Capitolo 45. -M
Circondata e sotterrata da coperte e rannicchiata come un feto, ho deciso che oggi la mia giornata consisterà nel piangere e nell'autocommiserarmi.
Non giudicatemi, la mia voglia di vivere si è abbassata notevolmente dalla scorsa sera. Quella sera. Voglio soltanto continuare a piangere e lasciare che il mio cuore e il mio stomaco si contorcano in morse dolorose. Posso tranquillamente definirmi depressa.
Sono depressa perché il mio ragazzo, quello che amo e probabilmente l'unico che amerò così tanto, se ne va a Parigi, il che vuol dire che la probabilità di vederlo è nulla e quella di rimanere insieme è leggermente meno drastica ma comunque molto improbabile.
Sì, la mia vita si basa su probabilità improbabili, che spero in continuazione che possano diventare certe, illudendomi inutilmente. Cosa serve sperare?
La questione è così semplice da farmi diventare furiosa: lui ha un sogno e non sono io. Anche io ho un sogno e non è lui.
Entrambi vorremmo avverarlo mentre siamo uno al fianco dell'altra, ma evidentemente la vita, le decisioni, il destino -se proprio vogliamo esagerare- non ce lo permette. Perciò chi sono io per impedirgli di vivere il suo sogno? Chi sono io per mettermi davanti all'aereo che prenderà, a braccia aperte, sperando che si fermi? Nessuno. Anzi, io voglio che lui avveri il suo sogno, senza quel sogno non sarebbe più il mio James. E sono sicura che, se lui fosse nei miei panni, la penserebbe nello stesso modo.
Ma questo non può impedirmi di soffrire e piangere per quanto la mia vita faccia schifo. Insomma, vita, hai dei tempismi orribili. Devi lavorarci.
Scalcio via le coperte solo perché non voglio morire asfissiata. È agosto e essere sotterrata dalle coperte non è un gran modo di vincere il caldo. Mi passo un braccio sulla fronte sudata e prendo un gran respiro. Fisso il ventilatore appeso al soffitto e le sue ventole che girano silenziose, emanando una leggera brezza. Poi le tapparelle, non del tutto abbassate, che filtrano poca luce dalle fessure. E infine il mio manichino, vestito con solo una gonna. L'avevo cominciata settimane fa. Sarebbe il caso di finirla, ma non ne ho né la forza, né la voglia.
Ritorno con lo sguardo sul ventilatore e lo fisso finché non rimango ipnotizzata, per poi addormentarmi.
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"COME ON SHAKE YOUR BODY BABY DO THE CONGA
I KNOW YOU CAN'T CONTROL YOURSELF ANY LONGER
COME ON SHAKE YOUR BODY BABY DO THE CONGA
I KNOW YOU CAN'T CONTROL YOURSELF ANY LONGER! ".
Il ritmo di una musica vivace e movimentata, insieme alla voce stonata di un pazzo furioso, mi entrano nel cervello, come un trapano nel muro, nel bel mezzo della fase REM.
Ancora non completamente sveglia, sento il letto infossarsi accanto a me. "Forza, risorgi e spacca il culo!".
"Leo..." borbotto, cominciando a progettare la mia vendetta.
"Dai, muovi quel culo! Parlo più con tua madre che con te, ultimamente!".
"È da sempre che parli più con mia madre che con me" gli ricordo.
"Beh... È perché lei è il mio idolo, ma non è questo il punto. Sei sparita per più di una settimana, Mel! Io e Tata siamo preoccupati! Insomma, che è successo?!".
Mi metto a sedere, sbuffando sonoramente. Perché non mi vogliono lasciare in pace? Perché una persona non si può deprimere quanto vuole?
Incontro gli occhi del mio migliore amico e scopro che è davvero preoccupato. Le sue sopracciglia sono corrugate e il suo sguardo vaga su tutta la mia figura, come ad assicurarsi che io stia bene, almeno fisicamente. La musica di Gloria Estefan ancora si sente e guardo il telefono in mano a Leo. Lo afferro e spengo la musica.
"Voglio solo essere lasciata in pace, Leo" sbuffo, risoluta. Gli restituisco il telefono senza troppi complimenti.
"Non è essere lasciata in pace la soluzione ai tuoi problemi" tenta ancora, cercando il mio sguardo, che io evito accuratamente.
"E tu che ne sai, eh?" sbotto, stavolta guardandolo.
"Lo so, perché da sola non hai mai risolto niente, Mel".
Ouch. Ouch. Ouch.
Sento le lacrime pizzicarmi gli occhi e li copro con le mani, mentre il mio corpo è pronto ad esplodere.
"Certo che sei un bel pezzo di..."
"MELANIE!".
Sussulto a quel grido e mi volto verso la porta della mia camera. Ad entrare è Agatha con un sorriso a trentadue denti, così luminosa da farmi credere che persino la mia stanza si sia illuminata. Non l'ho mai vista così... felice.
"Non puoi immaginare cosa è successo!" esclama, saltellando sul posto.
