Capitolo 40. -J

"Allora, tu passi in copisteria e rileghi la tesi, io faccio scorta di caffeina e controllo la situazione al quartier generale. Roger?" mi chiede un Cam ansioso dall'altra parte del telefono.

Io, una borsa pesantissima appesa ad una spalla, uno scatolone con i fogli della tesi tra le mani e il telefono incastrato tra l'orecchio e la spalla, rispondo: "Roger. Sperando che ci siano copisterie aperte di sabato mattina alle otto" commento, abbastanza nervoso, mentre attraverso sulle strisce, correndo e superando anche a spallate le persone che ancora devono finire di svegliarsi.

Per me il risveglio oggi non è stato un problema: sono rimasto sveglio tutta la notte a casa di Cam per finire la tesi. Che sì, è un progetto di coppia. Siamo stati tutta la notte a modificare le foto al computer e a bere caffè come fosse acqua. Nonostante quello, lotto ancora contro le mie palpebre che vogliono chiudersi a tutti i costi.

"Abbi fede, compagno. Sono sicuro che riusciremo ad uscirne sani e salvi. In caso contrario, è stato un onore combattere al tuo fianco".

"D'accordo, ma tu smettila di parlare in questo modo" lo rimbecco, con un sospiro.

"Si chiama allegerire la tensione, amico. Muovi quel culo, qui sono già arrivati tutti".

"Non mettermi ansia, Cam!" sbotto, infastidito. "Siamo i quinti, abbiamo tutto il tempo".

"Il tempo è relativo".

"Vaffanculo, Cam" dico, freddo e pungente, togliendo una mano da sotto lo scatolone per attaccargli in faccia.

Corro, facendo sempre attenzione alle preziosissime cose che trasporto fino ad arrivare davanti alla copisteria che, indovinate? E' chiusa.

"PERCHÉ?" impreco, senza preoccuparmi del volume della mia voce. "PERCHÉ DIO, A ME?".

Senza sprecare ulteriore fiato, svolto a destra, diretto alla seconda copisteria. Spiaccico il viso contro il vetro e intravedo delle figure umane muoversi all'interno. "Aprite!" dico, cercando di forzare la porta chiusa a chiave. "Vi prego, è questione di vita o di morte!".

Un uomo sulla sessantina si avvicina alla porta, e comincio a scusarmi con Dio per aver mal riposto la mia fede, quando il signore mi indica il cartello appeso alla porta. Aprono alle nove. Mi rimangio tutto, Dio.

"Oh, andiamo!" urlo, per farmi sentire. "Mi devo laureare, oggi!".

Lui si stringe nelle spalle, lasciandomi solo al mio destino. Il mio telefono squilla ancora, e con qualche altra imprecazione, lo prendo dalla tasca. "COSA VUOI, CAM?" sbraito ancora una volta, mentre mi incammino cercando di fare mente locale, per dirigermi verso un'altra copisteria.

"Te lo dirò una volta sola e con molta calma e non lo ripeterò" annuncia lui, repentorio. "NON HO LA MINIMA IDEA DI DOVE SIANO FINITI I QUATTRO GRUPPI PRIMA DI NOI, FATTO STA CHE NON CI SONO E ORA STANNO ASPETTANDO TE, JAMES". Meno male che aveva detto "con calma".

"COSA?!" urlo a pieni polmoni, mentre sento il mio cuore abbandonarmi per un microsecondo, per poi recuperarlo, pompando violentemente nella mia cassa toracica. "TI PREGO DIMMI CHE SEI UN COGLIONE ED È UNO SCHERZO".

"Sono un coglione, ma non è uno scherzo" mi corregge.

Ok, penso che stia arrivando un attacco di panico.

"Dimmi che sei riuscito a rilegare la tesi" mi prega.

"NO, NON CI SONO RIUSCITO, CAMERON" gli riferisco, irritato. "Senti, peggio per loro" dico, mentre la ragione comincia piano piano a tornare. "Noi sapevamo che eravamo i quinti, non è colpa nostra se questi STRONZI non si sono presentati. Quindi, ora aspettano il tempo necessario affinché la tesi sia pronta. Roger?" chiedo, fingendomi calmo e sotto controllo.

"Ma sono la nostra commissione, James..." prova a contestare il mio caro amico.

