17. Lisa - Alex


Lisa

La carrozza è semi deserta, accanto a me non vi è seduto nessuno e mi ritrovo a guardarmi attorno per scrutare i volti degli altri passeggeri: trovo emozionante pensare che ognuno di loro porti con se una propria storia, bella o brutta che sia. Chissà se come me, sono diretti verso un nuovo inizio carico di promesse, o semplicemente fanno ritorno in un passato da cui non vogliono allontanarsi.

Sono ferma alla stazione di Milano in attesa che il treno riparti. Alla mia sinistra, oltre il corridoio c'è una signora sulla trentina, troppo impegnata con il suo Smarthphone per rendersi conto che davanti a lei si è appena seduto un uomo.

Ad occhio e croce deve avere qualche anno in più di lei. Deve essere un uomo d'affari. Professionale e autoritario nel suo completo scuro abbinato ad una cravatta dalla tinta più chiara. Ha estratto il portatile dalla sua ventiquattrore e l'ha appoggiato sulle sue ginocchia. Sento il ticchettio dei tasti che vengono pigiati. Ogni tanto guarda la ragazza che ha davanti e non appena lei solleva lo sguardo lui si rifugia dietro lo schermo.

Sorrido a questa dolce scena prima di chiudere gli occhi e, schiacciando la mia guancia contro il vetro del finestrino, mi lascio trasportare dal suono delle ruote metalliche sui binari che lentamente prendono corsa, rapita da un leggero brusio di voci lontane.

Nulla avviene per caso, tutto ha un suo perché... se riesci a leggere in tempo fra le righe, potrai scrivere tu stessa il tuo destino.

Oltre il dolore c'è una vita da vivere che ti aspetta. Non una vita normale, una vita vera. Non farla aspettare troppo.

Non succederà. Finalmente ho preso in mano le redini della mia vita e sarò io a mescolare le carte del mio destino da oggi in poi.

Apro gli occhi, e fiduciosa seguo la linea netta delle vette che separa la terra da un cielo terso. Scorre veloce, decisa e ben marcata verso nuovi orizzonti, delineando la mia nuova sicurezza; lasciando invece alle spalle un contorno approssimato e sbiadito a cui spero non dover fare ritorno. L'unico tesoro che mi porterò appresso sarà Miki e la sua famiglia.

La vibrazione del cellulare spezza all'istante quel turbine di pensieri, provocandomi subito una forte fibrillazione mentre il mio sguardo cerca di focalizzare il nome sul display illuminato. Mi ricompongo ed accetto la chiamata.

È Miki.

"Mi hai fatto prendere uno spavento, per poco non mi veniva un infarto", esordisco a tono basso ma felice di sentirla. Nonostante siano passate poche ore da quando ci siamo salutate devo ammettere che già mi manca.

"Hai forse perso la testa?", strilla andando dritta al sodo. Il volume alto della sua voce mi obbliga ad allontanare il telefono di qualche centimetro dal mio orecchio. "Ho appena saputo da mio padre che hai accettato un posto vacante nell'hotel di Vivian. Quando pensavi di dirmelo? Ma dico, ci sei o ci fai? Io... io non ti riconosco più, Lisa. Nemmeno la sopporti e vai a stare alle sue dipendenze? Per non dire..."

"Hai ragione, dovevo dirtelo", ammetto bloccando la sua scarica di parole. "Scusa se non l'ho fatto."

"Va bene", sospira lei. "Ma spiegami per favore, perché io ti giuro che non riesco a capire."

"C'è poco da spiegare", attorciglio una ciocca di capelli attorno all'indice. "È stato tuo padre a presentare la mia candidatura. Io non l'avrei mai fatto, ma lo conosci. Non sarei partita senza un lavoro in mano. E dopo tutto quello che ha fatto per me non potevo rifiutare."

"Mmh", commenta pensierosa. "Però vedi di stare all'occhio, cercherà di metterti i bastoni fra le ruote. Quando prende di mira una persona fa di tutto per distruggerla", mi raccomanda severa. Poi aggiunge. "Immagino tu non l'abbia detto nemmeno ad Alex, giusto?"

Non mi sorprendo più della perspicacia di Miki; sa sempre più cose di quante dovrebbe, come se avesse una specie di sesto senso nei miei confronti.

