14. Lisa
Una fievole luce proveniente dalla finestra mi indispettisce proprio quando mi sto per addormentare. Sono rimasta nel letto a rigirarmi per ore durante la notte sperando che Morfeo mi rapisse senza indugi, invece sono stata per tutto il tempo a ripensare alle frasi orribili che ho detto ad Alex. So che lui non è neppure lontanamente come Ivan e Igor, invece che cosa gli ho urlato?
Sono stanca di voi uomini, non fate solo che ferire, ferire e ferire!
Non capisco per quale ragione abbia reagito così. Certo, le cose che mi ha detto Vivian mi hanno turbata non poco, eppure, se scavo bene in fondo al mio cuore, so che non sono veritiere. Alex non mi userebbe né mi tratterebbe come un semplice oggetto del desiderio maschile, di questo ne sono certa, anche se non lo conosco poi così tanto. Dal momento in cui l'ho incontrato è stato come se qualcosa dentro di me avesse cominciato a vivere per la prima volta, qualcosa di profondo. Come se avessi raggiunto la mia destinazione. Il mio angolo di pace.
Mi alzo esausta e mi avvicino al balcone. Scosto la sottile tenda che lo separa dalla stanza, ed esco ad ammirare il mio spettacolo preferito: l'alba.
Sa regalare a tutto una luce magica. Il giorno sta facendo lentamente capolino con le sue striature rosa che si infrangono nel blu del canale, mentre i lampioni e le finestre accese ricordano ancora il buio della notte. L'aria frizzante con garbo sembra dare il suo buongiorno, soffiando lieve e fresca prima che il sole la riscaldi, mentre nel cielo brillano ancora le ultime stelle.
Mi abbandono a questo incanto. Solo io e una sinfonia di suoni e colori dettati dalla natura.
Io e nessun altro.
Chiudo gli occhi ed inalo il profumo dei fiori freschi che adornano la ringhiera. Di solito, questo gesto riesce a calmarmi ma oggi non mi basta. Ci vuole ben altro per placare le mie ansie.
Maledizione! Se solo due giorni prima fossi rimasta a casa invece di andare a quella dannata festa... I guai me li sono proprio andata a cercare! O forse sono i guai che sono venuti a cercare me, non lo so. Certo che ho fatto ben poco per tirarmi indietro.
"Si sistemerà tutto", sento dire all'improvviso. Alle mie spalle, la voce di Miki mi raggiunge rassicurante. Sta uscendo dal bagno con i capelli avvolti in un asciugamano e raccolti sopra la testa. "C'è qualcosa che posso fare?", chiede alla fine in tono preoccupato.
Esito, chiedendomi se sarebbe il caso di parlarne con lei. Un po' mi vergogno, ma è la mia migliore amica, e sono sicura che non mi prenderebbe mai in giro per il casino che ho combinato con Alex. E poi potrebbe essere un sollievo confidarmi con qualcuno.
"Lisa?", insiste Miki parandosi davanti a me. "Le sue parole non hanno valore per cui tu debba esserne turbata."
"Mi era sembrata così sincera..." Faccio un lungo e sospirato respiro, poi alzo gli occhi al cielo crucciata. "Ma in ogni caso non importa. Tra poche ore saremo in viaggio, ed ognuno riprenderà la propria vita", dico scrollandomi dalle spalle la sensazione amara che mi ha pervaso.
Miki si mette a giocare con il cellulare, l'aria annoiata. "Bene", commenta semplicemente. "Se pensi di potergli stare alla larga, allora buon per te."
"Che vuoi dire?", chiedo sconcertata.
"Dico soltanto che è evidente che sei attratta da lui... quindi staremo a vedere", risponde ancora intenta a digitare sul telefono, ma con il lato della bocca teso in un vago sorriso. "Sei libera di fare quello che vuoi, sia chiaro, ma io andrei almeno a chiedergli scusa."
Mi prendo un secondo e guardo di sotto. In strada non c'è nessuno. "Hai ragione, e forse dovrei ma..."
"Ma cosa? Credi che sia troppo tardi?", dice alzando lo sguardo. "Non è mai troppo tardi per rimediare."
Il suo viso è incorniciato dai raggi che sferzano la terra facendo scomparire tutte le ombre e creando giochi di luce tra mura e vetrate. Ormai il giorno si è presentato.
"Non lo so."
"Non dirmi che credi alle parole di quella stronza!", strilla Miki.
"No, non è questo, solo che non capisco perché mai dovrebbe volere una come me, quando può avere una come lei."
Miki sbarra gli occhi. "Perché ha buon gusto?", risponde con un'espressione che sarebbe stata comica se avessi avuto voglia di ridere. "È chiaro che anche lui ha capito di che pasta è fatta, altrimenti non l'avrebbe mollata."
"Sarà..."
"Però, qualcosa di buono l'ha fatto devo dire", commenta Miki ridacchiando. "Non ti avevo mai visto così grintosa, Lisa. Era ora."