"Non me ne frega un cazzo, Cam" gli rispondo, con tanto di francesismo.

"Roger. Io confido in te, soldato".

"Grazie, comandante" rispondo, per poi attaccare.

Mi dirigo verso l'unica copisteria che è rimasta, penso, nell'intera città e entro, ringraziando tutti gli dei, di tutte le religioni del mondo. "Buongiorno" dico, salutando una giovane ragazza, che mi sorride.

"Ciao, devi rilegare?" mi chiede, indicando lo scatolone.

"Sì, e con molta urgenza, sono in ritardo" le rispondo, senza riuscire ad abbandonare quel mio comportamento irritato.

"D'accordo" risponde lei, accigliandosi. "Dirò alla macchina di sbrigarsi" mi risponde, ironicamente, facendomi innervosire ulteriormente.

Il telefono squilla ancora, ma stavolta è Mel. "Mel" rispondo, cercando di calmarmi. "Tesoro, non è davvero un buon momento".

"Ma dove sei? Qui aspettano solo te!".
Grazie, Mel, davvero, ricordami di non chiamarti mai quando sono in preda all'ansia.

"Ti ho detto che non è un buon momento, perdiana" dico tra i denti, cercando di contenermi.

"Vuoi una mano, ti posso aiutare?". Sorrido al suo altruismo.

"No, grazie. A meno che tu non abbia la fotocopiatrice più veloce del west" le rispondo, voltandomi verso la ragazza che sembrava procedere a due all'ora.

"No, mi manca, mi dispiace" mi riferisce, con un tono triste.

"Tranquilla. Vai a farti un giro, ok? C'è la sala vicino all'ingresso con tutte le foto storiche dell'accademia" le propongo.

"Oh, wow" commenta lei, per nulla entusiasta. "Penso che andrò a prendermi qualcosa con Cameron. Sembra un po' ansioso".

Questa giornata va decisamente di bene in MEGLIO. So che Cameron non toccherebbe la mia ragazza nemmeno con un dito, eppure sono geloso lo stesso. E poi, lui ansioso? LUI? "Oh, povero cocco, sono sicuro che un succo di frutta alla mela gli farebbe davvero bene" rispondo, fingendomi dolce e premuroso.

"Simpatico" commenta, ridendo. "Oppure, se può farti sentire meglio, posso tenere occupata Sarah fino a quando non arrivi".

"Molto meglio" rispondo, sospirando sollevato. "Si starà annoiando a morte".

"Sì, poverina. Mi ha detto che le piaccio come sono vestita e che sono molto carina" m'informa, usando un tono soddisfatto.

"Scommetto che ha ragione" le rispondo, con un sorriso.

Lei ride, per poi sospirare. "Sta' tranquillo, andrà tutto bene, ok?".

"Lo spero. A dopo".

"A dopo". Attacca e io ripongo il telefono nella tasca dei pantaloni.

La ragazza della copisteria mi guarda, con pietà. "Pensa che esiste solo un giorno per la laurea".

"Già" rispondo. "Solo un giorno", che potrebbe tranquillamente rovinare la mia vita per sempre, continuo, nella mia mente.

Un'ora dopo mi ritrovo nuovamente a correre verso la sede di laurea. Cerco di non pensare ai professori che mi stanno aspettando, facendo aereoplanini di carta per passare il tempo. Tanto meno a Mel barcollante sui tacchi -sono sicuro al cento per cento che li abbia indossati- mentre Cameron le offre un braccio per aiutarla. Arrivo in facoltà e spalanco la porta, facendo preoccupare la povera Maggie, la portiera, che mi conosce da sempre. Le rassicuro che sto bene, e lei mi urla un "in bocca al lupo".

Arrivo davanti all'aula e appena Cameron mi vede, penso che possa scoppiare a piangere di gioia. "Ce l'hai fatta!" esclama, commosso. "Il mio compagno ce l'ha fatta! Sapevo che avresti portato a termine la missione, compagno" mi dice, abbracciandomi. Mel, dietro di lui mi sorride e io le faccio un occhiolino, ancora ansante dalla corsa. Avevo ragione, si è messa i tacchi. È fin troppo bella per il giorno della mia laurea. Spero che il mio cervello non si concentri su di lei, ora. Intrecciata alla sua mano c'è quella si Sarah, che mi sorride, incoraggiante.

