capitolo 43
Corro sul marciapiede, con in mano il libro che stringo avidamente al petto e il frappuccino nell'altra mano. Vado a sbattere contro alcune persone e mi becco anche qualche insulto.
Corro più velocemente, ma è inutile. Mi fermo e guardo l'autobus mentre parte senza di me. Mi appoggio ad un palo e bevo un sorso di frappuccino. Sono proprio sfigata. Chiudo gli occhi, frustrata, e, dopo aver finito il mio frappuccino, butto il bicchiere di plastica nella spazzatura e metto il libro dentro la borsa. Sono uscita da poco dalla libreria come una furia e, non appena mi ero resa conto di essere in ritardo, mi sono messa a correre, anche se inutilmente, come al mio solito.
Mi lego i capelli in una coda alta e mi guardo intorno.
Faccio un passo in avanti, verso la strada, e allungo la mano. Un taxi si ferma davanti a me e mi sento finalmente sollevata. Allungo la mano per aprire lo sportello, ma una signora più anziana mi frega il posto ed entra dentro il taxi, lasciandomi letteralmente di stucco e potrei giurarci di aver visto un ghigno sul suo viso.
Sbuffo e alzo gli occhi al cielo. La giornata non potrebbe andarmi peggio.
Vado a sedermi sulla panchina che c'è vicino alla fermata e tiro fuori dalla borsa il libro.
Nell'attesa che arrivi l'autobus, decido di iniziare a leggere il libro che ho da poco comprato. Mentre sono immersa completamente nella mia lettura, una bambina insieme ad una signora, probabilmente sua madre, si siedono accanto a me e vedo la bambina sporgersi verso di me e guardare attentamente il libro. Alza la testa verso di me e, all'apparenza, sembra un angelo. Le sorrido dolcemente e riprendo a leggere.
Non l'avessi mai fatto!
All'improvviso si mette ad urlare e a tirare sua madre per la manica dicendole di aver letto la parola "cazzo" e la madre mi lancia un'occhiataccia omicida.
Mi alzo dalla panchina e rimango in piedi, almeno nessuno mi romperà scatole.
Sento il rumore di uno skate e, solo quando alzo la testa dal libro, vedo un ragazzo sullo skate che mi sta venendo addosso.
Oh, merda.
Chiudo immediatamente il libro e il ragazzo si ferma di colpo davanti a me e mi scruta come se avessi qualcosa in faccia. Faccio un respiro profondo, prima di aprire bocca per insultarlo, ma lui scende dallo skate e, con un movimento rapido, lo prende in mano e lo mette dentro lo zaino che porta sulle spalle.
È un ragazzo abbastanza alto, capelli scuri e occhi neri. Faccio finta di niente e guardo la strada, ma sento ancora il suo sguardo addosso. Lo guardo di sottecchi e noto che ancora mi sta fissando, con uno stupido sorriso sul viso.
Odio la gente che mi fissa senza motivo.
«
Che c'è? » sbotto, mettendo le mani sui fianchi.
« È un piacere rivederti. » dice, senza distogliere lo sguardo dalla strada.
Mi giro verso di lui non appena sento ciò che ha detto, e sul suo viso spunta un ghigno, come se avesse saputo già che mi sarei girata verso di lui. « Ti va di fare due passi? » chiede e questa volta mi sorride. Aspetta, quindi mi conosce? Probabilmente è un altro dei miei amici. Ci penso su un attimo, prima di rispondergli.
Magari è un amico che conosci. Magari ti può dare delle risposte.
« Sì, dai. Tanto il mio autobus ancora deve passare. » affermo e lui mi fa segno di seguirlo.
Cammina come se non gli importasse di niente e nessuno e ogni tanto si sistema il ciuffo nero, portandolo verso l'alto.
A volte mi guarda di sottecchi e mi mette in soggezione. Eppure ha qualcosa.. qualcosa che mi ricorda qualcuno. Qualcuno che io conosco.
