Capitolo 44. -J

In qualche strano -incomprensibile persino da me- modo la lucina rossa che lampeggia fastidiosamente dietro il vetro del quadro della mia macchina, non mi preoccupa. Ho cose molto più serie di cui preoccuparmi che della benzina. Sono a conoscenza dell'assurdità di questa mia mancanza di cervello, ora come ora, ma non mi importa. 

Non ha richiamato. Cosa può essere più preoccupante e frustrante di questo? L'avevo pregata di farlo, eppure non sembra che abbia capito bene. Che sia diventata sorda? 

L'ho aspettata per una settimana. Non l'ho chiamata, lasciandole i suoi spazi, il suo tempo per metabolizzare il cambiamento... ma in questa merda ci sono anche io e lei non può lasciarmi fuori. 

Quindi sono passato direttamente ai rimedi estremi: sto per piombarle a casa. Ho intenzione di farle dire tutto, di farla sfogare, perché è di quello che ha bisogno. Io ne ho bisogno. 

Parcheggio davanti il suo cancello e mi sembra quasi di sentire la macchina che tira un sospiro di sollievo per essere riuscita a non fermarsi in mezzo alla strada. Noto con piacere che l'auto dei genitori, invece, non c'è. Una complicazione in meno. 

Quando suono il campanello, il mio cuore fa un tuffo. "Sì, chi è?". Davvero ha questa voce? Ha mal di gola. 

Deglutisco e prego di riuscire a cambiare la mia voce: "Amazon" dico semplicemente, cercando di non ridere. 

C'è un attimo di pausa, ma poi il click sordo del cancello che si apre, mi fa sgranare gli occhi. Ci ha creduto?! Dio, che stupida, farebbe entrare chiunque in casa sua.

Dopo aver chiuso il cancello dietro di me, arrivo alla porta proprio quando lei apre. Mi fissa, cercando di trattenere la sorpresa. Ci ha creduto sul serio? Sorrido, cercando di non ridere troppo. "Ciao". 

"Tu non sei Amazon" constata, con una smorfia. 

"Però, che occhio" commento in risposta.

Lei sospira e mi lascia entrare. Va in cucina ed io la seguo. "Vuoi qualcosa?" mi chiede, aprendo il frigo. "Acqua, succo di frutta...".

Decido di andare dritto al sodo. "Sì" dico, mentre si volta verso di me per il mio tono duro. "Voglio che mi dici cosa cazzo hai". 

Lei rimane spiazzata davanti a quella mia serietà, ma non mi lascia altra scelta. Se continua così mi farà impazzire. "Niente, James, sto bene...". 

"Smettila!" tuono, furioso. "Per te stare sull'orlo delle lacrime per tutto il viaggio di ritorno è niente? Per te non rivolgermi la parola è niente? Tenere il muso per tutto il tempo è niente? E non chiamarmi quando di avevo chiesto di farlo è niente?". 

"D'accordo!" sbotta, sbattendo l'anta del frigo con violenza. "Vuoi che ti dica quello che ho? Benissimo!". 

"Benissimo!" ripeto, aspettando che parli. 

"Ho che non voglio che parti" confessa, mentre qualcosa dentro di me si spezza. Lo sapevo. "Non voglio che parti, non ora, non adesso che finalmente, per la prima volta nella mia vita io...". Si ferma, deglutendo, e riprendendo fiato. "Non ho mai avuto una relazione così. Non ho mai provato quello che provo per te, per nessun altro. E tu, tu che mi hai detto che sei innamorato di me, che non c'è nessuna come me, che sono bellissima... TU ORA TE NE VAI" strilla, ormai con le lacrime agli occhi. 

"Mel..." provo a dire, sentendomi un enorme senso di colpa premermi sul petto. 

"No, non c'è spiegazione o... o scusa che tu possa dire ora per cambiare le cose!" mi blocca, scuotendo la testa. "È giusto. È sempre stato il tuo sogno andare a Parigi, benissimo, devi andare. Ecco perché ti ho risposto così. Tu devi andare. Eppure hai un tempismo tremendo, James!".

"Lo so" ammetto, affranto.

"Tu non puoi, James" dice, facendo stridere la sua voce dal pianto, il che mi causa una dolorosa fitta al cuore. 

"Devo farlo, Mel. È tutto quello che ho sempre...". 

"No, non puoi lasciarmelo fare!" mi corregge, indicandosi. 

"Fare cosa?" le chiedo, confuso. 

"Non lasciarmi vincere!" urla, per poi scoppiare in lacrime. 