Uno dei professori si affaccia dalla porta dell'aula, invitando me e Cam ad entrare. Dopo di noi ci seguono i miei genitori e Tess, quelli di Cameron, Mel, e altri parenti di Cam che non avevo mai visto.

Io e Cam presentiamo la tesi meglio di quanto sperassi. I professori pendono dalle nostre labbra, e sembra tutto filare liscio come l'olio. Almeno questo, penso.

Passato del tempo però, l'ansia è scemata e sono a mio agio, la stanchezza piomba su di me come un enorme masso pesante e sono costretto a poggiare il peso su tutte e due le gambe per non svenire. Una volta finito, stringiamo le mani ai professori, e io non posso credere che sia finita davvero. Usciamo tutti e i prof chiudono la porta dell'aula, per il giudizio finale. Detto così sembra spaventoso e pericoloso.

"Penso che sverrò dalla stanchezza" dichiaro, mentre una del tutto noncurante Tess attorciglia le braccia al mio collo, facendomi spostare di una manciata di passi indietro. "Oh, sei stato perfetto, Jamie! Sono così fiera di te!" mi dice, staccandosi e asciugandosi le lacrime che continuano a sgorgare imperterrite.

"Grazie, Tess" le rispondo, con un sorriso. Dopo di lei mi abbraccia mio padre, contro la mia volontà. "Non avrei saputo fare di meglio" mi dice, e io mi trattengo da alzare gli occhi al cielo.

Sorrido, forzatamente, e gli rispondo. "Grazie".

Mia madre mi accarezza una guancia, con un lieve luccichio negli occhi. "Sei stato bravissimo" dice, semplicemente. Ma io le sono più grato sapendo che quelle parole sono vere.

"Bravo, fratellone!" urla Sarah, saltandomi in braccio prima che io possa rendermene conto. "Anche se non ho capito nulla di quello che hai detto" mi confessa, facendomi ridere.

"Meglio così, sono cose brutte e noiose" le rispondo, sorridendole.

"Infatti mi sono addormentata" mi informa, ridendo.

"Oh, che brava. Ti sei fatta un bel sonnellino?".

"Sì" conferma, entusiasta. Rido, scuotendo la testa e riportandola a terra.

Liberatomi dalla stirpe, mi dirigo verso di Mel con un sorriso sincero e gioioso. Lei ricambia, correndo verso di me e saltandomi addosso, superando di gran lunga Tess e Sarah. Le faccio fare un giro, per poi riportarla a terra, senza mai smettere di ridere.

"Te ne hanno già dette di tutti i colori!" protesta lei. "Non che dire se non «sei stato bravissimo»" aggiunge, con un broncio.

"Potresti darmi il bacio della vittoria" propongo, prendendole il viso tra le mani.

"Mi sembra un'ottima idea" risponde, per poi posare le sue labbra sulle mie.

"Che schifo!" sento strillare. Rido, staccandomi lentamente da Mel e guardando la mini versione femminile di me, tirare fuori la lingua, disgustata. "Sono cose da grandi queste" le dico.

"Perciò resta piccola per sempre" aggiunge Mel, facendola ridere.

"Ehi!" protesto, facendole ridere entrambe.

Prima che riesca ad alzare gli occhi al cielo, voltarmi, e annunciare al resto della mia famiglia, in maniera educata e formale, che Mel era la mia ragazza, Tess corre verso di noi e mi sposta di lato con una spinta.

"Oh, mi DIO!" strilla. "TU SEI LA SUA RAGAZZA!".

"Cristo, Tess, mi stanno giudicando, nell'aula qui a fianco" impreco, sbuffando.

"Sì" risponde Mel, ignorandomi. "Melanie, ma puoi chiamarmi Mel" aggiunge, allungando la mano verso Tess.

Ovviamente Tess la ignora e l'abbraccia, stritolandola. "Oh, è così bello che tu esista! Pensavo che non saresti arrivata mai!".

Mel ride dall'imbarazzo e dal sollievo, dopo che Tess la lascia dalla sua presa mortale. I miei genitori le si avvicinano, e mia madre è semplicemente perfetta: "Tanto piacere, Mel, sono Barbara" si presenta, e la saluta dandogli due baci sulle guance. Anche mio padre, devo dire, si comporta formalmente. "Io Roger".

