Capitolo 24. -J
Vomitare per indigestione e poi vomitare perché hai vomitato, e pensare che vomitare è l'ultima cosa che ti saresti aspettato... fa vomitare.
Abbasso la tavoletta del WC, per poi sciacquarmi la bocca. Lo so che è assurdo andare di stomaco solo per un pranzo di Natale, insomma tutti mangiano -e bevono- tanto in queste occasioni, ma non ho mai sentito di qualcuno che abbia vomitato, dopo. Anche perché le persone normali hanno un qualcosa che li avverte che "hey, stai mangiando troppo, non ce la faccio a contenere tutta questa roba!", cosa che io non ho perché sono stronzo. Quindi, effettivamente, tra fegato e stomaco che si sono riempiti rispettivamente troppo di alcol e cibo sostanzioso, è ovvio che ora i tubi di scarico conoscano anche loro il menù di Natale.
Mi butto sul letto a pancia in su, con una terribile nausea. Volto la testa per prendere il telefono, e con enorme fatica cerco di chiamare Cam. Ok, lo so che mancano ancora un po' di giorni a Capodanno, ma il mio fegato mi prenderà a cazzotti se immetto altro alcol nel corpo. E ovviamente non esiste Capodanno senza alcol. Cam non risponde, quindi attacco. Mi trovo però a pensare che Cam è il mio unico vero amico che abbia la mia stessa età, gli altri lavorano con me alla radio, ma sono tutti papà e mariti. Quindi forse, ma dico forse, è meglio tenerselo stretto. Un conato di vomito mi arriva alla gola e mi alzo di scatto per catapultarmi al bagno per un nuovo appuntamento col WC. Sento il telefono squillare e con non so quale forza sovrumana riesco a tornare in camera e rispondere.
"Prondo?" dico, sedendomi lentamente su letto.
"Hey, James, tutto bene?" mi chiede la voce preoccupata di Cam,
"Non tando" rispondo, tirando su col naso.
Lo sento sbuffare. "Dannazione, amico, non puoi ammalarti adesso! Anche perché ho bisogno di te il 31 mattina! Io non so minimamente come si faccia la spesa".
Aggrotto le sopracciglia, trattenendo una risata. "Vuoi fare la spesa il trenduno mattina?"
"Sì, perché?" mi chiede lui nel più innocente dei modi.
Scuoto la testa, con un sorriso. "Non è tardi? Insomma, non ha senso, andiamoci prima così sdiamo più tranquilli".
Sospira, esasperato. "Già, ma non sto in città, fino al 30 notte. Quindi non posso prima, e ovviamente non la farai tu per me, visto che dalla tua voce saresti capace di confondere la birra con la coca cola".
Rido leggermente per non aumentare la nausea. "D'accordo, al trenduno allora".
"Rimettiti, campione. Per me".
Annuisco. "Condaci".
"A presto".
"Ciao".
Riattacco e mi sdraio sul letto, mentre entra mia madre in camera con una tazza fumante di camomilla e dei medicinali anti-vomito. Che qualcuno benedica l'esistenza delle madri quando si è influenzati. Mi da un bacino sulla fronte e io come un bambino di cinque anni sorrido felice, sentendomi già meglio.
5 giorni dopo.
Spalanco gli occhi al suono della sveglia, ovviamente puntuale nei giorni feriali, alzandomi e scendendo a fare colazione. Coperte, camomille e medicinali hanno fatto il loro effetto, aiutate anche dall'intera serie di Daredevil che il sottoscritto ha finito in solo tre giorni. I restanti due giorni ho ripassato i film degli X-Men. Lo so, sono fissato con la Marvel, problemi?
Mia madre mi saluta con un sorriso, mentre mette sotto il naso di Sarah la sua tazza rosa con latte e Nesquik. "Oggi posso lasciarti la macchina solo di mattina, oggi pomeriggio e sera mi serve".
A quelle parole rimango a bocca aperta. "Come mai?" chiedo, sospettoso.
Lei alza le spalle. "Affari miei. Comunque puoi uscire, stai molto meglio, è ora che tu riprenda un po' d'aria fresca".
Rimango alcuni minuti imbambolato mentre il mio cervello cerca di lavorare il più velocemente possibile. "Scusami, ma chi terrà Sarah?".
Si acciglia, roteando gli occhi. "Tuo padre e lei, ovviamente. Per una volta non credo gli farà male".
Annuisco, mangiando distrattamente un paio di biscotti al cioccolato. "Ok, devo sbrigare un sacco di faccende. Sarah, quando hai finito vieni su che devi farti un bel bagno" da gli ordini mia madre, salendo le scale.
