Capitolo 41. -M

Due valigie grandi, due borse e tre zaini sono troppi? Forse non supereranno il check-in. 

Strillo, istericamente, scalciando tra i vestiti inutili che possiedo, che ora si trovano sparpagliati per terra. Questo è il loro posto. Per una delle poche rare volte nella mia vita, non sono soddisfatta di loro. 

Tre giorni a Fuerteventura con James. È ovvio che deve essere tutto perfetto. Io, in primis. Al luogo e all'itinerario ci ho già pensato, ma per il resto c'è ancora molto da fare. Indosso uno dei miei bikini preferiti e mi scruto allo specchio, girando poi il busto per vedere come sto dietro. Diagnosi: il mio corpo non potrebbe essere più minuto, senza forme e bianco di così. 

"D'accordo" annuncio a me stessa. "Ormai l'operazione rassodamento chiappe è fallita, perciò si passa alla fase due. Non. Diventare. Rossa. Peperone" scandisco così da farmelo entrare bene in testa. Corro in bagno e spalanco lo sportello dello specchio, scansando creme viso e deodoranti per acchiappare, in punta di piedi, le creme solari. Cinquanta e cinquanta più, perfette. Prendo quelle per il viso, che sono altrettanto importanti, e delle bottigliette di acqua rinfrescante per quando si sta troppo tempo sotto il sole e si ha caldo. "Basteranno?" mormoro tra me e me. "Forse dovrei prendere anche quelle di mia madre...".

Sento il telefono squillare dall'altra parte del muro e torno in camera, trasportando più bottigliette di quante le mie braccia corte e ossute possano permettersi. Cade una per il viso, proprio sul mio piede, ma fortunatamente, essendo piccola, non mi fa male. Non come quella volta che mi cadde la bottiglia di bagnoschiuma da 2l sul piede, mentre mi stavo facendo la doccia. 

Lancio il resto delle creme sul letto e mi giro in tondo per cercare il telefono. Butto all'aria i vestiti sparsi per terra e seguo il suono della suoneria finché non lo trovo, sotterrato da una lunga gonna estiva. Rispondo senza controllare il mittente. "Pronto?". 

"Fammi indovinare, il tuo telefono era sotterrato da strati di stoffa". 

"Solo uno, per l'esattezza" lo correggo, sorridendo. 

"E fammi indovinare ancora: sei disperata". 

Mi stringo nelle spalle, anche se so che non può vedermi. "Beh, non esattamente...". 

"Mel...". 

"Ho già preparato le creme solari, e deciso quali valige devo usare. Sono a metà dell'opera!" esclamo, sforzandomi di apparire sicura di me. Dall'altro lato del telefono regna il silenzio. La solita quiete prima della tempesta. "NO, LEO. SONO SULL'ORLO DEL BARATRO, TI PREGO AIUTAMI" sbotto, buttandomi all'indietro sul letto. "Non so cosa portarmi, quali outfit scegliere per il giorno, quali per la sera, quali per il mare, quante scarpe devo portarmi, tacchi o non tacchi, che poi, mi centreranno in valigia? E se non mi fanno partire? Sarà costretto ad andare da solo, quando gli avevo promesso che saremmo andati insieme! Bella ragazza che sono, proprio l'ideale di ogni uomo!".

"Santo cielo, smettila!" esclama lui, e io riprendo fiato, ordinando ai miei polmoni di svolgere per bene il loro lavoro. 

"Che cosa devo fare?" piagnucolo, tirandomi su a sedere e guardando il mare di vestiti che regna nella mia camera. 

"Ora, per prima cosa respira" mi ordina, assumendo un tono di voce calmo e pacato. 

"Fatto" dico, dopo aver preso una buona dose d'aria. 

"Bene, ora: accendi il pc, e vai su Skype. Ci sentiamo lì, ok?". 

"No!" esclamo, in preda al panico. "Non mi abbandonare!" lo prego, mentre mi dirigo verso la mia scrivania. Incastro il telefono tra spalla e orecchio e sposto i vestiti dalla sedia al letto, così da potermici sedere. 

"Mel, sono due minuti" mi fa notare lui, sospirando. 

"Non importa, non voglio rimanere sola". 

"Ti stai letteralmente lasciando prendere dal panico per questo viaggio, Mel" mi rimprovera. 

"Lo so" ammetto, mentre accendo il computer e aspetto che il sistema operativo si svegli, così da diventare utilizzabile. "È che è stato così stressante organizzarlo e ora sento che potrebbe andare tutto a monte. Se non dovesse piacergli?". 

