12. Lisa
È mattina, e la giornata sembra essere cominciata nei migliori dei modi. Ho dormito divinamente come non succedeva da tempo, e Miki sta già dando di matto all'idea di fare shopping. Sarà difficile contenere il suo entusiasmo oggi, ma ho riposato talmente bene, che accetterò le sue pazzie.
"Lo sapevo che ti sarebbe piaciuto", gongola mentre stiamo per entrare nell'ascensore. "Avevo ragione o no?"
Annuisco. Non le è sfuggito il mio buon umore, insolito in questi ultimi tempi, ma la lascio pensare che sia merito di questa giornata di spese folli.
Mentre scendiamo al piano terra, mi soffermo a pensare alla serie di eventi della sera precedente. In circostanze normali una ragazza avrebbe fatto salti di gioia per un gesto simile, ma per quanto mi riguarda, la situazione è tutt'altro che abituale. Quello che è accaduto fra me ed Alex è stato ancora una volta così... così inverosimile, che stento a crederci.
Davvero ho trascorso l'intera serata a parlare con un ragazzo?
E gli ho anche permesso di darmi un bacio sulla guancia?
Ma che mi è saltato in mente?
E in ogni caso, che cosa mi aspetto da uno come lui?
Mi ero giurata di non abbassare troppo la guardia e non far avvicinare nessuno, ma per quanto mi sia sforzata, qualcosa me lo ha impedito. Alex si era rivelato... magnetico, e più ci penso, più mi sembra che questo termine calzi a pennello.
E' irrazionale lo so, illogico e si scontra con tutte le promesse fatte a mia madre ma, mi rendo conto, di desiderare che lui mi conosca meglio.
La cosa che mi preoccupa però, è che sono consapevole delle mie paure, delle mie incertezze e non riesco a scrollarmele di dosso per andare avanti, come se la mente e il corpo fossero rimasti là, incastrati nei peggiori scenari della mia vita.
"Non ci posso credere. Miki, sei davvero tu?"
Una voce mi distrae appena fuori dall'hotel. Lascio perdere questo misero tentativo di autoanalisi e guardo la ragazza che appare davanti a me. Mostra un sorriso smagliante, con denti di un bianco accecante, mentre si avvicina verso la mia amica, per poi abbracciarla calorosamente. Sembra appena uscita da una rivista di moda: è impeccabile da mettermi soggezione. Indossa con straordinaria eleganza un abito senza spalline, di color avorio, che si avvinghia perfettamente alle sue curve. Una fascia, dalla tonalità del caramello, le mette in risalto il suo stretto punto vita, mentre la gonna, che scivola svasata sulle cosce, evidenzia le sue gambe lunghe e toniche, accentuate da un paio di plateau dal tacco vertiginoso dello stesso colore. I suoi capelli castano ramato sono sistemati con una sofisticata pettinatura a banana che valorizza il suo lungo collo e l'area delicata dei suoi zigomi. È truccata poco, la sua carnagione dorata, aiutata dall'abbronzatura, non necessita di molto trucco per marcare e rifinire la sua bellezza. I suoi occhi verde scuro sono di una forma obliqua e provocante, quasi felina.
"Vivian. Oh mio Dio! Che bello rivederti", strilla Miki con una voce di sette ottave più alta del solito. "Fatti guardare. Sei splendida."
In effetti lo è veramente: se Miki emana energia, Vivian irradia un'eleganza composta e tranquilla, abituata ad essere al centro dell'attenzione e ad avere un stuolo di ragazzi che sbavano per lei. Tanto vale mettersi un cartello con su scritto: guardatemi ma non toccatemi.
Non la conosco e già la detesto. Sono pronta a scommettere qualunque cosa che appartiene all'elite di Zurigo.
"Lisa, lei è Vivian. Abbiamo fatto il corso di gestione aziendale assieme. È la figlia del proprietario di questo hotel."
Che dicevo!
Come volevasi dimostrare, mi squadra dalla testa ai piedi prima di salutarmi con un mezzo sorriso frettoloso. Si vede che non sono apprezzata, che non faccio parte del suo "rango".
Almeno il disprezzo è reciproco.
