capitolo 42
Il ragazzo biondo si butta, letteralmente, sulla poltrona accanto al mio letto e mi guarda in modo strano. Muove la testa verso sinistra e poi verso destra, quasi a rallentatore, ed analizza attentamente il mio viso. Sbarra gli occhi, come se stesse vedendo qualcosa di sospettoso e poi il suo viso si addolcisce e le sue labbra si allargano in un sorriso raggiante.
« Cavolo, sembri uno zombie! » dice infine e il ragazzo dagli occhi verdi gli dà un ceffone e gli sussurra qualcosa all'orecchio.
Il ragazzo biondo alza gli occhi al cielo e poi i suoi occhi si posano nuovamente su di me. Si alza dalla poltrona e si avvicina al mio viso. Mi scruta attentamente, ancora una volta e lo guardo preoccupata. Forse non sta bene neanche lui, con la testa.
« La stai spaventando, razza di idiota. » il ragazzo dagli occhi verdi lo tira indietro dal braccio e i due si guardano in cagnesco, ma poi il biondo scrolla le spalle.
« Io ancora non capisco cosa ci vedono le ragazze in te, Drew-sono-tutto-muscoli-e-niente-cervello. » lo provoca il biondino e l'altro ragazzo sembra sconvolto. Oddio, si ammazzeranno qui. Ironia della sorte, almeno siamo in un ospedale.
Non so chi siano tutte queste persone e, soprattutto, questi due.
Ah, vero il ragazzo dagli occhi verdi si chiama Andrew!
Andrew mi guarda dritto negli occhi e distolgo subito lo sguardo, imbarazzata.
Questo ragazzo ha dei lineamenti perfetti, degli occhi ipnotici e un sorriso rubacuori.
Deglutisco e Andrew mi sorride.
« Cosa vedono loro? Quello che hai visto tu in me dalla prima volta che ci siamo visti. » Andrew muove le sopracciglia su e giù e il biondino gli mostra il dito medio. Rido, anche se per poco, e poi il ragazzo biondo si gira verso di me. Mi prende il viso tra le mani e mi guarda attentamente.
« Io sono Ryan. R-Y-A-N. Ora, ripeti con me: R-Y..» scoppio a ridere e la voce di Andrew lo fa smettere. Non è una buona idea sorridere,
« Dio santo, vai ad infastidire un'altra persona. Ha perso la memoria, mica la capacità di memorizzare un nome del cazzo come il tuo. » dice Andrew, alzando gli occhi al cielo e mi porto una mano davanti alla bocca per nascondere un sorriso.
Mi viene difficile credere che i due siano amici.
« Elena, devi perdonarli, fanno sempre così in realtà.. » dice una terza voce.
«Ma come vi chiamate? Nella mia testa vi sto etichettando come il ragazzo dai capelli marroni, il biondino, il ragazzo dagli occhi verdi.. » sospiro e i suoi occhi incontrano i miei, di nuovo.
« Il ragazzo dagli occhi verdi, eh? » dice lui e io arrossisco.
Mi sto innervosendo. È davvero frustrante, perché non riesco a ricordare niente. Non so nemmeno in che rapporti sono con questi ragazzi, che in questo momento guardano come se avessero appena visto Gesù Cristo.
Andrew sta in un angolo, dove non arriva la luce del sole e i suoi occhi mi sembrano di un verde scuro, quel tipo di colore che che ti fa venire voglia di guardarlo per ore.
Quando fa un passo verso la poltroncina accanto al mio letto, uno spiraglio di luce gli illumina il viso e i suoi occhi ora sembrano di un verde più accesso.
Indossa una maglietta nera e un paio di jeans del medesimo colore. Dio, se è bello.
Come faccio ad essergli amica, senza prendermi almeno una cotta per lui?
Un ragazzo così bello come lui
sicuramente ha la ragazza, a dire il vero tutti sono così belli e sicuramente solo io ho l'aspetto di una che...ha rischiato di morire, letteralmente.
« Perché Emily non è venuta a vedermi? Non sa che sono in ospedale? Sono sicura che impazzirebbe, se lo venisse a sapere.
Però, vorrei tanto parlarle, magari lei mi aiuterà a ricordare qualcosa. » dico, accennando un sorriso.
All'improvviso cala il silenzio nella stanza. I loro sguardi diventano seri, si irrigidiscono e si scambiano occhiate complici.
