capitolo 30

Lascio la finestra aperta e il venticello fresco mi accarezza la pelle. Mi copro con il lenzuolo e sto per ore al cellulare, dato che non ho altro da fare, per passare il tempo.
Sono le tre del mattino, è il mio compleanno, ed Emily non mi ha chiamata a mezzanotte.
Ci sono rimasta male, non posso negarlo. Ma sicuramente avrà i suoi motivi. Navigo continuamente su YouTube, dato che non riesco a prendere sonno.

Due anni fa..

«Dai, Dylan! Cosa aspetti? Tira la palla! » siamo in spiaggia e Dylan ha, come sempre, questo suo sorriso da ebete stampato in faccia. Rimango a guardarlo, aspettando la sua risposta, ma il mio sguardo inizia a vagare sul suo petto e ammiro tutta la sua bellezza. All'improvviso mi arriva una pallonata in testa e mi lamento, dato che so esattamente chi sia il genio ad avermela lanciata.

« Ma sei stupido? » grido.
Alex ridacchia e Gabriel riprende la palla.
Giorgia cerca inutilmente di prendere la palla a Gabriel e Dylan si avvicina a me.

« Dio, sei la solita, El. » lego i miei capelli in una coda da cavallo, e quando mi passa accanto, mi tira i capelli, facendomi urlare.

« Smettila di fare così! » sbraito.
Lui ride e poi viene verso di me, con uno sguardo minaccioso.
Io arriccio il naso e poi alzo gli occhi al cielo.
Quando si pianta davanti a me, i nostri visi sono a pochi centimetri di distanza, e lui mi sorride a trentadue denti, mostrandomi quelle fossette, che io amo tanto.
Mi dà un bacio sulla fronte e subito dopo uno schiaffetto, proprio lì.
« Ti devo dare il mio regalo. »
Mi prende la mano e mi costringe a seguirlo. Andiamo sotto l'ombrellone e lui tira fuori dal suo zaino un regalo.
Mi mordo il labbro entusiasta, e  lui mi guarda accigliato.
« Ascolta, non è niente di che, ma ha una sua importanza. Per me significa molto, sai? E pensavo di dartelo per il tuo sedicesimo compleanno. »
Lo guardl impaziente e mi porge il regalo.
Lo apro velocemente, come una bimba mentre scarta i suoi regali a Natale, e lui sorride.
Guardo ciò che ho tra le mani, perplessa, e poi lo abbraccio forte.
È una specie di album per le foto, ma assomiglia ad un diario.
Ci sono un sacco di foto nostre, quasi di tutti gli anni, e sotto ad ogni foto c'è una dedica.
Inizio a vedere appannato a causa delle lacrime e lui mi mette un braccio intorno alla vita e mi attira verso di lui.
« È bellissimo, grazie. » dico e i nostri amici vengono verso di noi.
« Le è piaciuto? » chiede, Gabriel.

