1. Lisa
Sei mesi dopo
È ancora così buio dentro la stanza. Nella penombra di una tenda stropicciata, intravedo lui, davanti al mio letto, in tutta la sua arroganza. Nell'attimo in cui percepisco la sua presenza mi afferra brutalmente, attirandomi come una furia verso di sé. Non ho speranze, sono un animale in trappola. Mordo il cuscino dal dolore, lo stringo disperata, mentre lui con vigore estremo cerca di invadere il mio esile corpo.
"Tu sei mia. Solo mia. Ricordatelo." Mi sorride in modo strano, mentre dalla sua bocca escono parole orribili.
Mi sveglio ricoperta di graffi e di morsi. Le mie braccia sono livide e gonfie, come se avessi combattuto fino all'ultimo respiro. Eppure ho dormito da sola. Nella mia stanza non è passato nessuno.
Sento lo stomaco che brucia a quei ricordi. Il dolore di una ferita così grande non si può ricucire. Faccio fatica a trattenere la rabbia e mi alzo dal letto. Mi guardo allo specchio. Ho il volto tumefatto e gli occhi coperti di lacrime.
Con la coda dell'occhio lo scorgo alle mie spalle. Ancora una volta. Mi giro all'improvviso ma, dietro di me, non c'è nessuno.
Un'allucinazione?
Ho paura.
Avverto la sua figura che mi osserva bramosa. Il cuore mi batte forte. Lentamente torno a guardare nello specchio. Ancora di sfuggita, vedo qualcosa dietro di me che si muove. Cammina nella mia direzione.
Come al solito non vedo il volto, che da lontano pare privo di alcun lineamento. Si avvicina a me, i suoi occhi guardano i miei. Agghiacciata li fisso, ora li riconosco. Esco dalla stanza con il cuore che martella all'impazzata. Per un solo attimo ho rivisto quel volto.
Corro. Corro con tutte le mie forze, non riesco a respirare, qualcuno alle mie spalle grida, ma non posso fermarmi. No, no, non posso. Prendo l'orlo della mia camicia da notte fra le mani e continuo a correre senza guardarmi indietro, veloce, sempre più veloce. Non posso permettermi di rallentare, non ora!
Esausta, mi volto per implorare la mia salvezza, ma ancora una volta non vedo nessuno.
***
Apro gli occhi di scatto. La mia camicia da notte mi avvolge, delicata e tenera.
In casa regna il silenzio.
Anche stanotte non sono riuscita a dormire bene, il mio solito incubo è tornato preciso e regolare a farmi visita. Mi chiedo quanto tempo ancora passerà, prima che il passato torni ad incombere su di me; perché so che può ricomparire in qualsiasi momento. Sta vagando per il mondo sulle mie tracce, e sono sicura che si fa di giorno in giorno sempre più rabbioso.
Comunque, sono contenta di essere finita qui, in questa cittadina storica di poche centinaia di abitanti, che sorge sulla riva destra del lago. C'è chi dice che assomigli ad un piccolo fiordo norvegese, immerso nelle montagne bellunesi, con i pendii del Massiccio del Grappa e del Monte Novegno che in certe zone si tuffano a capofitto nell'acqua verde. Il cuore di questo pittoresco paesino è aggrappato sul declivio di un dolce colle, con strade parallele lungo le linee di livello e vicoli o scale che le uniscono, attraversandole lungo le linee di pendenza.
Da subito mi ha dato la sensazione che questo fosse il posto giusto, che fosse un posto sicuro, come se mi avesse chiamata da sempre, promettendomi protezione.
Prendo al volo una maglietta, i miei leggins e decisa a fare una corsa, mi precipito in bagno senza far rumore, facendo attenzione a non destare la mia migliore amica dal suo sonno beato. Mi cambio velocemente, lego i capelli in una coda di cavallo ed esco in punta di piedi, tenendo con una mano le mie scarpe da ginnastica. Non voglio che si accorga che sono uscita ancora una volta al sorgere del sole.