Incrocio le braccia sull'unico tratto di ringhiera libero e ci appoggio il mento. Miki si stiracchia inarcando la schiena, le mani dietro la nuca, poi, riprende a parlare seria. "Sono sicura che ti perdonerà. E lo sai anche tu, questo. Lui ti piace, e tu piaci a lui. Forse si è arrabbiato e tu hai ferito i suoi sentimenti, ma in tutte le coppie all'inizio ci sono delle incomprensioni che servono proprio per capire se il rapporto sarà abbastanza forte da sopravvivere."
A quelle parole scoppio a ridere come una bambina, sentire parlare lei con un tale romanticismo è da sbellicarsi. "Mi sembrano più discorsi da consulente matrimoniale", le dico asciugandomi una lacrima sfuggita al mio controllo. "Non credi che sia prematuro parlare di amore? Siamo praticamente degli estranei, come fai a dire una scemenza simile."
"Perché conosco te", ammette. "Ricordi la sera del nostro arrivo qui a Zurigo? Io ero in questa terrazza e vi stavo osservando. Ho notato come lui ti guardava, e come lo guardavi tu. Eri felice, Lisa."
"Che fai, spii adesso?", mi fingo offesa.
"Naturale", conferma Miki sollevando le soppraciglia. "È la tua prima storia d'amore, non puoi pretendere che io non sia curiosa, eh!", conclude con un sorriso a labbra unite.
Raccolgo una manciata di petali e li lascio filtrare tra le dita, di nuovo spossata. Li osservo fluttuare nell'aria fino a quando non toccano la superficie solida. "Che cosa devo fare?", chiedo alla fine.
Senza pensarci un attimo, Miki ripete con tono affettuoso le parole dette prima. "Forse il tuo primo passo potrebbe essere andare a parlarci prima della partenza", mi guarda dritta negli occhi. "Devi essere tu a fare la prossima mossa. Se decidere di rimanere nella tua bolla o provare a lasciarti andare almeno una volta. In ogni caso io sarò sempre qui."
"E se lui non volesse parlarmi?", mi angustio, in preda ad un'evidente ansia.
"Lo farà."
"Come fai ad esserne sicura?"
"Perché anche lui era felice."
***
Rimango seduta ancora qualche minuto sul bordo del letto. Il mio unico pensiero è di non volerlo fare. Non voglio affrontarlo, però ne sento anche il bisogno e so di non avere scelta. Parlare con Miki alla fine mi è servito. Almeno un po'. Sono sempre in ansia, ma mi rendo conto che non dipende più tanto da Vivian o dai brutti ricordi, quanto piuttosto da ciò che dirò ad Alex. O meglio, da ciò che lui mi dirà. So di non essere stata giusta con lui, e il minimo che posso fare è di far sapere quello che Vivian mi ha detto. Se lo merita dopo tutto.
Faccio una doccia, poi, dopo essermi infilata un paio di calzoncini, una maglietta e i sandali, esco dalla stanza con il trolley in mano.
La strada è semideserta mentre raggiungiamo la casa di Alex. Prima di partire, Miki, con una telefonata, si è fatta dare da Brad le informazioni necessarie per arrivare a destinazione.
"Vuoi che ti stia accanto mentre gli parli?", mi chiede l'amica fermando la macchina innanzi ad una villetta.
"No, grazie", replico abbracciandola. "È una cosa che devo fare da sola."
Annuisce con un sorriso. "Sono fiera di te."
Ora il sole brilla a mezz'aria, sfavillante come un rubino, i suoi raggi infiammano l'azzurro del cielo. Il vento sbuffa arrabbiato e soffia a perdifiato, rincorrendo le nuvole, che spaventate, cercano riparo tra le catene montuose.
Preparandomi mentalmente nel caso Alex si rifiuti di parlarmi, varco il cancello con il cuore che sembra esplodermi nel petto. Ai suoi lati ci sono due file ordinate di gigli profumati che conducono ad una struttura rurale, la cui facciata esterna è coperta per metà da edere rampicanti che salgono fino al tetto.
Sembra un posto tranquillo, isolato e pieno di pace.
Mi faccio coraggio e cammino lungo il vialetto lastricato di pietre tra cui spuntano ciuffi d'erba soffice e umida di rugiada. Un dondolo campeggia sotto la pergola coperta dal glicine, da cui filtra piccole lame di luce.
Alex e Brad sono lì, seduti ad un tavolo in vimini, intenti nella loro colazione. Pur vedendolo di spalle, senza il forte magnetismo dei suoi occhi e dell'aspetto deciso del suo viso squadrato, mi mette addosso una certa emozione. Il cuore prende a battermi forte.
Quando mi vede Brad dice qualcosa all'orecchio dell'amico, che si volta ad osservare. Mi guarda ma non sorride. Dopo aver bevuto quello che credo sia un succo, scosta la sedia, si alza, raddrizza le spalle e s'incammina verso di me. Si ferma a qualche passo di distanza, braccia conserte, come se stesse indossando un armatura invisibile con la sua postura e il suo rigido linguaggio del corpo. Anche la sua espressione è imperscrutabile. "Ciao", la sua voce è dolce ma ferma allo stesso tempo.