"Spogliati e fai sesso con lui. Sono sicuro che gli piacerà" mi consiglia, con tono di voce serio, che mi sconvolge. 

"LEO!" strillo, incredula. 

"Che c'è? Sono un uomo, anche se gay e so come funziona là sotto" mi ricorda, come se fosse l'argomento più naturale di cui parlare al telefono. 

Scuoto la testa, per non pensarci. "So che adesso la tua vita sessuale è attiva, ma non per questo devi fare del sesso la soluzione a tutto". 

"Se ti riferisci a Derek, sì, la mia vita sessuale è molto attiva. E il sesso è la soluzione a tutto" mi risponde, saggiamente. 

"Voglio cambiare discorso" annuncio, cliccando due volte sull'icona di Skype. "Sto accendendo". 

"Posso attaccare ora?" chiede, sbuffando. 

"Sì!" esclamo, felice che in questo modo la conversazione non possa ricadere su Leo e i suoi passatempi. Promemoria per me: mai più discorsi del genere con Leo. 

Clicco sulla chat con Leo e lo chiamo, aspettando che risponda. Il suo sorriso e i suoi occhioni mi appaiono qualche secondo dopo. "Ciao, Mel. Allora: mostrami la fine del mondo". 

Sospiro e prendo in braccio il computer per guidarlo verso il mare sconfinato di vestiti sparsi sul pavimento. "Allora, lì abbiamo la famosissima regione dei vestiti comprati e mai indossati. Un po' più verso Nord, invece, troviamo la città dell'intimo da verginella, che potrebbe anche essere rasa al suolo nell'arco di un quarto d'ora, quindi si consiglia la massima attenzione. Qui, poi, c'è il meraviglioso tropico dell'intimo sexy che è perfetto, ma è troppo grande per entrare a far parte della Confederazione dei Vestiti della Camera di Melanie, quindi sono un po' indecisa. Quella è la montagna degli shorts e i vestiti corti... devo continuare?".

"No, penso che tu abbia reso l'idea" risponde la voce di Agatha. Controllo il pc e scopro che la gemella di Leo si è unita alla nostra conversazione. 

"Oh, ciao Agatha" la saluto, con un sorriso. "Non serve che io ti spieghi il perché di questa riunione". 

"No, è semplice e prevedibile: stai impazzendo perché non sai cosa portarti in vacanza" dice, stringendosi nelle spalle. Potrei offendermi. 

"Esatto" confermo, poggiando di nuovo il computer sul tavolo. "E essendo voi i miei migliori amici, dovete aiutarmi". 

"Facciamo così" dice Leo, rizzandosi sulla sedia. Io e Agatha lo guardiamo in attesa. "Tu ti provi tutti i vestiti estivi che sono accatastati lì per terra e noi li promuoviamo o li bocciamo. Così intanto si dimezzeranno. Per l'intimo ti lascio sola con Agatha, non voglio rimanere scandalizzato a vita. Tutto chiaro?" chiede, guardando prima la sorella e poi me. 

"E io terrò il conto dei vestiti promossi, così che sapremo se sono troppi o no" aggiunge Agatha. 

Sospiro, sollevata. "Come farei senza di voi?" domando retoricamente, allungando le mie labbra in un sorriso. 

"Lo sappiamo che siamo unici e insostituibili. Ora va, e sbrigati, non ho tutta la giornata" mi esorta Agatha, facendomi ridere. 

"Sì, perché anche la sua di vita sessuale è molto attiva" mi informa Leo. 

"CHE COSA?" urlo, sconvolta. "AGATHA!" protesto, di fronte al suo silenzio assenso. "Non me l'hai detto!". 

"Scusami!" si difende lei. "Sono tornata ora da casa sua..." mormora, a disagio. Dallo schermo del computer non si riesce a vedere, ma sono sicura che sia diventata rossa pomodoro. 

"Mi vendicherò e dovrai raccontarmi tutto" la rimprovero, incrociando le braccia al petto. 

"A me ha già raccontato dei suoi pettorali" mi canzona Leo, facendomi sbuffare. 

"Agatha, ti perdono solo perché è tuo fratello". 

"Lo sai che non mi avrebbe lasciata in pace, se non gli avessi detto un particolare! Giuro che ti racconterò tutto, promesso!" esclama, sorridendomi. 