Ho usato il nome di mio padre per fare lo stupido con Cam da questa mattina? Ops.

I professori escono improvvisamente dall'aula, facendomi sobbalzare dalla sorpresa, e ci comunicano i nostri pieni voti.

Non appena mi allontano quanto basta dall'aula, senza prima aver riabbracciato tutti, sento un grido provenire da una direzione non identificata, finché lo sento avvicinare alle mie spalle. Prima che riesca a voltarmi, Cameron mi salta in spalla, rischiandomi di farmi cadere.

"Attento, cretino!" dico, ridendo, felice, finalmente.

"IO TI AMO, JAMES. IL MASSIMO, ABBIAMO PRESO IL MASSIMO, PAPÀ MI DA IL SUO APPARTAMENTO COME REGALO E MAMMA MI PAGA LA VACANZA AD IBIZA, E TUTTO QUESTO GRAZIE A TE, MIO EROE!" urla, come un pazzo, baciandomi la testa e la guancia.

"Mi dispiace, sono già occupato" scherzo, mentre lo spingo a scendere. Mi abbraccia ancora e io sospiro, esasperato. "Cameron, staccati".

"Devo renderti omaggio, oh mio salvatore" contesta lui, senza separarsi da me.

"Sei proprio un coglione" borbotto.

Lui si stacca, dopo che, grazie al cielo, i suoi parenti lo chiamano per andare a pranzo. Io sospiro, sollevato, e lo saluto. Poi passo il braccio intorno alla vita di Mel, che mi guarda, arrossendo.

"Che c'è? Non stiamo insieme" chiarisco subito, indicando Cameron in lontananza.

Lei ride. "No, non era per quello".

"E cosa?" le chiedo, sospettoso.

Lei si stringe nelle spalle e arrossisce ancora, timida. "Incontrare i tuoi genitori è stato strano".

Le sorrido, per poi baciarle la fronte. "Ti adorano".

"Lo spero" commenta lei, con un sospiro nervoso.

"Mel" le dico, ridendo appena. "Vedono che con te sono felice, è quello che gli basta per reputarti adorabile. È quello che risulti ai loro occhi. Giuro" aggiungo, alla sua espressione perplessa. "Sei la ragazza migliore che io gli abbia mai presentato".

"Ah, quindi ci sono precedenti" risponde lei, incrociando le braccia al petto, accigliata.

"Sì, ma sappi che è la prima volta che mia madre non arriccia il naso. È un buon segno".

"Sei proprio un gran bel bugiardo" ride lei, scuotendo la testa.

"Sei tu che non credi nelle tue qualità" ribatto, serio.

"Tesori, muovetevi!" esclama la voce di Tess. "Abbiamo il tavolo prenotato!".

Mel ignora la mia ultima frase, per accelerare il passo e raggiungere Tess, che la prende sotto braccio, cominciando a parlarle. Sicuramente di me e sicuramente di qualche episodio imbarazzante nella mia noiosa vita.

Qualcuno mi tira la manica e abbasso lo sguardo. Sarah mi sta sorridendo, e io la imito, quasi meccanicamente. "Mi piace un sacco Mel" annuncia, felice.

"Lo so, piace un sacco anche a me" le rispondo.

"Quello si era capito" replica, roteando gli occhi e facendomi ridere. "Lei è speciale" aggiunge, guardandola.

Seguo il suo sguardo e la vedo ridere insieme a Tess e a mio padre. "Sì" rispondo. "Lei è speciale".

-

Dopo il festeggiamento -nel quale ho scartato i regali, indossato la corona d'alloro, e cantato con il karaoke- posso finalmente annunciare la fine definitiva dei miei studi. Non pensavo che sarebbe stato così piacevole. Forse è stata la presenza di Mel, a rendere tutto perfetto. E non intendo solo alla laurea e ai festeggiamenti. Da quando c'è lei, sembra tutto più luminoso. Accanto a lei, il mondo sembra un posto migliore.

Accosto davanti casa sua e sorrido. "Eccoci qui!" esclamo, spegnendo la macchina.

"Eccoci qui" ripete lei, senza alcuna intenzione di scendere dalla macchina. Si tortura le mani, senza guardarmi.