Appoggio la testa contro lo schienale. "No", rispondo socchiudendo gli occhi e sento una stilettata dritta al cuore. Mi domando se è il senso di colpa a provocarmi questo forte dolore fisico. "Ma c'è una buona ragione dietro..."

Per un attimo un silenzio di tomba scende su di noi. Nelle ultime ore ho ignorato volutamente le chiamate di Alex, convinta che stroncando il rapporto sul nascere rendesse più facile dimenticarlo. So bene cosa pensa di me la mia amica: che ancora una volta la paura fa da padrona portandomi a scappare piuttosto che affrontare i problemi assieme a chi mi vuole bene. Forse per lei sarò una codarda, ma non è così. È solo che non mi piace l'idea di tornare a Zurigo con la possibilità di mettere in pericolo Alex e purtroppo questa città, per ora, è la sola possibilità che ho. La mia unica speranza è riuscire a seminare chi mi segue e continuare a spostarmi il più velocemente possibile, finché non arriverò in America, forse in Australia o qualsiasi altro continente. Purché sia lontano da qui.

Cerco le parole giuste per spiegare qualcosa che è semplicemente inspiegabile, ma Miki mi anticipa: "se vuoi proteggerlo dal male che ti insegue, non è una mossa saggia andare proprio lì", dice con tono di disapprovazione. "Non credi?". Ancora una volta la sua empatia fa centro.

"Non ho scelta, te l'ho già detto", replico rassegnata. Perché fa sembrare la cosa così sbagliata?

"Non hai paura che venga a scoprirlo?"

"Certo che sì. Ma starò attenta e farò in modo che non accada. E poi non starò lì a lungo."

"E se Vivian glielo dice?"

Blocco il respiro e irrigidisco la schiena. Ogni parola è una frustata. Oddio, a questo non ci avevo pensato!

Stringo forte gli occhi, vorrei seppellirmi da sola per non aver considerato questa eventualità. Butto fuori l'aria trattenuta con un forte sbuffo prima di rispondere: "Vorrà dire che parlerò con lei appena arrivo. Alex non merita di essere trascinato nei miei incubi."

"Forse spetta a lui scegliere."

Mi schiarisco la gola per liberarmi dal nodo di emozioni che rischia di soffocarmi. Se prima ero nel baratro ora sono appesa ad un ramo e penzolo nel vuoto. "Non glielo posso permettere. È meglio così", insisto con voce incrinata. "Non voglio che abbia anche il suo sangue nelle sue mani, capisci?", chiedo stringendo la mia mano sinistra in un pugno. La serro così forte sulla mia coscia che le nocche stanno diventando bianche.

"Oddio no, Lisa. No. Che ti viene in mente. Non lo avrà", mi dice quando capisce a cosa mi riferisco. "Ma non devi affrontare la cosa da sola. Devi farti..."

Di colpo si fa buio e la chiamata si interrompe bruscamente appena il treno entra in un tunnel. Provo a richiamarla ma non c'è campo, così lo ripongo nella borsa, poi inclino la testa, la appoggio al finestrino, ed osservo sfilare il niente spalancarsi davanti a me. È frustrante e mi mette a disagio. Non c'è luce a proteggermi, e nel buio i miei incubi tornano a farsi vivi.

Chiudo gli occhi e conto fino a dieci, venti, trenta... Ora sono a cento e sento sferragliare sotto ai miei piedi il vagone in tutta la sua velocità mentre cerco di farmi cullare dal ritmo delle ruote a contatto dei binari, fino ad appisolarmi.

Quando li riapro siamo già passati oltre. Una voce meccanica avvisa i passeggeri dell'arrivo imminente alla stazione di Zurigo. Sbircio dal finestrino e vedo la città farsi sempre più vicina.

È fatta, dico tra me e me sollevata. Sto per cominciare una nuova parte di questo infinito viaggio.

Poso il piede a terra ed inspiro a pieni polmoni un'aria del tutto nuova. Mi guardo attorno disorientata, non so quanti binari ci siano ma dovrebbero superare la decina come minimo. Sono circondata da una folla incredibile di persone dirette in varie direzioni; alcune di loro mi urtano accidentalmente senza nemmeno pormi le scuse e rischiando di farmi perdere l'equilibrio. Un continuo brulicare ininterrotto. Quasi mi gira la testa.

