capitolo 6
{ provate ad ascoltare la canzone quando Dylan ed Elena sono in macchina. Buona lettura.😘 }
« Elena.. perché mi fai questo? » Dylan mi guarda con espressione delusa. « Io ti amo. » vedo i suoi occhi in lacrime e ho voglia di buttarmi da un ponte.
Ad un tratto apro gli occhi di scatto. È solo un sogno. Sospiro e mi tranquillizzo. Ma infatti, perché diavolo gli sto facendo questo? Non se lo merita, e io sono confusa.
Mia madre entra come una furia dentro la mia stanza e mi punta il dito contro. « Tu, sei un irresponsabile! » esclama. La guardo confusa, con l'ansia del sogno addosso. Alzo gli occhi al cielo e, con grande fatica, mi metto a sedere sul bordo del letto. Ho un improvviso capogiro e faccio una smorfia. « Non dovevi tornare stasera? » mi stropiccio gli occhi e sbadiglio.
« Succede questo, quando lasci due irresponsabili a casa. Nessuna risposta. Nessuna chiamata. Solo un misero messaggio da parte tua. Dovevo stare tranquilla? » dice, mentre guarda con disgusto la mia stanza. « Sono profondamente delusa, Elena. E spero che non accada più. » mi minaccia.
Ascolto in silenzio quello che ha da dire. Mia madre è così: si arrabbia per tutto, ma poi le passa sempre. Mi gratto il collo ed ho un improvviso flashback. I baci di Drew e il casino che ho combinato.
« Elena! Quella è una sedia o un armadio? » chiede mia madre, indicando la montagna di vestiti sopra la sedia.
« È una sedia-armadio...» sorrido e mi alzo in piedi. Tiro un calcio alla scarpa, facendola finire sotto il letto.
« Guarda che ti ho già visto, signorina. La tua stanza è un casino.» continua a sbraitare, analizzando la stanza. « E apri questa benedetta finestra, non si respira qua dentro! » ordina con tono infastidito. « E per finire, togli da sotto il letto le scarpe! » gira sui tacchi e se ne va.
Mia madre ha ragione, la mia stanza è un casino. Sono sempre abituata ad avere tutto in ordine e, invece, in questo momento è come se fosse appena passato un uragano. Inizio a riordinare la mia stanza e, dopo aver finito, mi piazzo davanti al ventilatore.
In estate c'è chi si innamora, c'è chi si lascia, c'è chi si diverte, c'è chi pensa al futuro. E poi ci sono io, che vorrei sposare il mio ventilatore. Chissà perché tutti quanti amano l'estate. Alla domanda " Qual è la tua stagione preferita? " tutti rispondono estate o inverno. Nessuno dice autunno, nessuno dice primavera. Nessuno ama le foglie che cadono, nessuno ama gli alberi spogli, nessuno ama la freschezza della primavera. Chissà se queste due stagioni si sentono come me, così, un po' ignorate, poco desiderate, a volte.
Per molto tempo mi sono sentita come se fossi sola al mondo. Desiderata da nessuno, sempre per conto mio. Ogni notte mi faccio dei film mentali sulla relazione con Dylan. Sono quasi convinta di non piacergli abbastanza, o penso che lui non mi abbia mai vista come la sua ragazza.
Dylan è la mia casa. Sorrido involontariamente e mi tocco la guancia.
Che casino.
Scendo al piano di sotto e trovo mia sorella sul divano. La sua espressione attuale è da suicidio e mi lancia uno sguardo omicida. « Tranquilla, l'ha fatta anche a me la ramanzina. » dico e mi dirigo in cucina. Mi verso del succo di frutta in un bicchiere, prendo dei biscotti e vado a sedermi accanto a mia sorella, sul divano. Guardiamo insieme America's got talent e mia sorella è sdraiata, con una gamba sul divano e l'altra per terra.
« Se vuoi ti porto le ciambelle. Giuro che sembri Homer Simpson. » scherzo.
« Senti bella addormentata, mancano pochi giorni al compleanno di Dean, e ancora non so cosa mettermi. Mi dai una mano? » chiede, mentre mi ruba un biscotto.
« Nessun problema. » mi alzo dal divano e vado a prendere il telefono.
Il messaggio di Dylan mi strappa un sorriso.