Passo davanti ad un ragazzo che sta suonando la chitarra sul marciapiede e mi fermo davanti a lui. Gli artisti di strada li amo, li stimo e, ogni volta che ne incontro uno, mi fermo a guardarlo. Il ragazzo mi sorride e io ricambio, tirando fuori dalla borsa una banconota e gliela metto dentro la custodia della chitarra, che tiene aperta davanti a sé.
Il ragazzo di prima viene accanto a me e mi incita a seguirlo.
« Come ti chiami? » gli chiedo di punto in bianco e lui ride. Si ferma di botta e mi guarda come se stesse aspettando delle risposte.
« Ho avuto un incidente, ho perso la memoria, temporaneamente ovvio, o almeno così mi ha detto il dottore. » mormoro, storcendo il naso e sembra sorpreso. Mi guardò e poi si morse il labbro inferiore.
Distoglie lo sguardo e tira fuori dalla tasca dei jeans il cellulare. Scrive velocemente un messaggio e poi torna a guardare me. Inclina la testa e ha lo sguardo misterioso, come se stesse nascondendo qualcosa.
« Come fai a non ricordarti di me? Sono il tuo ex ragazzo...Sai ci siamo lasciati da poco... » dice dispiaciuto e abbassa la testa. Anche se a me non sembra affatto dispiaciuto.
Mi acciglio, non riuscendo a crederci. Non può essere vero. Non provo niente, e non mi attira neanche. Sicuramente si sta prendendo gioco di me, perché non mi innamorerei di un ragazzo come lui. È carino e nessuno lo mette in dubbio, ma ha qualcosa che non mi convince, e il mio cervello mi dice di stargli lontana, dato che ha la faccia di uno di cui non bisogna fidarsi.
« Sono Trevor, come fai a non ricordarti di me? Ne abbiamo passate così tante insieme, piccola. » si avvicina a me e mi guarda negli occhi.
Mi accarezza lo zigomo e chiude gli occhi. Si avvicina ancora di più e mi sento paralizzata. Voglio spingerlo e scappare, ma non riesco a muovermi. Con uno scatto veloce fa unire le nostre labbra in un bacio a stampo. Si stacca piano da me e continua a fissarmi. Apro la bocca per ribattere, ma lui mi spinge verso il muro di un edificio e continua a baciarmi. Questa volta non è più un bacio a stampo, ma è un bacio violento, come se fosse una cosa che voleva fare da tempo.
Mi dimeno e cerco di spingerlo, ma lui mi tiene ferma. Mi accarezza i capelli e quando si stacca da me, si lecca le labbra e sorride civettuolo.
« Hai un sapore veramente buono.
» dice sorridendo e io rimango impalata, senza dire una parola.
Poi mi ricordo delle parole di Drew: ho un ragazzo che mi ha amata tanto e che probabilmente continua ad amarmi.
Che brutta situazione.
Mi aspettavo un incontro diverso con il mio cosiddetto ragazzo o ex ragazzo, non so neanche io cosa sia.
Alzo la testa verso di lui e mette il palmo della sua mano accanto alla mia testa, mentre l'altra mano la mette sul mio fianco.
« Avrai conosciuto già Drew, Dylan e Ryan, scommetto.» dice e comincia a ridere. Il suo comportamento mi inquieta, sembra quasi un pazzo.
Sicura sia il tuo ragazzo? Sembra più un serial killer.
Fa un passo indietro e mi sistemo la maglietta.
Anche se mi ha detto di essere il mio ex ragazzo, quando mi ha baciato non ho provato niente, né farfalle che svolazzano nella mia pancia, né mani che sudano, né battito accelerato.
La domanda nella mia mente scatta in automatico "E se davvero fosse lui il mio ex ragazzo? "
Non voglio rovinare il momento dicendogli " Ehi, lo sai che i tuoi baci mi fanno schifo? ", ma a breve glielo dirò. Sono intenta a dirgli di porre fine a quello che c'è tra di noi e di andare avanti, anche perché non me la sento affatto d iniziare di nuovo una relazione, o qualcosa del genere.
« Oh, sì. Li adoro » rido e mi tocco il bracciale che tenevo al posto.
« Odio Drew, per colpa sua ci siamo lasciati. Fa troppo l'amico protettivo. » mi lancia un'occhiata del tipo "devi smettere di sentirlo" e scoppio a ridere.