Le sorrido di rimando e mi alzo, per raccogliere il primo vestito e provarmelo. E così anche Agatha ha perso la sua purezza. Peccato, volevo farla diventare sindaco della città dell'intimo da verginella, ma ormai non penso che possa più fare al caso suo. Sono felice, comunque, che la sua prima volta sia stata con Jun. È un ragazzo d'oro e si vede che le vuole bene. Tifo per loro, con tutta me stessa. 

 Mi guardo per un attimo allo specchio, prima di tornare davanti al computer. È un abito bianco di iuta, stretto in vita da un laccio in pelle, finta ovviamente. "La sfilata ha inizio!" annuncio, posizionandomi di fronte al pc e mettendo le mani sui fianchi, per poi fare un giro su me stessa. 

"Bocciato" annuncia risoluto Leo. "A meno che tu non voglia sembrare un sacco di patate". 

"Solo perché non ti piace lo iuta" mi lamento, mettendo il broncio. 

Esco dalla loro inquadratura. Me lo sfilo, sospirando: sarà più difficile del previsto. 

-

Dopo ventidue capi (tra vestiti, magliette, pantaloni e intimo) e tre paia di scarpe approvati -rigorosamente da Leo- carico la mia pesante valigia nel bagagliaio dell'auto di Agatha. Salgo sul sedile posteriore e sospiro, cercando di calmarmi. Perché il mio cuore è in subbuglio? È come andare incontro al primo appuntamento. È solo James, il tuo ragazzo, Mel, mi dico, provando a farmi ragionare. Non ti agitare come una bambina al concerto degli Arctic Monkeys, santo cielo. 

Non ti agitare, Mel. Agatha mette in moto la macchina e fa inversione a U per uscire dal parcheggio davanti casa mia. Accende la radio e mette una canzone dei Pentatonix, uno dei nostri gruppi a cappella preferiti. Sono formidabili: cinque persone con culture, orientamenti sessuali e voci completamente diverse che riescono a creare l'armonia e la musicalità migliore che abbia mai sentito. Sì, sono una loro super fan, e i gemelli con me. E ringrazio Dio per averli creati: la musica arriva alle mie orecchie, facendomi chiudere gli occhi. Grazie alle loro voci, riesco a rilassarmi. 

Agatha guida con la sua solita prudenza nelle vie trafficate della città, fino ad arrivare a destinazione. Parcheggia, non molto lontana dall'entrata dell'aereoporto, mentre io non riesco a distogliere lo sguardo da una macchina poco distante da noi. Il guidatore, con una camicia a maniche corte e degli shorts che arrivano al ginocchio, scende, poggiando sul naso un paio di occhiali da sole neri. Il mio cuore perde un battito e mi costringo a distogliere lo sguardo: cosa mi sta succedendo? Posso essere così nervosa per un semplice viaggio con il mio ragazzo? Perché non sono felice e spensierata? PERCHÉ?

Scendo anche io dall'auto e, attenta a non guardare nella direzione di James, faccio il giro dell'auto per aprire il bagagliaio e prendere una delle mie due valige, con una piccola imprecazione per la fatica. Non vedo l'ora di mollarle all'imbarco. Faccio per prendere l'altra, ma una mano si stringe sul manico, prima che io possa fare altrettanto. Alzo lo sguardo e incontro il suo. Quante altre volte ho intenzione di smettere di respirare, oggi?

"Ehi" mi dice, mettendo la valigia a terra e lasciandomi un bacio tra i capelli. "Pronta?". 

Provo a parlare ma non ci riesco, quindi annuisco. Lui anche fa per dire qualcosa ma viene interrotto. "Allora, moretto" lo chiama Agatha, sorprendendomi. Moretto?

"La tua ragazza è anche la mia migliore amica" gli ricorda, posizionandosi davanti a lui a braccia incrociate. James mi guarda per un attimo, ma a causa delle lenti scure, non riesco a vedere la sua espressione. Sicuramente sarà confusa, così come la mia. 

"È la nostra migliore amica" la corregge Leo, mettendosi spalla a spalla con la sorella. 

"Sì, la nostra migliore amica. Il che vuol dire che se la farai soffrire o se non ti comporterai bene e sfrutterai questo momento di solitudine tra di voi per farle del male, sappi che ho una cintura nera". 

"In judo" aggiunge Leo. "E io sto andando in palestra da un mese e mezzo... non so se noti i bicipiti" dice, tastandosi il braccio destro con la mano sinistra. Faccio una smorfia, sentendomi decisamente a disagio. Spero che la conclusione di questo loro minaccioso discorso arrivi presto. 