" Buongiorno, spero tu abbia dormito bene. Pomeriggio andiamo a farci una nuotata? ".
Mi mordo il labbro e rispondo di sì. Non faccio altro che sbadigliare. Ho dormito poco e male. Inoltre, penso sempre di più all'ultima frase che ha detto Drew. Già, è tutto uno sbaglio. Lui fidanzato, io fidanzata. Nonostante voglia da impazzire Dylan, Drew mi sta entrando lentamente sotto pelle. Questo mi porta a odiarlo di più. Mi sento stupida come tutte le ragazze che ci cascano davanti al ragazzo cattivo, e io non sono così. Si insinua lentamente dentro i miei pensieri fino a farmi dubitare di me stessa, dei sentimenti che provo per Dylan, e di tutto quanto. Quando sono solo io e Dylan, da soli, il mondo mi sembra più bello. Mi sento protetta, mi sento me stessa, viva e felice.
Metto le cuffiette e mi distendo sul letto. Lascio che le parole della canzone dei Linkin Park facciano breccia dentro i miei pensieri, e sento una lacrima bagnarmi il viso. Il mio ultimo pensiero è Dylan, solo lui. Non so neanche perché sto piangendo. Forse è il senso di colpa, forse è la mia stupidità.
« Elena.. » Dylan sorride e tira fuori dalla tasca il cellulare. Lo guardo confusa e si avvicina a me. Mi mostra l'ora e rido. « Vieni con me, Elena. » mi prende la mano e lo seguo.
« Dove mi porti? » chiedo, mentre lui mi rivolge uno dei suoi soliti sorrisi che fa sorridere anche te.
« Nella mia vita. Ti voglio portare nella mia vita, Elena. »
Si ferma e mi guarda negli occhi. Quando avvicina il suo viso al mio, sento le mie gambe tremare. Chiudo gli occhi per baciarlo, ma quando li apro Dylan non c'è più. Improvvisamente mi ritrovo su una collina, da sola.
Ammiro il verde intorno a me e mi ricorda il colore dei suoi occhi, un verde smeraldo bellissimo. Le persone vorrebbero sprofondare negli occhi azzurri, immergersi in quell'oceano di emozioni. Nei suoi occhi verdi mi immaginerei in un prato ad osservare il cielo. Se avesse gli occhi azzurri, non saprei come nuotarci dentro.
Sento la suoneria del telefono e mi sveglio di colpo.
« Pronto? » chiedo con voce naturale.
« Mi sa che oggi non hai voglia di vedermi. » scherza, Dylan.
« Certo che ti voglio vedere. » affermo convinta.
« È mezz'ora che ti aspetto, El. » guardo l'ora e voglio semplicemente prendermi a schiaffi.
« Venti minuti e arrivo, per favore. Aspettami vicino alla fermata dell'autobus. » dico, velocemente. Cerco di togliermi la maglietta con una mano sola, mentre con l'altra tengo il telefono all'orecchio.
« Non c'è bisogno, ti aspetto giù. Gli zii mi hanno prestato la macchina. Muoviti, idiota. » riattacca. Si, sono davvero idiota.
Metto il costume e mi vesto in fretta. Prendo la borsa e inizio a riempirla: telo, crema, olio abbronzante, crema dopo sole, acqua, un pacco di patatine.
Scendo in fretta le scale e lo trovo davanti al cancello, appoggiato alla macchina. Appena lo vedo, gli butto le braccia al collo e lo abbraccio forte. Se è questa la felicità, voglio vivere tra le sue braccia. « Come siamo contenti. » mi sorride e mi accarezza il labbro con un dito, prima di baciarmi.
« Scusami, mi ero addormentata. » abbasso la testa imbarazzata.
Mi accarezza i capelli e mi dà un bacio sulla fronte. Lo adoro.
È sempre dolce, mi guarda come se fossi la cosa più bella del mondo e mi tocca come se fossi la cosa più fragile che lui abbia mai visto, facendo attenzione a non rompermi.
A volte mi sento semplicemente come una crepa in un castello di vetro, che da un momento all'altro potrebbe far crollare tutto.