"Perché i miei amici entrano nella mia camera senza il mio consenso?" borbotto, portandomi una mano sulla tempia.
"Io e Jun andremo a convivere, ad Ottobre!" esclama Agatha, senza abbandonare il suo sorriso.
Il tempo per un attimo si ferma, nelle mie orecchie riecheggia un ronzio, come quando c'è troppo silenzio, sento il mio cuore che pompa lentamente il sangue e la testa che improvvisamente gira, gira troppo.
"Cazzo, Agatha..." borbotta Leo, portandosi le mani davanti agli occhi e sospirando rumorosamente. Io mi lascio andare sullo schienale del mio letto, incapace di emettere alcun suono.
"Che c'è? Che ho detto?" geme lei, preoccupata. "Io... pensavo che fosse una bella notizia..." mormora, sempre più insicura. "Volevo dirtelo il prima possibile... L'ho deciso solo ieri insieme alla mamma e a Leo...".
"Oh, Agatha...". Le mie gambe mi fanno scendere dal letto e le mie braccia la circondando prima che io riesca ad accorgermene. Poggio la guancia sulla sua spalla e comincio a singhiozzare, senza che possa fare nulla per fermarmi. "Sono felice, Tata... Sono felice per te...".
Sento le sue braccia riunirsi dietro la mia vita, per poi stringermi di più a lei. Rimaniamo così, in un momento eterno. Ogni tanto, tra un singhiozzo e l'altro, mormoro: "Sono felice per te, Tata".
Quando ho finito di piangere tutte le mie lacrime, mi sembra che siano passate ore. Alla fine riesco ad allontanarmi da lei e guardarla negli occhi. Anche lei ha pianto, Agatha è fatta così. Non sa perché sto male, piange semplicemente perché sa che non sono per niente felice. Per lei sì, ma non per me.
Mi asciuga le lacrime e mi lascia un bacio sulla guancia, con fare rassicurante. Sento il braccio di Leo circondarmi le spalle. "Sei pronta, adesso, a dirci cosa è successo?" mi chiede, con gentilezza.
Annuisco, per poi muovermi lentamente verso la finestra. Alzo con forza la tapparella, lasciando che la luce del sole entri e bagni ogni angolo della mia stanza. Poi risistemo il letto, ricoprendolo col lenzuolo e invito i miei due migliori amici a prenderci posto. Loro non se lo fanno ripetere e aspettano pazientemente che io inizi a parlare.
Guardo le braccia di Leo. La palestra ha dato finalmente i suoi frutti: ormai i bicipiti sono più che evidenti e delle vene percorrono tutto il braccio, fino ai polsi. Quello che faccio è istintivo. Mi serve l'abbraccio di un uomo, ma che non si riferisca in nessun modo all'attrazione. Voglio solo sentirmi protetta e amata, in senso fraterno. E in questo momento le braccia di Leo sono la miglior tana che il mio cuore possa desiderare. Senza aspettare il suo consenso -che do per scontato- mi siedo sulle sue gambe e mi rannicchio contro il suo petto. Il vantaggio di essere basse e piccole è entrarci perfettamente. Questo, è quello che amo nel corpo maschile. Essendo, la maggior parte delle volte, più larghi di spalle delle donne, il loro corpo è senza dubbio la miglior cupola sotto cui ripararsi, quando si ha paura. Le braccia di Leo mi circondano e sento il suo mento poggiarsi delicatamente sulla mia testa.
"Oh, povera la mia piccolina..." mormora, massaggiandomi la schiena. Grazie, Leo, rispondo mentalmente. È esattamente quello di cui ho bisogno.
"James se ne va".
Ne segue un silenzio in cui scommetto che Agatha e Leo si stiano guardando preoccupati. "In... in che senso?" chiede Agatha, cercando di essere il più dolce possibile.
"Nel senso che tra pochi giorni parte. E va a Parigi. Per sempre".
"Oh, porca troia".
L'imprecazione di Leo riesce a farmi ridere, per un secondo.
"Oh, cielo, Mel" sospira Agatha, col senso di colpa che le sprizza fuori da tutti i pori. "Mi dispiace da morire... Sono stata così inappropriata, prima... Dio, dovresti odiarmi, adesso! Perché non mi odi?!".
Mi stacco leggermente dal petto del fratello, per guardarla negli occhi. "Dovrei odiarti solo perché, finalmente, sei così felice? Certo, mi rende triste che io non possa festeggiare come si deve questo evento insieme a te, perché il mio cuore non può farcela, ora come ora, ma Agatha... Io non potrei mai odiarti".
Lei mi sorride, commossa e mi afferra una mano, stringendola. "Non potresti andare con lui?" mi chiede ancora lei.
Mi stringo nelle spalle. "Per abbandonare il mio, di sogno? Non sarei felice".
"Ma Parigi è la città della moda... Sicuramente troverai qualcosa, lì" mi propone Leo, incoraggiante. Lo correggo mentalmente: Milano è la città della moda.