« Era ovvio! La conosce da quanto? Undici anni? Dieci? È normale che si ricordi di lei! E sapevo che avrebbe chiesto prima o poi... » dice il ragazzo biondo ad Andrew e quest'ultimo si passa nervosamente una mano tra i capelli.
« Elenaaaa! » grida all'improvviso Ryan, venendo verso di me con le braccia spalancate, ignorando totalmente la mia domanda. Mi stringe forte in un abbraccio e mi scappa un lamento di dolore.
Si stacca subito da me e mi fa l'occhiolino.
Andrew non dice più niente, ma borbotta qualcosa del tipo "torno dopo" ed esce dalla stanza. A breve mi salutano anche la ragazza che è venuto insieme al ragazzo dai capelli castani e, prima che escano dalla stanza, il ragazzo si gira verso di me e fa mezzo sorriso: « Io mi chiamo Cameron, lei Jennifer. Siamo fratelli. » la ragazza annuisce e vanno via.
Ryan rimane con me e mi sorride in modo strano.
Questo ragazzo è un po' inquietante.
« Io stavo per morire e tu sorridi? Sicuro di essere mio amico? » gli chiedo e lui si siede sulla poltrona e la avvicina di più a me.
« Sono più di un semplice amico. » mormora e spalanco gli occhi. Mica è il mio ragazzo?
« S-sei il mio ragazzo? Oddio, è così? » chiedo, in preda al panico.
« No... stavo per dire che mi paghi cinquecento dollari al mese perché ti consiglio che vestiti comprare. Hai dei gusti di merda, a volte. » dice ridendo e poi nota la mia espressione seria, e si ferma.
« Fammi indovinare, tu sei il ragazzo spiritoso? » chiedo, inarcando un sopracciglio.
« Preferisco solo Ryan Il Grande, ma anche spiritoso va bene. Anche se, spiritoso puoi dirlo a tutti, io non sono tutti. Io sono speciale e merito un nomignolo speciale. Tipo, potresti chiamarmi Ryan Il figo di New York, oppure Ryan il conquistatore. » dice pensieroso ed è impossibile non ridere. Ovviamente sta scherzando. Spero.
« Scusa, è che mi sono dimenticato che stavi quasi per morire. » bisbiglia e si gratta la nuca, imbarazzato.
Evidentemente, si è lasciato andare troppo, e a me va bene così, almeno mi fa pensare ad altro e mi strappa un sorriso ogni tanto.
« Anche Andrew è spiritoso come te? » gli chiedo e poi abbasso lo sguardo, per evitare il suo.
« Se mi guardi negli occhi, te lo dico. » afferma con dolcezza e alzo la testa lentamente, fino a incontrare gli occhi azzurri di Ryan. Sono simili a quelli di Emily, solo che quelli della mia amica sono di un azzurro più intenso. Sono come un oceano pieno di segreti, nel quale un po' si ha paura di immergersi. Paura di ciò che potrebbe rivelarti. Dovresti avere proprio un grande coraggio di guardarla attentamente nel profondo dei suoi occhi, senza distogliere lo sguardo. I suoi occhi sono come due calamite. Quelli di Ryan invece sono pieni di vita, pieni di allegria e speranza, sono di un azzurro chiaro come il cielo in piena estate. Sono semplicemente meravigliosi.
Ryan mi prende la mano e l'accarezza e il suo sguardo si incupisce.
« Mi dispiace di non essere stato più veloce... » mormora con voce rotta, come se stesse per piangere. Dopo poco, entra l'infermiere e gli dice che l'orario per le visite sia terminato e che deve andarsene.
Annuisce e mi dà un bacio sulla fronte, prima di uscire. Non sembra più il ragazzo che fino a poco fa sorrideva e faceva battutine stupide. Non sembra più il ragazzo che poco fa litigava con Andrew, né quello che mi guardava in modo strano.
Sembra soltanto un ragazzo ferito, distrutto e dispiaciuto, anche se non so per cosa.
All'improvviso i suoi occhi si spengono e lascia cadere le braccia lungo i fianchi. A testa bassa, esce, senza dire più una parola.
« È il tuo ragazzo? » chiede l'infermiere, sorridendomi. È abbastanza giovane, alto, carnagione scura e capelli scuri. Non è per niente male, e probabilmente si è specializzato da poco.
