3. Lisa



E' passata quasi una settimana dal giorno in cui ho visto quell'ombra sul pontile, ma tutto sembra procedere nella normalità.

Le giornate sono splendide, belle ventilate ed è un piacere passare il tempo in riva al lago. L'estate ormai è esplosa: la si avverte già nelle prime ore del mattino, la si respira nell'aria, la si sente sugli occhi, nei capelli, nel petto, trasuda dal porfido cittadino, dai vecchi cornicioni, dalle sedie a sdraio allineate sul prato. Le case vacanze della gente che torna per la villeggiatura, si riaprono sulle terrazze ancora impolverate dall'inverno passato, mentre in quelle dei residenti, un tripudio di gerani splendono rigogliosi. I pendii di fronte a me, sono quasi per intero ricoperti da una ricca vegetazione: pini e abeti d'un verde vivo si spingono maestosi verso il cielo. A destra, in una chiazza senza alberi pascola una mandria di mucche, sulla sinistra, scende dalle pareti frastagliate una cascatella dall'acqua chiarissima. Un profumo di fieno ed erba tagliata addolcisce l'aria, mischiandosi all'odore del lago che porta con sé l'umido e le vite che ci stanno dentro: branchi di pesci, foglie morte che galleggiano sull'acqua, le alghe adiacenti al lungolago.

È uno strano, dolce profumo, di quelli che non si smette di avvertire mai, anzi di sentire fin dentro i polmoni, vicino all'anima.

Il paese, che si era assestato nella quiete levigata che regnava tra l'autunno e la primavera, si sta ora risvegliando. Giorno dopo giorno, la strada provinciale che conduce in questo piccolo paradiso è calcata dal flusso continuo di auto, camper e roulotte di campeggiatori e turisti, pronti a godere del loro periodo di ferie, o semplicemente sono alla ricerca di un week-end di relax o di una fuga dalla città calda e monotona.

Alle sue porte, i colori pastello che contraddistinguono il camping danno loro il benvenuto. Situato direttamente sulla sponda del lago, a poche centinaia di metri dal bar da Anna, la struttura, posta in mezzo al verde e ai colori dei fiori e degli alberi, immersa nei profumi della natura tra funghi, lamponi e mirtilli, con il dolce scorrere delle acque ed il fruscio della brezza tra abeti, faggi e carpini, crea un'atmosfera magica ed unica.

Anche al B&B dove lavoro stanno arrivando un sacco di clienti, l'agenda è piena fino a metà settembre il che significa che anche nel ristorante ci sarà il suo bel da fare. Il lato positivo di questo periodo dell'anno è che è il momento in cui prendo più mance, e questo mi basta per dimenticare il tour de force a cui sto andando incontro.

Una coppia con i calzettoni di lana infilati in un paio di scarponi da trekking, pantaloncini blu e maglietta bianca in materiale tecnico, passano sotto casa mia ignari che, dall'alto, due occhi li stanno fissando.

"Forse dovresti iniziare con un percorso più breve", sento dire dal ragazzo.

Probabilmente sono diretti verso un tracciato piuttosto impegnativo e lui si pone il dubbio se la ragazza al suo fianco ne sia all'altezza. La catena montuosa offre infatti, non solo la possibilità di praticare lunghe e tranquille passeggiate a piedi, a cavallo o in mountain bike nei numerosi sentieri che circondano il lago e che serpeggiano sulle pendici; ma anche, percorsi più insidiosi con ferrate e pareti rocciose da scalare.

"Perché?", risponde la donna con irritazione. "Non credi che possa farcela?"

"Non è questo", replica lui allontanandosi sempre di più dal mio campo uditivo. "È solo che per quanto ne so non hai mai camminato così tante ore con lo zaino in spalla. Ti ricordo che abbiamo più di quattro ore di cammino e qualche ferrata prima di raggiungere la cima."

L'ultima volta che io ho camminato con lo zaino in spalla, è stato l'inverno scorso, quando sono arrivata qui, penso con una triste risata, mentre osservo la coppia ormai lontana gesticolare animatamente.

Guardandoli sparire dietro la curva, non riesco a non provare un briciolo di invidia. Mi imbarazza ammetterlo perché dovrei essere felice di ciò che ho raggiunto, ma non riesco ad evitare questa sensazione.

Non c'è peso nel loro cuore.

Solo lo zaino carica le loro spalle.