"Ma che fai da queste parti?", chiede alla fine, spostando l'attenzione su Miki ed ignorandomi completamente.
"Stavamo andando a fare shopping", esulta trionfante la mia amica, gesticolando con le mani tutta la sua gioia ormai incontenibile.
"Oh, ma non mi dire! Il mio sport preferito." Con tono fin troppo smielato si unisce alla sua euforia e scoppiano entrambe a ridere come due oche giulive.
Osservo incredula Miki, solitamente non è così frivola, almeno non eccessivamente come lo è in questo momento. Mi sento mancare da quanta aria viziata sto respirando.
"Ma allora devo assolutamente venire con te, Miki. Vedrai, ti porterò in tutte le più belle boutique della città", dice prendendola sottobraccio. Da come parla un rifiuto è inammissibile.
Ecco la mia splendida giornata andata a monte. Mi ritroverò a fare la portaborse o l'appendiabiti mentre entriamo ed usciamo da un negozio all'altro. Io mi annoierò da morire mentre loro spendono e spandono come ridere.
Fantastico.
"Sei sicura di voler accettare, Lisa? So che dovevamo trascorrere la giornata tra noi", mi sussurra all'orecchio Miki. Il taxi ci sta portando nel cuore della città e più precisamente nella via delle grandi firme.
"Lo sto facendo solo per te."
"Sei un angelo, Lisa. Fidati di me, ti divertirai. Vivian non è così antipatica come sembra", conclude a voce bassa, quasi impercettibile per non farsi sentire da lei, la quale, seduta alla sua destra, è impegnata in una telefonata e non sembra aver sentito nulla.
"Lo spero", rispondo scettica. Vorrei tanto crederle, ma dubito che sarà così.
***
Sono in questo negozio da un paio d'ore e se non fosse per Miki mi sarei già addormentata. Di tanto in tanto mi riporta all'attenzione chiedendomi un mio parere, ma in cuor suo sa che in realtà non centro nulla con questo posto.
A guardarle sembrano due pazze complete. Ma che ci troveranno poi a spettegolare di tutto e di tutti mentre provano abiti di ogni sorta di cui potrebbero benissimo farne a meno? Neanche se mi impegnassi tutta la vita riuscirei a capirle.
"Tu ed Alex, eh?"
Reprimo uno sbadiglio di noia. Non mi sono resa conto che Vivian si è seduta accanto a me. Le sue labbra fini, unico difetto nella sua perfezione, sembrano contratte.
"Come dici, scusa?"
"Tu ed Alex", ripete pacata. "Vi ho visti assieme ieri sera mentre scendevo dal taxi."
Una ruga di perplessità mi solca la fronte. I suoi occhi bruciano di un disdegno così intenso diverso da qualsiasi cosa abbia mai visto prima in una donna. Un gelo terribile vibra su tutto il corpo davanti a quell'odio inspiegabile.
Che cavolo è appena successo?
"Oh", mi limito a dire. L'istinto mi suggerisce di non sbilanciarmi troppo.
Vivian continua a fissarmi con quell'aria acida da snob: la schiena ben diritta, le gambe accavallate e le mascelle freddamente composte. "Vi siete conosciuti durante la festa in quel buco dove abitate tu e Miki, se non sbaglio. Trovo curioso di quanto possa essere piccolo il mondo in alcuni casi, non credi?"
Piego all'indentro le labbra, facendo un sorriso teso ed imbarazzato, ed annuisco. "Ehm... sì", farfuglio con aria decisamente confusa. "Perché? Lo conosci?"
"Conosco Alex da quando eravamo piccoli. Vuoi un consiglio spassionato? Stai alla larga da lui."
Cos'è una minaccia? Sgrano gli occhi allibita. "Come?"
"Credimi, sotto quell'aspetto da bravo ragazzo si cela un vero e proprio sciupafemmine."
Questa volta non riesco a nascondere la mia sorpresa e spalanco la bocca.
"Tu mi sembri una brava ragazza", continua lei. "Non credo ti piaccia essere usata in quel modo."