« A me piace.» dico, senza pensarci e Trevor contrae la mascella « Come amico, intendo. È simpatico. » Trevor mi attira a sé e sta per baciarmi ancora, ma mi tiro indietro.
« Raccontami qualcosa di noi, non stiamo insieme, no? » chiedo e lui mi guarda in modo malizioso.
« Ci siamo conosciuti quasi un anno fa e ci siamo innamorati subito. Chi lo avrebbe mai detto, eh? Stavi male per Dylan, perché ti aveva detto una cosa che non ti aspettavi assolutamente. Così siamo andati in spiaggia e abbiamo chiacchierato un po'. Poi abbiamo iniziato ad incontrarci sempre per sbaglio, poi siamo diventati amici, ma subito dopo qualcosa di più. Ti ho insegnato ad andare sullo skate e tu avevi paura. Oh, lo ricordo come se fosse successo ieri. Hai perso la verginità con me, sì. Litigavi tanto con Drew e io ti consolavo sempre, per questo devi stargli lontano.. » sussurra l'ultima frase al mio orecchio e mi stampa un bacio sulla tempia.
« Ah, e non dire niente ai tuoi genitori o ai tuoi amici di me, non sto molto simpatico a loro.. » dice dispiaciuto e mi prende la mano.
« Non ti preoccupare, non devi piacere a loro, ma a me. » dico per rassicurarlo, anche se so di aver appena detto una bugia. La sua presenza, all'improvviso, è come una botta alla testa. Mi aspettavo una cosa molto diversa. Non mi piace, ma non voglio farlo soffrire e poi, non posso semplicemente buttarmi tra le sue braccia come se niente fosse. Non posso avere una relazione, se a malapena ricordo il suo nome.
« Meglio se restiamo amici, sai.. almeno finché ricorderò di nuovo » dico e distolgo lo sguardo, evitando di vedere la sua espressione arrabbiata.
« Certo, per ora..ti accompagno a casa? » chiede accigliato e mi guarda come se non potessi dirgli di no.
Annuisco e ferma un taxi. Salgo e lui si mette accanto a me. La sua mano si posa sulla mia coscia e sussulto.
Non sono psicologicamente pronta per tutto questo.
Deglutisco non appena sento Trevor fare dei cerchi immaginari sulla mia coscia. Dopo aver notato il mio sguardo imbarazzato, toglie la mano e la mette sulle spalle, attirandomi verso di lui.
Quale parte del " meglio se restiamo amici" non ha capito?
« Trevor! » gli dico alzando la voce e lui toglie il braccio, sbuffando sonoramente.
« Problemi in paradiso? » ride il tassista e Trevor lo fulmina con lo sguardo.
Quando arrivo a casa, sono esausta.
Appena entro in casa trovo tutti nel salotto preoccupati e mia madre viene verso di me come una furia.
Posso sentire dall'ingresso il sospiro di sollievo da parte di Drew e Dylan.
Ryan sta seduto sul divano e mi guarda in modo minaccioso, e poi scuote la testa deluso.
« Si può sapere perché ci hai messo tanto? Se ti fosse successo qualcosa? » chiede, alzando il tono di voce, ma mio padre mette una mano sulla sua spalla per calmarla.
Odio vedere mia madre arrabbiata per colpa mia, anche se non ha tutti i torti.
Non volevo farli arrabbiare, ma non potevo stare chiusa in casa sempre.
Avevo bisogno di passeggiare, di respirare aria fresca, passare del tempo con i miei amici.
« Bè, scusate tanto se ho incontrato il mio ragazzo, o ex ragazzo, chi diavolo lo sa! E ho scambiato due parole con lui. » grido e Drew scatta verso di me come un fulmine.
« Elena D'Angelo, non raccontarmi fesserie! » grida mia madre ancora e Drew si mette accanto a lei.
« Che ragazzo?» chiede con voce rotta e i suoi occhi cercano disperatamente i miei.
« Oh, non fare finta di niente! L'hai detto pure tu che il mio ex mi ama ancora! » grido e salgo le scale velocemente, ma vedo Drew che mi sta seguendo, salendo due scalini alla volta.
