Capitolo 32. Solo un conoscente.
*Saint*
Non era possibile, stava facendo solo il difficile, sarebbe tornato di sicuro da me, mi stava facendo un dispetto.
La mia unica certezza non poteva crollare, Zee non poteva essersi mosso senza di me.
Provai a chiamare e richiamare.
Chiamai a tutte le ore, tutti i giorni seguenti senza ottenere risultati allora presi la decisione di parlare con quella merda del suo amico.
Tommy: cosa c'è? Ho risposto solo....
Lo interruppi subito.
Saint: dimmi dov'è Zee.
Tommy: oh, ma guarda, ci siamo svegliati?
Saint: dove cazzo si trova?
Tommy: non lo so, e se anche lo sapessi non te lo direi.
Zee finalmente sta andando avanti, lascialo in pace.
Attaccò.
"Stava andando avanti".
Cosa significava? Che voleva dire?
Sentii la rabbia impossessarsi di tutte le mie fibre vitali, avrei voluto sfracellare il cellulare contro il pavimento, l'unica cosa che mi frenò era il pensiero che avrei perso tutte le nostre foto e il suo numero.
Vomitai tutta la sofferenza che non accettavo, riversai fuori tutto quello che avevo in corpo, la bile acida mi bruciava la gola.
Piuttosto che continuare a vivere senza di lui avrei preferito non farlo.
*Zee*
Il giorno seguente Bas non si presentò.
Era quasi la vigilia e non avevo avuto neanche il tempo per prendergli un regalo.
Ero preoccupato, le lancette del mio orologio andavano avanti ma di lui neanche l'ombra.
Decisi di andare al piccolo appartamento e bussai ripetutamente, ero certo di aver sentito dei rumori quindi era in casa.
A stento riuscì ad aprirmi la porta, svenne davanti ai miei occhi.
Sentii il tonfo della sua testa contro il suolo freddo, aveva le guance completamente infuocate ed era tutto sudato.
Sentii la mia debole anima lasciare il mio corpo, sgranai gli occhi aprendo velocemente la porta che lui aveva lasciato socchiusa e corsi verso il suo minuto corpo.
In quel momento del passato, di Saint, del giorno precedente, non me ne importava un cazzo.
Il cuore mi sembrò uscire dal petto.
Lo toccai e sentii la sua fronte, era bollente.
L'ansia prese il sopravvento su tutto, se non fossi arrivato come avrebbe fatto? Non volevo neanche immaginarlo.
Lo abbracciai ripetutamente, era privo di sensi e cercai di rinvenirlo, quasi non mi usciva la voce nel chiamarlo, mi sussultarono le mani mentre tentavo di accarezzarlo spostando la frangia blu.
In quel momento di merda, quando mi sembrò che lo stessi perdendo, capii quanto lo velessi al mio fianco, sempre.
Tentai di metterlo a letto, ero agitato non sapevo come muovermi, non conoscevo la sua casa nè dove prendere ciò che mi serviva.
Non apriva gli occhi per la forte febbre, sentivo dei lamenti flebili provenire dalle sue labbra disidratate, delirava.
Prima di fare qualunque cosa decisi di prendere le chiavi dal tavolo e recarmi in farmacia a comprare tutto quello che mi capitava a tiro.
Aprii di scatto la porta ma mentre uscivo lo guardai, era sofferente e ansimava, non riusciva a respirare.
Mi sarei tolto anche un polmone pur di farlo tornare in salute.
Era tutta colpa mia.
Zee: torno subito.
Dissi queste parole più alla casa che a lui, strinsi quella maniglia come avrei voluto stringere il mio stesso collo per tutto quello che gli stavo facendo passare.
Non ero certo potesse sentirmi anche se udii un "mh".
Forse me lo ero immaginato.
Tornai con molti medicinali e qualcosa da mangiare, mi ero fatto spiegare bene dal farmacista cosa fare anche se avevo fretta di tornare per vedere se migliorava.
Era infracidato di sudore.
