Capitolo 8. Com'era prima.
*Zee*
Mi definisco ridicolo per aver avuto quella reazione, e adesso ero anche infantile.
Chiesi a lavoro un congedo di una settimana, nonostante sapessi che eravamo in un momento cruciale per la serie.
La mano non era l'unica cosa del mio corpo che tentava di rimarginarsi.
Niente mi aiutava a fare chiarezza nella mia mente, che sembrava avermi imprigionato.
Feci finta di essere malato, anche se forse a pensarci bene sarebbe stato meglio sganciare la carta "della nonna malata fuori città" come a scuola, davvero ironico.
Non riuscivo ad essere professionale, volevo davvero sforzarmi, essere così bravo da separare le due cose, guardarlo con gli occhi del personaggio e recitare la mia parte.
Ma in quel momento mi interessava assecondare ciò che nutrivo dentro di me, e non volevo vederlo.
Ero così spaventato dal mio sentimento, e dal doverlo affrontare da solo.
Era amore? Amicizia o lo consideravo come un fratello?
I fratelli si guardavano in quel modo, certo.
I fratelli si baciavano in quel modo, certo.
Mi sembrava di mettere su uno spettacolo comico, di cui l'unico spettatore ero io, e prendevo in giro me stesso.
In un appartamento tanto grande, ero rannicchiato in un angolo, con la testa sulle ginocchia fumando tutte quelle carte sottili contenenti tabacco. Le mie mani diventarono giallo sporco, riflesso delle mie emozioni, confuse e sbiadite dal dolore.
Ero stracolmo di nicotina, forse per quello le mie mani tremarono quando sentii la sua voce.
*Saint*
Mi preparai per andare a lavoro.
Dovevo affrontare la cosa, avrei parlato con lui, avremmo sicuramente chiarito e saremmo tornati ad essere quello che eravamo prima, ero sicuro di non volerlo perdere.
Quello che aveva fatto la sera precedente per me, non lo avrebbe fatto mai nessuno.
Ero disposto a tutto, a sacrificare tutto quello che era in mio potere per non lasciarlo andar via.
Quando arrivai sul set incontrai per caso il regista mentre mi dirigevo nel mio camerino.
Regista: che ci fai qui? Oggi non devi girare, lo staff non ti ha chiamato?
Mi toccai le tasche del pantalone e non sentendo il telefono capii di averlo dimenticato.
Saint: come no? Abbiamo delle scene importanti.. Zee dov'è....
Regista: mi ha chiamato questa mattina di persona, sembrava stare davvero male, ha una brutta influenza, gli ho dato una settimana, ma come, non te lo ha detto?
Non risposi neanche, mi ero fermato dall'apprendere altre notizie, rimasi fisso alla prima frase, lui non c'era.
"Sicuramente chiariremo" , "torneremo come prima" , davvero?
Riversai la mia frustrazione e il mio odio verso i miei stessi pensieri.
Come potevo essere così superficiale?
Quando arrivai davanti quella porta ebbi la sensazione di star per violare qualcosa di sacro, che avrei rovinato anche solo con la mia presenza, appoggiai una mano sul legno rugoso prima di bussare.
Saint: Zee sono io.
*Zee*
Rimasi letteralmente paralizzato dal suono della sua voce.
La mia mano era tesa verso la maniglia, più volevo tenerla ferma più non rispondeva ai miei comandi.
Non volevo che fosse qui, e non avevo intenzione di ascoltarlo.
Saint: dobbiamo parlare Zee so che sei dentro..
Senza accorgermene il mio cuore stava ascoltando le ragioni che la mia mente non ammetteva, lo sentii cedere anche solo grazie alle sua presenza.
Normalmente avrei lasciato perdere tutto, mi sarei allontano da lui senza battere ciglio, la confusione mentale non è la mia condizione preferita.
Il problema era che si trattava di lui.
Se era per lui, avrei provato.
Non avevo già trovato la mia risposta? Era una sola.
Appoggiai la mia schiena alla porta, come sentii fare a lui dall'altra parte, ci divideva un sottile infisso e il mio consistente orgoglio.
Saint: Non vado da nessuna parte Zee, ho tutto il giorno.
Ogni tanto la sua mano picchiettava contro la superficie dura, producendo dei piccoli rumori, mi ricordavano che lui era lì.