Vedo il sopracciglio di James alzarsi al di sopra della montatura degli occhiali, segno che è sempre più scettico e confuso. 

"Perciò se non vuoi trovarti con un occhio nero e il naso rotto..." riprende Agatha. 

"E in tal caso saremmo magnanimi" aggiunge Leo, alzando l'indice, per precisare. 

"Vedi di riportarla a casa sana e salva" conclude finalmente lei, facendomi scuotere la testa. 

"Fisicamente e mentalmente" precisa ancora Leo. 

"Avete finito?" si assicura James, alzando un lato della bocca, in un sorriso sghembo. 

"Penso di sì" annuncia Agatha, guardando il fratello per una conferma. Lui annuisce. 

"Buona vacanza, divertitevi" ci augura Leo, soddisfatto. "E usate le precauzioni. Sono troppo giovane per diventare zio". 

"Usatele" ci ammonisce Agatha, indicandoci minacciosamente. 

"Sarà fatto" confermo, abbracciandoli entrambi, per qualche secondo. "Ora, andate. Prima che chiami Vera". 

"Oh, no, Vera no!" esclama Leo, correndo in macchina. Ridacchio, soddisfatta. Vera è l'unica persona che sa incutere paura nei gemelli. Per il resto, escluso qualche piccolo avvenimento, non mi era mai capitato di vederli deboli o timorosi. Tranne, appunto, quando Vera, ancora dopo quasi vent'anni, li insegue minacciandoli con una delle sue letali ciabatte. 

"Traditrice! Non si usano i nostri punti deboli per minacciarci!" urla Agatha, correndo anche lei in macchina. Si ferma accanto allo sportello del guidatore e mi sorride. "Andrà tutto bene", mi mima. 

"Da che pulpito" commento, sorridendo. Lei ride e si abbassa per entrare in macchina. Parte e vedo il finestrino di Leo abbassarsi. "Fate tante foto! Tante foto!" ripete mentre la macchina si allontana sempre di più. 

"È la cosa più strana a cui ho assistito in tutta la mia vita" dichiara il ragazzo a fianco a me. 

"E dire che ancora non li conosci bene" gli ricordo, scuotendo la testa. 

Lui ride e mi esorta a camminare verso l'interno dell'edificio. Trascinandomi dietro la valigia ed il trolley lo seguo, lasciandomi guidare. Ogni mio movimento è studiato, non lascio nulla al caso. Mi sento veramente come se fossi al primo appuntamento, ma non mi biasimo. In effetti, è una prima volta: la prima volta che facciamo un viaggio insieme. Forse, le mie emozioni non sono del tutto innaturali. Le sue, invece, sono perfette. Ovviamente. È felice e spensierato, come un normale ragazzo innamorato. Come a confermarlo, mi sorride, facendo sciogliere il mio cuore. 

Lasciamo il mio bagaglio, così che venga messo in stiva e proseguiamo con il check-in. Superiamo la prova del metal detector, e io mi sbrigo a infilarmi di nuovo i sandali, che ho dovuto togliere a causa delle rifiniture in metallo. Appena ci ricongiungiamo, James con una mano tiene la sua valigia e l'altra la intreccia alla mia, facendomi sorridere. "Non sei nervoso?" gli chiedo, mentre ci sediamo davanti al tabellone degli arrivi. Non ce la faccio a non chiederglielo, devo sapere.

"Dopo il discorso dei tuoi amichetti, forse un po'" ammette sorridendomi. I suoi occhiali da sole sono appesi allo scollo della sua camicia così che finalmente possa ammirare i suoi occhi. 

"Chiunque lo sarebbe, dopo un discorso del genere. In mia discolpa ammetto che non ne sapevo niente" lo rassicuro, e lui si acciglia. 

"Hanno fatto davvero le cose per bene" nota, ridendo leggermente. 

Mi stringo nelle spalle. "Dopo diciotto anni ancora sanno sorprendermi". 

"Spero di riuscire sempre a sorprenderti anche io" mi dice, mandando in fibrillazione ogni singola parte del mio corpo. Deve smetterla. 

Gli sorrido, sentendomi le guance in fiamme, cosa che, ovviamente, lui nota. Infatti mi lascia un bacio veloce su una delle mie gote. Conclusione: no, non è nervoso per niente. Maledetto.