Mentre Vivian parla, io la fisso incredula, con l'impressione che il mondo intorno a me si stia sbriciolando ancora una volta.
"Non avertela a male", la sua mano sfiora la mia spalla con fare disinvolto. "Saresti solo uno semplice svago per lui, per questo ti consiglio di starci lontana."
Mi sento impallidire. Mi impongo di non ascoltare, di non credere che Alex sia quel tipo di ragazzo. Ma le parole di Vivian continuano a riecheggiarmi nella mente come un tarlo.
Possibile che mi sia sbagliata così tanto su di lui?
A quanto pare, la mia inesperienza non mi aiuta ad azzeccare un giudizio corretto sulle persone.
Faccio un profondo respiro e mi accorgo che Vivian mi sta esaminando. "Ti senti bene?", mi chiede con un'espressione preoccupata. "Ho detto qualcosa che ti ha turbata?"
"Sì. Sto bene."
"Sai, mi sembravi sul punto di vomitare."
"Ho detto che sto bene", ripeto con voce asciutta.
Vivian aspetta un attimo, poi continua con voce melliflua. "Oh no! Non mi dire che ti sei presa una cotta?"
Non riesco a parlare. Vivian allora prosegue rincarando la dose: "guarda, non devi starci troppo male, perché è davvero il ragazzo più affascinante del mondo quando ci si mette. Ma non è certo l'esempio del fidanzato perfetto." Indica verso la clientela. "La metà delle ragazze che vedi qui dentro ci sono passate. Se gli fai capire che ti interessa, non ci metterà molto a portarti a letto e, se sei fortunata, a restare con te un giorno o due. Ma questo è tutto ciò che avrai."
Scruto istintivamente la folla, notando una decina di bellezze che si aggirano tra uno scaffale e l'altro. Deglutisco prima di trovare le parole. "Senza offesa, ma sei piuttosto brava a far sembrare il tuo amico uno stronzo...", balbetto voltandomi verso Vivian e scoppiando in una risata nervosa, ma in realtà sono del tutto seria.
"Se preferisci credere a lui piuttosto che a me, fai pure", commenta seria fissandomi dritta negli occhi. "Ma non dire poi che non ti ho avvisata quando ti ritroverai in lacrime, con la testa sul cuscino, perché lui ha giocato con i tuoi sentimenti prima di gettarti via come spazzatura."
Rimango muta per qualche instante, reprimendo l'impulso di sbattere la mia testa contro il muro. So bene di non essere una persona fortunata ma mi chiedo perché il mio campanello questa volta non mi ha avvisato.
Vivian nota il nervoso contorcersi delle dita attorno al manico della mia borsa. "Immaginavo che saresti riuscita a capirlo... cioè, mi sei sembrata da subito una ragazza scaltra", dice alla fine. La sua espressione e il tono freddo della sua voce ora si sono addolciti.
Con un enorme sforzo di volontà, allento la stretta. Non riesco nemmeno a guardarla in viso, temendo che ciò possa potenziare la mia rabbia.
"Vivian", interviene Miki mortificata. È appena uscita dal camerino e non so quanto abbia ascoltato della nostra conversazione. "Lisa, non badare...", si rivolge a me gentilmente, ma si interrompe subito nel vedermi scattare in piedi.
"Ora devo andare", annuncio, il tono più saldo dei nervi. Miki sembra sbalordita dal mio atteggiamento deciso e del tutto estraneo alla mia persona. E lo sono pure io.
Nemmeno farlo apposta, fuori dal negozio, Alex dialoga calorosamente con un uomo. Sembra avermi visto muovermi nella sua direzione, perché si volta verso di me con un sorriso. Lo fulmino con gli occhi, sono furibonda con lui, ma ancora di più con me stessa per essere stata tanto stupida da credergli.
"Ehi, ciao!", dice come niente fosse non appena sono fuori. "Che bella sorpresa."
A questo punto, lo guardo sorprendentemente in faccia per dirgliene quattro, ma i suoi occhi mi colgono in contropiede. Non li avevo mai visti alla luce del giorno. Sono di un azzurro così chiaro da sembrare trasparenti, quasi privi di colore. Continuo a fissarli rapita come se, avvicinandomi abbastanza, potessi specchiarmici dentro.