Mi sorride e posa la cartella che ha in mano, sul letto accanto a me.
Le vene delle sue braccia sono abbastanza evidenti e penso alla facilità con la quale potrebbe farsi il prelievo.
Prende una siringa e faccio una smorfia.
Dio, odio gli aghi.
Strizzo gli occhi, in attesa di sentire l'ago a contatto con la mia pelle, e giro la testa dall'altro lato, per non guardare.
« Questo ti farà sentire meno dolore. » dice e mi rivolge un sorriso dolce.
Sta controllando la flebo e seguo ogni suo movimento.
« Ti chiami Noah? » domando, sperando di non essere troppo diretta e lui mi sorride, dopodiché prende la cartella e legge qualcosa.
« Sì, piacere di conoscerti, Elena. » abbassa la cartella e allunga la mano verso di me. Gliela stringo e gli sorrido educatamente.
« I miei genitori? » chiedo, guardando un punto indefinito della stanza.
« Oh, credimi non si sono mossi da qui. Sono venuti spesso, ma tu quasi tutte le volte dormivi. Per ora non possono entrare, però scommetto che domani li vedrai. » sorride e si dirige verso la porta.
« Comunque no, quello non era il mio ragazzo. » dico ridendo e lui mi rivolge un ultimo sorriso, prima di uscire dalla stanza.
Mi sento un po' giù di morale. Ovvio, nessuno mi dice niente. Non so neanche cosa ci faccio qui.
Mi giro su un fianco, cercando di addormentarmi, ma vedo un pezzettino di foglio fuoriuscire da sotto il cuscino. Lo tiro fuori e leggo attentamente.
"Aspetterò, anche se per l'eternità. Riprenditi."
Sorrido. È un gesto carino. Non ho idea di chi l'abbia messo qui, ma almeno mi ha strappato un sorriso.
Chiudo gli occhi e stringo il biglietto tra le mani.
Grazie, chiunque tu sia.
****
Corro verso la signora e l'abbraccio forte. Lei mi stringe a sé e mi invita dentro casa.
È così accogliente, che quasi riesco a sentirmi a casa.
La donna si porta i capelli neri da un lato, mentre versa del tè in due tazze.
Mi sorride e me ne porge una.
La cucina non è molto grande, ma è molto bella. Non è la solita cucina moderna, ma sembra quasi in stile rustico.
« Vedo che oggi stai meglio. » mi dice e mi scruta attentamente con i suoi occhi verdi.
« Oh, sì. » rispondo, sorridendo e bevo un sorso di tè.
« Mio figlio è molto felice..Ti ringrazio, Elena. » mi accarezza il braccio e noto la sua espressione triste.
« Com'è che si chiama suo figlio? » chiedo, ma all'improvviso la donna davanti a me inizia a svanire, nel vero senso della parola.
« Ehi, ci rivedremo? » chiedo speranzosa e annuisce, prima di sparire nel nulla.
Mi sveglio di soprassalto e scruto la stanza. Vedo le solite pareti blu, le serrande leggermente abbassate, e dopo essermi stropicciata gli occhi, mi giro dall'altra parte e vedo sulla poltrona Andrew, che dorme beatamente.
Corrugo la fronte e spero in un segno di vita da parte sua.
Fuori è già giorno e, molto probabilmente, lui non è qui da molto.
Allungo una mano verso di lui per svegliarlo, ma la abbasso subito.
Guardo il mio braccio, decisamente troppo pallido. Sul comodino, accanto al letto, c'è uno specchio, così allungo la mano per prenderlo, ma qualcuno mi blocca il braccio.
Mi giro di scatto e vedo Andrew sorridermi, per poi sbadigliare.
Si alza dalla poltrona e si stiracchia, alzando le braccia verso l'alto; ha i capelli leggermente scompigliati e il suo aspetto è dannatamente mozzafiato.
Mi sorride ancora e mi prende la mano, giocherellando con le mie dita.
Il suo sguardo indugia sul mio viso e sul mio braccio, fino ad arrivare alla flebo. Fa una smorfia e lascia la mia mano. Va ad alzare la serranda e inizia a fischiettare contento.
« Oh, buongiorno anche a te. Grazie, io sto bene, e tu? » dico ironicamente e alzo gli occhi al cielo.