Giorgia prende dalla borsa il regalo, e anche Gabriel e Alex fanno la stessa cosa.
Li guardo, perplessa, e poi mi viene da ridere.
« Perché li avete portati in spiaggia? Potevate darmeli stasera. » tiro su col naso e i miei amici mi abbracciano.
Giorgia mi regala una collana con il mio nome, Alex un libro che volevo da tanto e Gabriel un braccialetto abbastanza carino.
Mi metto la canottiera e i pantaloncini e Dylan fa la stessa cosa. Odio farmi la doccia in spiaggia, preferisco sempre farla a casa.
« Davvero ti è piaciuto? » chiede, con mezzo sorriso, mentre attraversiamo la strada.
Passiamo accanto ad una gioielleria e guardo la vetrina.
I miei occhi si illuminano e mi fermo di colpo.
« Oh mio dio, Dylan. » lo tiro dal braccio e lui mi guarda in modo strano.
Gli indico la collana che ho davanti.
« Vero che è stupenda? » lo guardo, contenta, lui si rattrista.
« Se avessi saputo, avrei risparmiato tutti i miei soldi per un anno e te l'avrei regalata per il tuo compleanno. » dice, con voce rotta e  lo abbraccio con slancio.
La collana è bellissima, ma lui di più.
Di certo non mi dispiacerebbe ricevere una collana del genere, ma forse un giorno sarò  fortunata.
È una semplice collana in oro bianco, con un ciondolo a forma di cuore con all'interno una coppietta che si tiene per mano.
« Ti prometto che per il tuo diciottesimo compleanno ti regalerò una cosa che ti lascerà senza parole, va bene?» mi dà un bacio sulla testa, e continuiamo a camminare.
Guardo dietro per l'ultima volta e poi mi mordo il labbro.
« Ti piace proprio tanto, eh? » chiede, con un sorriso sghembo.
Annuisco e faccio spallucce.
« Oddio, aspetta. Ho visto mia cugina entrare lì dentro, vado a salutarla, tu aspetta qui. » mi accarezza il braccio  e dopo si mette a correre, finché non lo vedo entrare dentro.
Mi siedo su una panchina poco più in avanti, il sole mi sta facendo sciogliere, e vorrei dell'acqua ghiacciata addosso.
« Eccomi! » sorride felice e lo guardo male.
« Non sapevo che tua cugina ti mettesse così di buon umore. » dico e lui scrolla le spalle.
« Ti voglio bene, Chucky. » mi stringe forte a sé e sospiro.
« Smettila di chiamarmi così. »  lo spingo, in modo scherzoso e lui ride di gusto.
« Dai, sei una bambola pericolosa. » lo fulmino con lo sguardo e lui mi fa la linguaccia.
L'estate sta finendo, e Dylan mi dà sempre il regalo in anticipo, dato che ormai il mio compleanno non lo festeggio con lui da tanti anni.
Abbasso la testa, triste. Devo tornarmene in America, un altro anno senza di lui, senza i miei amici.

Oggi...

Mi stiracchio, senza aprire gli occhi, e per poco non cado dal letto.  Apro con fatica gli occhi, e noto questa luce fastidiosa penetrare nella mia stanza. Odio il mattino con tutto il mio cuore.
Prendo il cellulare dal comodino e guardai l'ora: sono le tre del pomeriggio.

« Ma che cazzo... » guardo perplessa l'ora e per poco non scivolo a terra.
Ho dormito così tanto?
Ho quattordici chiamate perse, cinque da parte di Emily, sei da parte di Dylan e tre da parte di mamma.
Vado su WhatsApp e apro la chat di Emily.
Mi ha mandato un sacco di messaggi e anche una registrazione nella quale mi sta cantando tanti auguri.
Rido. Mi sarebbe piaciuto tanto averla qui con me.
In fine apro la  chat di Dylan e non provo felicità più grande nel vedere un suo messaggio.

" Ehi, Chucky. Non mi sono dimenticato del tuo compleanno. Lo so, è un altro compleanno del cazzo, e non siamo di nuovo insieme. Hai già aperto il mio regalo? Tanti auguri bambolina, ti voglio bene. "

Vero, il regalo.
Prendo la scatola che mi aveva dato prima della mia partenza per il college e la guardo. L'apro titubante, e quando vedo cosa contiene, per poco non urlo per la felicità.
La collana che desideravo tanto, se lo è ricordato.

Noto all'interno della scatola un foglio piegato più volte e lo prendo tra le mani. Riconosco subito la sua calligrafia.

"  Ehi Chucky, ricordi quando a sedici anni ti innamorasti tanto di quella collana? Ecco, quel giorno non sono riuscito a ignorare il luccichio nei tuoi occhi. Eri così felice, avrei voluto regalarti tutte le cose più belle del mondo, ma niente è più bello di te.
Oggi compi diciott'anni, e avrei tanto voluto esserci. Avrei tanta voglia di rivivere i bei momenti insieme, come anni fa, ma nemmeno quest'anno è possibile. Quel giorno, mentre stavamo tornando a casa, io mentii quando dissi di aver visto mia cugina.
La verità è che, ho risparmiato tutti i miei soldi per alcuni mesi, per comprarti questa collana. L'avevano messa da parte apposta, e vorrei tanto vedere la tua espressione in questo momento.  Scusami se ultimamente non sono stato un bravo amico, scusami se abbiamo combinato un casino con i nostri sentimenti. Sei parte di me, sei la persona più importante per me e non vedo l'ora di vederti. È strano, sai, che la nostra amicizia debba essere messa nuovamente alla prova. La distanza è sempre un problema per noi, che sicuramente supereremo. Ti ricordi quando ti parlai di quella ragazza su Facebook? L'ho detto semplicemente perché volevo essere sincero, sinceramente nemmeno oggi capisco il perché della tua reazione esagerata. Drew ha fatto di peggio, e non hai reagito così. Elena, sono il tuo migliore amico, ricordatelo. Ancora oggi, sappi, che non mi dispiacerebbe affatto essere qualcosa di più. Ti porto nel cuore, ti porto nella mente. Sei e sarai per sempre la mia piccola Chucky, e sai cosa? Non m'importa niente della distanza, mi farei la strada pure a piedi a costo di vederti. Detto questo, potresti trovarmi alla tua porta in un qualsiasi momento. Tanti auguri bambola assassina, un bacio. "