"Devi dirmi qualcosa?" le domando, aggrottando le sopracciglia e temendo il peggio.

"Tu non hai niente da chiedermi?" ribatte lei, alzando finalmente lo sguardo su di me.

Odio queste situazioni. No, non ho nulla da chiederle. Perché dovrei chiederle qualcosa? Mi prendo due secondi per pensarci, in cerca di un'illuminazione divina, ma il mio cervello non elabora nessun dato fondamentale. "Ehm..." balbetto, per poi stringermi nelle spalle.

Lei sbuffa, infastidita. "Non ti sei nemmeno accorto che non ti ho fatto nessun regalo?".

Accidenti. Nella mia mente, mi spiaccico una mano sulla fronte, per non averci pensato. La guardo, dolcemente. "Mel, non mi devi fare alcun regalo".

"Invece sì!" replica lei, incrociando le braccia al petto. "Sono la tua ragazza ed oggi è il giorno più importante della tua vita e io non ti ho fatto nessun regalo" piagnucola, come una bambina.

"Mel, non mi serve niente. Mi basti..." comincio, ma lei mi interrompe.

"Oh, ti prego, non dire che ti basto io, che sono il regalo migliore che la vita potesse regalarti e bla bla bla. So che volevi un regalo, ma non l'ho trovato, non abbastanza importante per il giorno della tua laurea. Quindi, forza, arrabbiati con me" mi sprona, gesticolando.

"Mel, io non sono arrabbiato con te. Mi va bene così, fine della questione" rispondo, secco, cominciando ad irritarmi. Come fa a non capire che davvero mi basta lei per essere felice? Sarà una cosa scontata, detta e ridetta, ma per quanto mi riguarda è vera.

"Ma perché non vuoi ammetterlo?!" urla, alzando la voce. "Io mi sento da schifo per non averti regalato niente e ora tu mi dici che a te non interessa?!".

"No, non mi interessa!" ripeto, alzando anche io il volume della mia voce. "Mel, ti stai comportando da immatura. Un regalo non è così importante, la cosa veramente importante è che stiamo insieme e che stiamo bene" cerco di spiegarle, nel modo più chiaro possibile.

"Oddio, quanto non ti sopporto, quando fai così!" sbotta, facendomi sgranare gli occhi.

Cosa diavolo sta succedendo?!

Scende dalla macchina, furiosa e sbatte lo sportello, per avviarsi verso l'ingresso di casa sua. Ok, tutto ma lo sportello no. Lo sportello NO.

Scendo anche io, seguendola, chiedendomi come faccia a correre in quel modo su quei tacchi pericolanti. La vedo cercare le chiavi nella borsa e infilarle nella toppa. "MEL!" urlo, prima di cominciare a correre per raggiungerla.

La fermo prima che possa aprire la porta. "Vattene via!" protesta, dimenandosi dalla mia presa.

"Mi vuoi dire perché fai così?!" le chiedo, mentre lei apre la porta ed entra. La seguo, prima che possa chiudermi fuori. "Non sembri tu! Non ti sei mai comportata..." dico, fermandomi sulla soglia, e rimanendo a bocca spalancata davanti a quello strano scenario. "Così" finisco, sempre più sbalordito.

"Beh?" fa lei, sorridente. "Non ti avvicini?". La guardo per un attimo, senza poterci veramente credere.

L'intero salotto è occupato da palloncini. I loro fili sono attaccati al pavimento, facendoli arrivare a circa un metro di altezza. Dondolano dolcemente, scontrandosi di poco tra loro. Mi avvicino, e ci cammino in mezzo, alzando le braccia. "Mel..." la chiamo, girandomi. La trovo che mi sorride, sull'orlo di scoppiare a ridere. "Devo preoccuparmi?".

"Forse" dice lei, alzando le spalle e raggiungendomi.

"Che cos'è?" le chiedo, mentre lei mi circonda il collo con le braccia.

"È una caccia al tesoro" annuncia, soddisfatta e fiera. "Devi scoppiare tutti i palloncini. Dentro ci saranno dei foglietti che ti indicheranno quanto lontano sei dal tesoro".

"Dimmi che non l'hai fatto davvero" commento, guardando di nuovo i palloncini. Sono come minimo trenta, per difetto.