Lui, senza smettere di sorridere, esce dalla stanza, dicendomi che sta andando al piano di sotto a prendermi qualcosa da mangiare.
Questo sì che è un vero amico.
Guardo il soffitto, ma poi cerco di tirarmi su e mettermi composta. Sembra che un camion mi sia passato di sopra.
Sopra il lenzuolo noto un altro bigliettino piegato in due, e non ci penso due volte ad aprirlo, sperando che sia simile a quello della sera precedente.
" Buongiorno bellissima. Spero tu abbia dormito bene."
Mi mordo il labbro inferiore e, sorrido talmente tanto, che quasi mi fanno male le guance.
Quando Andrew rientra con un cornetto al cioccolato e un bicchiere di succo di frutta, cerco di sembrare normale e non sorridere come una pazza davanti a lui, altrimenti penserà davvero che sia fuori di testa.
« Ti vedo di buon umore oggi. » afferma e mi porge il cornetto, sedendosi sul lettino, accanto a me.
Non so perché, ma la sua vicinanza mi mette decisamente troppo in imbarazzo e sento il mio cuore battere come se fosse impazzito, come se avessi corso per un miglio, senza fermarmi.
Mi sento troppo strana quando c'è lui intorno a me. Mi sento troppo osservata e ho paura; paura di non pensare male e immaginarmi chissà cosa con lui. In fondo siamo amici e non devo rovinare tutto con le mie paranoie.
Addento il mio cornetto e lo vedo sorridere sotto i baffi.
« È che...ho trovato dei bigliettini con delle frasi carine. Tu ne sai qualcosa? » chiedo, ma lui fa spallucce e distoglie lo sguardo, come se non gli importasse.
« Antipatico, sei antipatico. » dico a bocca piena e lui ride. Allunga una mano verso il mio viso e con il pollice mi tocca l'angolo della bocca.
Mi irrigidisco subito dopo aver sentito il suo tocco e, molto probabilmente, lo ha notato.
« Avevi del cioccolato.» mi fa l'occhiolino e si alza dal letto, non appena la porta si apre.
Vedo i miei genitori venire verso di me e Andrew esce fuori, senza dire niente.
Uffa.
Mia madre viene verso di me a grandi passi e mi abbraccia subito, riempiendomi di baci, e stessa cosa fa papà. Imbarazzante.
Mi dicono che sono tre giorni che dormo come un ghiro, probabilmente anche per colpa delle medicine che continuano a somministrarmi, e finalmente mi beccano sveglia. Tutte le volte, quando tornavano in hotel, Andrew decideva di restare qui, o qualche altro amico, che io ovviamente non ricordo, e mi svegliavo quando loro non c'erano.
Provo a chiedere cosa sia successo, ma li vedo scambiarsi un'occhiata d'intesa e poi mi sorridono, senza darmi una risposta. L'unica cosa che mi dicono è che ho subito un grave incidente e basta.
« Incidente? » chiedo, perplessa e papà annuisce. Beh, che genere di incidente?
Non riesco proprio a ricordare niente di niente. Più mi sforzo e più mi fa male la testa. Non appena chiedo di Emily, mia madre trasale. Mi dice che al momento sia fuori dall'America, in Europa, in vacanza. L'ultimo ricordo che ho di lei risale alla volta in cui, al terzo anno del liceo, avevamo fatto uno scherzo ad una nostra compagna.
Ancora non ci credo che sia andata in vacanza senza dirmi niente. È strano. Io non l'avrei mai fatto.
« Almeno una chiamata mamma.. » borbotto a testa bassa e mia madre mi bacia la testa, dicendomi che magari è per colpa del fuso orario, perché non riusciamo a metterci in contatto.
« Tesoro... c'è una persona che devi assolutamente vedere... » dice mia madre e da dietro la porta fa capolino Dylan. O mio Dio!
Lo guardo a bocca aperta e quasi stento a crederci. Si avvicina a me, a grandi falcate, e gli butto le braccia al collo e lui mette la testa sulla mia spalla.
« Ho avuto paura di perderti, tanta paura, El. » i miei genitori mi lasciano da sola con lui e sembra che non voglia più staccarsi da me.
« Mi devi raccontare così tante cose. Quando sei arrivato? Tu sì che sei un amico! Emily è ancora in vacanza. Figurati se mi chiama. » dico infastidita e Dylan mi guarda confuso.