Quando entro nella mia stanza, chiudo velocemente la porta a chiave e sento Drew bussare.
Trattengo le lacrime e vado a sedermi sul letto. Tiro fuori dalla borsa tutti i bigliettini e li metto dentro il mio diario segreto.
Lo chiudo e lo metto dentro il cassetto del mio comodino.
« Elena, apri per favore » la sua voce trema e tira un pugno nella porta, facendomi sussultare. Vado ad aprire e lo vedo con la mano sospesa, pronto a bussare di nuovo.
I suoi occhi verdi sembrano bruciare, così mi sposto per farlo entrare.
« Sono tutto orecchie. L'hai detto per farmi ingelosire? » chiede, entrando nella mia stanza e chiudendo la porta dietro di lui. Indietreggio verso l'armadio e lo guardo con espressione arrabbiata.
« Perché diavolo dovrei farti ingelosire? Siamo amici! O sbaglio, Drew? Magari devi dirmi qualcosa? » urlo e gli punto il dito contro.
« Certo, ci sono un sacco di cose che devi sapere e credimi che ho una voglia matta di urlartelo, ma non posso! Non posso dirti niente, perché... Perché ci è stato detto così, maledizione. Non so chi diavolo hai incontrato, non so di quale ex stai parlando, ma non devi più vederlo. Va bene? » si avvicina a me, mette le mani sulle mie braccia e lo vedo mordersi il labbro.
« Drew, non ti capisco. Mi hai detto che mi ama, voglio dire, sarà importante se ho perso anche la verginità con lui, no? » metto la mano sopra la sua, ma le sue mani scivolano dalle mie braccia, non appena ha sente la mia frase.
« Tu mi stai prendendo in giro, non è così? » la sua voce esce in un sussurro e riesco a percepire la delusione nella sua voce.
« Tu hai perso la verginità, certo, ma non con lui. » si allontana da me e mi dà le spalle.
« E allora con chi? Dimmelo, perché da come parli sembra che tu sia ben informato. È ridicolo parlare con te delle mie cose intime, santo cielo!» mi do uno schiaffo sulla fronte e scoppio a ridere.
« Già, ridicolo. » dice, prima di uscire dalla mia stanza, senza degnarmi più di un misero sguardo. Lo sento scendere velocemente le scale e sbattere la porta.
Mi affaccio alla finestra e aspetto di vederlo uscire. Sale velocemente in la macchina. Sbatte lo sportello e parte sgommando.
Mi sdraio sul letto e chiudo gli occhi. Ho combinato un casino.
« Ma che hai fatto? » chiede Caleb e si siede sull'erba, accanto a me.
Sento la brezza sulla mia pelle e fisso il cielo. È una giornata così perfetta, il cielo cristallino, senza neanche una nuvola. Chiudo gli occhi e sospiro. Caleb mi tira una ciocca di capelli e io grido.
« Non ho fatto niente, non so di cosa parli » dico e mi sdraio sull'erba. Mi piace così tanto questo posto, si sta benissimo.
Vedo una farfalla volare davanti ai miei occhi e sorrido. Allungo una mano e la farfalla si posa sul dorso della mia mano.
Caleb mi tira uno schiaffo sul braccio e sbuffa.
« Devi parlare con Drew, Elena » mi dice e lo guardo confusa
« Neanche lo conosci. » ribatto e strappa un po' di erba e me la butta sopra la testa.
« Trevor non fa per te, parla con Drew, ti deve raccontare tante cose. » dice e mi schiocca un bacio sulla guancia.
« Caleb, non sto capendo niente. Sono così triste. Non sei qui, mi fai da psicologo nei sogni, ti rendi conto? E poi Emily è chissà dove, non mi ha cercato per niente. » una lacrima traditrice scivola sulla mia guancia e Caleb si posiziona in ginocchio davanti a me.
« Io sono qui per aiutarti e so che ce la farai, okay? Non ti lascerò finché non ricorderai e io ti aiuterò in questo, ma devi fare come ti dico. » dice e mi sorride a trentadue denti, prima di sparire.