"E invece sì" risponde lei, per poi ridere alla mia espressione. Infila una mano nella tasca della sua giacca e mi porge uno spillo. "Buona fortuna".

Lo prendo, ancora scioccato. Non so bene cosa aspettarmi da questa situazione. Sono piacevolmente sorpreso, ma dall'altra parte temo di scoppiare i palloncini. Non so spiegare il perché.

"Ma scoppiare i palloncini è rumoroso" protesto.

"Oh, povero bimbo" commenta lei, tirando fuori il labbro inferiore. "Ti da fastidio il rumore?" aggiunge, prendendomi in giro. Le lancio un'occhiataccia e lei ride.

Per tutta risposta, pungo con prepotenza il palloncino più vicino, che scoppia producendo un rumore secco. Noto un foglietto e lo raccolgo. Lo dispiego e leggo ad alta voce. "Acqua".

Alzo lo sguardo verso di lei, e la trovo che annuisce. Ho come la sensazione che dovrò scoppiarli tutti. Dopo non so quanti scoppi, e risate di Mel, le sue prese in giro, e innumerevoli bigliettini con scritto "acqua", finalmente ne rimane solo uno. Lo scoppio, impaziente. Raccolgo il biglietto. "Fuoco".

Mi volto verso di lei. "Me l'hai infilato in tasca mentre ero impegnato a diventare sordo?".

Scuote la testa. "Ma è una buona idea".

Sbuffo. "La stai tirando per le lunghe".

"Vedrai, l'attesa vale la sorpresa" dice indicandomi con il mento un punto su soffitto. Alzo lo sguardo e un ultimo palloncino dondola sul muro. "Ok, adesso sì che mi sento imbecille" dichiaro, sentendola ridere. Come ho fatto a non notarlo prima?!

"Solo tu sei abbastanza alto da arrivarci" mi spiega, come se volesse giustificarsi.

"Oh, sì, immagino che sia proprio questo il motivo per cui l'hai messo lì" dico, sospirando e allungando il braccio, per acchiappare il palloncino dal nodo.

"Forza, scoppialo!" esclama, elettrizzata, avvicinandosi.

Lo buco, e dall'esplosione cadono a terra diversi fogli. "Non dirmi che mi hai scritto una lettera" commento, raccogliendoli. Lei non risponde e io mi sbrigo a dispiegarli, visto che sono stropicciati. Li guardo e spalanco la bocca. "Oh mio Dio" sussurro. "Fuerteventura?!".

"Fuerteventura!" conferma lei, con un gran sorriso. "Non è fantastico?!" continua, vedendomi silenzioso. "Beh, non dici niente?" mi chiede, diminuendo il suo entusiasmo. "Non ti piace?" mi domanda ancora, timorosa. "Possiamo cambiare meta, pensavo ti piacesse lì...".

"Come lo sapevi?" riesco a formulare, mentre delle lacrime minacciose mi pizzicano gli occhi.

"Sapere cosa?" ripete lei, senza capire.

"Tu non sai cosa vuol dire Fuerteventura per me?" le chiedo, avvicinandomi.

"N-no" balbetta. "Ma, ripeto, possiamo cambiare meta".

"Mel" dico, sospirando. Allargo la bocca in un sorriso. "Prima che i miei si separassero, avevamo organizzato un viaggio a Fuerteventura. Ma poi è successo quel che è successo e non ne abbiamo avuto più l'occasione. È da una vita che volevo andarci. Come facevi a saperlo?!" esclamo, meravigliato e confuso.

Lei sembra altrettanto sorpresa. "Non lo sapevo!" esclama. "Ma se vuoi andarci con la tua famiglia...".

"Ah, non provarci!" le dico, prendendola per la vita e attirandola a me. "Non c'è nessuno con cui farei questa vacanza se non con te".

Lei prima mi squadra, per assicurarsi della mia sincerità. Poi sorride, arrossendo. "Si parte, allora?".

Le sorrido, raggiante. "Puoi dirlo forte" sussurro, prima di chinarmi per baciarla.

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Sono decisamente DISGUSTOSI.
Non voglio mai più scrivere capitoli così, è una sofferenza.
#TeamJunatha
Un abbraccio,
Mars.

P.S: SCUSATEMI, se potete, per il fiume di parole che ne è uscito! Spero che non sia troppo noioso! D:

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