Capitolo 42. -J

Dopo un numero non ben definito di ore, e uno scalo -perché anche se non era così lontana la Spagna, volevano per forza passare per Barcellona, le care compagnie aeree- finalmente approdiamo felici e soddisfatti a Fuerteventura. 

E stanchi. Molto stanchi. Appena infiliamo la carta nella fessura della porta della nostra camera, ci scaraventiamo entrambi sul letto. Inutile dire che mi addormento nel giro di cinque minuti. 

Non so quanto tempo dopo, sento dei capelli solleticarmi il viso. Mi lamento cercando di scacciarli. "Sveglia, sveglia, bel principe! Siamo in vacanza, non si può dormire!". 

"Bel principe?" sbiascico, confuso. "Chi sei tu? Cosa ne hai fatto della mia ragazza?".

La sento ridere. "Dai, su James!" esclama, scuotendomi. "Sono le quattro di notte!". 

Spalanco gli occhi, pronto a protestare. "Sì, sono le quattro di notte!" ripeto. "E io voglio dormire!". Mi guarda, tirando fuori il labbro inferiore, rendendosi irresistibile ai miei occhi. Sposto lo sguardo, senza riuscire a guardarla ancora. "Cosa vuoi fare?". 

Lei, sorridente, si tira su e si mette in ginocchio sul letto, accanto a me. "Hai mai fatto il bagno al mare di notte?". 

"Saranno almeno tre anni che non mi faccio un bagno al mare come si deve" confesso. Con il lavoro, lo studio, e la famiglia le mie vacanze estive si sono ridotte a qualche giornata di riposo chiuso in casa, nelle ultime estati. 

"Allora cosa aspetti a infilarti il costume?!" esclama lei, felice come una bambina a Natale. Zompa giù dal letto e si sfila la maglietta e gli shorts, rimanendo in costume, per poi legarsi in vita un pareo, recuperato un attimo prima dalla sua valigia aperta. "Se ti muovi, ti aspetto, altrimenti vado da sola" annuncia, incrociando le braccia al petto. 

Sbuffo. "E va bene" mi arrendo. Scendo dal letto, e lei mi passa un costume, uno degli ultimi che avevo messo in valigia, prima di chiuderla. 

"Metti questo" mi ordina. Lo afferro e la guardo, accigliato, in cerca di spiegazioni. "Mi piace" si giustifica, con un'alzata di spalle. "E poi così almeno ti sbrighi". 

Sbuffo, divertito. Chi è la donna, in questa coppia? Mi dirigo in bagno, per sciacquarmi il viso e cambiarmi. Infilo una canotta, ed esco. "Fatto" annuncio, allargando le braccia. 

"Perfetto" sorride lei. Mi prende per mano e mi guida fuori dalla camera. Usciti dall'albergo impieghiamo meno di tre minuti a raggiungere la spiaggia. È deserta e silenziosa. C'è solo il rumore delle onde e del vento a regnare. I colori vanno dal blu scuro del cielo, al mare nero. La luna a spicchio rispecchia la luce sull'acqua, rendendola lucente ad ogni increspatura. È bellissima. Sospiro, felice. Ne avevo bisogno, da morire. 

Mel si ferma, per ammirare il panorama, come ho fatto io, pochi secondi fa, e prende una bella boccata d'aria, chiudendo gli occhi. Il vento le scompiglia i capelli, lasciandole il viso pulito e scoperto. Il mio cuore prende a battere velocemente, a quella vista, e sorrido. La prendo per la vita, tirandola verso di me. Apre gli occhi e mi guarda, dedicandomi quel sorriso che rivolge solo a me. Alza un braccio, per passare una mano tra i miei capelli. Faccio sfiorare i nostri nasi, senza smettere di fissarla. Si alza in punta di piedi, e le nostre labbra si toccano. 

Prima che possa essere capace di andare oltre, sfuggo dalla sua presa e comincio a correre, in direzione del mare. "Chi arriva ultimo, porta la colazione a letto, domattina!" la sfido, senza guardarmi indietro. 

"Stronzo!" urla lei. Se non fossi concentrato nella corsa, scoppierei a ridere. 

Arrivo con i piedi nell'acqua, e continuo a correre, fino a che l'acqua non mi arriva a metà busto e mi immergo. L'acqua è tiepida e pulita, dandomi un senso di pace e tranquillità, che solo sott'acqua si può provare. 