Non c'è nessuno in giro. Un velo di bruma fluttua leggera tra gli alberi come un lungo drappo, nel cielo invece, brillano ancora le ultime stelle mentre una palla rossa si alza lentamente all'orizzonte, infuocando un cielo sgombro di nuvole. L'aria tiepida preannuncia una calda giornata.
Nel giro di qualche minuto i miei muscoli si scaldano e la mia corsa prende un'andatura regolare. I vicoli sembrano deserti quando attraverso il piccolo centro del paese, se non fosse per il fruttivendolo e l'edicolante che si stanno preparando all'apertura dei loro negozi. Il porfido sotto ai miei piedi scorre liscio senza opporre resistenza e, oltrepassando la Chiesa, il panificio ed alcune case private, mi dirigo a passo veloce in direzione del molo. Davanti a me, la nebbia sul lago ha cominciato a diradarsi e rallento l'andatura, conquistata dal panorama. Il porticciolo è affollato, gente che armeggia intorno alle barche, caricando borse frigo o slegando cime di ormeggi. Verso nord, le sponde del lago sono dolci e arricchite da una vasta spiaggia ad erba, mentre a sud, sono irregolari e frastagliate, scavate da bellissime insenature ammirabili percorrendo una stradina sterrata che si snoda sulla sponda opposta a quella del paese. Il punto più spettacolare è senza dubbio il caratteristico Ponte delle Corde, costituito da funi d'acciaio e che unisce entrambe le rive.
È un vero e proprio gioiello incastonato in un'ampia conca verde.
Faccio un profondo respiro, inalando l'odore pungente di pino che l'aria ancora ricca di umidità trasporta con sé. Il lago è immerso nel suo silenzio, come se avesse inghiottito tutti i rumori. La superficie sembra uno specchio luminescente e si sente, ora alto, ora basso, solo il canto degli uccelli. L'acqua stagnate rabbrividisce per un attimo, il suo sonno profondo viene disturbato dalla coda di un luccio e dal guizzo di un persico.
Un venticello davvero piacevole mi accarezza, asciugandomi qualche perla di sudore formata sulla mia fronte, mentre il battito torna al suo ritmo regolare. Osservo alcune libellule volteggiare nell'aria, e penso che anch'io vorrei essere così libera. Libera dagl'incubi che mi attanagliano, libera dal freddo che mi scuote a dispetto del caldo dell'estate. Così, mi appoggio alla balaustra di legno che costeggia il lago, ammiro quell'intreccio di emozioni e la mia mente torna ad intasarsi di pensieri.
Michela è la mia migliore amica ed anche l'unica, le voglio un gran bene: se non fosse stato per lei, io in questo momento non sarei qui.
In uno dei periodi peggiori della mia vita lei è comparsa dal nulla aiutandomi in tutti i modi possibili: è riuscita persino a farmi assumere al ristorante annesso al B&B dei suoi genitori. All'inizio tutto, per me, è stato difficile ma, con il tempo, è diventata la mia attuale vita.
Così ora mi ritrovo qui con un lavoro, un tetto sopra la testa ed un'amica e mi sembra di toccare il cielo con un dito, perché mai avrei sperato di ritrovare la stabilità di cui ne ho sempre sentito il bisogno. Solo grazie a lei, a Miki, come sono solita chiamarla, è stato possibile.
E allora perché ancora questi incubi? Cosa vuole dirmi il mio subconscio? Non voglio pensarci ancora, non sono pronta ad affrontare l'eventualità che il mio demone mi possa trovare, o che peggio, mi abbia già trovata!
Mi do una scrollata alle spalle per eliminare le brutte sensazioni ed inspiro forte in cerca di ossigeno. Sento i miei polmoni riempirsi d'aria pulita: è fresca e rigenerante.
Controllo l'orologio: sebbene siano solo le sei e mezza del mattino, decido di ritornare da Miki. Le ho promesso che avremmo fatto colazione assieme prima di andare al lavoro.