La mia bocca si apre in un'espressione involontariamente sorpresa. Sono confuso. "Vincere cosa?" chiedo ancora, senza riuscire a starle dietro. 

"Noi!" esclama, alzando le braccia. "La nostra lotta in amore, James" aggiunge. Io la guardo, ancora più confuso, perciò lei continua. "Io, l'amore, l'ho sempre visto come una battaglia. Pensaci, è la stessa cosa! Prima attacca uno, poi l'altro, fino a che i colpi non si fanno più forti e pesanti dei precedenti e alla fine uno dei due si arrende". 

"Io non mi sono arreso" le ricordo, incrociando le braccia al petto. 

"No, James, tu hai perso!" strilla ancora, portandosi una ciocca di capelli dietro la testa. "Non dovevi essere tu quello a perdere! Tu ti sei innamorato prima, tu hai perso! Dovevo essere io a perdere, io non volevo vincere e ora tu mi stai lasciando vincere! Se mi fossi innamorata prima io, ora probabilmente accetterei più volentieri di vederti andare via! Invece devo vederti andare via senza averti detto che anche io sono innamorata di te!" grida, singhiozzando. "E non voglio che te ne vai, perché ho vinto e tu hai perso e non posso lasciarti andare via senza che..." abbandona la frase, appoggiandosi al muro e coprendosi il volto con le mani. Piange, disperatamente, e io ancora non capisco bene quale sia il mio umore. Non positivo, in ogni caso. 

Mi avvicino e cerco di levarle le mani dal volto, ma lei si guarda i piedi, lasciando cadere le lacrime. Forse non capisco il mio umore, ma so benissimo che cosa provo. E provo per lei qualcosa di troppo grande e troppo potente perché io possa negare tutto quello che ha detto. 

Vorrei farla perdere, con tutto me stesso, ma ha già vinto. "Mel, io mi sono innamorato di te molto tempo prima di quella sera" le rivelo, e lei alza gli occhi lucidi su di me. "Mi sono innamorato di te su quella pista di pattinaggio, il giorno di capodanno. E da allora, non ho visto nient'altro di così bello". 

Singhiozza ancora, senza dire nulla. "Avevi già vinto dall'inizio, Mel. Da quando ci siamo visti per la prima volta, da quando mi sei caduta tra le braccia salendo sull'autobus, da quando mi hai aperto la porta la prima volta per uscire insieme, da quando ti sei messa quella mia maledetta maglietta, il giorno che ti sei rovesciata l'acqua addosso, quando mi hai regalato i biglietti per il viaggio. Tu avevi già vinto, Mel, e mi dispiace se te l'ho lasciato fare, se non ho saputo rimediare, è stato tutto così improvviso..."sospiro con il cuore che, ormai, batte all'impazzata. 

"Come potevi aver già perso?" mi chiede, tirando su col naso. 

Scuoto la testa, cercando le parole giuste. "Non lo so. Chiedilo a te. È per colpa tua se ho perso. Potevi essere meno carina, arrossire di meno, essere più alta, avere le labbra meno carnose, gli occhi meno luminosi, le gambe meno snelle e il collo meno baciabile" dico, facendola ridere. Fa per parlare, ma continuo. "Potevi avere una risata meno contagiosa, i capelli più corti. Potevi baciarmi da schifo, o evitare di aggrapparti a me come un koala. Potevi evitare di sorridermi di meno e avere i denti storti; potevi essere incapace di consolarmi, o di farmi sentire bene, o di capirmi in ogni occasione. Potevi evitare di esserci sempre".

"Queste sono tutte le cose che ti piacciono di me?" mi chiede, alzando un sopracciglio. 

La guardo, scuotendo ancora la testa, intensamente, negli occhi. "Queste sono tutte le cose che amo di te". 

Finalmente ride, imbarazzata, commossa e felice. Sì, è felice. Ed è bella, è mia e farà parte del mio cuore per sempre. 

Smorzo la sua risata, facendo incontrare le nostre labbra, che impiegano meno di un secondo a schiudersi, intensificando il bacio. Le mordo il labbro, incapace di resistere e lei ride, tra le mie labbra, ancora. Le bacio il mento, la mandibola, scendendo sul collo, dove la mordo ancora, facendola sussultare. È lei a baciarmi ancora, facendo un piccolo salto, allacciando le gambe intorno al mio torace. La prendo per i fianchi, senza allontanare le nostre labbra e la conduco sul bancone della cucina. Le sue dita sono incastrate tra i miei capelli e stringe le gambe, facendomi avvicinare. Poi, le sue mani scendono lungo la mia schiena, che si ricopre di brividi. Solleva il lembo della maglia e la sfila, costringendo per un secondo ad allontanarci. Si sfila la sua. Le mie labbra sono calamitate alle sue e ci metto poco ad incontrarla di nuovo, mentre mi accarezza ovunque, come se volesse toccare ogni centimetro della mia pelle. 