Niente di più.

Vorrei anch'io, un giorno, riuscire ad assaporare quel senso di libertà che tutti qui sembrano vivere all'infuori di me.

Vorrei stare su una barca in mezzo al lago e godere appieno della pace delle sue acque senza sentirmi oppressa dall'ansia, passeggiare libera tra i boschi senza sentirmi preda ogni volta che qualcuno calpesta un ramo secco, immaginando chissà quale persona si celi dietro gli alberi pronta ad aggredirmi.

La sera, vorrei ritrovarmi in riva al lago e divertirmi con degli amici al ritmo di musica davanti alla fiamma di un falò mentre il sole tramonta dorato all'orizzonte, invece di sentirmi risuonare in testa sempre quel maledetto campanello pronto a ricordarmi da dove vengo.

Per me, tutto questo, resta ancora un mondo sconosciuto, un mondo in cui ho fatto ingresso esitante, addolorata e confusa, con timore e speranza. Un mondo che penso possa fare di me la donna libera che spero di poter diventare e, al tempo stesso, risvegliare la bambina felice e spensierata che ero stata una volta.

Vorrei tanto che il suono di quel campanello andasse scemando, ma ciò significherebbe che sto tornando a fidarmi dell'uomo, e questo mi spaventa ancora. Rischio altrimenti di abbassare la guardia, quando non posso permettermelo.

Nel momento in cui le campane della chiesa suonano le otto, mi rendo conto che Miki non è ancora arrivata dalle sue commissioni.

"La solita ritardataria" dico tra me e me, portandomi alla bocca quel liquido nero, caldo e dolciastro. Ma la cosa non mi infastidisce più di tanto, perché posso approfittare di questi momenti di attesa per fare ordine nei miei pensieri. Stringo al petto la mia tazza di caffè e, con desiderio, inspiro forte prima di berne un altro sorso. Potrà anche essere un gesto futile, ma è come se mi portasse dentro in quel micro mondo, in quel caleidoscopio sensoriale sprigionato dalla sua aroma: persa in quei profumi, il tempo sembra dilatarsi e mi è possibile riacquistare il ritmo naturale della vita e svuotare la mente dal superfluo.

Da quella figura incappucciata.

Se ci penso ancora ho i brividi, anche se, a dirla tutta, è stato davvero un episodio singolare perché da quella volta, non ho più visto movimenti o persone strane.

Quella mattina al bar ero scoppiata in lacrime, non volevo capacitarmene che mio padre mi avesse trovato. Miki non sapeva più come consolarmi e voleva portarmi alla centrale in modo da far controllare almeno la zona.

"NO!" rifiutai bruscamente.

"Ma perché no, Lisa? Qualcosa dovremmo pur fare, non possiamo restare con le mani in mano come se niente fosse."

"Ti prego Miki, capisco che sei preoccupata ma almeno per ora aspettiamo. Ricordi? Anche lui è un pubblico ufficiale, non puoi nemmeno sapere di cosa sia capace. E non è detto che ci sia veramente, forse mi sono solo sbagliata", la stavo supplicando con la voce e con lo sguardo.

"Appunto, perché non accertarsi..." e senza nemmeno farle finire la frase aggiungo: "ti prego. Fallo per me."

"Non capisco il tuo atteggiamento, ma se per te è così importante allora ok, aspetteremo. Mi auguro solo di non dovermene pentire."

So che mi da della stupida e dell'irresponsabile ma ho un buon motivo per aspettare. E per ora è meglio che resti segreto.

Per tutta la settimana Miki si era calata nei panni della mia guardia del corpo, non mi faceva mai uscire di casa prima di lei e non entravo se non dava il via libera. Dopo alcuni giorni ero scoppiata a ridere per quanto fosse in apprensione nei miei confronti; aveva chiesto persino a tutti i clienti del ristorante se avevano visto qualcuno aggirarsi in prossimità del lago con fare losco, ottenendo solo delle risposte negative.

Solo quando mi aveva vista nuovamente rilassata aveva deciso di abbassare la guardia.

Dal canto mio, più che altro fingevo per lei, almeno avrebbe smesso di essere così in pensiero.

"Toc-toc? Si può?"

La porta finestra che da sulla cucina si apre, e vedo Miki uscire in terrazza leggiadra come una piuma e gesticolando con la mano in segno di saluto.