« Elena... Qual è l'ultima cosa che ricordi di me? » mi chiede, come se avesse paura di sentire la mia risposta.
Ci penso un attimo e poi sorrido.
« L'ultima volta abbiamo parlato su Skype e ti ho raccontato della brutta figura che ho fatto sul palco, mentre recitavo Romeo e Giulietta. Penso che non dimenticherò mai quella scena, è stato veramente vergognoso. » rido e lui mi prende la mano.
« Quel ricordo risale a quasi due anni fa.. » mormora e faccio per aprire bocca, ma non so cosa dire.
« Dylan, come ho fatto a fare amicizia con Andrew? Cioè l'hai visto quanto è figo? Sei il mio migliore amico, raccontami un po' .» gli do un colpetto sulla spalla e lui spalanca la bocca, per poi ridere.
Andrew apre la porta e sbuffo.
Che tempismo del cavolo ha?
Proprio quando Dylan stava per raccontarmi qualcosa, ecco che spunta il diavolo.
Dylan fa spallucce e si gira verso Andrew.
« Penso che lui sia la persona migliore da raccontarti qualcosa sul vostro rapporto. » disse e poi lancia un'occhiata ad Andrew. Quest'ultimo annuisce e poi mi guarda, sorridendo. Ma sorride sempre?
« Avevo chiesto a Dylan di raccontarmi qualcosa di te.. Sai, dato che non ricordo niente..» dico, mortificata. Lui mi prende la mano e me la stringe leggermente.
Si bagna le labbra e guarda verso la porta, prima che inizi ad aprire bocca.
Riesco a sentire quanto sia nervoso e ciò rende nervosa anche me. Cosa ci vuole a raccontarmi due cose riguardo il nostro rapporto?
« Ci siamo...» si schiarisce la gola «Ci siamo conosciuti quando tu stavi per finire l'ultimo anno delle superiori... », dice, mordendosi il labbro « Ci siamo praticamente scontrati, nel vero senso della parola. Una mattina, eravamo entrambi in ritardo, tu per andare a scuola, e io...mmh, avevo altro da fare, ma comunque... » si passa la mano tra i capelli e sospira « Ecco, il pullman stava partendo e stavamo correndo entrambi, così, prima di salire, mi sei venuta addosso, ma a cadere sei stata comunque tu. » ride e accenno un timido sorriso. « Eri così scontrosa, oddio mi divertivo a prenderti in giro, eri buffa e avresti dovuto vedere la tua faccia, quando mi hai visto in classe mentre parlavo con mio padre, ovvero il tuo ex professore di matematica. » scuote la testa ridendo « Ti stavo antipatico all'inizio, infatti mi odiavi, però ero amico di tua sorella, quindi, quando ho iniziato a venire di più a casa tua, ecco, è stato inevitabile non vedere anche te, quindi piano piano siamo diventati amici.. » storce il naso e sospira.
« Solo amici..? » gli chiedo, alzando le sopracciglia e lui risponde, ma senza guardarmi negli occhi: « Sì...ottimi amici, a dire il vero tipo..migliori amici. » alza gli occhi al cielo, non sembrando troppo convinto. Si alza in piedi e si passa nervosamente una mano tra capelli, poi si appoggia al muro, chiudendo gli occhi.
Sembra stia riflettendo su qualcosa, come se volesse dirmi qualcosa in più, ma non lo fa.
« Hai gli occhi dello stesso colore della signora che ho sognato. » dico all'improvviso e lui apre gli occhi di scatto e corruga la fronte.
Viene verso di me e mi guarda come se stesse cercando di capire qualcosa.
« Oh niente, lascia perdere. »
« No, raccontami. » dice, mordendosi il labbro, impaziente.
« Lei... Non ricordo bene, ma mi ha detto che ho reso felice suo figlio» borbotto. A dire il vero, non ricordo molto. « E di dirgli che veglierà sempre su di lui. È solo un sogno, non farci caso. Però assomigliava a te. » sbatte un paio di volte le palpebre e assottiglia le labbra, dopodiché sorride tristemente.
Eppure è solo un banalissimo sogno.
Continuo a sognare lei e Caleb.
« Già. È solo un sogno. » sussurra e gli sorrido. Si avvicina a me e le sue dita sfiorano la mia guancia e dopo le sue labbra si posano esattamente dove le sue dita hanno toccato la mia pelle.