Drew.
Parcheggio la macchina davanti ad un pub e vado subito a sedermi su uno sgabello davanti al bancone.
« Qualcosa di forte, grazie. » dico e quando la ragazza si gira verso di me, spalanco gli occhi.
« Amber? » le chiedo e lei accenna un sorriso.
« Che piacere rivederti, Drew. » si capisce che sta mentendo, ma non posso biasimarla.
Neanche io sono felicissimo di incontrarla e di sicuro non sapevo che lavorasse in un pub.
Ha i capelli legati in una coda alta, neanche un capello fuori posto e il grembiule rosso la fa sembrare più che altro una cameriera.
Poco più lontano da me c'è un ragazzo e una ragazza che stanno litigando.
Rido e mando giù il primo shot.
Le faccio segno di versarmi un altro e lei alza un sopracciglio.
Non è cambiata di una virgola.
È rimasta comunque la bella ragazza di sempre, ma che non mi attrae più.
Metto il gomito sopra il bancone e lei si sporge leggermente verso di me.
Mi chiede cosa ho combinato e se in caso volessi fare due chiacchiere, lei è disponibile. Rido dopo la sua affermazione e la guardo con le sopracciglia alzate.
Neanche riesco a fidarmi di lei e sicuramente non mi farà da psicologa.
Alla fine tengo la bottiglia tutta per me, ma lei me la strappa dalle mani e mi dice che non mi serve più da bere, se non sputo il rospo.
Prendo il cellulare dalla tasca e vedo due chiamate perse da parte di Ryan.
Lo rimetto dentro la tasca e Amber si toglie il grembiule e lo mette sul bancone; fa il giro e viene a sedersi accanto a me.
Mi chiede le chiavi della macchina, dicendomi che non posso guidare, dato che ho bevuto, e gliele lancio.
Mi prende per il braccio, ma mi libero dalla sua stretta, dato che non sono sbronzo del tutto. Lascio che guidi la mia macchina e quando si ferma davanti a casa mia, scende e la stessa cosa faccio anche io. Mi lancia le chiavi al volo e la invito ad entrare dentro casa.
« Vuoi qualcosa da bere? » le
Chiedo ma scuote la testa.
Si siede sul divano e mi siedo accanto a lei.
Mi guarda interdetta e scoppio a ridere per l'espressione che ha in questo momento.
Io ed Amber non abbiamo mai cercato di essere amici o qualcosa del genere.
E mi sembra una situazione abbastanza bizzarra, dato che mi ritrovo a casa mia, con lei sul divano, che mi guarda quasi con timore.
« Drew, mi dispiace per quello che ho fatto. » dice d'un fiato e serra le labbra, senza avere il coraggio di guardarmi negli occhi.
« Sappiamo entrambi che non avevi alcun motivo di fare la stronza, o di vendicarti con me ed Elena, perciò sputa il rospo, Amber. » giocherello con la bottiglia di birra e quando trova il coraggio di alzare lo sguardo verso di me, io allungo le gambe per accomodarmi meglio e con una mano si tocca i capelli.
« È stato Trevor ad obbligarmi. Lo sai bene che io non sono il genere di persona che ricorre a bugie idiote e vendette inutili. Voleva che tenessi Elena lontana da te e l'ho fatto. Ovviamente non per compiacerlo, ma perché mi aveva minacciata, ho avuto paura. » stringo la presa sulla bottiglia.
Quel figlio di puttana, lo ammazzerò un giorno.
Guardo Amber e le faccio segno di proseguire.
« È tutto. Mi sono sentita veramente in colpa, soprattutto dopo aver visto la faccia delusa di Elena al suo compleanno. Dovevi vederla, Drew. E tu te n'eri andato, così, senza dire niente. » Mi alzo e apro un sacchetto di patatine. Gliene offro una e accetta volentieri.
Le dico di raccontarmi di quella sera, e mi racconta tutto per filo e per segno. Ho fatto soffrire Elena, ma lo sapevo già. Sapevo che non avrebbe fatto i salti di gioia.
Amber si alza dal divano e mi dice che deve andare a casa.