Guardo il soffitto e mi sento tremendamente vuota. Non ho nessuno. Non ho mai trascorso il mio compleanno da sola.
Mi asciugo le lacrime e decido di parlare con l'unica persona che c'è in casa con me. Esco dalla mia stanza, e sento un silenzio alquanto inquietante.
Si sente soltanto il rumore dei miei passi.
Vado in cucina e mi guardo intorno, quando vedo un post-it attaccato sul frigo.

" Non volevo svegliarti, perciò sono uscito, non ho idea quando tornerò. "

Bene, l'unica persona al mondo con la quale avrei potuto trascorrere il mio compleanno, non c'è.
Sono davvero sola. Faccio spallucce e  vado in bagno. Mi faccio una doccia rilassante e mi vesto con calma.
Dopo aver finito, mi preparo, prendo la borsa e vado a farmi un giretto.
Sono le quattro del pomeriggio, e decido di farmi una lunga passeggiata.
Dopo un'ora mi fermo davanti ad una pasticceria e ed entro dentro, leggermente indecisa. È il mio compleanno, e voglio assolutamente la torta.
Ce n'è una  che mi colpisce particolarmente. È interamente di cioccolato, e io adoro le torte al cioccolato.

Rispondo alle chiamate di mia madre, e parlo al telefono con lei, con mia sorella, con Emily e con papà. Ho anche una chiamata da parte di Dylan, ma mi rifiuto di rispondere. So che capirà, al momento non sono in vena di dare spiegazioni o di scoppiare a piangere al telefono.
Per quanto sia delusa, evito di usare il cellulare, soprattutto i social.

Quando torno a casa, tiro fuori la torta e la metto sul tavolo, prendo le candeline e le metto di sopra. Mi siedo sullo sgabello,  pronta a soffiare.
Chiudo gli occhi e sento qualcosa rompersi dentro di me. È incredibile come la mia vita sia condizionata da una persona. Mi manca la mia  vecchia vita, dove tutto andava bene. Soffio, senza esprimere alcun desiderio, e dico soltanto " Tanti auguri a me". Taglio una fetta di torta e tiro fuori una bottiglia di whisky, di Drew probabilmente, ma non me ne frega niente.
Bevo direttamente dalla bottiglia e per poco non lo sputo, prima di mandarlo giù.  Fa schifo, e mi brucia tremendamente la gola.
Assaggio la torta e alterno torta e alcool. Non mi ubriaco mai, nemmeno ai miei compleanni, ma questa volta non me ne importa niente.
Fuori incomincia a piovere, quindi prendo la bottiglia e vado fuori, sul balcone.
Amo la pioggia, è come se mi stesse capendo. Come se piangesse lei al posto mio, perché dai miei occhi non escono più le lacrime. Quando muori dentro, è difficile tornare in vita.
Ed è ancora più brutto morire prima che tu sia veramente morto.

Quando muori dentro, lo sai soltanto tu e chi è in grado di capirlo da solo. Nessuno prova pena per te.

Piangono per te, soltanto quando ti vedono nella bara.

Sorrido tristemente e vorreo fare qualcosa di folle in questo momento, qualcosa da potermelo ricordare a vita.
Bevo un altro po' e già inizio a non essere più lucida.
Vado nella  mia stanza e mi siedo per terra, appoggiata al mio letto, con la bottiglia fra le mani. Fisso il vuoto, e lo sbattere della porta, mi fa sobbalzare.