Tranquillità che dura poco, quando un corpo si scaglia contro di me, facendo sbattere la mia schiena contro la sabbia dura. Riemergo, tossicchiando. 

"AH!" urla lei, mentre saltella ad ogni piccola onda, attenta a non bere. Tiene il mento verso l'alto, rendendo la sua situazione più esilarante del dovuto. "Così ti impari!".

Rido, prendendola da sotto le braccia. "Povera piccolina" mormoro, mentre lei allaccia gambe e braccia al mio busto, come un koala. "Non tocchi?" la prendo in giro, facendo ridurre i suoi occhi a due fessure. 

"Io mi vendicherò, James. E lo farò quando meno te l'aspetti" annuncia, e io non posso fare a meno di scoppiare a ridere. 

"Sto tremando di paura" le dico, e lei mi schizza l'acqua in faccia con una mano. 

Mi avvicino per baciarla, ma lei si scansa. "Eh, no" risponde, al mio sguardo confuso. "Niente baci o alcun contatto di tipo amoroso fino alla colazione di domani mattina". 

Sorrido, alzando un sopracciglio. "Sei così sicura che riuscirai a resistermi fino a domattina?". 

"Pff" sbuffa lei, roteando gli occhi. "I miei ormoni non funzionano come i tuoi. Posso benissimo stare in astinenza". 

"Mmh-hmm" mormoro, infilando le labbra nell'incavo del suo collo. Inizio a baciarla lentamente, facendole tirare la testa indietro.

Ritorno sul suo viso e lei sorride. "Posso stare in astinenza". 

Mi imbroncio e lei ride. Purtroppo, ha ragione. 

-

Siamo rimasti in quell'acqua per due ore, senza fare nulla di quello che si possa credere. Semplicemente a giocare come due bambini. L'acqua era così bella che non volevamo più uscire. Quando abbiamo cominciato a vedere le luci dell'alba, siamo tornati a riva, sedendoci e ammirando il sole sorgere. Dopodiché siamo tornati, stanchi più di prima, in camera e abbiamo dormito come sassi.

Mi sveglio quando il mio naso percepisce un buonissimo odore di cornetti appena sfornati. Apro prima un occhio e poi l'altro, difendendoli dalla luce del sole con una mano. Mel è seduta in ginocchio ai piedi del letto, vestita con un abito bianco, e mi sorride. Davanti a lei c'è un vassoio pieno di cose da mangiare. Mi metto a sedere, sorridendo. Lei posa il vassoio sulle mie gambe e io ammiro la vastità della scelta. Ci sono quattro cornetti, due saccottini al cioccolato, delle fette biscottate, con il miele e della marmellata di ciliegie in una piccola confezione monodose e un piccolo panetto di burro. Due tazze, due cappuccini, entrambi con una spolverata di cacao sopra. Alzo di nuovo lo sguardo verso di lei. "Accidenti" commento, con il migliore dei miei sorrisi. 

"Ti sfido: domattina dovrai fare di meglio" mi dice, alzando un sopracciglio. 

"D'accordo" dico, afferrando una bustina di zucchero di canna e strappando un angolo. Verso il contenuto nella mia tazza, e la porto alla bocca. Mi lascio sfuggire un rantolo di approvazione, e lei sorride. 

"Risparmiami i complimenti, so già che sono fantastica". La guardo, alzando un  sopracciglio, mentre lei gattona fino ai cuscini, per poi prenderne uno e sistemarlo in modo da poggiarci la schiena. Afferra un saccottino e lo morde, guardandomi con un'aria di superiorità. 

"Di cosa dovrei complimentarmi? Mica l'hai fatto tu questo cappuccino" le faccio notare, bevendo un altro sorso. 

Lei riduce gli occhi a due fessure e mi fa la linguaccia. Rido, per poi notare che si è sporcata di cioccolato sull'angolo dentro della bocca. Come nei migliori film d'amore, approfitto della situazione per baciarla e morderle il labbro. 

Lei sospira, costringendomi a fare ricorso al migliore autocontrollo che possiedo. Mi allontano di poco, quanto basta da poggiare la mia fronte contro la sua. "Niente interazioni di tipo amoroso fino a domattina" cito, mantenendo lo sguardo fisso sulle sue labbra, che si piegano in un sorriso. 

"Ops" dice, allacciando le braccia al mio collo. 

"NO!" esclamo, tra le sue labbra, ma ormai è troppo tardi. La genia del male si è evidentemente dimenticata del vassoio visto che, spostandolo con la gamba, l'ha fatto finire a terra. "Che brava" commento. 