"Non sono pronta" ammetto, sospirando. "Il mio cervello ha un piano, e questo piano consiste nel prendere la laurea qui. Spostarmi in un altro paese... Lasciare la mia vita, pagare un affitto, affacciarmi ad un mondo completamente diverso dal mio... Non sono ancora pronta ad affrontarlo. James sì. È già laureato e sa cosa vuole. Io... Beh, io no".
"Già, immagino che deve essere un bel cambiamento per lui" sospira Agatha. "E anche per te" si sbriga ad aggiungere.
Mi stringo nelle spalle. "Sapete... Io lo amo davvero".
"Sì, lo sappiamo" rispondono in coro, con un sospiro.
"STRONZI!" urlo, cominciando a menare entrambi, con degli schiaffi sulla schiena. "Siete... i ... peggiori... amici... del mondo!" dico, scandendo ogni parola con un pugno.
"Non la faccia, non la faccia!" strilla Leo, facendomi ridere. Siamo inspiegabilmente tutti e tre seduti per terra, ansimanti. Ci guardiamo per un attimo e poi scoppiamo a ridere di nuovo, tutti insieme.
"Idea!" esclama Leo. Si alza in piedi e allarga le braccia, come fa sempre quando vuole esporre una sua idea. "Visto che, purtroppo, non c'è rimedio a questa situazione, ci dobbiamo divertire. TU devi divertiti, Mel!" esclama, puntandomi il dito contro.
"Ti rendi conto di quello che dici?" gli domando, scettica. Divertirmi, ora, mi sembra l'ultima cosa da fare.
"Ascolta" sospira. "Deprimerti e piangerti addosso non migliorerà la situazione. Lo ami, ma devi cominciare a pensare a te, adesso. Devi riversare tutto il tuo amore per lui su di te. Pensaci! Ad Ottobre cominceranno le lezioni e tu, finalmente, comincerai a vivere il tuo sogno, giusto?" chiede, senza aspettare risposta e cominciando a camminare su e giù per la stanza. "Puoi cominciare a comprare i libri e tutto quello che ti servirà. Intanto, la cura di te non deve passare in secondo piano. Prenoteremo delle terme e delle giornate alla S.P.A e anche ai parchi divertimento! Hai bisogno di adrenalina per ricominciare da capo... e poi ovviamente di film romantici non se ne parla, quindi commedie, commedie, commedie! Tanto cibo, ma anche tanto sport, Mel! Lo sport aiuta tantissimo a schiarirti i pensieri, fidati. E poi, ovviamente, c'è il fattore sesso. Beh, Mel, se vorrai prenderti uno scopamico quando ti sentirai pronta, sappi che nessuno dentro questa stanza ti giudicherà... Nemmeno il manichino" aggiunge, infine, indicandolo. "Che te ne pare, come piano d'attacco?" mi chiede, poggiando le mani sui fianchi e sorridendo soddisfatto.
Mi alzo e mi sbrigo ad abbracciarlo. "Grazie, Leo", lo penso e lo dico, stavolta. "È tutto perfetto".
"E ovviamente ci saremo anche noi a sostenerti" aggiunge Agatha, che si alza per raggiungerci. "Non ti lasceremo mai sola, Mel".
"Diventeremo delle cozze" conferma Leo, facendomi ridere per la millesima volta.
"Dobbiamo dargli un nome, a questo piano d'attacco" propongo, cercando di non commuovermi.
"Operazione Fenice" esclama Agatha, soddisfatta. "Adesso sei solo un mucchio di cenere, il nostro obiettivo è quello di farti spiegare le ali e farti diventare una nuova, splendida e libera fenice" spiega, contenta della sua idea.
Leo sorride e annuisce. "L'Operazione Fenice ha inizio, allora?" chiede, mettendo una mano al centro, tra di noi.
"Ha inizio" confermo, mettendo la mano sopra la sua.
"Ci puoi giurare" afferma Agatha, mettendo la mano sopra la mia.
Li guardo, e questa volta non ce la faccio a non commuovermi. Sono nati per essere la mia ancora, non so cosa ne sarebbe di me, ora, senza di loro e il loro supporto.
Anche se il mio cuore sa che l'Operazione Fenice sarà molto più difficile del previsto da portare a termine.
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Dovete umilmente perdonarmi.
Mi sono completamente scordata di pubblicare questo capitolo 😂😂
C'è poco da ridere, lo so, la mia insanità mentale fa preoccupare anche i miei. Però ero convintissima di averlo pubblicato!
Perdono, perdono, perdono!
È da un sacco che è pronto e poverino fino ad oggi era ancora una bozza! E Columbine l'aveva già betato da non so quanto 🙈🙈
Spero di non farvi piangere 😢 questi capitoli sono pesantucci, visto il periodo di crisi, ma per fortuna ci sono sempre Leo e Tata che ci fanno fare un paio di risate!
Ok mi sono dilungata anche troppo 🙈
A presto,
Mars😻
P. S: seguite questa santa, nonché ideatrice di questa storia: CWColumbine726 e scrivetele cose carine in bacheca perché si :3
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