"Posso portarmi Mrs Ducky con me?" chiede con i baffi di cacao. Mrs Ducky è la sua paperella da bagno, grande almeno quanto la mia testa. Senza di lei non riesce a farsi il bagno.
"Sì, ma sbrigati" urla mia madre dal piano di sopra.
Io finisco di fare colazione, mi preparo ed esco. Entro in macchina e chiamo Cam. Non mi risponde, così gli mando un messaggio vocale. "Cam, mia madre mi ha detto che mi può lasciare la macchina solo questa mattina, quindi ce l'abbiamo per la spesa ma non so come tornare a casa stanotte. Richiamami, imbecille". E attacco.
Visto che devo aspettare che mi richiami, decido di fare un giro per la città. Passo al centro, dove hanno disposto varie bancarelle, vicino al lago, dove c'è una pista di pattinaggio, e poi infine sulla via della mia accademia. Qualche metro dopo, vicino alla solita fermata dell'autobus, intravedo una figura piccola e minuta stringersi nel cappotto. Sorrido e accosto. Vedo lei guardare i vetri oscurati con preoccupazione, allontanandosi appena. Poi abbasso il finestrino.
"Cosa diavolo ci fai lì? Sai che l'autobus non passerà mai oggi, vero?" le chiedo.
Lei, nel vedermi, si tranquillizza. "Ci speravo. Dovevo andare a chiedere informazioni per l'Accademia".
La guardo per assicurarmi che stia dicendo sul serio. "Ehm... temo che sarà chiusa anche quella".
Lei sbuffa, infastidita, il che mi fa ridere. "Tu invece dove vai?" chiede, per farmi smettere forse.
"Da nessuna parte in realtà" rispondo. Dopo qualche secondo di esitazione le chiedo: "Vuoi un passaggio a casa?".
Lei mi guarda indecisa. "Forza, mica mordo. E ho la patente da quattro anni" insisto, ridendo appena. Mi vede come un molestatore?
"L'autista dell'autobus ce l'ha da trenta" replica, incrociando le braccia.
"Ma lui non arriverà mai" le faccio notare. Si guarda intorno, quasi come stesse aspettando che un autobus fantasma si materializzi lì davanti. Non accade ovviamente, e con un secondo sbuffo apre la portiera e si siede, guardandomi torva.
"Arriverai a casa sana e salva, te lo garantisco" le prometto, mettendo in moto la macchina.
Lei mi guarda, senza abbandonare quell'espressione da assassina. "Se muoio, voglio che tu dica ai miei genitori che è stata colpa tua".
"D'accordo" acconsento, sogghignando.
Poi, silenzio totale. Passano diversi minuti e la cosa si fa sempre più imbarazzante. Non sapendo cosa fare, accendo lo stereo.
"Non ti ho visto la settimana prima... sai, della pioggia" comincia, torturando la sciarpa che si era tolta salendo in macchina.
Quella sua definizione della propria figuraccia mi fa ridere. "Sì, sono stato a Parigi per uno stage, con l'Accademia".
"Oh, Parigi. Dev'essere molto bella". La sua voce è strana.
"Sì, stupenda" rispondo, entrando in una rotonda.
"E... hai fatto nuove amicizie?".
Mi volto a guardarla, per vedere la sua espressione, per poi tornare alla strada. Sembra imbarazzata ma allo stesso tempo incuriosita. "Ehm... sì" rispondo, pensando a Genevieve. "Ma non poi così strette. Erano semplici studenti, come noi".
"Oh" mi risponde semplicemente, guardando fuori dal finestrino.
"Come mai questa domanda?" le chiedo, volendo indagare io, questa volta.
"Così" risponde, con un'alzata di spalle. "Ero curiosa".
"O gelosa?" la stuzzico, girandomi a guardarla per farle un sorriso sghembo.
Lei alza un sopracciglio e le sue guance prendono un gradevole colore rossastro. "Gelosa di te?! Io?! Nemmeno nei tuoi sogni".
Scoppio a ridere, seguito da lei. Continuiamo per pochi minuti, per poi ricadere in un silenzio tombale. Sto per chiederle come ha passato il Natale, quando...
"Oh, mio DIO! Guarda!" strilla, emozionata, col naso appiccicato sul finestrino, per guardare fuori. Poi lo abbassa del tutto, facendo entrare aria gelida. Con mia sorpresa, infila fuori il braccio e la testa e guarda su.