Dopo un'ora e mezza, dove abbiamo giocato a una specie di Indovina Chi? con i personaggi delle serie tv, finalmente il nostro aereo arriva, facendoci alzare insieme, per dirigerci poi verso l'imbarco. 

Saliamo sull'aereo, che decolla dopo dieci minuti. Io, rigorosamente vicino al finestrino, ammiro le nuvole sotto di noi e sospiro. Sento la sua testa poggiarsi sulla mia spalla, così colgo l'occasione per poggiarmi con la guancia sui suoi capelli. Inutile dire che adoro il profumo del suo shampoo. "Ti sei presa il finestrino" si lamenta. 

"Ovviamente" rispondo, atona. 

"Ma sul foglio del biglietto c'era scritto che io ero seduto vicino al finestrino" borbotta. 

"Impara che i biglietti dell'aereo mentono sempre" confesso, ridendo appena. 

"Maledetti" impreca, facendomi ridere ancora. Si tira su e io sposto lo sguardo sul suo viso, senza abbandonare il sorriso. 

"Come stai?" mi chiede, scrutandomi in viso, e abbandonando tutta la messa in scena del bambino piagnucolone, come se fosse seriamente preoccupato per me.

"Bene" lo rassicuro. "Ero nervosa questa mattina, forse perché non sono mai andata in vacanza con i miei ex, quindi non sono abituata. Ma ora sto bene, mi sono rilassata" gli spiego, sincera. 

Lui rotea gli occhi. "Certo che sei nervosa. I tuoi ex saranno stati tutti degli idioti". 

Stavolta sono io ad alzare gli occhi al cielo. "Smettila di criticarli. Non li conosci nemmeno". 

"E non vorrò mai conoscerli" mette in chiaro, alzando un sopracciglio. 

"Non preoccuparti, non avverrà" gli prometto, più che sicura. Non sarebbe MAI successo. 

Il telefono vibra, nella tasca dei miei shorts e mi sbrigo a recuperarlo. Sullo schermo leggo la notifica di una nuova mail dall'Accademia. Sblocco il telefono e la apro. All'interno c'è la data dell'inizio delle lezioni, i corsi da seguire, e diversi contatti a cui riferirsi in caso di necessità. Guardo James con la coda dell'occhio, per verificare che non abbia visto e sospiro sollevata: ammira il panorama fuori dal finestrino. Dovrei dirglielo. Dovrei decisamente dirglielo. Mi avevano mandato la mail d'ammissione due settimane fa. L'avevo subito comunicato ai gemelli, che avevano proposto di festeggiare il secondo dopo, ma mi ero trattenuta con lui. Era così impegnato con la sua laurea che avevo paura che non prestasse abbastanza attenzione a quella notizia. Per me è una notiziona: è la conferma che il mio sogno si sta avverando, piano piano. Ma ora, laureato e spensierato, penso che sia pronto ad ricevere quell'aggiornamento sulla mia vita. 

Mi rizzo sul posto e sospiro. "Sai, eri preso così tanto dalla tua laurea che non ho avuto modo di dirtelo" dico, guardandomi le mani. 

"Dirmi cosa?" mi esorta lui, prendendo le mie mani nella sua, impedendomi di torturarmi. 

"Ho superato gli esami d'ammissione dell'Accademia" gli comunico, sorridente. 

"Mel, ma è fantastico!" esclama, con una nota di orgoglio. "Ero sicuro che ce l'avresti fatta". 

"Grazie" rispondo, voltandomi e lasciandogli un leggero bacio sulla punta del naso. 

"Perché non me l'hai detto?" mi chiede, corrugando la fronte.

Mi stringo nelle spalle. "Volevo lasciarti vivere il tuo momento, senza intromettermi". 

"Mel, avrei condiviso la mia felicità con te e tu avresti fatto lo stesso con la tua. Potevamo festeggiare insieme, ognuno con i propri traguardi" mi fa notare, sorridendomi dolcemente.

"Hai ragione, scusa" ammetto, timida. "Da oggi in poi ti dirò tutto subito". 

"Bene" risponde. "E ora buonanotte" annuncia, mettendosi comodo sul sedile. 

"Buonanotte". Resto a guardarlo fino a che non mi addormento anche io, stremata da quella giornata. 

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STILL TROPPO LUNGO FOR MY GUSTI. PLEASE, FORGIVE ME, NON SO WHAT IS HAPPENING. FORSE I'M GETTING CRAZY. 
Forse
Maybe. 
La faccio finita, sì.

Un abbraccio,
Mars.


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