Arrossisco bruscamente e lo sento sorridere contro la mia guancia. E quando si sposta leggermente, vedo il mio riflesso nei suoi occhi verdi. È decisamente troppo vicino a me e il mio respiro sta diventando irregolare, i battiti del cuore sembrano impazziti e mi sudano le mani.
Si avvicina ancora di più e mi dà un bacio sulla punta del naso e poi si allontana leggermente.
È un amico, Elena. Che ti aspettavi?
****
Se c'è una cosa che odio in assoluto è proprio l'ospedale.
È un ambiente poco accogliente e le mie narici sono perennemente colpite dallo sgradevole odore del disinfettante e delle medicine.
Quando mi hanno spostato di stanza, ho visto soltanto un sacco di gente agitata, altri arrabbiati, gente che piangeva, dottori col camice verde e con il viso semicoperto dalle mascherine dello stesso colore, infermieri che giravano di qua e di là.
È un incubo e non vedo l'ora di uscire fuori da qui.
Sono rimasta soltanto pochi giorni qui, per fare gli ultimi accertamenti ed Andrew, per essere un semplice amico, non mi ha mollata neanche un secondo.
Il dottor Smith mi ha detto in breve ciò che mi è successo, ma non è entrato nei particolari, perché avrebbe potuto farmi male, e secondo lui non l'avrei presa bene. Alla fine mi ha detto che tra un paio di giorni probabilmente ricorderò tutto. Per fortuna non ho niente di grave, anche se ho preso una botta alla testa.
Mi ha consigliato di stare attenta e mi ha fatto i complimenti per gli amici che ho, perché mi fanno sorridere sempre. Nonostante io non ricordi un accidente di ciò che mi è successo, ho ancora presente la bellissima sensazione che ho provato mentre stavo sognando.
I sogni frequenti che ho fatto su Caleb e su quella signora, mi fanno venire i dubbi, anche perché, non ho mai sognato così spesso Caleb, e perché quella signora non la conosco affatto. Mi è già capitato di sognare volti a me sconosciuti, ma questa volta accade spesso. Ed è strano.
Mi metto le scarpe e mi alzo dal letto.
Guardo un'ultima volta questa stanza, prima di uscire e lasciarmi dietro anche questo brutto ricordo. O almeno ci sto sperando.
I miei genitori mi aspettano fuori, e anche Andrew e Dylan.
Non appena esco, vedo Ryan correre verso di noi e quando ci raggiunge si ferma e si piega in due, per riprendere fiato. Alza la testa lentamente e mi fa l'occhiolino.
Mi prende a braccetto e andiamo verso l'ascensore.
« Voi prendete le scale, addio. » dice, non appena le porte dell'ascensore si chiudono , e io rimango letteralmente scioccata. È il suo comportamento di tutti i giorni, o fa così soltanto con me e i miei amici?
Sospira e poi inclina la testa per guardarmi.
« Elena, ti devi ricordare di Drew, devi farlo. Va bene? » mi prende il viso tra le mani e mi guarda attentamente.
« Perché? » domando, confusa.
« Oh, è già tanto che te l'ho detto. Insomma, so che dovresti ricordare me per primo. Cioè, guardami! » si indica, ridendo, e quando l'ascensore si ferma, lui mi accarezza dolcemente la guancia « Ha bisogno di te. » e proprio in questo momento le porte dell'ascensore si spalancano e Andrew ci guarda con le braccia incrociate.
« Mi spieghi cosa diavolo stai facendo con lei? Ti ammazzo, giuro. » lo prende per il braccio e lo tira fuori dall'ascensore. Ryan ride e poi mi fa l'occhiolino.
« E tu, praticamente, sei volato sulle scale per raggiungere la tua Bella? Insomma, non mi sorprenderebbe affatto scoprire che tu sia il suo Edward, visto che sei arrivato qua prima di noi, hai i superpoteri per caso? » scuote la testa e Andrew lo spintona.
Mi rivolge un sorriso di scuse e mi afferra il braccio.
Aspettiamo i miei genitori ed Andrew decide di accompagnarmi a casa, a New York, dato che siamo nel Connecticut.I miei acconsentono, e Ryan ci segue fuori.
Andrew mi fa sedere sul sedile accanto a sé, e Ryan di dietro.