Abbasso il collo, per vedere il cielo oltre il tettuccio, e mi accorgo, sorridendo, che nevica.
"Mai visto la neve?" le chiedo.
"Sì!" esclama lei, rientrando. "Ma non l'ho mai vista cadere!". Il suo sorriso le illumina il volto e mi ritrovo a pensare che sia più bella che mai.
Una lampadina mi si accende in testa e sorrido, soddisfatto. "D'accordo, allora. Non ti dispiacerà se ti porto in un posto speciale".
"Affatto" risponde lei, elettrizzata. Tutt'a un tratto mi ricorda Sarah.
Dopo alcuni minuti, tra semafori e ingorghi arriviamo alla pista di pattinaggio che avevo sorpassato poco prima. Parcheggio e spengo la macchina. Lei è già uscita e fa un giro su se stessa con la testa all'indietro.
"Che fai, vieni?" le chiedo, incamminandomi verso la pista. Lei annuisce e saltella per raggiungermi. Affittiamo dei pattini e entriamo nel recinto di ghiaccio.
"Sai pattinare bene" noto, dalla sua sicurezza a ogni passo.
"Sì, i miei genitori mi portano qui ogni inverno da quando ero piccola. Ma non ci sono mai stata mentre nevica! È fantastico! Guarda quanta!". Allarga le braccia e sorride, e io guardo il cielo, notando che effettivamente è aumentata. Sopra i suoi capelli scuri, spiccano i fiocchi di neve. Alcuni mi finiscono nell'occhio, facendola ridere.
"Ce l'hai anche sulle ciglia" mi fa notare, fermandosi e accarezzandomi leggermente gli occhi con i suoi guanti, togliendo la neve.
"Grazie" le rispondo. "Ma tu sei messa peggio". In effetti è ricoperta di neve dalla testa ai piedi.
Lei sorride. "Mi va bene così, è una bella sensazione".
Passiamo ancora diversi minuti a pattinare, in cui la prendo per mano, portandola al centro, dove ci mettiamo a girare, fino a farci vedere doppio. Ci ritroviamo con i sederi spiaccicati sul ghiaccio freddo, ma ridiamo come due cretini. Decidiamo di andare, visto che è quasi ora di pranzo, e rientriamo in macchina. Lei mi da le indicazioni per casa sua e dopo un bel po' di svolte arrivo a destinazione.
"È quella piena di decorazioni" mi spiega, indicandola in lontananza.
"Accidenti" commento, guardando la casa tappezzata di luci e ghirlande. "Se ci fosse una gara nel vostro vicinato tra chi ha la casa più natalizia, sarebbe la tua".
"Lo so" borbotta, ridendo. "I miei sono un po' eccentrici".
Fermo l'auto e la guardo. Ha ancora diversi fiocchi di neve ma alcuni si sono sciolti, bagnandole i capelli. "Cosa farai stasera?".
"Amici" risponde con semplicità.
La guardo con un sorriso, immaginandomela ad una festa. "Mi raccomando non ubriacarti".
"È un consiglio che si addice di più a te" commenta, ridendo.
Piego la testa di lato, ridendo anche io. "Come darti torto".
Dopo pochi secondi lei rompe il silenzio. "Grazie mille per questa mattinata. Sono stata bene, davvero".
"Anche io" rispondo, sincero.
"Ok" conclude, aprendo la portiera. "Ci si vede. E buon anno".
"Buon anno anche a te" la saluto, senza smettere di fissarla. Lei arrossisce e scende dall'auto, chiudendo la portiera alle sue spalle. Aspetto fino a che non sparisce dietro la porta, poi faccio inversione a U e esco dalla via.
Sento il telefono squillare e rispondo. "Cam?"
"Ehi, ma guarda un po', il signorino si decide di rispondere! Imbecille ci sarai tu! Ho fatto la spesa da solo, ormai è ora di pranzo!" urla, arrabbiato.
"Scusa, sono stato... impegnato" gli spiego, cercando di non ridere.
"Prego per te che tu abbia una buona scusa, perché se non muovi quelle chiappe e non arrivi tra cinque minuti esatti ti affogo nella neve".
"Signorsì, signore" rispondo, ridendo. Dopo un sbuffo, attacca. Mentre guido, con la musica a farmi compagnia, sorrido ripensando a Mel. Il mio cuore si è alleggerito, ma una voce in me continua a dire "stalle lontano".
____
Eccoci di nuovo!
Quanti di voi amano Daredevil? Io moltissimo!
Un abbraccio,
Mars.
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