Annuisco e lei mi dà un bacio sulla guancia.
« Attento a Trevor, Drew. » mi dice prima di uscire di casa e avviarsi verso il taxi, che la staaspettando.
***
L'incontro con mio padre non è stato uno dei migliori. Quando mi ha visto a casa per poco non gli è venuto un colpo. È stato contento di vedermi, ma forse avrebbe preferito in altre circostanze, dato che la sua amata stava uscendo dalla sua stanza, con i capelli scompigliati e la camicia da notte.
Che schifo.
Odio il fatto che se la sia scopata nel letto dove mia madre era in fin di vita.
Ogni volta che torno a casa, provo una malinconia straziante, un sacco di brutti ricordi che vorrei assolutamente cancellare dalla mia mente.
A volte ho voglia di andarmene lontano, senza dire niente a nessuno, per provare l'amarezza del vivere da soli.
A volte sono masochista e sono giunto alla conclusione che qualunque cosa io provassi a fare, so per certo che mi si ribalterebbe.
A volte mi capita di girovagare per la città, di notte e a piedi, come un cane abbandonato, come una persona in cerca di risposte.
Mi mischio tra la folla di persone, mi piace confondermi con gli altri, e scordarmi per un secondo chi sono.
Mi piace vivere con l'idea che la mia vita sia soltanto un sogno e che non mi sveglierò presto.
Ogni volta che cerco di aggrapparmi a qualcosa, mi scivola tra le dita come sabbia.
Non sono quel genere di persona che dice "la ragazza dei miei sogni deve essere..", no, basta che la ragazza in questione sappia sorprendermi, così, all'improvviso.
Mi basterebbe sorridere, scherzare, ridere anche se il mondo ci stesse cascando di sopra.
Pomeriggio mi faccio una doccia, per la seconda volta, e infilo un altro paio di pantaloni della tuta e una maglietta a maniche corte nera.
Chiamo Ryan e gli dico di incontrarci davanti al Central Park, al solito posto.
Mentre aspetto, appoggiato alla macchina, lo vedo venire verso di me insieme a Cameron.
« Sei tornato anche tu a New York, a quanto pare. » dico e vado ad abbracciarlo.
« Sì, subito dopo che te ne sei andato tu. » afferma.
« Su, andiamo a correre.» Ryan spintona entrambi e rido.
Ryan ogni tanto si ferma e guarda il sedere di alcune ragazze, e questa cosa mi lascia un po' senza parole.
« Ma sei gay o no? » chiede Cameron, mentre si asciuga il sudore dalla fronte.
« No, sono bisessuale, sai che significa? » chiede sorridendo e lo guarda, come se stesse parlando con un ignorante.
« Sì, lo so. Significa che.. » mormora Cam, ma Ryan lo ferma subito, continuando la frase lui.
« Significa che potrei farmi tua sorella e te senza problemi. » gli fa l'occhiolino e poi gli do una pacca sulla schiena.
« Non guardarmi così Drew, potrei farmi tranquillamente anche la tua ragazza. » dice e poi si mette a correre.
Rimango a bocca aperta e poi inizio a rincorrerlo, e Cameron scoppia a ridere di gusto dietro di me.
« Ryan, io ti ammazzo, questa volta non mi scappi. Te lo giuro! » corro più velocemente, ma lui stranamente è più avanti.
Le persone ci guardano male, ma in fondo io ormai sono abituato alla sua stranezza.
Elena
Travolta dall'emozione di essere diventata zia, aspetto seduta sulla sedia, fuori dalla stanza dove si trova mia sorella.
Non l'ho ancora visto, ma già provo un amore smisurato verso di lui.
Desidero da sempre una piccola creatura nella nostra famiglia. Amo così tanto i bambini, che non vedevo l'ora di diventare zia.
Il mio desiderio più grande è tenerlo in braccio e trasmettergli tutto l'amore possibile.
Non vedo l'ora di accarezzare quella sua piccola manina e sentire il battito del suo piccolo cuoricino.
Sprizzo felicità da tutti i pori in questo momento e piango per l'emozione.