Proseguo verso l'uscita. Davanti a me uno splendido canale colmo d'acqua brilla in tutto il suo splendore. È tardo pomeriggio ormai, devo muovermi se voglio arrivare in hotel prima di sera. Non so ancora orientarmi e non ho la più pallida idea di quanto distante sia.

Salita sul taxi mi incollo al finestrino mentre si dirige verso la parte opposta della città. Costeggiamo canali, edifici storici, grattacieli e boutique di lusso prima di addentrarci in una delle periferie. È bella come la ricordavo. Ripartire da qui sarà emozionante.

"Può fermarsi qui per favore?", domando al tassista. Riconosco la zona e so che l'hotel non è più molto distante. "Vorrei fare l'ultimo chilometro a piedi se non le dispiace."

"Certamente signorina."

Poco dopo accosta, pago la corsa e scendo.

Mi mancava la sensazione di camminare tra la gente senza sentire sguardi perversi addosso. La sento e la vedo oltrepassarmi incurante della mia presenza, ignara di chi sia io, indaffarata con la propria esistenza. Ora qui, posso tornare persino a correre ammirando l'alba, che sicuramente saprà regalarmi spettacoli mozzafiato. Non abbasserò sicuramente la guardia ma almeno posso guardare il futuro con occhi diversi.

***

Alex

Mi avvio dopo un veloce saluto riportando i miei pensieri a dove li avevo lasciati, ma ciò che vedo in lontananza mi fa arrestare di colpo. Resto fermo a fissarla, il cuore in tumulto e il dubbio che stia impazzendo.

Non può essere lei.

Incredulo mi avvicino fino a quando la distanza rimasta fra noi non conferma la realtà della mia visione. "Lisa?", le chiedo annullando l'ultimo spazio che ci separa, fissandoci entrambi sorpresi. "Che ci fai qui?"

"Ciao Alex."

Lisa mi risponde con lo sguardo di chi ha appena visto un fantasma, per poi abbassarlo l'istante successivo. Con la punta del piede batte sul porfido grigio un po' rialzato marcando il passare dei secondi, prima di proseguire palesemente imbarazzata. "Scusami se non ti ho risposto ma sono successe un sacco di cose e poi..."

Si stringe nelle spalle senza terminare la frase. Si è messa sulla difensiva e la sua voce mi arriva distante e ovattata. Gli occhi sempre puntati a terra.

"Ehi calmati, prendi fiato", le dico notando il suo imminente affanno. So che sta cercando in tutti i modi di non piangere. Mi guardo attorno cercando si scrutare la sua amica ma non la vedo. "Miki dov'è?"

"Sono venuta qui da sola."

Le rotelle del mio cervello iniziano a macinare, velocissime. Lei. Trolley. Sola. Io. Felice. Il pensiero mi piace, eppure mi ritrovo a scuotere il capo incerto. Ammetto di essere al settimo cielo nel vederla qui davanti a me. Sapere che vivrà nella mia stessa città mi fa impazzire il cuore, però, mi fa anche male pensare al vero motivo che l'ha spinta ad andarsene da casa.

Il mio indice scivola sotto al suo mento alzandolo lentamente ed invitandola a guardarmi. I suoi occhi sono due pozze di lacrime quando incrociano i miei. "Ti va un caffè? Così mi racconti tutto?", le chiedo.

Cosa darei per scostarle dal viso quella ciocca di capelli ribelle e baciarla. Ma non lo posso fare. E' successo qualcosa durante il suo ritorno a casa che me lo impedisce, come se fosse stata catapultata nuovamente nella sola e buia paura. Lo leggo chiaramente nel suo volto.

"Non posso, mi stanno aspettando all'hotel. Comincio il turno fra poco."

"Il turno?", chiedo senza celare il mio grande stupore. "Mi stai dicendo che ti sei trasferita qui?"

Annuisce torcendo ripetutamente il mignolo. Non lo fa per sentire dolore, credo, ma bensì per scaricare l'ansia che ancora una volta si è impadronita di lei. Tentenna quasi volesse aggiungere dell'altro, cosa che ovviamente non fa. Non insisto ovviamente, se non è lei stessa a volerlo, anche se ammetto di sentirmi deluso dal fatto che non si senta ancora del tutto a suo agio nel parlare con me.

"Posso almeno accompagnarti?"