Una scarica di freddo mi invade il corpo e riprendo la mia corsa, notando una passerella improvvisamente affollata. A molta gente piace correre alle prime luci del giorno, forse per scaricare le proprie tensioni prima di andare in ufficio, o semplicemente correre per loro, è rilassante come lo è per me.
Ma ora sono agitata. Oltre ai pensieri, c'è l'ansia a pervadermi in modo incessante. Vuole dirmi qualcosa, e infatti, all'improvviso mi blocco e sgrano gli occhi.
Mi sento accapponare la pelle.
C'è qualcosa al di là del lago, ne sono sicura, anche se la mia mente non è in grado di identificare cosa sia. Cerco di mettere meglio a fuoco l'immagine, e quando ci riesco, noto un'ombra familiare, una figura incappucciata vestita di nero, con lo sguardo rivolto nella mia direzione.
È all'inizio del molo e, come me, si scherma gli occhi con la mano. Il sole che si leva sull'orizzonte, rende difficile riconoscere i lineamenti dello sconosciuto, ma nonostante la luce accecante rispecchiata dall'acqua, ho la netta sensazione che stia fissando proprio me. Quella visione mi provoca un brivido gelido che scende lungo la schiena, ed un pensiero mi invade la mente.
Lisa, calmati.
Stai esagerando.
Non può essere lui.
Non sa dove vivi.
O forse sì?
Davanti a me, passa una persona intenta nella sua corsa, offuscando per un attimo la mia visuale ma, quando torno a fissare il punto di prima, c'è solo la sagoma di un pilone sul pontile, con alcune corde sfilacciate legate alla sommità.
Mi guardo attorno.
Nulla.
Tutto sembra come sempre.
L'incubo mi sta manipolando, devo tranquillizzarmi. Cerco di convincermi che sia tutto frutto della mia immaginazione, ma più mi sforzo di crederci, più penso che non sia così.
Inspiro l'intenso profumo di resina che l'aria trasporta con sé, e riprendo a correre verso casa con un'angoscia che non provavo da tempo.
***
"Ehi!", mi accoglie Miki al rientro dalla corsa. Ho ancora il battito accelerato, la faccia paonazza e imperlata di sudore.
"Non pensavo facesse questo caldo infernale oggi", rispondo prendendo una bottiglietta d'acqua dal frigo e tracannandola in un colpo solo.
"Non so come fai a farlo tutti i santi giorni, sinceramente", ribatte mentre è allo specchio a pettinarsi.
La raggiungo in bagno. "Ci dovresti provare sai. È liberatorio. La sensazione di leggerezza che avverti quando le gambe colpiscono ritmicamente l'asfalto. Tutto il caos attorno a te scompare. Sei solo tu con la natura che ti mormora nelle orecchie la sua musica celestiale..."
"Mmhh, non credo faccia per me", dice arricciando il naso mentre mi allunga un asciugamano. "Resto fedele alla palestra. Per via dell'aria condizionata e di tutti gli altri comfort... sai com'è...", aggiunge con aria complice.
"Già. Ora scusami ma devo lavarmi" e la spingo fuori dal bagno. Reprimo un lamento quando, dopo aver chiuso la porta, vedo quell'area completamente disastrata. Slip, calzini e canotta sono sparpagliati sul pavimento in gres porcellanato di finto legno scuro, mentre un paio di jeans fuoriesce a penzoloni dal cesto della biancheria. Il beauty case appoggiato sul lavandino straripa di ombretti, rossetti, smalti e ferma capelli di vario genere. Non ho idea di come riesca a trovare qualcosa in quel casino.
Secondo Miki io sono un po' troppo precisina ma, secondo me, non vuole ammettere di essere lei quella troppo disordinata. Ha l'energia di un tornado, a differenza che, al suo passaggio, non causa danno a nessuno ma, al contrario, ha la travolgente capacità di far felici tutti quelli che le stanno accanto. Ho sempre trovato disarmante la facilità con cui lei fa amicizia.
