Capitolo 39. -M
Appena uscita da quel bar i miei piedi corrono più di quanto io non voglia, poiché ho preso una pessima, pessima decisione.
Non volevo dire ai gemelli che mi ero iscritta, via mail, ai test di ingresso per l'accademia e ora sono in ritardo, ritardo, ritardo! Non potevo certo rifiutare l'invito dei gemelli per un caffè insieme, così eccomi qua, a correre per tornare a casa.
No, non devo studiare. Insomma le prove avranno luogo tutte domani e sono: un test di cultura generale, al quale penso di poter rispondere senza riaprire nessun libro, anche perché non ne ho nessuna intenzione. Una prova artistica, per la quale magari farò qualche schizzo, e il colloquio attitudinale.
Il colloquio attitudinale. Al solo pensiero rabbrividisco. È questo che mi preoccupa! So che mi chiederanno: "Salve, Melanie, perché vuoi studiare moda?"
PERCHÉ? PERCHÉ È IL MIO SOGNO DA SEMPRE, IDIOTA.
Ovviamente, non risponderò così, ma COME? Come dovevo rispondere a una domanda del genere?
Non lo so perché voglio studiare moda, mi è sempre piaciuto, ho diciotto anni, perdiana, non so nemmeno se questa è veramente la scuola giusta per me.
Nel senso, al momento so che questo è quello che voglio fare, ma chi lo sa se tra tre anni, dopo che mi sarò laureata, vorrò diventare, invece, ingegnere nucleare?! Insomma, non lo so perché voglio studiare moda, probabilmente perché è quello che ho sempre voluto, è la mia passione, non so fare nient'altro bene quanto disegnare vestiti.
Questa sarà la mia risposta domani? Prego qualche dio di no. Con una risposta del genere col cavolo che mi ammettono. Penseranno di me che sono una che non vuole studiare ma i miei genitori hanno i soldi, ho una buona mano per il disegno, e quindi vado a fare l'accademia di moda perché è la cosa meno impegnativa per chi non vuole studiare.
Quindi, per evitare scena muta davanti a una domanda del genere -oppure parlare a vanvera senza rispondere veramente- ho deciso che mi preparerò qualcosa da dire. Devo essere convincente e sicura di me stessa. E ovviamente devo essere vestita come dio comanda. Perciò ho ben due cose da preparare per domani, che sembrano poche ma so che mi prenderanno molto tempo. È per questo che sono tremendamente in RITARDO.
Spalanco la porta di casa, sentendo a malapena mia madre che esclama: "Pasticcino, che succede?", sorridendole poi di sfuggita e scappando in camera mia. Chiusa la porta dietro le mie spalle, tiro un sospiro. "D'accordo. Facciamolo" mi dico, guardando il mio armadio come se fossimo due duellanti pronti a combattere. Spalanco le ante con prepotenza guardando "negli occhi" i miei vestiti sulle stampelle. "A noi, vecchi miei" sussurro, con gli occhi ridotti a due fessure. Mi sembra quasi di sentire la colonna sonora di un film di Sergio Leone, in sottofondo. Questo è il momento in cui i due pistoleri girano in tondo aspettando che uno dei due faccia una mossa falsa per poi sparare. Mi sento proprio così mentre sposto i miei occhi da destra a sinistra, squadrando centimetro per centimetro il mio armadio, aspettando che il vestito giusto si riveli.
"DANNAZIONE!" urlo, chiudendo l'armadio. Ho fatto la mossa falsa, l'armadio mi ha sparato e io sono morta. MORTA. Lo so che è una frase un po' scontata per una donna, ma non ho NIENTE DA METTERMI! Mi butto di schiena sul letto e mi copro la faccia con le mani. "Voglio piangere" mi lamento, in preda al panico, misto di frustrazione e ansia più totale.
"Tesoruccio, va tutto bene? Ti ho sentito urlare...". Sento la voce di mia madre, e poi il materasso del letto che si infossa sotto il suo peso. "Posso aiutarti?".
"No, no nessuno può aiutarmi" mi lamento ancora, come una depressa sotto antidepressivi. "Sono sull'orlo del baratro e sono destinata a sprofondare".
"Oh, per l'amore del cielo, quanto sei strana oggi! Gattina, non dire così. Te l'hanno mai detto che la mamma può risolvere qualsiasi problema?".
Mi tolgo le mani dalla faccia e la guardo. Mi metto seduta, scettica. "Vuoi dire che puoi trovarmi un vestito adatto per il colloquio attitudinale di domani?".
I suoi occhi si illuminano e le sue labbra si schiudono in un sorriso luminoso. "Certo che sì! Solo perché hai guardato un solo armadio vuoto, non vuol dire che gli altri armadi siano altrettanto vuoti!"
Questa, è la frase più saggia che sia mai uscita dalla bocca di mia madre. Mi acciglio, sorpresa dalle sue parole. Mi prende per mano, senza abbandonare il sorriso, e mi guida in camera sua.
"Allora" sospira, aprendo il suo di armadio. "Devi essere professionale, ma non troppo, insomma è un colloquio, ma non di lavoro, giusto? Quindi io opterei per dei pantaloni di tessuto neri e sopra qualcosa di sbarazzino, che ne dici?".