Ha l'aria stanca, l'ombra di barba sul mento e i capelli spettinati fa sembrare che non abbia dormito molto. Mi chiedo se ne sono io la causa e questo pensiero mi provoca una stretta al cuore.
"Avevi ragione tu", balbetto in evidente disagio. "Ieri me ne sono andata perché Vivian mi aveva detto che sono solo un semplice passatempo. Ha lasciato intendere che non sono nemmeno la prima, e che usi ogni tua conquista prima...", mi blocco incapace di proseguire. L'aria improvvisamente non sembra più bastare e i miei polmoni ne chiedono disperatamente bisogno.
Sto per andare in affanno.
"Prima?", alza un sopracciglio invitandomi a continuare.
Faccio dei profondi e lenti respiri, poi mi schiarisco la voce e proseguo: "di gettarla via come spazzatura", la mia voce sembra un filo sottile pronto a spezzarsi.
Alex chiude gli occhi e sospira stancamente. Il suo silenzio è come un pugno che mi lascia senza respiro. Quando li riapre, il muscolo della mandibola sembra tendersi prima di parlare: "ha mentito."
"Lo so."
"Sono deluso sinceramente. Non tanto per quello che è successo, ma per il fatto che tu mi creda capace di certe cose", dice con espressione ferita.
"Non intendevo offenderti. So che non lo faresti mai."
"Perché non mi hai detto niente ieri?"
"Ero arrabbiata e confusa", spiego sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, invasa da un profondo senso di colpa che cerco di nascondere abbassando lo sguardo a terra. "Non volevo credere di essermi sbagliata. Stanno succedendo un sacco di cose che non hanno niente a che fare con te. Quest'ultimo periodo è stato piuttosto difficile per me."
"Perché hai creduto a lei e non a me? Non la conoscevi neppure", chiede ancora.
Chiudo gli occhi. Perché? Mi domando. Perché ho sempre disprezzato i maschi per il male subito? Perché mio padre e successivamente Ivan mi hanno fatto perdere la fiducia e quindi mi è più naturale credere ad una donna rispetto ad un uomo?
Ma non lo dico.
Mi limito a scuotere la testa. "Non lo so. Mi spiace", proseguo a voce bassa. "Scusami. Ho esagerato."
"Va bene", ribatte Alex alleggerendo il tono. "Accetto le tue scuse."
Per un attimo nessuno dei due parla e quasi mi pento di essere venuta. "Ora devo andare, Miki mi sta aspettando per tornare a casa." Dal mio cuore partono due lacrime trasparenti ma non arrivano agli occhi, non voglio piangere. Le mie labbra si dischiudono in un sorriso malinconico, la mia voce è leggera come un sussurro: "devi sapere che ho apprezzato molto quello che c'è stato tra di noi, qualunque cosa fosse."
Alex rimane zitto e mi stringo nelle spalle. Mi volto per allontanarmi e lo sento fare un passo verso di me.
"Lisa... aspetta."
Quando mi volto vedo il suo sguardo incatenarsi al mio e per un lungo, intenso istante, mi mostro senza difese. Un brivido incandescente accende il sangue nelle vene. Poi, accade tutto talmente in fretta per capirci qualcosa. Fino ad un secondo fa era a un metro da me, ora invece, la bocca di Alex discende sulla mia, catturando un mio sospiro inaspettato. Per un attimo rimango sconcertata al contatto delle nostre labbra. È tutto così nuovo, così strano. La presenza prepotente di quella bocca, le sua labbra calde e morbide che mi sollecitano, invitandomi ad aprirmi a lui.
È tutto inaspettato, tranne la scarica elettrica che mi attraversa il corpo con una violenza sorprendente. È la stessa che ho provato quando, due sere fa, mi aveva toccato il braccio, quando mi aveva puntato addosso i suoi intensi occhi azzurri.
Sento l'accelerazione del mio cuore e lotto per non perdere il controllo, per rifiutare il suo assalto. Ma poi Alex sposta leggermente il peso del suo corpo e mi fa aderire a sé con prepotenza.
Cedo.
Le mani che avevo alzato per scacciarlo atterrano invece sul suo petto, dove sento il battito furioso del suo cuore. Con sgomento mi accorgo che non solo lo sto toccando. Sto rispondendo al bacio!
Non dura molto e quando mi lascia andare, arrossisco. Alex invece, ha un'espressione gentile ma seria, ardente di desiderio e colgo la promessa di un futuro che sono ansiosa di poter iniziare.
"La prossima volta che hai dei dubbi su di me, parlamene", dice puntando dolcemente l'indice sulla mia fronte. "Non tirare le tue conclusioni. Non mi piacciono questi giochetti, okay?" Poi aggiunge: "E, a proposito, anch'io apprezzo molto quello che c'è tra noi," bisbiglia sfiorando il mio orecchio.
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