragazze, lui è Oliver!"
"Ciao!" esclama lui e stringe la mano sia a me che ad Agatha. Adesso posso notare che ha degli occhi molto belli e chiari che non diminuiscono la sua bellezza, purtroppo. Se fosse stato anche un po' più brutto, avrei avuto qualche possibilità per sminuire l'interessamento da parte di Leo, ma... ahimè, non ha una pecca.
"Non venite a ballare?" ci chiede Oliver, con un sorriso.
"Nah, loro sono sedentarie e noiose". Guardo Leo, alzando un sopracciglio.
Come, prego?
Beh, forse ha un po' ragione.
Oliver ride, un po' troppo falsamente per i miei gusti. "D'accordo allora. Ti aspetto" dice infine, rivolto a Leo, con un occhiolino. Leo attende che Oliver si allontani abbastanza per cominciare a saltellare sul posto come un bambino a Natale.
"Allora? Ti piace, vero? Non è perfetto?!" mi chiede, con la gioia che esplode da ogni parte del suo corpo.
Guardo Agatha e lei mi rivolge uno sguardo intimidatorio.
D'accordo, ho capito.
"Mah... non saprei dire così su due piedi... Tu parlaci, ma vacci piano, ok? Non essere precipitoso, cerca di capire prima che tipo di persona è".
Lui sospira e dopo mi scocca un bacio sulla guancia. "Quanto sei saggia". Alzo gli occhi al cielo e lo guardo buttarsi nuovamente nella pista da ballo.
La serata procede tranquillamente, i due piccioncini non si sono baciati e questo solleva il morale di Agatha e lascia Leo un po' deluso. Torniamo a casa verso le tre e mezza e improvvisamente mi chiedo con quale coraggio mi alzerò dal letto domattina. Dopo essere entrata a casa di Agatha e Leo mi lavo e indosso il mio pigiama come se fossi uno zombie, poi mi butto dentro il letto, gentilmente concedutomi da Agatha, addormentandomi cinque minuti dopo.
-
Cinque ore e mezza passano e ci rendiamo conto che abbiamo solo un quarto d'ora prima che le lezioni inizino. Nonostante questo restiamo sotto le coperte per ancora qualche minuto per poi fare a gara a chi riesce a prepararsi prima. Lavarsi i denti in tre, dentro lo stesso lavandino, è più facile a dirsi che a farsi, soprattutto se gli altri due sono gemelli che litigano e sputacchiano il dentifricio ovunque. Leo si offre volontario per pettinarmi i capelli e lo lascio fare. Mi sorprende: anche se ho numerosi nodi, Leo riesce a non provocarmi nessun tipo di dolore. Mi trucco giusto per coprire le occhiaie e sembrare normale. Mentre finisco di mettermi il mascara, Vera ci avverte che è tardi. Ci carica in macchina tutti e tre e quando arriviamo in classe scopriamo che faremo solo tre ore di lezione, anziché cinque.
"Della serie che potevamo rimanere a letto" dice Agatha, seccata. Tra tutti e tre non so chi è lo zombie più bello, ma Leo ha le occhiaie così viola che sembra l'abbiano picchiato, Agatha fa uno sbadiglio poco contenuto ogni tre minuti e io mi sento le palpebre più pesanti del martello di Thor. Dopo tre ore passate da mezzi morti e mezzi vivi, al suono della campanella ci dirigiamo fuori strusciando i piedi.
"Non sono sicura che riuscirò a prendere la metro in questo stato" dico, mettendoci qualche secondo a ricordare la direzione da prendere.
"Ti accompagniamo noi?" si propone Leo, più per gentilezza che altro.
Scuoto la testa, decisa. "No, altrimenti me la fate perdere. Ciao ragazzi, ci vediamo".
Mi sorridono e mi fanno un cenno con la mano. "Ciao, Mel" mi salutano in coro.
Cammino lentamente cercando di non addormentarmi e arrivo alla metro; una folata di vento mi scompiglia i capelli, ma un cartello dice che la metro è chiusa per problemi tecnici.
Mai che funzionasse, vero?
Risalgo le scale controvoglia e mi dirigo alla fermata dell'autobus lì vicino. Mi metto seduta senza pensare alla pesantezza del mio corpo e scelgo finalmente una canzone da cui partire. Sospiro guardando assente le macchine che sfrecciano davanti ai miei occhi, felice di non sentirne il rumore.
Un ragazzo a qualche metro da me si ferma e si poggia ad un palo, intento a mandare un messaggio. È alto e magro, i capelli leggermente scomposti dal vento. Alza lo sguardo e in un primo momento penso sia carino, poi mi guarda con un mezzo sorriso e si mette di nuovo a chattare.
Chiedo scusa?! Cosa diavolo si ride?
Mi acciglio e scuoto la testa. Maledetti vanitosi, li odio dal primo all'ultimo. L'autobus arriva e mi alzo in piedi velocemente, aspetto che le porte si aprano ma ovviamente il piede non si poggia interamente sullo scalino e mi sbilancio all'indietro. Prevedo un bernoccolo colossale in testa ma qualcuno mi sorregge.
"Ehi, tutto ok?" sento dire da qualcuno dietro la mia spalla destra. Mi volto leggermente, accigliata. Conosco questa voce, mi è familiare, ma quando mi rendo conto che proviene dal ragazzo che mi ha derisa cambio subito idea e mi dico che è impossibile che lo abbia mai sentito parlare. D'altro canto mi rendo conto che da vicino è ancora più carino, ha degli occhi spettacolari... Ok, devo dire qualcosa.
Sorrido e gli rispondo: "Sì, grazie. Sono un po' goffa".
Mi sorride sghembo, con un sopracciglio alzato. "Tranquilla, non c'è di che".
Sì, ho già sentito questa voce. Mi limito a salire definitivamente sull'autobus e cercarmi un posto vicino al finestrino. Lui si accomoda vicino al finestrino opposto al mio e mi sorride un'ultima volta prima di indossare anche lui le cuffie e affondare nella sua musica. Noto per un secondo che ha anche gusto nel vestirsi e poi lo imito cliccando play sullo schermo del mio telefono. Dopo aver ragionato il tempo di due canzoni sul dove possa aver sentito quella voce, mi rassegno e mi godo in pace la musica. Anche se la mia mente non può fare a meno di pensare a quel ragazzo: che sia attraente è indiscutibile, purtroppo, ma non penso che sia il mio tipo in ogni caso. Decisamente troppo sicuro di sé, e questo non fa proprio per me. Come ho già detto, odio chi si vanta. Provo a buttare l'occhio verso di lui ma non lo trovo. Mi guardo intorno e faccio appena in tempo a vedere che scende dall'autobus. Il mezzo lo supera fino a che non riesco più vederlo.
Che incontri strani, sull'autobus. È per questo che di solito non lo prendo.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top