Lei si porta le mani alla bocca, per poi emettere un flebile "no". "Il mio saccottino!" esclama poi scaraventandosi per terra. Alza il vassoio rovesciato e controlla lo stato del dolce. Dopo una rapida occhiata, si stringe nelle spalle e lo morde, guardandomi sorridente. Scoppio a ridere. 

"Sicuramente ha più sapore" commento, scuotendo la testa. 

"Oh, sì, gli acari danno quel sapore salato in più" afferma, finendo di masticare, e prendendo un altro morso. 

"Dovrei preoccuparmi del fatto che tu conosca il sapore degli acari?" le chiedo, sforzandomi di non scoppiare a ridere. Lei si stringe nelle spalle. "Beh, per il caffè non si può risolvere così" dico, indicando il liquido a terra. 

"Fossi in te lo leccherei" mi propone. Scoppio a ridere ancora, facendo una faccia schifata. 

Dopo aver ripulito il suo macello, ci prepariamo per una nuova giornata di spiaggia. E i due giorni dopo si susseguono identici, come in sogno. Sveglia, colazione a letto, doccia, mare, bagno, pranzo, sesso, mare, cena, letto. Ammettendo che il paradiso esista, me lo immagino così. Non penso di aver mai fatto una vacanza migliore di questa. Non ho una sola preoccupazione nella mente. Sembra veramente di vivere un sogno, intrappolati in questo angolo di felicità. 

Ed è per questo che il mio tempismo fa schifo. Il tempismo della mia vita in generale fa schifo, soprattutto considerando l'entrata a far parte della mia vita di Mel. Non ho avuto il coraggio di dirglielo il giorno della laurea. In realtà, non voglio dirlo ad alta voce. Ho così paura che temo anche di pensarlo. Ma purtroppo, non c'è alternativa. 

Ormai il mio sogno è quello. Voglio vivere a Parigi, e voglio diventare fotografo. È quello che pianifico già da un paio d'anni. La mia ossessione per questa città è sempre stata profonda, troppo per lasciarla da parte. È quello che voglio fare e, ahimè, è quello che mi dice di fare anche il mio cuore. Anche se significa vivere a chilometri di distanza da Mel. Ovviamente non potrà mai venire con me. Anche lei ha un sogno, che non combacia con il mio. 

E dirglielo, è la cosa più difficile che io abbia mai provato a fare. Devo farlo. Ora. Le spezzerò il cuore, e mi odierò in eterno per questo. Ma devo farlo. Non c'è altro modo. 

La porta del bagno che si apre, interrompe i miei pensieri. Ne esce Melanie, avvolta in un asciugamano di spugna, e con i lunghi capelli ancora bagnati che le scendono sulle spalle. Mi sorride, e io sorrido di rimando, sentendo uno stretto nodo in gola. "Dove andiamo per cena?" mi chiede. 

"Vuoi ancora mangiare, dopo tutto quello che abbiamo già mangiato?" le rispondo, accigliandomi. 

Lei alza le spalle, con un'espressione innocente sul viso. Sospiro, mettendomi le mani nei capelli. E', ovviamente, molto più difficile del previsto. "Non devi disperarti" la sento dire, ridendo appena. "Se non vuoi mangiare, lo farò io per te".

"Mel" dico, infine, alzando la testa e guardandola. 

Lei, accorgendosi del mio tono e del mio sguardo, abbandona ogni tipo di spirito giocoso. "È successo qualcosa?". 

"Non esattamente" le rispondo, sorridendole appena. Le faccio segno di venirsi a sedere vicino a me, e senza farselo ripetere, mi raggiunge, guardandomi con attenzione. So che sta cercando di capire quanto sia grave la cosa. Perciò ignoro i suoi occhi, guardandomi le mani. 

"Devo... dirti una cosa. Non è piacevole, ti avverto. Ma è giusto che tu lo sappia" comincio, per poi sospirare. Lei non fiata, mi fissa e basta. Sento il suo sguardo bruciarmi la testa, ma lo ignoro. "Ora che mi sono laureato... Devo pensare al mio futuro. Ho pensato molto a cosa fare, nelle settimane dopo la laurea, e anche prima. Sappi, che sei stata il primo pensiero, in ogni mia decisione. E ne ho presa una" la informo, senza smettere di fingermi incredibilmente interessato alle vene dei miei polsi. "Voglio andare a Parigi".
Un enorme peso, simile a quello di una cassaforte di un miliardario, si solleva dal mio petto, e respiro, finalmente, a pieni polmoni. Quella invece che temo abbia smesso di respirare è lei. Alzo finalmente lo sguardo, incontrando il suo. Sorride appena, con compassione. Ricambio. "È lì che ho sempre voluto vivere. È lì che voglio iniziare la mia carriera. Solo che... Beh. Sono mille e quattrocento ventuno chilometri di distanza". 

