Capitolo LIV - Lato nascosto

Esistono regole in amore? Se si, chi le decide?
Questi gli interrogativi che Sofia si poneva tornando in macchina e guardando Leo concentrato sulla strada da compiere.
La serata era filata liscia come l'olio e, come sempre, due ore di cena a lume di candela accompagnando il palato con gusti raffinati e sorprendentemente sazianti, erano corse via il tempo di una foglia trasportata dalla corrente del fiume.
Tra gli antipasti ed i primi Leo le aveva fatto scoprire il lato più nascosto di sé, quello riguardante la sua infanzia.
Figlio inatteso di una giovanissima coppia, soli quindici anni di differenza separavano lui e la madre, questo almeno stando a quanto riportavano i documenti. Si perché alla veneranda età di sette giorni un cestino fu lasciato di fronte al più vicino ospedale. Potete immaginare chi ci fosse dentro.
Fu presto adottato da una coppia, o per meglio dire da due persone. Clara e Davide non si potevano proprio definire innamorati, neppure amanti, figurarsi genitori.
Forse speravano che, impossibilitati ad avere figli, fatto che giustamente il destino aveva negato loro, potesse in qualche modo avvicinarli più che riavvicinarli. Qualche mazzetta e qualche conoscenza più tardi e Leo era loro.
Ma indovinate un po'... non funzionò. Affatto. A neanche due anni Leonardo era diventato la palla da sbolognare all'ex. Aggiungeteci poi il fatto che, non solo non navigassero nell'oro ma che neppure tentassero di bagnarsi i piedi, ed il bimbo, ormai ragazzo, trasandato ed abbandonato a sé stesso iniziò presto a fare pessime azioni dettate da biasimabili scelte spinte da poco raccomandabili amicizie.
Scippi e prigioni. Questa era la vita di Leo fino ai sedici anni.
Poi un viso severo lo salvò. Di marmo, è vero, ma pur sempre un viso.
C'è una fontana in piazza della Signoria. Per i locali è il "Biancone", una statua di Nettuno che si erge sugli spruzzi d'acqua.
Quel personaggio lo aveva sempre affascinato durante le sue scorribande in cerca i turisti a cui svuotare le tasche.
E qualcosa scattò. Un giorno rimase lì impietrito, incapace di distogliere gli occhi da quello sguardo marmoreo diretto verso di lui. Rimase così affascinato ed intimorito che non si accorse dei poliziotti che lo rincorrevano dal suo ultimo furto. Scattarono anche le manette ma fu l'ultima volta. Quel viso autoritario fu la ramanzina del padre che non aveva mai avuto.
I turisti da derubare diventarono i libri a cui sottrarre informazioni. I poliziotti da cui scappare, la sua vecchia vita.
Durante gli ultimi due anni del liceo aveva già imparato a memoria l'intera sezione della biblioteca dedicata all'arte, dai libri scolastici ai trattati accademici. Inutile dire che l'università durò per lui il tempo di entrare ed uscirne con la laurea a pieni voti. Altri due anni per la magistrale ed a ventidue anni era già ricercatore. Nei tre anni successivi, parallelamente alla sua attività accademica, aveva investito i suoi pochi soldi di lavoretti saltuari in un'attività di restauro di opere classiche che lo aveva portato a girare mezzo mondo e salvare opere di magnifica bellezza e fondamentale importanza storica, con un discreto ritorno economico e di immagine.
In quel momento la sua azienda vantava venti dipendenti dando a Leo il tempo di godersi la sua nuova qualifica di professore associato.
Era un ragazzo di ventisei anni, venuto dal nulla, partito zoppicando ed arrivato correndo. E Sofia più lo scopriva più se ne innamorava.
<< Non mi hai detto in che zona della città vivi! >> esortò Sofia.
<< Farò molto più che dirtelo, te lo mostrerò! >> disse accelerando verso San Miniato.
Sofia voleva scoprire molto di più. Voleva scoprire tutto.

© G.

Angolo dell'autore:
Commentate, se vi va, consigliandomi costruttivamente come dovrebbe continuare o eventuali modifiche in modo da potervi offrire scritti sempre migliori. Grazie infinite a tutti!

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top