Sussurrai qualcosa che era rivolta più a me stesso che a lui, la mia risposta.
Zee: tu, solo tu Saint.
Ebbi la sensazione che non ci fosse più nessuno dietro quella porta, ma non controllai per non rimanere deluso.
Saint: sono sempre qui Zee, ti ho preso qualcosa, mangialo.
Vengo domani.
Non toccai il suo cibo, né quello che avevo in casa.
Continuò a venire ogni giorno e a passare le giornate contro la mia porta, ogni tanto mi raccontava qualcosa che io ascoltavo. Da un lato apprezzavo che volesse un contatto con me, dall'altro sentivo che voleva evitare l'argomento principale.
Il giorno dopo sarei tornato a lavorare, così decisi che era tempo di uscire, anche perché avevo finito tutte le sigarette.
Per fortuna in quei giorni ero riuscito a non farmele mancare poiché avevo un pacchetto in ogni jeans. Le dimenticavo sempre ovunque quindi deviai il problema in questo modo e mi ritrovai una bella scorta.
Prima che lui arrivasse lasciai il mio appartamento, era divertente l'idea di lasciarlo parlare con la porta, ma era più forte di me il pensiero di lui da solo così lasciai un biglietto.
Zee: sono fuori, a domani.
*Saint*
Continuò ad evitarmi per tutto il tempo, ero stremato dalla situazione, non volevo che il nostro rapporto si spegnesse, anche se ero stato io a premere l'interruttore.
Quando lessi il biglietto ero sollevato che avesse avuto la minima considerazione di me. Cercai di rintracciarlo in tutti i modi, se era fuori avrei potuto incontrarlo da qualche parte.
Andai al nostro bar, nei dintorni di casa sua, cercai tutto il pomeriggio, fino a quando non mi venne in mente di chiamare Tommy, l'amico che ci aveva presentati per la foto.
Tommy: Zee? So che stasera andavano tutti al Night club.. ma non hai il suo numero?
Saint: GRAZIE TOMMY TI DEVO UN FAVORE.
Corsi più veloce che potevo, non so perché, quando in realtà avrei potuto prendere un taxi, Zee mi aveva dato alla testa.
Tra tutte quelle persone, lo notai subito.
Non lo vedevo da tempo, aveva la barba, dio e se gli stava bene.
Gocce di sudore scendevano lungo le sue braccia, sembrava davvero sciupato.
Nella mano, ancora ferita una sigaretta, del liquore nell'altra, ballava ma soprattutto rideva.
Una ragazza gli si avvinghiò addosso e lo baciò.
Non ero venuto fino a lì per vedere quella scena.
Saint: scusami ti togli adesso?
Spostando quella sanguisuga presi Zee per un braccio e lo trascinai fuori.
*Zee*
Non ero sicuro di quello che stava succedendo.
Mi strappò via in modo brutale quello che avevo tra le mani..
Saint: Che merda è? Da quanto fumi?
(Zeepensieri: e a te che cazzo fotte? Se avessi prestato attenzione lo sapresti già da tempo.)
Zee: non fare la parte di quello a cui interessa qualcosa, non ti si addice.
Saint: Zee, guardami e parliamo ok? Torniamo a come eravamo prima, ho sbagliato.......
"Torniamo a come eravamo prima" la vacuità di quelle parole mi fece scattare, la rabbia mi rese cieco.
Zee: a come eravamo prima? Non farmi ridere, a che cosa vuoi ritornare Saint? A quando mi usavi per sentirti meglio? A quando mi chiamavi e io scattavo come un cagnolino? O dobbiamo ritornare a quando mi hai confuso con qualcun altro? IO NON SONO UNA BAMBOLA, CHE USI QUANDO TI SENTI SOLO.
E adesso per favore vattene da qui, o lo farò io.
*Saint*
Le sue parole arrivarono come un pugno in pieno stomaco.
Credevo che tutto mi sarebbe stato perdonato dopo quella settimana passata fuori l'uscio di casa sua, credevo...già, credevo male.
Mi conficcai le unghie nel palmo della mano, stringendola in un puno.
Saint: farò tutto ciò che serve, non lasciamo che..
Zee non aspettò che finissi di parlare.
Giovedì purtroppo non potrò aggiornare! Quindi colgo l'occasione per farlo oggi! Come sempre fatemi sapere che ne pensate!
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