Gli sfilai delicatamente il maglione bianco facendolo appoggiare a me.
Mentre pulivo la sua schiena con un asciugamano inzuppato d'acqua gelata lo sentii fremere al mio tocco.
Zee: shh, non è niente. Sono qui.
Bas: Zee, sei tu?
Farfugliò qualcosa che non capii mentre guardavo per la prima volta il suo corpo.
Chiazze rosse erano presenti ovunque, forse foghi dovuti alla febbre, notai una piccola cicatrice sul fianco destro e sul costato, a sinistra, un tatuaggio quasi invisibile, fatto con inchiostro bianco, sembrava una farfalla ma non ne ero sicuro.
Bas era un bel ragazzo ma ora, ai miei occhi, diventò meraviglioso nella sua imperfezione.
I sensi di colpa, i sentimenti negativi passarono in secondo piano davanti la visione che mi si presentava.
Tracciai con la mano libera lunghe linee sul suo petto, le dita nervose non osavano premere di più per paura che sentisse dolore da qualche parte.
Mi vergognai di pensare certe cose mentre lo taccavo, non credevo possibile neanche lontanamente che un'altra persona all'infuori di Saint mi avrebbe fatto quell'effetto, eppure adesso c'era Bas.
Non potevo farlo mentre era influenzato...
Non potevo avvicinarmi, eppure lo feci, sentii l'irrefrenabile voglia di sfiorare le sue labbra, l'ultima volta era durato troppo poco.
Sfregai il mio naso contro il suo, il fiato pesante aveva il sapore di sigaretta bruciata, potevo sentirlo nella mia bocca.
Mi avvicinai sempre di più fino a quando lui ebbe un conato di vomito e senza preavviso si alzò, scontrandosi con la mia fronte e vomitandomi addosso.
Beh me lo meritavo, che andavo a pensare in una situazione simile?
Arrestai i miei impulsi che non credevo possibile avere verso di lui e gli feci prendere delle medicine che non necessitavano dello stomaco pieno, anche perché in quelle condizioni non avrebbe mangiato.
Gli misi qualcosa di caldo addosso e corsi a togliermi i vestiti prendendo in prestito una delle sue felpe stravaganti.
Non mi andava giù che non mangiasse, così preparai lo stesso qualcosa.
Per fortuna avevo comprato tutto già pronto, dovevo solo riscaldarlo ma fu un'impresa capire come funzionasse il microonde, per poco non saltavamo in aria.
Lui era ancora molto debole, tra veglia e sonno, sembrava che le compresse non facessero effetto e si rifiutò di ingerire qualsiasi cosa, di riflesso non lo feci neanche io.
Mi sentivo impotente, non sostenevo la sua vista in quello stato.
Dovevo prendermela sono con me, l'avevo fatto stare al freddo e lui aveva la mania di non vestirsi pesante.
Gli restai vicino tenendogli la mano per tutto il tempo e la notte che venne, non mi importava di non dormire, non mi importava della posizione scomoda, mi sarei preso volentieri il suo male pur di vederlo di nuovo in sé.
*Bas*
Non mi sentivo bene.
Pensavo di avere le allucinazioni quando vidi Zee alla mia porta.
Quello che ricordavo era estremamente sfocato e distorto, forse me l'ero solo immaginato e lui non era con me.
Quando mi svegliai lo vidi addormentato mentre mi teneva la mano.
Mi girai verso la sua direzione, avevo il corpo dolorante ma volevo essere sicuro che non stessi sognando.
Gli accarezzai i morbidi capelli, si mosse e quasi subito aprì gli occhi, non aveva una bella cera.
Mi prese la mano e se la portò al viso, sprofondando nelle carezze e baciandola.
Zee: Dio, mi hai fatto spaventare, come stai?
Sorrisi, era qui. Non sapevo come, non sapevo perché, ma era qui al mio fianco.
Bas: sto bene con preoccuparti.
Tossii e mi fecero male il costato, avevo preso troppo freddo, ero sempre stato cagionevole di salute rischiavo una bronchite appena mi esponevo di più ma non mi importava, se era per stare con Zee sarei stato al gelo altre cento volte.