Lo vedo sporgere la testa tra i due sedili e sbuffa.
« Come sempre, il cane dietro. » mormora e scoppio a ridere.
« Non fiatare, Tobia. Altrimenti questa volta ti lascio davvero per strada. » dice Andrew, prima di partire.
Ancora non capivo se questi due si odiano davvero o no. Eppure, continuo a pensare a quello che mi ha detto Ryan nell'ascensore. Lui ha bisogno di me? Drew mi dice che ai bagagli ci pensano i miei genitori e di non preoccuparmi. Accelera eggermente e mi sento un po' nervosa.
Guardo la strada davanti a noi e deglutisco.
Una macchina nera va più veloce di noi, e in lontananza vedo un camion bianco venire verso di noi, anche se è sull'altra corsia.
« Rallenta. » dico, quasi ansimando. « Sono quasi morta, ricordi? »
« Scusami. » farfuglia Andrew e resto in silenzio.
« Andrà tutto bene. »
« Mi dispiace, ho una brutta sensazione.» dico a bassa voce e Andrew ogni tanto mi lancia qualche occhiata curiosa.
« Lo sappiamo, ma stai tranquilla. Tra qualche giorno ricorderai tutto. » dice Ryan.
Dopo più di sei ore in macchina, quando arriviamo a New York, guardo fuori dal finestrino. Mi piace da morire la città illuminata di notte, mi piace vedere il viavai di persone, il traffico, i grattacieli imponenti.
Quando arrivo a casa, in tarda serata vado nella mia stanza, mentre Ryan rimane al piano di sotto con i miei genitori e Dylan.
Andrew sale sopra con me e mi sorride.
Sono felice di essere finalmente a casa.
Mi butto sul letto e mi lascio travolgere dalla sensazione di essere di nuovo a casa, sana e salva.
Dylan si unisce a noi dopo poco e si siede accanto a me.
« Dylan, sai se io.. » mi schiarisco la voce e Andrew ci guarda dubbioso.
Alzo gli occhi al cielo e guardo prima Dylan e poi Andrew « Sapete se ho un ragazzo? Se ne ho mai avuto uno, se mi sono lasciata o se sono ancora vergine? Dylan, a te dico tutto, vero? » Dylan diventa paonazzo e Andrew si mette una mano sul viso, per nasconde un sorriso.
Ehi, siete miei amici. Se non lo sapete voi..
« Scusate, dovrei parlare con Emily di queste cose, solo che pensavo... » mormoro e i due si bloccano.
« No, no. Te lo diremo noi. » afferma Dylan.
« Andrew? Dai, parla. » lo sprono a dirmi la verità.
« Chiamami Drew, Elena. Per te sono e sarò sempre Drew. E comunque sì, hai un ragazzo che... »
« Avevi. » lo corregge Dylan, guardando male Andrew.
« No, ha! » grida quest'ultimo.
« Drew, non è ora. » lo ammonisce Dylan e non capisco di cosa diavolo stanno parlando.
« Sì, insomma avevi un ragazzo che ti amava e, probabilmente, MOLTO probabilmente, ti ama ancora più di qualsiasi altra cosa al mondo, e ti assicuro che sei... » Dylan gli dà una gomitata e l'altro di ferma.
« Possibile che tutti i miei amici siano così idioti? Prima tu, poi Ryan e ora Drew, dai, chi altro? » mormoro ed entrambi abbassano la testa.
Dylan fa spallucce e scende al piano di sotto, dopo avermi salutata.
Drew si siede davanti alla scrivania, prende un pezzettino di foglio e una penna e scrive qualcosa di sopra.
È così serio e bello, e io mi sto, letteralmente, sciogliendo.
Quando finisce di scrivere sorride e piega il foglietto. Io mi sdraio a letto e lui viene accanto a me e mi accarezza i capelli.
« Lo hai reso la persona più felice del mondo. » sussurra, mentre mi godo le sue carezze, finché non sento i miei occhi chiudersi. Sento un fruscio e sento Drew alzarsi dal letto, convinto che io stia dormendo. Non appena esce dalla mia stanza, sento qualcosa vicino al mio viso.
Apro gli occhi e trovo il pezzettino di foglio.
" Sono il tuo sbaglio più bello. "
Oh, Drew. Ti ho beccato.
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