Capitolo 36. -A
È troppo per me.
L'ansia che riempie il mio cuore è decisamente troppa per me. Non posso continuare così, non posso tenermi tutto dentro. Allo stesso tempo però non posso cambiare.
Io sono così: ho i miei pregi e i miei difetti, anche se so da me che i difetti sono molti di più. Non ho paura di accettarmi, ho paura che gli altri non mi accettino. E con gli altri mi riferisco ovviamente a Jun. Lui è esattamente quello che ho sempre desiderato in un ragazzo. È bellissimo, è divertente, è dolce, e potrei stare qui a elencare i suoi pregi fino ad arrivare ad indossare vestiti colorati, ma preferisco passare oltre.
Nel mio cuore, so che non potrò mai avere quello che Mel ha con James. Perché non sono minimamente una ragazza che suscita tenerezza e sicuramente non sono sensuale. Io faccio paura, la gente si allontana quando mi cammina vicino, mi guarda male, o con compassione come se fossi afflitta da qualche malattia terminale, solo perché il mio colore preferito è il nero e tendo ad arrabbiarmi facilmente. Se sono questo per il mondo, lo sono anche per Jun. E io non voglio che lui abbia paura di me. Non sembra averne, finora. Stiamo insieme da pochissimo, ed è questo che mi preoccupa. So di non avere un carattere facile e capisco che lui prima o poi si stuferà di me. Lo so, succederà. Quindi perché vivere un'illusione? Se non sono mai andata fino in fondo con un ragazzo è perché le storie duravano un mese, massimo. Per colpa mia, lo so, ma come ho già detto non posso cambiare. Io sono così, e ci resterò, a costo di morire zitella e piena di gatti. Che poi piena di gatti lo diventerò comunque, zitella o no.
"Agatha!".
No, no, no.
Non adesso, non in questo momento. I miei piedi mi sorprendono e accelerano il passo, portandomi a correre.
Non voglio parlarci, non ora.
Poi una mano mi afferra il braccio e sono costretta a fermarmi, ma non per questo resto immobile. Cerco di sfuggire dalla sua presa, divincolandomi. "Sta' ferma, ti prego! Calmati, va tutto bene!".
"No! Non va tutto bene!" urlo, cacciando indietro le lacrime. "Lasciami andare".
"No! Adesso mi dici cos'hai e sistemiamo tutto!".
"Non voglio dirti cos'ho!" strillo, riuscendo finalmente a liberarmi dalla sua presa. Abbasso lo sguardo, incapace di guardarlo in faccia.
"Agatha" mi chiama, dopo un sospiro. "I problemi si risolvono parlandone. E poi una mano non ti farà del male. Posso aiutarti, darti dei consigli... Ti prego, fatti aiutare, qualsiasi cosa sia".
"Non mi puoi aiutare" borbotto. "Nessuno può".
A mio malincuore, lui mi prende il mento tra il pollice e l'indice, sollevandomi la testa e costringendo a fissare quel suo magnifico sorriso. "Invece sono sicuro di sì".
Sospiro, lasciandomi guidare verso una panchina, dove Jun si siede e io lo seguo a ruota. "In realtà riguarda noi due" confesso, con la voce roca. Il suo sguardo su di me si fa più attento.
"A proposito di cosa?" mi chiede, come a torcermi le parole di bocca.
"In realtà si tratta solo di me" dico, contraddicendomi. "Del mio comportamento, del mio modo di essere...".
"Tu mi piaci così come sei, Agatha" mi assicura, dopo una leggera risata. "O non staremmo insieme".
"Jun... Dici così adesso, ma quanto credi di riuscire a rimanere con me? Prima o poi ti stuferai...".
"Agatha" si lamenta lui, sospirando di nuovo. "Per adesso mi vai bene così. Se un giorno avrò dei problemi con te, te ne parlerò, ma non creare problemi ancora prima che ce ne siano. È ovvio che non posso assicurarti che moriremo insieme, dobbiamo fare un passo per volta".
Scuoto la testa, amareggiata. "Vedi, c'è una cosa che non ti ho mai detto. In passato le mie relazioni non sono mai finite bene. In realtà non sono neanche mai iniziate per quanto poco sono durate. Ma ogni ragazzo a cui mi avvicinavo, alla fine lo perdevo. Perché... mettevo paura. Loro avevano paura di me. E mi sono ritrovata sola per così tante volte, dopo che mi ero immaginata una relazione rose e fiori... e invece non sono mai... Insomma... non ho mai... Beh, non so come dirlo, ma...".
"Non l'hai mai fatto?" mi suggerisce, con un sorriso dolce.
Sospiro, sentendomi il viso andare in fiamme. "No...".
"Se la tua paura è che per me questo cambi qualcosa ti sbagli" mi fa, piegando la testa di lato per riuscire a guardarmi in faccia.