Per quanto io e Miki siamo affini caratterialmente, non possiamo essere più diverse: ha vent'anni, un anno più di me, ed anche se sembra la classica figlia di papà, viziata e benestante, nasconde un animo gentile. Ha un fisico femminile e sensuale, da donna adulta, e la sicurezza in sé stessa le permette di valorizzarlo. È più alta di me di almeno dieci centimetri, lisci capelli biondi come il grano ed occhi a mandorla color nocciola. La classica bellezza che ogni ragazzo immagina nelle proprie fantasie. E lo sa anche lei.
Io posso avere anche un corpo tonico e snello grazie all'esercizio fisico ed una buona struttura corporea ma, al suo confronto, sembro una ragazzina preadolescente.
Rido, finalmente sto iniziando ad allentare le tensioni delle ultime nottate sfiancanti.
Apro il getto dell'acqua, mi spoglio ed entro in doccia. Ne assaporo il tepore mentre si sta scaldando e blocco il rubinetto nella giusta posizione prima che diventi bollente. Socchiudo gli occhi e mi lascio avvolgere dal vapore che nel frattempo ha riempito la stanza. I pensieri mi riportano a quella figura vista meno di un'ora fa, non vorrei rimuginarci sopra, ma è più forte di me. L'ansia mi prende allo stomaco ed un brivido freddo di paura mi serpeggia lungo la schiena: sono quasi riuscita a voltare pagina, rifarmi una vita serena. E se il passato fosse tornato a bussare? In effetti io quella porta non l'ho ancora chiusa del tutto, sapevo che prima o poi avrei dovuto farne i conti, ma non pensavo fosse già arrivato questo momento. Non sono ancora pronta per affrontarlo. Forse speravo che scappando di casa e facendo perdere le mie tracce tutto sarebbe stato dimenticato, sepolto.
Che illusa.
Lui è qui.
Mi ha trovata.
Lo sento!
Scuoto la testa e gli occhi mi si riempiono di lacrime mentre cerco di resistere alla tentazione di lasciarmi cadere a terra e singhiozzare senza ritegno, fino a cadere nel baratro dello sconforto più profondo. Il battito del mio cuore mi martella nelle orecchie. Non sono spaventata, ma inquieta. Perché lo spavento è una sensazione temporanea, che passa. L'inquietudine invece resta, si appiccica addosso come una ragnatela, come il sudore stantio o un'infezione cutanea. E come lei, l'inquietudine ritorna.
Sempre.
Sussulto quando sento bussare alla porta.
"Lisa, ci sei? Sbrigati, sei dentro da una vita, sto morendo di fame!"
"Arrivo Miki, ho quasi fatto." Devo aver passato molto tempo sotto la doccia e mi guardo le mani raggrinzite dall'acqua. Decisamente troppo tempo.
Faccio un bel respiro per riacquistare la serenità, chiudo il getto ed esco.
Mentre mi asciugo guardo verso lo specchio appannato, allungo la mano per fare un cerchio e guardarmi, ma il cuore mi si ferma.
Davanti a me non vedo la mia immagine riflessa, ma una figura scura incappucciata.
Lancio un urlo e la porta si apre di colpo.
"Lisa, che c'è? Stai bene?", strilla Miki decisamente allarmata.
"Si... tutto bene, scusami, stavo scivolando e ho preso paura."
Perché le racconto una bugia? Starei meglio se glielo dicessi; ma non sono nemmeno sicura io di ciò che ho visto, o forse, non voglio ancora affrontare la realtà.
Miki mi guarda con espressione preoccupata. Riesce sempre a capire quando le mento ed io l'ho appena fatto. "Lisa, cosa c'è che non va?"
"Niente", rispondo pettinandomi nervosamente i capelli.
"Non mentirmi. Lo sai che riesco a capire subito quando qualcosa ti turba, posso leggere nei tuoi occhi come in un libro aperto", dice guardandomi intensamente, senza lasciarmi alcuna via di fuga.
Distolgo lo sguardo, senza dire nulla.
"Allora?" insiste.
Faccio un bel respiro e distendo i nervi. "Non è niente di importante... credimi. Te ne parlerò, ma non ora", confesso infine.
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