Zee: vado a prenderti qualcosa aspetta.
Non lo lasciai andare, lo tirai più vicino a me fino a farlo salire nel mio letto.
Bas: non andare, dormi con me, non andare.
*Zee*
Non capivo se fosse davvero lui, ma non rifiutai. Mi infilai sotto quelle calde coperte e lui si strinse a me, portandomi le mani ai fianchi e toccando il mio petto con l'ammasso di capelli scompigliati.
"Non andartene" le sue parole mi risuonarono in mente.
L'immagine del ragazzo forte, che affrontava qualsiasi cosa crollò, anche Bas aveva paura, aveva paura che me ne sarei andato come l'avevo io nei suoi confronti.
Lo accarezzai dolcemente e gli sussurrai che non me ne sarei andato, chissà se mi aveva sentito.
Zee: sono qui, sarò qui quando ti sveglierai.
*Bas*
Stavo meglio, avevo perso la cognizione del tempo, era Natale.
Cazzo, erano quasi passati due giorni da quando ero stato male.
Mi alzai nonostante il suo calore continuasse ad essere invitante, avevo fame.
Mi voltai a guardare quelle spalle che erano state il mio cuscino fino a poco prima, mi sentii estremamente fortunato.
Ogni disgrazia con lui si trasformava in occasione.
Quando arrivai in cucina vidi buste piene di farmaci e cibo già confezionato, che brillante idea da parte sua dare cibo in scatola ad un malato, ma come dovevo fare con lui?
Sorrisi.
La felicità mi pervadeva il cuore, si era preso cura di me.
Ero girato di spalle quando arrivò, mi voltò con forza e mi abbracciò senza darmi il tempo di parlare.
Zee: dobbiamo trovare il modo di comunicare, devo comprare un cazzo di telefono nuovo e segnare il tuo numero.
Non posso neanche prendermela con te e dirti "non farlo più" perché potresti ammalarti di nuovo, solo che... mi hai spaventato a morte.
Scusa, è stata colpa mia.
Raccolsi il suo abbraccio, lo strinsi più forte e sprofondai tra quelle braccia giganti in confronto alle mie.
Bas: buon Natale, Zee.
Non si rendeva conto che mi aveva appena fatto il regalo più grande che potessi desiderare.
*Zee*
Grazie a non so quale Dio stava meglio.
Potevo tornare a respirare.
Quanto avrei voluto una sigaretta per scaricare tutta la tensione di quei giorni, ma riuscii a resistere.
Bas: perché non mangiamo qualcosa? Non sarà il grande cenone di natale ma posso preparare un pasto più decente della roba che hai comprato...
Fui contento che gli fosse tornato l'appetito, finalmente.
Zee: non ti azzardare nemmeno a muovere un muscolo, fila a letto.
Mi separai da lui per costringerlo a tornare sotto le coperte.
Zee: me ne occuperò io.
Ero una totale frana in cucina e lui se ne accorse quasi subito, prima che facessi prendere fuoco tutto venne da me nonostante le mie intimazioni di starsene fermo, spense tutto e da un grande cassetto cacciò tantissimi snack e delle birre, che avrei bevuto solo io visto che era sotto farmaci.
Ci sedemmo al tavolo e finalmente lo vidi di nuovo sorridere mentre apriva e mangiava un pacco intero di patatine.
Zee: mi presti il tuo telefono?
Bas: che devi farci?
Zee: hai qualcosa da nascondere?
Me lo diede disinteressato, come a rispondere di no alla mia domanda.
Feci un selfie in cui lui venne tutto sfocato e non si accorse della mia azione, per fortuna.
Zee: posso accedere al mio account Twitter? Devo aggiornare il mio profilo.
Bas: no, un'altra volta non buttavi il tuo telefono.
Zee: è per lavoro.
