2. Fraintendere non sempre è Gaffe

Durante le lezioni Miki ascolta attentamente prendendo appunti, irreparabilmente, nella sua lingua. Anche io prendo appunti, qua e là, ma so già che dimenticherò tutto all'istante, visto che non capisco niente! Io e le scienze non siamo mai andate d'accordo.
Ines mi passa un foglio del suo quaderno ad anelli. Sopra c'è scritto:
"Cmq io una bottarella a BeBBè gliela darei!"
Io sgrano gli occhi di tutta risposta, rimanendo in silenzio. Lei fa un sorrisino. Io scrivo sullo stesso foglio, sotto il suo commento:
"Sei impazzita!?"
E poi glielo ripasso mantenendo gli occhi sgranati.
Scrive anche lei. Un'espediente che ci siamo inventate per parlare durante le lezioni senza essere rimproverate, anzi, sembrando intente a prendere appunti! Ecco che mi ripassa il foglio, leggo curiosa di sapere cosa possa replicare in sua difesa:
"Non so... quell'aria ribelle... da ragazzo cattivo... mmmh m'intriga! Io rischierei volentieri! Devi ammettere ke è un figo pazzesco..."
Sgrano gli occhi più di prima, se possibile, e scrivo ancora:
"Rischieresti anche di prenderti kissà quale malattia?!"
Le ripasso il foglio e lei subito risponde:
"Ma falla finita!"
In quell'istante mi sento strappare il foglio da una mano alla mia destra. Mi volto di scatto, fortunatamente è quella di Miki che col labiale mi chiede cosa stessimo scrivendo invece di seguire la lezione. Alzo gli occhi al cielo per il rimprovero, mentre lui noncurante inizia a leggere la nostra conversazione. Alla prima riga sgrana anche lui gli occhi in direzione di Ines, riconoscendo che la scrittura è la sua. Poi scrive anche lui. Attendiamo entrambe di leggere la sua risposta, curiose di sapere che ne pensi. Immagino sia d'accordo con me. Appena finito ci ripassa il foglio ed io subito lo metto fra me ed Ines per poter leggere simultaneamente:
"Smetete di scrivere schiocheze e ascoltate il prof!"
Ci voltiamo entrambe a fargli una linguaccia, ma proprio in quel momento veniamo intercettate dallo sguardo del professore che con occhi severi si avvicina a noi passando fra i banchi, fino a raggiungerci. D'istinto accartoccio il foglio e lo butto a terra, dietro la mia sedia. Ma il professore ha visto la mia mossa non così furtiva come credevo, e lo raccoglie.
Qualche secondo per leggerne il contenuto e poi commenta 《Più interessante della mia lezione, vero signorine?》, ci lancia un'occhiataccia da sopra gli occhiali. Bene, tutte le mie speranze ed i miei sforzi per raggiungere la sufficienza nella sua materia svaniscono all'istante. Abbassiamo gli occhi sul banco in silenzio, colpevoli. Lui torna alla scrivania, piega il foglio e lo abbandona sul tavolo. Poi raggiunge la lavagna e continua a spiegare.

Il resto della lezione lo passiamo ovviamente in silenzio ed in completa attenzione per il professore, temendo una qualche peggiore reazione.
Alla campanella rimettiamo tutto negli zaini perché dobbiamo cambiare aula. Il professore è già uscito dimenticandosi il nostro foglio sulla cattedra. Penso che devo assolutamente recuperarlo.
Quando sono pronta ed inizio a camminare in quella direzione, qualcuno mi spintona e mi sorpassa 《Oh attento!》, mi lamento senza nemmeno vedere chi sia. Alzando gli occhi vedo una mano tatuata e capisco con chi ho avuto a che fare. Mi mordo la lingua, sperando non abbia alcun tipo di reazione al mio lamento. BeBBè si è appena voltato, senza dire niente, noncurante di me, come se fossi un'insignificante formichina che intralcia il suo cammino. Ma, raggiunta la cattedra, si scambia un sorrisetto maligno coi suoi due fedeli a fianco, e afferra il nostro foglio. Mio Dio no! No, no, no! Non leggerlo! Lo supplico dentro di me, sentendomi morire dalla vergogna. Invece lui lo legge eccome, in un secondo l'ha già piegato e infilato nella sua tasca, volgendomi uno sguardo di fuoco. Mi sento morire! I suoi amici non hanno ancora avuto l'onore di fare altrettanto, ma immagino che all'ora successiva tutta la scuola conoscerà ogni parola scritta su quel dannato foglio.
Chiudo gli occhi disperata《Mi dispiace Ines!》, chiedo perdono alla mia amica
《Non dispiacerti per me. Fossi in te mi preoccuperei più per quello... che hai scritto tu!》, mi ricorda. In effetti solo quello che ho scritto io potrebbe offenderlo, quanto al pensiero di Ines... potrebbe anche essere di suo gradimento.

Invece la lezione successiva, quella di Letteratura, passa tranquilla e senza nessun intoppo. BeBBè e i suoi fidi sono entrati al solito per ultimi e si sono seduti agli ultimi banchi, in silenzio, lasciando la loro scia di fumo. Irritante. Ma possibile che debbano correre a fumare ogni ora? Si può essere così dipendenti già a quest'età? E soprattutto, perché i professori non fanno niente?
Sgombero la mente da questi pensieri inconcludenti e seguo la professoressa McDonald che oggi ci parla di Romeo e Giulietta.
Al termine della lezione, non dobbiamo cambiare aula, perciò rimaniamo seduti come siamo: Miki col banco più vicino il muro, Ines in mezzo, ed io alla sua destra. Accanto a me, il passaggio per attraversare la stanza. Qualche altro alunno invece si alza per andare in bagno, o a prendere qualche libro dimenticato nell'armadietto. La professoressa è già uscita. Ines ha estratto uno specchietto dallo zaino e controlla il trucco. Io mi sono girata sul fianco sinistro, accavallando le gambe, per rivolgere tutta la mia attenzione ai miei amici e i loro discorsi. Miki si sporge in avanti per intercettare il mio sguardo ed un ricciolo gli va fuori posto. Gesticola imitando le attenzioni di Ines per l'aspetto estetico. Io rido e gli faccio notare il ricciolo ribelle. Lui torna immediatamente serio, rialza la testa e sfila di mano lo specchietto ad Ines. Iniziano a bisticciare per chi ne ha più necessità mentre io rovescio la testa indietro e mi lascio andare ad una sonora risata.
In quell'istante i miei amici si placano e tornano seri, gli occhi rivolti alle mie spalle. Mi volto per vedere cosa stia succedendo. Mi ritrovo BeBBè che mi squadra dall'alto, in piedi a fianco a me. Richiudo la bocca immediatamente e torno seria. Lui mi fissa con uno sguardo impenetrabile e si mette a tamburellare con le dita tatuate sul mio banco. Attendo che mi sputi in faccia, o che mi rovesci il banco, non so bene cosa dovrei aspettarmi come ricompensa per quello che ho scritto di lui. Ma dopo qualche interminabile secondo passato a tamburellare le dita e a guardarci negli occhi, senza peraltro comunicarci niente, fa un mezzo sorriso e raggiunge gli altri fuori dall' aula. Per fumare ancora, immagino.

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