Non vedo l'ora di dargli un bacio sulla testa, di prenderlo in braccio e sorrido soltanto al pensiero.
La zia mi diceva sempre che le emozioni e la complicità che ci sono tra gli zii e i nipoti è unica, e finalmente con il tempo potrò constatarlo da sola.
Quando l'infermiera esce fuori, ci sorride dolcemente e ci dice di avere un bel nipotino.
Mi avvicino lentamente al letto dove giace mia sorella, e mi mordo il labbro forte per non piangere ancora.
Il viso di mia sorella è stanco, ha un aspetto trascurato, senza forze, ma ha il sorriso stampato sul viso.
Stanca come è, ci sta dimostrando ancora per una volta la sua forza.
Le do due baci sulle guance e stessa cosa fanno i miei genitori, ma ovviamente la nostra attenzione è rivolta tutta verso il piccoletto che c'è nella culla accanto al letto di mia sorella.
Mi avvicino lentamente a lui e mi porto una mano davanti alla bocca.
Dorme tranquillamente ed è così piccolo, che ho paura anche di prenderlo in braccio. Gli accarezzo dolcemente la guancia e gli bacio la manina e la fronte. Sono fiera di essere sua zia.
« Dov'è il mio piccolo koala? » grida una voce, e non ci metto tanto a capire di chi sia.
Ryan entra nella stanza sorridendo come un ebete, portandosi entrambe le mani davanti alla bocca. In seguito entrano anche Andrew e Cameron.
Tutti e tre sono sudati e indossano la tuta.
Drew appena mi vede mi rivolge uno sguardo serio, ma poi mi sorride e si avvicina a me.
Mi guarda con tenerezza e mi attira a sé in un abbraccio.
« Tanti auguri, zia. » dice e mi dà un pizzicotto nella guancia.
« Alcuni di voi devono uscire, troppe persone non possono stare qua dentro. » dice l'infermiera e mi avvio verso l'uscita.
I miei genitori rimangono con mia sorella, mentre i tre ragazzi lasciano la stanza con me.
« Neanche il tempo di vederlo, e già ci ha cacciati, appena esce fuori gliene dico quattro a quella vecchia decrepita. » borbotta Ryan e Drew alza gli occhi al cielo.
« Tu non dirai proprio niente, basta figure di merda per oggi. » dice e mi viene da ridere.
Sono sempre così buffi insieme.
« Drew, Elena! Cosa mi raccontate di bello? » chiede all'improvviso, mettendo le braccia sulle nostre spalle.
Il suo sguardo passa da me a Drew, e Cameron va a prendere una bottiglietta d'acqua dalla macchinetta.
Quando torna da noi ha in mano anche gli M&M's.
« Favorite? » chiede e la prima a mangiarli sono io.
« Oh, guarda. Verde come i tuoi occhi, anche se non è proprio quel verde. » dico e vedo Drew sorridermi, per poi abbassare la testa. E, mentre fisso i colori, deglutisco sonoramente.
« Tutto okay? » gli chiede Ryan.
« No, è che..Mi sono ricordatouna cosa» dice e poi scoppia a ridere, anche se è più che altro una risata forzata. «
« Forse andrò a casa a farmi una doccia, puzzo. » mormora e ci saluta, prima di sparire dietro l'angolo. Cameron lo segue dato che gli serve un passaggio, e Ryan anche, ma prima di andarsene, si gira verso di me e mi sorride.
« Spero possa ricordare anche tu. » mi fa l'occhiolino e poi se ne va.
Vado verso la macchinetta a prendere un caffè, e quando mi ritrovo davanti ad essa, sto per circa cinque minuti ferma, a non fare nient'altro, a parte sorridere.
Mi porto entrambe le mani sulla testa e mi accascio per terra, davanti alla macchinetta. Sento la mia testa esplodere e mi sfugge un lamento di dolore.
Rimango per terra, con la testa fra le mani, e un sacco di immagini sfocate che mi passano davanti agli occhi e sento la voce profonda Drew risuonare nelle mie orecchie. Colori, sorrisi, persone, spiaggia.
Lui. Nella mia mente c'è soltanto lui.
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