"Oh ciao Miki, vieni pure. Mi stavo gustando il caffè all'aria aperta, ne vuoi? L'ho fatto da poco."

"No grazie, già preso. Che mi racconti di bello, sempre assorta nei tuoi pensieri? Spero che siano diversi oggi."

"Beh, sì. Diciamo in parte", le dico tornando a guardare l'orizzonte.

"Cosa significa quel sì stentato? Non sei molto convincente, sputa il rospo", mi rimbecca lei preoccupata, sedendosi nella sedia vuota accanto alla mia.

Con un sorriso assente, fisso un deltaplano rosso che fluttua leggero in alto nel cielo, cercando di ignorare la fitta dolorosa che mi trapassa il cuore e la mente.

"Lisa?" Miki schiocca le dita, agitando la mano davanti al mio viso.

Focalizzo lo sguardo sui suoi occhi nocciola, ben sapendo perché siano così preoccupati e, sforzandomi di sorridere le rispondo: "Si, scusami! Stavo pensando a quanto sia contenta che l'estate è cominciata."

"Infatti! Addio, pace!", esclama Miki manifestando il suo finto entusiasmo, senza però smettere di tenere sotto controllo le mie reazioni.

"A ogni modo, quei turisti portano il pane sulle nostre tavole."

"Sì, però sono dei gran rompiscatole!"

Ridacchio alla sua affermazione. In effetti, non ha tutti i torti. I villeggianti portano sì denaro, ma al contempo credono di essere liberi di dettare legge, riuscendo puntualmente a mandare in escandescenza Miki e tutto lo staff che lei dirige, compresa la sottoscritta.

"Ora però svuota il sacco. Se pensi che me ne sarei dimenticata, ti sbagli", dice poi inclinando il capo esaminandomi fino a quando io non arrossisco.

La adoro. Un momento è un angelo protettore e il momento dopo la mia amica del cuore.

Nessuno quando nasce è libero di scegliere la propria famiglia, ma può scegliere i propri amici. Un buon amico è una grande ricchezza, e anche se a volte capita che Miki mi faccia saltare i nervi, devo ammettere che non cambierei la sua amicizia con nessun'altra al mondo.

"D'accordo, d'accordo", dico arrendendomi al suo sguardo indagatore. "Sai perché mi piace tanto questo periodo dell'anno?", le domando poi retorica senza aspettare risposta.

"Perché guardo le vite felici e tranquille dei turisti e della gente che vive qui. Li vedo realizzare i loro sogni, vivere la giornata senza guardarsi indietro. E mi immagino un domani così, come il loro."

La vedo guardarmi senza aggiungere nulla, quindi proseguo.

"Invece se mi guardo ora mi vedo persa, incompleta. Mi manca un qualcosa che ancora non riesco a capire. E non parlarmi di amore, non è solo quello. Sento che una parte di me è andata in frantumi ed ho paura di non poterla ricostruire più! Non saprei nemmeno come provarci."

Mi siedo sulla sedia a dondolo e mi faccio cullare dolcemente mentre cerco di ricomporre i miei ultimi pensieri.

"Lisa, ascolta" dice poi interrompendomi. "È logico che tu ti senta scossa, ma dovresti parlarne con qualcuno, non so. Un professionista. Solo così potrai mettere tutti i tasselli al loro posto. Non puoi scappare né tantomeno nasconderti all'infinito. Devi affrontare prima o poi la cosa. Sarà dura ma fallo il prima possibile. Non credo che tu voglia vivere qui per tutta la vita; per quanto ti piaccia correre lungo il lago o ammirare le albe penso tu abbia progetti migliori, no?"

Sorrido, sebbene la sua frecciatina mi si conficca dolorosamente nel cuore. So che ha ragione, che devo affrontare questa cosa ma, quello che non so è se mai ne avrò il coraggio.

"Dimmi, quando sei diventata la mia psicologa?", le chiedo in tono burlesco. "Non ti ho mai sentita parlare in maniera così profonda."

"Psicologa io? Bella questa", risponde lei ridendo di gusto, poi aggiunge seria: "ti sbagli Lisa, io ti sono amica e, come tale, mi preoccupo per te. Dai, alzati che facciamo tardi al lavoro."

E si avvia verso la porta di casa ciondolando con la testa, senza nascondere un sorriso ebete.

La seguo a ruota guardandola con ammirazione: stavamo crescendo entrambe senza rendercene conto.


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