DREW

Torno a casa con i vestiti leggermente bagnati, e quando entro in casa, mi sento subito felice. Sento un calore dentro di me, come se non vedessi l'ora di stare a casa con lei.
Vado nella mia stanza e mi cambio la maglietta, dopodiché vado in bagno e prendo l'asciugamano. Me lo strofino leggermente sui capelli e poi mi sposto pigramente in cucina.

« Elena, sei a casa? » grido per farmi sentire. Nessuna risposta.
Vado in cucina e vedo ancora il mio post it attaccato al frigo, e una torta sul tavolo. Mi avvicino e noto il numero diciotto sulla torta.  Sento il mondo crollarmi addosso; mi sento una fottuta merda.
Con un dito prendo un po' di cioccolato da sopra la torta e me lo infilo in bocca. Chiudo gli occhi e sento la rabbia ribollirmi dentro le vene.

Mi avvicino alla sua stanza a passi felpati, e respiro profondamente, prima di bussare.
Non mi risponde, quindi decido di entrare piano.
Apro la porta e quello che vedo mi spiazza.
Elena, seduta per terra, con una bottiglia di whisky tra le mani e la testa leggermente inclinata. Guarda un punto indefinito e non sbatte nemmeno le palpebre.
Ha gli occhi vuoti e tristi e l'espressione del viso è rigida e delusa.
Mi avvicino a lei e mi inginocchio.
Cerco di prenderle la bottiglia dalle mani, ma lei aumenta la presa. Come per dispetto, se la porta alle labbra e continua a guardare davanti a sé, senza distogliere lo sguardo.
« Elena... » dico, sedendomi accanto a lei. Ha lo sguardo talmente impassibile, e quasi mi fa paura. Non la riconosco più, sembra totalmente un'altra persona.

« Mi dispiace, non lo sapevo... Perché non me l'hai detto? » chiedo, con tono dolce. Ma lei non si muove, nemmeno mi guarda.

« Dai El, parlami. » le accarezzo la mano, e lei si gira, furiosa, verso di me.

« Io penso che...» dice, portandosi una mano alla bocca.
Diventa pallida e all'improvviso si alza e corre in bagno, chiudendosi a chiave.
La seguo, ma non mi lascia entrare.
« El, apri. Ti posso aiutare. » dico, preoccupato. Sicuramente ha bevuto troppo, perché la sento vomitare e poi tirare lo sciacquone.
Sospiro e busso alla porta, ancora.
Sento la porta aprirsi e la vedo uscire, leggermente barcollando. Le afferro il braccio e lei lo ritrae subito.
« Ascolta coso.. » inizia a dire e le sfugge un singhiozzo. Trattengo una risata e la fisso. « Fa tutto schifo. Non è una favola, non è la storia dove arriva il principe azzurro e le accarezza la schiena, mentre lei vomita e le tiene i capelli. » dice e si dirige in cucina. La seguo, ho tanta voglia di tenerle la mano, ma probabilmente non è un buon momento per lei.
Si siede sullo sgabello e assaggia un po' di torta, facendo poi una smorfia di disgusto.
« Mi sa che non ha più un buon sapore con quello che hai bevuto. » dico, sorridendole dolcemente, e mi siedo accanto a lei.
Con un dito prende un po' di cioccolato e lo guarda, prima di toccarmi il naso e sporcarmi.
Si mette a ridere e sorrido anche io. Ha una risata bellissima, e nonostante sia ubriaca, la trovo ancora più bella e innocente.

Prende ancora del cioccolato e tira una linea sulla mia guancia, sporcandomi ancora. Ride ancora di gusto e la lascio fare. Ne prendo un po' anche io e le sporco la guancia, lei si alza e prende la torta nelle mani.
Oh no...
« Fai la brava, Bon Bon.» sorrido e mi alzo anche io. Indietreggio, quando la vedo avanzare verso di me con la torta in mano. Cammina in modo goffo e con un movimento fulmineo le prendo la torta dalle mani e alzo un sopracciglio.

« E ora? » le chiedo e il sorriso sul suo viso scompare.
Mi avvicino a lei e, prima che possa realizzare, il suo viso finisce sulla torta. Ha la bocca spalancata e tutta la faccia sporca.
Rido, decisamente divertito da questa situazione, e lei prende un pezzo di torta e me lo lancia in faccia.
Finiamo per lasciarci la torta addosso e abbiamo un aspetto orribile, inoltre abbiamo sporcato pure a terra.
Ci sediamo a terra ridendo, e lei sembra davvero felice.