Anche se avevo ascoltato poco il Manager mi aveva palesemente minacciato di ritornare attivo, potevo postare quello che volevo ma dovevo farlo per ravvivare "l'amore dei fan" o mi avrebbe fatto uscire dalla compagnia e avrebbe smesso di sostenere i miei progetti.
Bas: uff, fai pure.
Postai la nostra foto, anche se lui si vedeva poco, la descrizione fu
"felice, così. Buon Natale a tutti."
Ovviamente era riferita a Bas, ero felice di stare con lui, ero felice che si stesse lentamente riprendendo, ero felice.
Tutti i terrori, le ansie di quei giorni erano sparite quando lui sorrise.
*Saint*
Quel maledetto giorno di natale non riuscii più a dimenticarlo.
Avevo ancora attivate le notifiche di Zee sui social e quando il mio telefono suonò credevo fosse un messaggio d'avviso di chiamata e che il suo telefono fosse ritornato raggiungibile, invece fu una notifica di Twitter.
"Zee Pruk ha twittato dopo molto tempo...."
La gioia che provai in quell'istante non poteva essere eguagliata, finalmente un segno, lo sapevo che avrebbe trovato il modo di comunicare con me, ne ero certo, era solo incazzato.
"Lo sai torno sempre"
le parole che mi disse all'epoca risuonarono ad alto volume nei miei pensieri.
Quando aprii la foto crollarono tutti i miei pensieri, i mille castelli di carta che avevo tentato di fare per non affrontare la verità.
Erano passati più di 4 mesi, io e Zee non c'eravamo separati ieri ma per me il tempo non era mai realmente trascorso.
In quella foto lui sorrideva, era felice.
Il problema era che gli sorridevano gli occhi e accanto a lui c'era qualcuno.
Qualcuno dai capelli colorati che in quella foto non si vedeva bene ma che c'era.
Chi cazzo era?
Nessuno, un amico, solo un amico.
Mi venne in mente che tutti gli amici che aveva erano qui, in città.
Nessuno, solo un conoscente.
Un conoscente che gli faceva sfoggiare i suoi 32 denti, come lo fece per me più di un anno fa.
Solo un conoscente.
Mi venne da ridere.
Risi in maniera convulsa.
Una risata colpevole e consapevole.
Se non fosse stato per il mio comportamento non si sarebbe mai avvicinato ad altre persone.
Dovevo vederlo con i miei occhi, dovevo accertarmene e se fosse stato il contrario di come la mia mente pensava allora doveva dirmi in faccia che non mi amava più.
Solo un conoscente.
"Lo sai torno sempre"
"Sta andando avanti"
Le risate lasciarono posto a tante lacrime e al crescente senso di gelosia che mi pervadeva.
Nessuno poteva toccare il mio Zee, quello nella foto era solo un cazzo di conoscente, nient'altro.
Nonostante sia estremamente tardi ho deciso di postare lo stesso.
Mi scuso in anticipo per la lunghezza ma non era un capitolo da poter dividere, spero non vi annoi e che vi prenda come gli altri.
Come avrete capito non manca molto alla fine della storia, non ho intenzione di fare un capitolo "ringraziamenti" finale, quindi inizierò man mano a dirvi qualche parolina d'ora in poi fino all'ultimo capitolo.
Vorrei innanzitutto dire che "Non esiste il grigio" non è stata la prima cosa che ho scritto ma la prima che sono riuscita a postare su una piattaforma, quindi per me è molto importante.
Il finale non uscirà prima del 3 giugno, quindi ci sarà "un momento di pausa" arrivati ad un certo punto, per il semplice fatto che sono sotto esame.
Se non studio mi tolgono i riconoscimenti all'uni quindi devo passare gli esami quanto prima e meglio possibile. Togliendo tempo alla rilettura del capitolo farei un torto alla storia e voglio regalare il finale migliore a questa avventura.
Inizio con i ringrazio tutti i lettori silenziosi che anche senza commenti, senza stelline e senza messaggi mi hanno dato una mano e hanno ""partecipato""
Vi ho tediato già abbastanza a domani con il prossimo capitolo.
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