"Oh, andiamo Jun!" sbotto, facendo cambiare la sua espressione da dolce a sorpresa. "Non sono femminile, anzi tra i due posso tranquillamente dire che sono io l'uomo, non mi vedrai mai con dei tacchi, o con i capelli particolarmente acconciati, non amo che mi si dicano cose sdolcinate, o che mi si regalino cose dolci tipo rose o cioccolatini, mi piace prendere a pugni le persone a cui voglio bene, il mio trucco è sempre perennemente nero, ho l'aria di una che si droga, o che non mangia da giorni, quando andiamo in giro insieme sembra che tu sia il povero ragazzo con la fidanzata malata, sono pallida e non ho un bel colore della pelle... In più sono anche vergine, come diavolo fai a dire che ti vado bene così?!". Riprendo fiato, e incrocio le braccia, furiosa.
"Agatha...".
"NO! Non dirmi che sono tutte cavolate perché in realtà quelli che io considero difetti, tu li consideri pregi, che non hai mai incontrato una come me, che ti piaccio quando faccio la maschiaccia perché-...".
Senza lasciarmi finire la frase, mi prende il viso tra le mani e mi bacia. In quelle poche occasioni in cui siamo usciti insieme i nostri baci erano semplici e ancora timidi e innocenti, ma questo bacio è tutto tranne che timido o innocente. Si stacca da me, riconsegnando aria ai miei polmoni, che nonostante tutto fanno ancora fatica a funzionare e sorride soddisfatto, probabilmente dal fatto di essere riuscito a zittirmi.
"Sono completamente d'accordo con te; tutto quello che hai detto sei esattamente tu, e sei piena di difetti e non li amo" dice, allargando le braccia. " Semplicemente, quei difetti sono te e sono ciò che rendono Agatha... Agatha. Ho capito fin dall'inizio che non eri tipa da fiori, o da cioccolatini e mi hai colpito per questo. Quando la prima volta ci siamo visti al ristorante mi sei sembrata una ragazza sicura di sé, che non si spaventa di fronte a niente e che se volesse, farebbe cadere i grattacieli. Ho visto così tanta sicurezza nei tuoi occhi, sicurezza che vedo tutt'ora e che sì, un po' mi ha intimorito, ma dall'altra parte mi affascinava. Io non sono uno particolarmente sicuro quando prendo delle decisioni, ma con te riesco ad esserlo e so che qualsiasi problema sarebbe più facile con te al mio fianco. Non mi importa se sei poco femminile o che sembri uno zombie, o che non hai esperienze sessuali perché... per me sei lo zombie più carino che esita. E voglio stare con te".
Scoppio a ridere, dall'imbarazzo e dall'emozione. "Sono le cose più carine che qualcuno mi abbia mai detto" ammetto, senza smettere di ridere.
Lui si stringe nelle spalle. "Lo so".
"Vedi... quando quella sera, abbiamo incontrato quel... bastardo" comincio, tenendo a bada la rabbia. "Quello che voleva fare del male a mio fratello, io ho agito d'istinto. Sapevo che stavo mandando a monte il nostro appuntamento e sapevo che non saresti più rimasto con me, ma la mia priorità in quel momento era Leo. E invece quando sono tornata da te, tu eri... entusiasta di me" dico, sorridendo. "Mi hai detto che ero stata una vera dura, e che nemmeno tu avresti fatto di meglio. Un qualsiasi altro ragazzo sarebbe scappato di fronte ad una cosa del genere. Tu sei rimasto. Ed è per questo che ho così tanta paura di perderti, perché... sei quello che ho sempre desiderato". Ammettere certe cose si è rilevato più difficile del previsto, ma adesso che gli ho detto tutto mi sento decisamente più tranquilla.
"Posso capirlo" dice, annuendo. "Ma finché le cose vanno, io non mi muovo da qui. I problemi e le litigate ci saranno sempre, dobbiamo solo giurarci che cercheremo sempre un modo per risolverli".
Annuisco, con un sorriso. "Ok" dico, alzandomi. "Per oggi basta con la dolcezza. Rischio di morire di diabete".
"Non eri anemica?" mi chiede, nascondendo un sorriso.
"Sì, e ho anche un grave tumore alla pelle. Il dottore dice che se continuo così prenderò a brillare come Edward Cullen".
Scoppia a ridere, scuotendo la testa, seguito da me.
"Paintball?".
Lo guardo, senza capire. "Cosa?".
"Ti va di venire al Paintball con me? Sei tu che hai detto basta con la dolcezza" si spiega lui, alzando le spalle.
"Oh, mio Dio, certo che sì!" esclamo, saltellando sul posto. Lo abbraccio, saltandogli letteralmente in braccio. "Io amo il Paintball!".
Lo sento ridere tra i miei capelli. "Chissà perché, lo immaginavo".
Poi mi prende per mano, dopo avermi fatto scendere, e cominciamo a camminare verso il centro.
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I'MMMMMM BAAAAAAAAACK, BITCHES!
Sì, ok, non so con quale ritmo pubblicherò, visto che sono in piena sessione estiva (help me) ma io e il mio braccio destro continueremo a lavorare sulla storia di questi pazzi!
Love you all!
Mars.
P.S: io AMO i Junatha. Li adoro. Sono la mia ship preferita di questa storia *-* Qual è la vostra? :3
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