« Peccato di non averne mangiato un pezzo. » dico, fingendomi triste. « Però, posso assaggiare ora. » dico, e senza darle il tempo di rispondere, mi avvicino alle sue labbra e la sento trattenere il respiro. Le lecco il labbro inferiore e lei si irrigidisce. Adoro l'effetto che ho su di lei, ogni volta che mi avvicino.
Schiude le labbra e avvicino di più le mie, fino a unirle in un bacio dolce e casto.
Quando mi stacco da lei, i suoi occhioni marroni mi guardano confusi.
Mi alzo e allungo la mano verso di lei per farla alzare.

« Su, ti aiuto a toglierti la torta di dosso. Non puoi andare a dormire così. » dico e quando si alza, spalanca la bocca.

« No, non pensare male...» Sospiro e la conduco verso il bagno. Le dico di aspettare qui, e le porto il pigiama pulito.
Lei abbassa la tavoletta del water e si siede di sopra. Guarda per terra, imbronciata, ed ho voglia di prenderla e stringerla tra le mie braccia.

« Stai bene? » le chiedo, e lei scoppia a ridere.

« Non mi sento bene, mi sento priva di forze e mi gira la testa. » dice e alza lo sguardo per guardarmi.

« Dai, ti aiuto a spogliarti e metterti il pigiama.» mi abbasso, per essere alla sua altezza, e vedo le sue guance tingersi di rosso.
« Ti ho già visto in intimo... » le ricordo e lei si imbarazza ancora di più.
Avvicino le mani all'orlo della sua maglietta e la sento deglutire rumorosamente.
Le alzo lentamente la maglietta e lei alza le braccia, facilitandomi il lavoro. Cerco di non guardarle il corpo, anche perché non è il momento giusto. Le sbottono i jeans e lei si alza, appoggiandosi  a me.
Inizia ad abbassarli e per un secondo il mio sguardo inizia ad indugiare sul suo corpo. È bellissima, e mi manca vederla così. Mi ricordo della volta in cui l'ho vista nuda nel mio letto e mi sento l'uomo più felice e fortunato del mondo. Mi affretto a metterle il pigiama. Prendo la maglietta, e quando sto per infilargliela, lei mi blocca le mani.

« Non ti piaccio più? » chiede, con voce tremolante.

« Sei ubriaca. » le ricordo e vedo i suoi occhi riempirsi di lacrime. « Oh, no... non intendevo...» cerco di tranquillizzarla, ma punta i suoi occhi nei miei.
« Hai degli occhi bellissimi.» mi dice,  singhiozzando. « Mi sono innamorata dei tuoi occhi dal primo giorno che ti ho visto. » confessa e sorrido debolmente. La stringo tra le mie braccia, nonostante sia solo in intimo, e lei strofina il naso sul mio petto. Sorrido a questo gesto e la stringo ancora di più.

« Mi accarezzi? » chiede, tirando su col naso.
Sorrido e le accarezzo dolcemente il viso; la vedo chiudere gli occhi, sorridendo, e le do un bacio sulla fronte.
« Accarezzami tutta, Drew. » deglutisco. Il modo in pronuncia il mio nome mi fa perdere la testa.
Le accarezzo il collo, le braccia, e scendo ai fianchi.
Il modo in cui si scioglie sotto il mio tocco, mi fa venire voglia di prenderla qui, contro il muro. L'aiuto a pulirsi il viso, e stessa cosa faccio io, anche se conciata in questo modo mi fa tanta tenerezza, ma è anche buffa.
La prendo in braccio e la porto nella sua stanza. La faccio distendere sul letto e le sorrido.
« Ti porto il pigiama? » chiedo e lei sbuffa.
« No, ho caldo. » dice e mi avvicino a lei. Le do un un bacio sul naso e  sorrido.
Mi attira verso di lei e mi bacia come se avesse bisogno di una boccata d'ossigeno per sopravvivere. Mi bacia con passione, desiderio, e sento la voglia che ha di me. Mi stacco da lei e le do un bacio sulla fronte.

« Buon compleanno, piccola. » le accarezzo la guancia, dopodiché esco dalla sua stanza.

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