Fa un cenno di sì con il capo. Restiamo in silenzio mentre le cammino di fianco e la osservo con la coda dell'occhio: la sua testa è piegata come se stesse studiando ogni singolo mattoncino del marciapiede e le emozioni contrastanti al suo interno sembrano consumarla, rendendola fragile come una foglia d'autunno. Mi perfora l'anima vederla in questo stato.

"Grazie", dice non appena ci ritroviamo davanti all'hotel. "È meglio che vada ora."

Quando si volta a guardarmi con quegli occhi azzurri velati di tristezza perdo completamente la testa e senza concederle il tempo di reagire le prendo il viso fra le mani e premo la bocca sulla sua. Per un attimo Lisa rimane immobile, pietrificata dallo stupore, ma poi schiude le labbra e mi lascia entrare nel suo calore.

Quando mi stacco da lei entrambi siamo senza fiato. "Quando posso rivederti?", le chiedo con un roco sospiro.

C'è un'espressione fosca nei suoi occhi che mi fa intuire quale sia la risposta ancor prima che apra bocca. Lei si concentra su me, sbatte due volte le palpebre e sposta lo sguardo a terra. Sembra sentirsi in colpa anche se non so di cosa.

"Non credo sia una buona idea." Prende il trolley e si dirige verso la porta, poi, si gira un'ultima volta. "Beh, grazie ancora."

Rimango immobile mentre lei varca la soglia e s'incammina a passo spedito verso la hall. Lisa può anche pensare che non sia una buona idea rivedermi, ma so di non esserle indifferente.

L'ho sentito in quel bacio e l'ho letto nei suoi occhi cangianti.

***

La serata non sembra più passare. Sono qui, stravaccato sul divano e con le braccia dietro la nuca intento a guardare un film in compagnia di Brad. Non so nemmeno di cosa parli, la mia testa sembra sintonizzata in tutt'altro canale.

A cena mi aveva riferito della grave situazione di Ivan scuotendomi non poco. Non lo auguro nemmeno al mio peggior nemico e per quanto sia in collera con lui, non posso restare inerte davanti ad una notizia simile.

Che conto in sospeso poteva avere Ivan per ritrovarsi a dover lottare tra la vita e la morte? Nemmeno Brad, che aveva mantenuto i contatti in questi anni, aveva saputo rispondere a questa domanda.

"...trovarlo, vieni?" Mi giro verso Brad e lo guardo come se parlasse un'altra lingua.

"Mi hai sentito? Vorrei andare a trovarlo, vieni?", ripete. "Magari incontrerai la tua bella Lisa."

Scuoto la testa. "Non posso. Sarò impegnato con delle attività di ricerca. Non hanno ancora rintracciato i due escursionisti scomparsi, darò loro una mano a partire da domani. Ma tu vai, Miki sarà ben felice di rivederti", ammicco in tutta risposta.

Mi alzo velocemente schivando il suo destro per dirigermi verso la finestra. Non voglio dirgli che Lisa si trova qui. Rivelarlo a Brad significherebbe condividere con lui una parte di lei che mi è ancora confusa.

Forse sarò in torto, ma ho la netta sensazione che Lisa si stia nascondendo dai suoi problemi o peggio, che stia scappando. Perché è quello che ha fatto, allontanarsi per così tanti chilometri da sola non può che essere una fuga e, rivederla con quelle iridi spente, non può che confermare questa mia supposizione.

C'è un'altra cosa che non torna. Dubito che abbia lasciato la sua migliore amica e la sua casa solo per quella sera. No. Ci deve essere sicuramente dell'altro, un qualcosa nella vita di Lisa che la spinge a fuggire. O forse devo dire qualcuno. E quel qualcuno deve aver interferito anche con la vita di Ivan.

Ignoro così tanto di lei.

Vorrei che Lisa mi parlasse del suo passato, non perché sia convinto di poterla aiutare, o che abbia bisogno di essere salvata; ma perché dare voce al passato, liberarsi da quello che ti frena, apre le porte al futuro. Ed io vorrei farne parte.

Davanti a me le luci della città brillano come stelle, ma una in particolare sembra splendere più delle altre. Ascolto il mio istinto ed esco di casa. Sento Brad urlarmi qualcosa ma il pensiero ora è rivolto altrove.

Spero solo di trovarla ancora sveglia.


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