Il suo "sbarazzino" mi preoccupa leggermente, ma le sorrido. "Certo, proviamo".
Tira fuori dei pantaloni a vita alta, con taglio da uomo, e una camicetta rosa con lo scollo a barchetta e avvitata sul punto vita. Sul petto c'erano delle balze in stoffa, fatte per accentuare il seno di chi, come me, non ce l'ha. Mi rende le stampelle, sorridente. "Provali!".
Li prendo titubante, non del tutto certa che quella camicetta funzioni, ma non dico nulla e mi spoglio, per poi indossare quei vestiti. Mi infilo i pantaloni per poi allacciarli e scoprire che mi stanno perfettamente. "Sono miei?" chiedo, sorpresa. Mia madre, anche se è ancora giovane, ha pur sempre partorito un essere vivente e i suoi fianchi sono decisamente più larghi dei miei, nonostante la rendano più sinuosa e elegante di me, che invece sembro una tavola da surf. Improvvisamente mi chiedo cosa diavolo ci trovi James di bello nel mio corpo.
"No, sono miei, ma ahimè, non posso più metterli. Avevo vent'anni quando li indossavo, dovevi vedere che figurino che ero!" esclama, con gli occhi sognanti.
"Perché non me l'hai mai dati, sono belli!" constato, guardandomi allo specchio per scoprire che mi stanno dannatamente bene. Fasciano le mie cosce ma non troppo, così da modellarle senza farmi risultare volgare.
"Perché ci sono particolarmente affezionata! E poi, carina, sono di Ferragamo. E non solo sono di marca, ma anche eco-friendly. Perciò non ti regalerei mai quei pantaloni, considerali un prestito. Ah, a proposito, se non mi ritornano esattamente come te li ho dati, giuro che ti caccio di casa".
La mia bocca e i miei occhi sono spalancati dalla sorpresa. Non so se sia più per il fatto che stia indossando dei pantaloni di Ferragamo, oppure che il solito tono dolce e premuroso di mia madre sia scomparso non appena ha sentito che volevo trasferire quei pantaloni dal suo armadio al mio. Possibile che anche lei abbia una passione segreta per la moda?
"D'accordo, signora, non le toccherò questi pantaloni, mai più!" esclamo, prendendola in giro.
"Essendo tu mia figlia, confido che li tratterai con la giusta attenzione, vero?" dice, indurendo l'ultima parola.
Le sorrido, scuotendo la testa. "Sta' tranquilla, mamma. Ci farò attenzione" la rassicuro, prendendo la camicetta e infilandomela dalla testa.
Oh, cielo, non posso crederci. È l'outfit perfetto. Non sono troppo seria, né troppo casual. Sono nella perfetta via di mezzo, talmente perfetta che stento a crederci.
"Oh, stai benissimo!" esclama mia madre, mettendosi dietro di me per ammirarmi allo specchio. "Certo, ci vuole un bel tacco, purtroppo per te".
Tutta questa non dolcezza di mia madre, continua a spaesarmi sempre di più. "Ho il tacco giusto" le rispondo. Almeno quello, penso.
"Vedi che la mamma ha la soluzione a tutto?! Mai dubitare dell'armadio della mamma!" esclama, sorridente, tornando ad essere sé stessa.
"Non dubiterò mai più" le giuro, ridendo.
"Adesso rivestiti e scendi per cena, è quasi pronto. Ti aspetto giù, caramellina".
Annuisco, sorridendo un'ultima volta a quel riflesso.
Improvvisamente ho capito perché voglio entrare in quell'Accademia. La moda, al contrario di quello che pensa la maggior parte della gente, è una forma d'arte. Il corpo umano di per sé lo è. La moda è l'unione di un opera d'arte, con un altra. Se non è quella la perfezione, allora davvero non so cosa lo sia. Sin da piccola, amo disegnare il corpo umano, che sia di una donna o di un uomo, li trovo armoniosi e perfetti. I vestiti che li ricoprono servono a valorizzarli, non a nasconderli. Io voglio pensare che non ci vestiamo solo per non andare in giro nudi per strada -anche se ovviamente quella è la prima necessità- ma anche perché quello che indossiamo riflette il nostro corpo e la nostra anima. Lo so che sembra molto più profondo di quanto meriti. In fondo, è solo qualche strato di stoffa, Mel. No, è sbagliato, non lo è. Quello che indossiamo è quello che siamo e non in senso negativo. Siamo tutti affezionati ad alcuni vestiti, perché ci rappresentano, oppure ci ricordano un bel momento passato.
La moda è tante cose, soprattuto è sopravvalutata, ma io voglio studiarla così che le persone possano rappresentare sé stesse ogni giorno.
Sì, è decisamente per questo che voglio entrare in quella dannata Accademia.
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SALVE, gente :3
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, è di passaggio -come tanti altri, lo ammetto D: - ma spero sia divertente, soprattutto il cambiamento di Amelia! Se vi è piaciuto lasciate un voto e un commento, risponderò a tutte, giuro!
Detto questo, in bocca al lupo che chi ha gli esami di maturità quest'anno e anche per chi sta affrontando la sessione estiva, come me! D:
Con affetto,
Mars.
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