Mi siedo accanto a lui in macchina e continua a guardarmi. Mi chiedo se ogni volta che mi guarda, riesca a leggermi nella mente. Se ogni volta che ci avviciniamo, riesca a vedere quello che nascondo. Abbozzo un sorriso e gli do un bacio a stampo sulle labbra.
« Pronta per una canzone italiana? » sorride e mi fa l'occhiolino.
« Guarda che non ho mai smesso di sentire musica italiana. » rido e lo guardo negli occhi.
« Questa canzone si intitola Portami con te. » alza il volume e mette la macchina in moto. « E in questo momento mi fa pensare a te. » continua a dire, mentre svolta a sinistra.
Non ho idea di dove mi stia portando. La cosa che mi sorprende di più, è lui che guida per le strade di New York, come se vivesse qui da una vita.
« Se ti rubo un bacio quando sei distratta in fondo che male c'è? » canticchia e si allunga verso di me, baciandomi la guancia.
Mi sento come una bambina. Una bambina che ha ricevuto il pupazzo che più desidera. Come una ragazzina e la sua prima cotta. Come la prima volta che ho dato il primo bacio.
« Portami con te in questo viaggio senza meta né destinazione.» dico cantando e gli stringo la mano. Mi guarda e mi mostra le sue adorabili fossette. Sono troppo felice. È troppo bello. Lui, noi, tutto.
« Dylan, dove stiamo andando? » guardo il posto intorno a noi, ma non mi sembra familiare.
« I miei zii me l'hanno consigliato, questo posticino. Mi hanno spiegato per bene la strada. » sorride e mi accarezza la mano per tranquillizzarmi.
I suoi zii gli hanno spiegato la strada, e io dopo anni continuo a perdermi a due passi da casa mia?
Quando accosta la macchina, scende e viene ad aprirmi lo sportello.
« Prego, principessa. » fa un inchino e non riesco a trattenere una risata.
Gli do la mano e mi lascio guidare da lui. Il tratto è breve, e il posto è insolito. Guardo davanti a me e resto a bocca aperta. Un pezzo di spiaggia semplicemente paradisiaca. Lascio la sua mano e mi tolgo le scarpe. Mi avvio sulla spiaggia e lui da dietro mi segue.
« Potrebbe essere il nostro angolo di paradiso. » dico felice.
Inizio a togliermi la maglietta e i pantaloncini, e quando mi giro verso di lui, trovo il suo sguardo su di me.
« Elena.. sei..» manda giù il groppo che ha in gola e mi guarda con lo sguardo più dolce del mondo. « Bellissima..» conclude la frase e mi sento avvampare.
Solo dopo mi rendo conto del perché del suo imbarazzo. Sono passati tanti mesi, forse più di due anni, da quando mi ha visto in costume. L'ultima volta che mi ha vista, avevo quasi sedici anni. In estate, quando vado in vacanza in Italia, andiamo sempre a mare.
Si toglie la maglietta e si avvicina a me. Improvvisamente mi si mozza il respiro.
« Ho la ragazza più bella del mondo. » mi prende la mano e mi porta vicino alla riva. L'acqua ci bagna i piedi e insieme, mano nella mano, ci tuffiamo.
Quando usciamo dall'acqua, faccio per distendermi sul mio telo, ma lui mi prende dai fianchi e mi mette quasi sopra di lui. Probabilmente sono diventata rossa come un pomodoro. Non mi aspettavo una mossa così azzardata da parte sua.
Mi accarezza dolcemente la guancia e io avvicino le labbra alle sue. Sono bagnate e sanno di sale. Gli lecco il labbro inferiore e glielo mordo.
« Guarda che così si sveglia. » dice, mentre mi accarezza il braccio.
Lo guardo confusa: « Chi, scusa? » lui scoppia in una risata fragorosa e solo dopo capisco il doppio senso.
Mi alzo di scatto ed esclamo, quasi gridando. « Dio! »
« Non penso che Dio sia un pe-»
« No! Non dirlo. » mi tappo le orecchie e rido. Non lo lascio finire la frase, la situazione è piuttosto imbarazzante.
Si alza e il suo sguardo diventa serio. Mi prende la mano e se la mette sul cuore. « La tua risata è vita per me. » dice, senza distogliere lo sguardo. « Elena, ti devo dire una cosa
.. » abbassa lo sguardo e per la prima volta ho paura.
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