Le tolgo il reggiseno, gli shorts e dopo anche i miei pantaloni raggiungono il resto dei vestiti, sul pavimento. Scende dal bancone, conducendomi, senza staccarsi, al divano in salotto. Mi spinge, facendomi sdraiare e posizionandosi contro di me. Siamo completamente nudi, e ormai è troppo tardi per tornare indietro, ma nessuno di noi due vuole tornare indietro. 

"Non ho..." mormoro, col fiatone, mentre i nostri bacini sembrano bruciare, l'uno sulla pelle dell'altro. 

"Non importa" mi risponde lei, per poi riprendere a baciarmi. La abbraccio, scambiando le nostre posizioni e la guardo, il  secondo prima di entrare nella sua intimità. 

Facciamo l'amore come mai prima. Abbiamo bisogno l'uno dell'altra, come se fossimo ossigeno per entrambi. Voglio lei adesso, e lei vuole me, adesso. Raggiungiamo l'apice, nello stesso momento e lei mi sorride, lasciandomi un bacio sul collo. 

"Dimmi che non andrai" mi supplica. "Anche se non è vero". 

"Non voglio mentirti" le dico, facendo sfiorare i nostri nasi. "Ma non me ne andrò. Adesso sono qui". 

I suoi occhi si riempirono di nuovo di lacrime. "Non piangere". Stavolta sono io a supplicarla. 

Non posso dirle altro. C'è solo una cosa alla quale tengo quasi più di lei. Il mio futuro. E non posso voltargli le spalle, adesso che ho l'opportunità di fare quello che ho sempre voluto. Alcuni potrebbero dirmi che sono uno stupido, che dovrei mollare tutto e restare con lei. Hanno ragione: sono uno stupido. So che non ci sarà nient'altro del genere, con nessun altra, mai. Eppure le volto le spalle, perché non ho scelta. Se decidessi il contrario, non sarei più me stesso. Lei si è innamorata di quello stesso me che tra una settimana deve prendere un aereo e realizzare il suo sogno. Se non lo facessi, cambierei. E lei mi vuole per come sono davvero. La perderei in ogni caso. Voglio perderla, sapendo che non la deluderò. Voglio amarla, sapendo che è grazie a lei se ora sto per intraprendere quel viaggio. E voglio rincontrarla, un giorno, felice che le cose siano andate come dovevano andare. 

"Sai" dico, per alleggerire quella tristezza che si era creata di nuovo. "Sei hai altre teorie sull'amore, esponile pure. Non sono niente male". 

Le scoppia a ridere, tirandomi schiaffi ovunque. "Ahia!" protesto. Rispondo all'attacco riempiendola di solletico, facendola ridere ancora più forte. 

"Se vuoi ho la teoria sull'amore secondo mia madre" mi propone, finita la mia piccola tortura. 

"Mmm" dico, alzandomi e sedendomi sul bordo del divano. Lei mi imita, dall'altro lato. "Sembra interessante". 

Mi sorride, per poi raggiungermi di nuovo e baciarmi, ancora. 

--

Imbarazzo time. ORA LA MIA STORIA HA CONTENUTI PER ADULTI, VOGLIO MORIRE. Diciamo insieme addio alla classifica D: -ebbene sì, questo Wattpad lo considera contenuto per adulti. bah, a me loro non me sembrano adulti pe' niente (detto da na romana de Roma)-.

Comunque, sono emozionata! Finalmente si è scoperto il perché del titolo! *-----* E volete sapere una cosa? Ho deciso di scrivere questa storia insieme a CWColumbine726 solo per arrivare a questo punto! Mi ero già completamente innamorata della storia, quando Columbine (dobbiamo trovarti un abbreviativo) è arrivata a raccontarmi questa parte. Capite quanto il capitolo sia importante per noi, quindi :3

Infatti spero DAVVERO che questo capitolo vi sia piaciuto, perché è l'essenza della storia *-*

Con affetto,
Mars

P.S: FATELO PROTETTO, NON PRENDETE ESEMPIO, LORO NON ESISTONO (purtroppo) POSSONO PERMETTERSI DI FARLO SENZA, VOI NO. Ci teniamo alla vostra sicurezza u.u

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top