Mi prende le mani, e allarga il suo sorriso. "James, è il tuo sogno. Pensavi che fossi così ingenua? Sapevo che sarebbe arrivato questo momento. Non potrei essere più felice per te, davvero". 

Mi sforzo per trattenermi dallo sbraitare. CHE COSA? La guardo, confuso, senza capacitarmi delle sue parole. "Ma... Mel. Mille e quattrocento ventuno chilometri". 

"James. Esistono gli aerei". Esistono gli aerei?! Davvero? È questa la sua reazione davanti alla nostra separazione? Si rende conto che, se va bene, ci vedremo una volta ogni due mesi? È consapevole che il nostro rapporto cambierà drasticamente?

La guardo negli occhi. Sono velati di lacrime. Non sono, stranamente, arrossati. Ma noto una minima quantità liquida nell'angolo esterno del suo occhio. Sì, lo sa. 

Il fatto che si stia tenendo tutto dentro, mi fa impazzire. Perché non piange? Non mi tira oggetti addosso, non mi dice che sono uno stronzo? La sto ferendo, e tanto. E lei sorride. Dentro so benissimo che non sta affatto sorridendo. Ormai la conosco fin troppo bene perché lei possa nascondermi ciò che prova. 

Ma forse, questo, è il suo modo di accettarlo. Forse piangerà più in là. Forse ancora non ha assimilato la notizia. Oh, ma andiamo. È di Mel che stiamo parlando. Ha assimilato eccome, ma non vuole che io la veda soffrire. Ma lei non sa, che con me non è così brava a nasconderlo. 

"Prenotiamo i prossimi dieci voli, allora" propongo, ridendo appena. 

Lei mi segue. "Tutti di fila. Così i primi li pagheremo tanto, e gli ultimi pochissimo". 

"È stato esattamente quello il mio ragionamento" annuisco, accarezzandole una guancia. 

"Ti leggo nel pensiero" sussurra, mentre fa sfiorare il naso con il mio. Ci lascia un bacio umido, per poi infilare la testa nell'incavo del mio collo. La circondo con le braccia, appoggiando una guancia sui suoi capelli umidi. 

Restiamo così per un po', poi lei decide di andarsi ad asciugare i capelli. Quando chiude la porta, mi lascio sfuggire un'imprecazione. 

La voglio far parlare. Deve dirmi che mi odia, deve riversare la sua frustrazione su di me. Ne ha bisogno, e io ne ho bisogno. Non mi arrenderò, finché non cederà. Non lo faccio, per dimostrare a me stesso che: "Visto? Che ti avevo detto? L'hai persa per sempre, ora". Piuttosto, per condividere quel peso con lei. È troppo per una persona sola. E lei, sicuramente, non è sola. 

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Salve a tutti dolci fagottini e bentornati! Qui i drama non smettono di riempire le nostre giornate D: poveri i nostri ciccini T.T
La colpa ormai sapete di chi è. Sto parlando, ovviamente, della loro madre biologica: CWColumbine726. È crudele e cattiva, un giorno prenderanno vita e si rivolteranno contro di lei.
Comunque, a parte gli scherzi, ti ringrazio babe, come sempre, per non lasciarmi mai sola in questa sfida! E per le tue fantastiche revisioni, ogni sacrosanta volta! Te se ama na cifra :3
MA POI: CHE È STA COSA CHE STIAMO PER ARRIVARE AI 3K DI VIEWS?! Ao roba seria qua! La beta dice che dovete regolarvi perché la storia è ancora da revisionare interamente e noi vogliamo la sicurezza nel sapere che in fondo nessuno la legga, così possiamo sbagliare e fare settordici papere per capitolo, MA NON ASCOLTATELA :3 Insieme, anche se lei è fredda e antipatica come una lastra di marmo -scherzo- vi ringraziamo tantissimo WOWOWOWOWOWO!
Baci stellari e a presto, leprottini!
Mars. 

P.S: la smetterò un giorno con questi nomignoli che Amelia me fa un baffo, ma non è questo il giorno. 

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