Alex sbatte le palpebre, strappandomi di colpo dai miei pensieri e riportandomi alla realtà. "Vattene!", grido recuperando la mia collera. Lo spintono lontano da me e mi dirigo poi verso il taxi. Non desidero altro che andarmene da questo schifo di posto.
"Lisa! Aspetta!"
Quando mi raggiunge e mi sfiora la maglietta mi volto di scatto. "Io e te non abbiamo niente da spartire!", esclamo. "Capito! Non ho intenzione di stare al tuo gioco!"
Alex fa un passo indietro come se avesse ricevuto un forte schiaffo. "Ma quale gioco? Di che cosa parli?", chiede confuso.
"Non sono una stupida, Alex. Sono stanca di voi uomini, non fate solo che ferire, ferire e ferire! Ma vi diverte così tanto?", lo guardo gelida, gli occhi sbarrati e gonfi, poi, mi accomodo nel sedile posteriore del taxi.
Miki, che nel frattempo mi ha raggiunta, fissa con la stessa espressione scioccata di Alex una Lisa che nemmeno io saprei riconoscere, mentre Vivian si gode la scena da lontano.
Cerco di chiudere con tutte le mie forze la portiera, ma inutilmente. Alex non si fa intimorire e tende una mano per trattenere la porta dell'auto. "Ma che ti prende?", chiede poi allarmato.
"Chiedilo alla tua amica", rispondo tutto d'un fiato.
Alex volge istintivamente lo sguardo in giro, cercando tracce che possano portare ad un minimo di chiarimento. Quando si volta leggermente verso il negozio, la sua espressione passa dalla curiosità alla perplessità ed infine alla comprensione. "Voglio sapere che cosa è successo", dichiara secco tornando a puntare i suoi occhi su di me.
Mi guardo intorno, decisa a negare quanto mi senta amareggiata. "Non ha nessuna importanza. Lasciami in pace e torna da dove sei venuto! Non ho bisogno anche di questo ora!", ribadisco con determinazione, e la rabbia accende di nuovo il mio sguardo mentre mi volto verso Alex.
"Questa commedia non attacca con me", dice. Per qualche motivo queste parole mi zittiscono quel tanto da permettere a lui di proseguire. "Perché sei scappata via dopo aver parlato con lei?" Ti ha detto qualcosa, vero? Che cosa? Che stiamo ancora insieme? Non è vero. Tra noi è finita."
Impiego qualche istante a comprendere il significato di quelle parole. "Era la tua ragazza?", mormoro sbattendo le palpebre incredula.
"Si", conferma. La sua voce si abbassa di un tono. "Per due anni."
Vedendo che non prolifero parola, Alex fa un passo avanti. "Che cosa ti ha raccontato?"
Lo sento a stento, la sua voce sembra giungermi lontana. La mia mente è assorbita dall'atteggiamento di Vivian.
Perché? Perché dirmi quelle cose?
Perché terrorizzarmi in questo modo?
Certo, lei non può sapere in che stato emotivo io sia... è mai possibile che veda in me una possibile rivale?
A chi dei due devo credere adesso?
Odio sentirmi così, non porta altro che sofferenza. Mi ritrovo combattuta tra il volerlo come amico, e il non averlo mai voluto.
Scuoto la testa, chiudo gli occhi e mi stringo tra le braccia mentre il mio corpo trema per le sue emozioni contrastanti. Ho gli occhi pieni di lacrime e il dolore che sto trattenendo sembra esplodere da un momento all'altro.
"Voglio solo andare a casa", sussurro. La mia voce esce come un soffio lontano, sofferto, per poi ripiombare nel silenzio. Ancora una volta faccio un passo indietro.
Alex mi guarda rigido, improvvisamente schiacciato dal peso delle mie parole. Sul viso un misto di rabbia e delusione. "Non ti facevo così frettolosa nel giudicare. Pensavo...", poi si volta di scatto, i pugni tesi lungo i fianchi e si incammina lungo la via. "Dannazione, non so a che cosa pensavo", brontola stizzito alla fine senza voltarsi.
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